Un incontro a Padova per parlare della Caritas e uno dei suoi pionieri calabresi, Don Italo Calabrò.
Un momento intenso, un profumo di santità ha accompagnato l’incontro tenuto a Padova, su iniziativa della Fondazione Zancan, della Caritas Italiana e dalla Diocesi con il suo Vescovo Claudio Cipolla che introducendo l’incontro ha ricordato i due grandi sacerdoti che hanno contribuito alla nascita della Caritas Italiana dandogli una impronta precisa, svolgere una funzione pedagogica e di animazione pastorale avendo l’obiettivo di fare sentire tutti i cristiani testimoni della carità.
Un organismo ecclesiale che nel 1970 Paolo VI ha voluto sull’onda del rinnovamento ecclesiologico proposto dal Vaticano II che nel racconto di Antonio Cecconi, già Direttore nazionale della Caritas, italiana ha visto fin dall’inizio don Calabrò coinvolto. Qualche mese dopo la costituzione formale del nuovo organismo pastorale, avvenuta nel luglio 1971, Monsignor Giovanni Nervo chiede infatti collaborazione a don Italo per la gestione del primo intervento sul territorio, quello per l’alluvione che si era verificata in alcuni territori del Sud, nei primi giorni del 1972.
In quello stesso anno, Nervo diventa il Presidente di Caritas Italiana, mentre don Italo Calabrò, delegato regionale della Calabria, viene designato componente della Presidenza, in rappresentanza del Sud, e conserverà questo incarico per più di un decennio, offrendo così un contributo importante alla definizione delle dorsali teologico-pastorali lungo le quali il nuovo organismo sarà chiamato a muoversi, sollecitando l’attenzione di tutta la Chiesa italiana verso le problematiche sociali ed ecclesiali delle regioni meridionali.
Sotto la guida di Nervo, Calabrò e don Pasini, la Caritas Italiana propone un modo nuovo di stare sul territorio, che supera l’assistenzialismo e la beneficenza tradizionali e mette a fondamento della prassi la contemplazione del mistero dell’amore di Dio che si incarna nella storia e fa i conti con le sue tensioni e le sue contraddizioni, aprendo una prospettiva di salvezza non a prescindere da esse, ma attraverso di esse. Alla scuola di questo amore, non è più possibile separare l’ascolto della Parola e quello del grido degli impoveriti, dei marginali, di quelli che vivono ai bordi della vita sociale.
Diego Cipriani, responsabile per il servizio civile della Caritas ha testimoniato il ruolo fondamentale svolto da Don Calabrò anche nella scelta di avviare in tutte le Diocesi l’obiezione di coscienza ed il servizio civile definite scelte esemplari da proporre ai giovani, in anni del post 68 che registravano molti fermenti sociali. Nel suo intervento, a nome del centro Comunitario Agape e della Piccola Opera Papa Giovanni, Nuccio Vadalà uno dei primi giovanti coinvolti, ha confermato la grande amicizia e stima reciproca tra i due sacerdoti.
Don Calabrò da direttore della Caritas di Reggio Calabria, incarico che conserverà fino al 1985, si preoccupa di tradurre in percorsi concreti le indicazioni pastorali definite a livello nazionale, tentando di contribuire allo sviluppo autentico del territorio anche attraverso iniziative concrete, da proporre e valorizzare come segno per l’intera comunità cristiana.
Con una attenzione particolare alle persone rinchiuse nell’ospedale psichiatrico ed alla infanzia abbandonata, al contrasto alla ndrangheta. In un convegno del 1984, così afferma: «Si tratta di modeste realizzazioni che non esauriscono, certo, i bisogni degli specifici settori cui sono finalizzate.
La Caritas Diocesana di Reggio, nel porre in atto tali iniziative, si è attenuta ad alcuni criteri inderogabili. Compito prioritario della Caritas non è la gestione diretta di opere, bensì quello di formare e animare la Chiesa locale (parrocchie, gruppi, famiglie, singole persone) a rendere concreta testimonianza di amore, nella giustizia e nella verità, verso le persone e le comunità in situazione di difficoltà.
Nelle conclusioni Tiziano Vecchiato, presidente della Zancan, ha comunicato che anche la Diocesi di Padova unitamente alla Caritas Italiana, sta pensando di proporre come per Don Italo l’avvio dell’inchiesta per la causa di beatificazione di Mons. Giovanni Nervo. (rrc)