La Calabria continua a essere maglia nera per gli ecoreati. Secondo il report Ecomafia di Legambiente, la nostra regione si posiziona quarta nella classifica nazionale e, Cosenza, a livello Provinciale, è al secondo posto dopo Roma.
«È desolante continuare a vedere, nel corso degli anni, la Calabria sempre ai primi posti nella classifica nazionale degli ecoreati – ha dichiarato Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria –. Particolarmente gravi i dati relativi al ciclo illegale del cemento che portano la nostra Regione al secondo posto ed evidenziano la necessità di azioni reali ed incisive contro l’abusivismo edilizio e la cementificazione del territorio e delle coste. Non è più tempo di proclami e perenni promesse inadempiute: servono azioni concrete contro i grandi e piccoli ecomostri calabresi. Ed è essenziale, oltre al ripristino ed alla cura della nostra bellissima terra, consolidare la cultura della legalità in particolare sui temi ambientali».
Un quadro preoccupante, dunque, quello tracciato da Legambiente nel suo report, in cui viene evidenziato come «Campania, Puglia, Calabria e Sicilia sono le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa che subiscono il maggiore impatto di ecocriminalità e corruzione. Qui si concentra il 43,8% dei reati accertati dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto, il 33,2% degli illeciti amministrativi e il 51,3% delle inchieste per corruzione ambientale sul totale nazionale».
Ma, se andiamo a vedere a livello regionale, la situazione è davvero preoccupante: Nella classifica delle illegalità ambientale 2021, infatti, la Calabria è al quarto posto con 2680 reati, di questi 1060 solo nella provincia di Cosenza, territorio che si classifica al secondo posto per numero di reati tra le province di Italia, dopo Roma. In tutta la regione, sono state 2469 le persone denunciate, 21 arresti , 1009 sequestri, 3407 illeciti amministrativi e 3298 sanzioni amministrative.
Nel ciclo illegale del cemento la Calabria è al secondo posto con 1086 reati. Anche in questa classifica troviamo la provincia di Cosenza al secondo posto nella classifica nazionale con 373 reati, seguita al terzo posto da Reggio Calabria con 249 reati.
Nel ciclo illegale dei rifiuti la Calabria è al quinto posto con 509 reati di cui 172 nella provincia di Cosenza e 146 nella provincia di Reggio che nella classifica delle provincie italiane si collocano rispettivamente al settimo ed ottavo posto.
Sono state 557 le inchieste sull’art. 452 quaterdecies C.P, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti da febbraio 2002 al 19 luglio 2022.
Nella classifica sugli incendi negli impianti di trattamento, smaltimento, recupero dei rifiuti, la regione Calabria è all’ottavo posto per numero di reati con 91 incendi ad impianti dall’1 gennaio del 2013 al 31 luglio 2022. In Italia, nello stesso periodo di riferimento, sono stati in tutto 1388.
Nella classifica delle illegalità contro la fauna, la Calabria è al settimo posto con 364 reati. Undicesimo posto tra le province italiane per Reggio Calabria con 137 reati, 126 persone denunciate, un arresto e 196 sequestri.
Infine anche alcuni dati sull’arte rubata nel 2021, la Calabria è al quindicesimo posto con 8 reati, 78 persone denunciate, una persona arrestata, 4 sequestri, 19 illeciti amministrativi e 19 sanzioni amministrative.
Che fare, dunque? L’Associazione non ci sta e, per questo, avanza dieci proposte «per rendere più efficace l’azione dello Stato, partendo dall’approvazione di quelle riforme che ancora mancano all’appello, anche in vista della nuova direttiva europea sui crimini ambientali».
Approvare anche nella XIX legislatura la costituzione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (la cosiddetta Commissione Ecomafia) – è la prima proposta, seguita poi dalla richiesta di inserire, con il primo provvedimento utile, i delitti ambientali previsti dal Titolo VI-bis del Codice penale e il delitto di incendio boschivo (423-bis), considerata la loro gravità e complessità, tra quelli per cui non scatta alcun automatismo in materia di improcedibilità.
Chiesto, poi, di approvare il disegno di legge contro le agromafie, che introduce i nuovi delitti a tutela del patrimonio agroalimentare del nostro Paese, del vero “made in Italy” e della salute delle persone, già varato dal governo, durante la scorsa legislatura, nell’aprile del 2020 ma mai votato in Parlamento. Per Legambiente, poi, serve introdurre nel titolo VI-bis del Codice penale sanzioni adeguate ed efficaci nei confronti di chi commette crimini contro gli animali (fino a 6 anni di reclusione e 150.000 euro di multa).
Istituire uno specifico “Fondo nazionale per la prevenzione e la tutela degli animali oggetto di maltrattamento, abbandono, sequestro, confisca o selvatici feriti”, chiede l’Associazione, oltre che «ripristinare, se necessario con una modifica legislativa, la corretta attuazione da parte delle prefetture di quanto previsto dall’art. 10-bis della legge 120/2020, che ne stabilisce il potere sostitutivo in tutti i casi, anche antecedenti all’approvazione della norma, di mancata esecuzione da parte dei Comuni delle ordinanze di demolizione di immobili abusivi».
«Emanare, da parte del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica i decreti attuativi della legge 132 del 2016 – si legge tra le proposte – che ha istituito il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (ancora non pubblicati al momento di scrivere questo Rapporto) e prevedere incrementi di organico per il Sistema nell’ambito del reclutamento di nuovo personale a cui affidare i controlli sulle opere da realizzare con il Piano nazionale di ripresa e resilienza».
Sarebbe importante, poi, «rimuovere la clausola dell’invarianza dei costi per la spesa pubblica prevista sia nella legge 68/2015 che in quella che ha istituito il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente» chiede ancora Legambiente, sottolineando la necessità di «inasprire le sanzioni per il delitto di traffico organizzato di rifiuti, ai sensi dell’art. 452-quaterdecies, innalzando le pene reclusive da 3 a 8 anni (10 nel caso di rifiuti radioattivi) e introdurre nuove e più stringenti sanzioni in materia di smaltimento illecito».
Infine, viene chiesto di «garantire l’accesso gratuito alla giustizia da parte delle associazioni, come Legambiente, iscritte nel registro unico nazionale del Terzo settore e impegnate di fronte a qualsiasi autorità giudiziaria in qualsiasi grado di giudizio nel perseguimento dei propri fini statutari». (rrm)