Oggi, a Reggio, alle 17.30, presso lo Spazio Open, la conversazione Ferdinando Ii di Borbone tra riformismo e isolamento internazionale e la fine di un regno.
L’evento è stato organizzato dall’Associazione Culturale Anassilaos in collaborazione con lo Spazio Open.
La conversazione è a cura di Fabio Arichetta, socio della Deputazione “Società Napoletana di Storia Patria”, componente Deputazione Storia Patria per la Calabria, specializzando in Scienze Storiche presso il DICAM dell’Università di Messina sul tema Ferdinando II di Borbone tra riformismo e isolamento internazionale la fine di un regno, nel 160° anniversario della morte del sovrano avvenuta il 22 maggio del 1859.
Introduce Luca Pellerone, presidente Anassilaos Giovani.
Ferdinando II di Borbone re delle Due Sicilie, figlio di Francesco I, nacque a Palermo nel 1810 e morì a Caserta il 22 maggio del 1859, per i postumi dell’attentato posto in essere anni prima da Agesilao Milano durante una parata militare. Salito al trono nel 1830, fu molto geloso dell’indipendenza del suo regno finendo con determinare un isolamento internazionale che si rivelò fatale per la sopravvivenza dello stesso.
Da subito portò avanti una serie di riforme amministrative – richiamò tra l’altro in servizio anche diversi ufficiali murattiani – avviando una politica che all’inizio fece sperare nella trasformazione del regno da assoluto a costituzionale così da poter guidare il processo di unificazione dell’Italia, un compito che sarebbe stato assunto dal Piemonte e da un sovrano, Vittorio Emanuele II, non meno conservatore e reazionario ma sufficientemente astuto da assecondare il suo geniale primo Ministro, Cavour.
Ferdinando II invece fu legato al concetto di sovranità assoluta e fu sempre meticoloso nel controllare il governo. Nel corso del suo lungo regno, durato ventinove anni, fu promotore di importanti interventi come l’inaugurazione della ferrovia Napoli-Portici, che nel 1839 fu la prima in Italia. Favorì lo sviluppo di una grande flotta mercantile e di numerosi trattati di commercio con diversi paesi; in particolare stipulò un trattato internazionale contro la tratta degli esseri umani e favorì l’eversione della feudalità in Sicilia nel lontano 1841, un provvedimento rimasto applicato solo parzialmente.
Ebbe invece sempre grande diffidenza verso le riforme politiche e l’allargamento della partecipazione al governo secondo una monarchia costituzionale, tanto da reprimere duramente ogni tentativo liberale. La rivolta di Palermo del 12 gennaio 1848 lo indusse a concedere la costituzione, ma nello spazio di pochi mesi, dopo un sanguinoso scontro fra i liberali e le truppe a lui fedeli, si impose in modo assoluto restaurando le prerogative regie e, nel maggio 1849, riuscì a riconquistare anche la Sicilia, instaurando un vero e proprio regime di polizia.
Basti ricordare l’assedio di Messina del settembre 1848 che gli valse l’epiteto di “re bomba” e la dura repressione della Rivolta di Reggio Calabria del 1847 con la fucilazione nel distretto di Gerace di Michele Bello, Pier Domenico Mazzoni, Gaetano Ruffo, Domenico Salvadori e Rocco Verduci (i cosiddetti Martiri di Gerace) ne, a Reggio Calabria di Domenico Romeo, Domenico Morabito, Raffaele Giuffrè Billa, Giuseppe Favaro e Antonio Ferruzzano, i cui nomi sono incisi nel monumento all’Italia in Piazza Vittorio Emanuele II. (rrc)