A Eduardo Lamberti Castronuovo il Premio Russell della Fondazione Mediterranea

Prestigioso riconoscimento per il dott. Eduardo Lamberti Castronuovo, che è stato insignito del Premio Bertrand Russel ai Saperi Contaminati, organizzato dalla Fondazione Mediterranea insieme all’Università Mediterranea.

Lamberti, premiato per essere «promotore della musica bandistica e operistica, svolta con disinteressato mecenatismo», è stato anche, nominato, dal ministro dell’Università e della Ricerca, Sen. Anna Maria Bernini, presidente del Conservatorio di Musica “Francesco Cilea” di Reggio Calabria.

La cerimonia, svoltasi nell’Aula del Consiglio di Facoltà, è iniziata coi saluti del prof. Giuseppe Barbaro, direttore del Dipartimento Diceam, e la presentazione del Premio, curata dal Presidente della Fondazione Mediterranea dott. Vincenzo Vitale. Si sono susseguiti, poi, gli interventi del prof. Franco Prampolini, dell’Università Mediterranea, su un attualissimo aspetto dell’opera lirica I Pagliacci (Tecnica e travestimento: “vesti la giubba” al tempo dei social), e dello storico reggino prof. Pasquale Amato, dell’Università di Messina, sulla personalità del premiato dott. Lamberti, uomo di grande cultura e cittadino militante.

La cerimonia è stata impreziosita dall’ascolto di brani di musica classica e operistica direttamente da vinili e grammofoni d’epoca, gentilmente forniti dal collezionista dott. Giuseppe Nicolò. Particolarmente emozionante è stato sentire la voce del tenore Enrico Caruso in una registrazione del 1902 da un grammofono del 1905, perfettamente funzionante dopo 120 anni. Al dott. Raffaello Abenavoli, segretario della Fondazione Mediterranea, è toccato il compito di leggere le motivazioni dell’attribuzione prima del suo formale riconoscimento.

Così si legge nelle motivazioni. L’edizione 2024 del Premio Bertrand Russell ai Saperi Contaminati viene attribuita al dott. Eduardo Lamberti Castronuovo non per la sua specifica attività professionale medico-biologica e imprenditoriale nel campo dei media che, per quanto meritevole, esula dal target e dai parametri con i quali la paritetica commissione del premio aggiudica il riconoscimento. Il Premio viene attribuito per l’attività di musicofilo promotore della musica bandistica e operistica, svolta con disinteressato mecenatismo.

Parte dal 1994 la promozione delle bande musicali dell’allora Provincia con l’organizzazione del premio città di Gambarie. Fino ad arrivare, nel 2008, alla partecipazione in Ravenna con la banda di Delianuova al festival di quella città “Omaggio alle Bande d’Italia”, organizzato dal maestro Riccardo Muti. Per sublimarsi nel 2012 con il gran concerto di Reggio Calabria diretto dal Maestro Muti con 1000 giovani strumentisti calabresi.

L’attività mecenatistica di diffusione della cultura operistica, iniziata aprendo la sua dimora ad amici conoscenti con l’iniziativa del “Teatro di casa mia”, prosegue con la riapertura del Cilea che ospita l’opera “I Pagliacci” di Leoncavallo eseguita, dopo l’incendio del Petruzzelli di Bari, dalla sua orchestra; e, più recentemente, col l’opera “Adriana Lecouvreur” interpretata da artisti di calibro come Maria Agresta e Michael Fabiano.

La cerimonia si è conclusa con la lectio del dott. Lamberti “La Calabria nel panorama dell’opera lirica italiana: I Pagliacci di Leoncavallo” e con l’annuncio della sua nomina ministeriale a Presidente del Conservatorio Cilea (rrc)

L’OPINIONE / Vincenzo Vitale: La demolizione sistematica dell’identità urbanistica di Reggio

di VINCENZO VITALE – A più di un anno dall’inizio dei lavori di sostituzione di piazza De Nava con un non-luogo senza storia né memoria, l’unica cosa fatta alla perfezione è stata la demolizione sistematica dell’identità urbanistica. È bene richiamare alla memoria della città le associazioni che, pur definendosi culturali, si sono nella migliore delle ipotesi trincerate dietro il silenzio, ipotizzando tramite un loro portavoce che fosse un loro diritto.

Non le citiamo, tanto tutti le conoscono perché attivissime nella presentazione di libri e nella riedizione di stantie proposizioni. Ce le siamo fatte nemiche perchè abbiamo disvelato la loro sostanziale inutilità per la città: essere intellettuali presuppone non essere ancilari e serventi il potere, volgarmente non essere leccaculo; ovvero essere in grado di esprimere in libertà la propria idea, prescindendo dai rapporti che si hanno con l’amministrazione cittadina.

La città non potrà avere un futuro culturale, cosa peraltro confermata dalle classifiche ufficiali che pongono Reggio agli ultimi posti nel settore, se non condannerà all’oblio con una sorta di damnatio memoriae tutte le associazioni cosiddette culturali non in grado di esprimere sui fatti di vita cittadina un giudizio sereno e oggettivo. Oggi l’aspetto degradato della già piazza De Nava rispecchia il degrado culturale cittadino. (vv)

[Vincenzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea]

La Fondazione Mediterranea: La Dante Alighieri resti pubblica e non sia svenduta

L’Università per Stranieri “Dante Alighieri” rimanga pubblica «senza se e senza ma, e non venga svenduta a cordate cui interessa solo in suo nome e il suo brand». È l’appello lanciato dalla Fondazione Mediterranea, presieduta da Vincenzo Vitale, intervenendo sulla vicenda.

«Nonostante che la Fondazione Mediterranea fosse qualificata a intervenire sulle problematiche – viene spiegato dalla Fondazione – relative alla travagliata vicenda dell’Università per Stranieri Dante Alighieri, in quanto la suddetta sotto il Rettorato del prof. Salvatore Berlingò ha aderito in modo non oneroso alla Fondazione Mediterranea, che peraltro si è sempre spesa soprattutto con la sua attività pubblicistica ed editoriale a sostegno del secondo ateneo reggino, fin ora non lo ha fatto».

«Non ricoprendo alcun incarico nella struttura formativa e non avendo peraltro interessi se non di natura squisitamente culturale – continua la nota – la Fondazione Mediterranea non ha ritenuto opportuno, anche perché non perfettamente informata sulle problematiche interne di gestione, prendere posizione nelle querelle, scadute a volte nel personale, che hanno angustiato recentemente la Dante Alighieri».

«Stavolta è diverso – viene evidenziato –. Dato per accertato che la crisi che attanaglia la Dante Alighieri è senza uscita, anche per il mancato rispetto da parte della nostra città degli impegni doverosamente presi a suo sostegno, posto che la soluzione di una federazione con l’Università Mediterranea è l’unica strada percorribile per mantenere l’autonomia didattica e gestionale, il gioco appare chiaro: i vertici cittadini spingono per una sua cessione agli intessi di cordate universitarie private italiane, interessate solo ed esclusivamente all’acquisizione del prestigioso brand di Università per Stranieri e poco o nulla alla promozione dell’Ateneo e di quel turismo culturale che la struttura è in grado, se funzionante, di assicurare alla città».
«Se la manovra di Palazzo San Giorgio andasse a buon fine – prosegue la nota – la struttura formativa reggina resterebbe un guscio vuoto mentre il suo brand servirebbe a promuovere tutte quelle attività formative on line che non hanno bisogno né di altre sedi operative né di altro personale oltre quello che già anno. Si tratterebbe, in buona sostanza, della svendita di un “bene di famiglia” che non si è saputo far fruttare. Un grande affare per chi acquisisce; una perdita netta e irrecuperabile per chi vende».
«Possibile scambio col salvataggio della Reggina, come ipotizzato da alcuni? – si legge –. A pensar male poco si sbaglia, ci ha insegnato quella volpe di Andreotti. D’altronde di svendite di gioielli di famiglia a lobby e interessi la storia recente politica reggina ne ha già di altri: leggasi il caso del Miramare o quello della demolizione di Piazza De Nava, ceduta a un’un’articolazione periferica dello Stato che ne ha fatto strame. Sarebbe questo un altro caso di quella cattiva politica che sacrifica l’interesse collettivo agli interessi di pochi?».
«Alla Reggina tutti i reggini tengono ma, per il suo salvataggio – conclude la nota – si devono trovare strade diverse da quelle che comportano la cessione a privati, quantomeno lontani se non indifferenti alle sorti della città, del secondo Ateneo cittadino». (rrc)

Demolizione Piazza De Nava, Vitale (Fondazione Mediterranea) deposita esposto in Procura

Fa discutere la demolizione dell’impianto storico di piazza De Nava. L’articolo 518-duodecies del codice penale (Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici) parla chiaro: “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui è punito con la reclusione da due a cinque anni (…). La Sospensione condizionale della pena è subordinata al ripristino dello stato dei luoghi (…)”.

Sulla base di questo articolo il dott. Vincenzo Vitale, presidente della Fondazione Mediterranea, ha depositato alla Procura della Repubblica un esposto in cui si descrivono i fatti accaduti e si chiede alla magistratura di accertare se vi siano stati comportamenti inquadrabili tra quelli sanzionati dall’attuale legislazione e se, di conseguenza, non si debba procedere a “restitutio in integrum” della piazza.

Questi i fatti. Nel luglio del 2019, curato dal Segretariato regionale Mibact per la Calabria, viene presentato un progetto di fattibilità tecnica ed economica definito “Restauro e riqualificazione per l’integrazione con il Museo archeologico nazionale e il contesto urbano della piazza De Nava nel Comune di Reggio Calabria”. Saltiamo tutta la storia e arriviamo a oggi. Il cantiere viene aperto il 22 febbraio del 2022 dalla ditta Apulia SrL (via Matteotti, 2 – 70024 Gravina di Puglia Ba) con direttore ad interim dott. Fabrizio Sudano e direttore dei lavori arch. Michelangela Vescio.  Come si evince dai rilievi fotografici, contrariamente a quanto dichiarato nel titolo del progetto (“Restauro e riqualificazione… della piazza De Nava”) si può notare che di restauro, nell’accezione comune del termine (De Mauro, Utet, Grande dizionario italiano dell’uso: “operazione che ha lo scopo di reintegrare o sostituire, per assicurarne la conservazione nel tempo, le parti deteriorate di un edificio, di un dipinto, di una scultura o di altro manufatto…), c’è ben poco o nulla essendo stata operata una sistematica demolizione dell’impianto storico della piazza.

Nello specifico è stato rimosso il basolato lavico del Corso Garibaldi antistante all’ingresso del museo, la gradinata di accesso alla piazza in materiale lapideo di pregio e la recinzione della piazza, risalente ai primi anni del Novecento (quindi ben più dei 70 anni indicati dal Codice dei Beni culturali per sottoporre a tutela un manufatto architettonico), costituita da pilastrini in pietra di Lazzaro raccordati da tubature metalliche, tipica espressione della corrente estetica architettonica del Razionalismo Italiano in voga negli anni della ricostruzione cittadina dopo il sisma del 1908. Per quanto riguarda il basolato lavico e il materiale lapideo di pregio, questi sono sottoposti a vincolo da parte della Soprintendenza, come si evince anche dai vincoli posti ai lavori di riqualificazione della Caserma Duca D’Aosta, coeva a Piazza De Nava (“Le lastre di soglia, spallette, gradini e altri elementi in pietra di cui è prevista la rimozione, dovranno essere accuratamente numerate e ricollocate, stessa cosa per i pavimenti originali esistenti in cementine o pietra”).

Riguardo alla cintura razionalista della piazza, essa dev’essere considerata come un bene culturale paesaggistico ambientale di grande rilevanza storica, in quanto espressione del modo di costruire del tempo e tipico della ricostruzione reggina dopo il terremoto.  Questo insieme di elementi dà forma e sostanza a un costrutto architettonico che non può essere svilito a una semplice somma dei suoi componenti: la demolizione della piazza, che emblematicamente rappresenta la ricostruzione reggina dopo il terremoto del 1908 e come tale da considerare un bene culturale storico e identitario, effettuata in palese contrasto con le premesse progettuali contenute nel suo titolo (“Restauro e riqualificazione…”), costituisce un oggettivo vulnus alla memoria storia e all’identità cittadina.

L’esposto così si conclude: «Dati i fatti soprariportati circa la completa demolizione dell’impianto storico di piazza De Nava e considerando l’attuale normativa che tutela i beni culturali, si chiede al sig. Procuratore di valutare se ci si sia attenuti alle indicazioni contenute nel titolo del progetto, se la demolizione della piazza costituisca o meno una violazione dell’art. 518 duodecies del codice penale e se il direttore dei lavori, la Soprintendenza e il Comune di Reggio Calabria abbiano o meno esercitato i loro doveri di controllo sull’operato della ditta». (rrc)

L’OPINIONE / Vincenzo Vitale: Caserma Duca d’Aosta e Piazza De Nava: Strutture coeve dai diversi destini

di VINCENZO VITALE – La caserma Duca D’Aosta è stata edificata tra il 1913 e il 1919 e, doverosamente, la Soprintendenza ha posto dei vincoli ai lavori di riqualificazione che dovranno essere effettuati: “le lastre di soglia, spallette, gradini e altri elementi in pietra di cui è prevista la rimozione, dovranno essere accuratamente numerate e ricollocate, stessa cosa per i pavimenti originali esistenti in cementine o in pietra” (così sulla stampa).

La domanda sorge spontanea: perché gli stessi vincoli non sono stati posti alle “lastre di soglia, spallette e altri elementi in pietra” presenti nella demolenda piazza De Nava, coevi agli analoghi della caserma Duca D’Aosta? Perché non è stato prescritto che, durante i lavori di demolizione di piazza De Nava, gli elementi lapidei di pregio (da sottoporre a vincolo come quelli della caserma), non siano “accuratamente numerati e ricollocati” come quelli coevi della Duca D’Aosta?

Vista la circostanza che il progetto della demolizione di piazza De Nava è della stessa Soprintendenza (che sembra porre vincoli solo quando il progetto non è suo), non sarebbe stato un doveroso omaggio alla trasparenza amministrativa spiegare ai reggini questa diversità di pesi e misure su manufatti coevi, piuttosto che trincerarsi dietro la generica affermazione che le “carte sono a posto”?

Da ricordare, tra l’altro, che in occasione di un progetto di restauro conservativo della piazza portato avanti dal Comune, i vincoli furono resi a tal punto cogenti da pretendere che un funzionario della Soprintendenza assistesse ai lavori di scavo per la sistemazione dell’illuminazione e che, a proposito del rifacimento delle aiuole, si effettuassero dei rilievi fotografici prima e dopo il restauro. Questi vincoli cessarono di esistere quando il progetto, demolitivo e non restaurativo, venne portato avanti dalla stessa Soprintendenza.

Presupponiamo, ma un procedimento penale è ancora aperto, che queste incongruenze si siano rese possibili in osservanza della legge: ma è di palese evidenza che in questi casi ci sia un vuoto legislativo che consente allo stesso Ente di essere controllato e controllore senza che nessuno possa intervenire. Mi spiego: la stessa articolazione periferica dello Stato, senza che nessuno possa interferire, in ordine: fa il progetto, elimina o invalida i vincoli, si approva il progetto, fa indire la gara, esprime il direttore dei lavori. Dovrebbe intervenire, in mancanza di un intervento legislativo, la buona prassi della trasparenza amministrativa e del coinvolgimento popolare: una decisione, pur frutto di un vuoto legislativo, se democraticamente avallata da una cittadinanza debitamente informata, è una decisione eticamente accettabile. In mancanza di questo passaggio, la decisione di demolire piazza De Nava non è accettabile dal punto di vista dell’etica politica e amministrativa.

Tornando alla Caserma Duca D’Aosta, che conosco abbastanza bene perché vi risiedevano abusivamente alcune famiglie i cui figli seguivo dal punto di vista sanitario, va risistemata e, nei limiti del possibile, quale che sia la sua futura destinazione, come egregiamente indicato dalla Soprintendenza, va rispettato il suo impianto urbanistico e tutelata la memoria storica del suo passato. Perché la Soprintendenza ha deciso di non assegnare a piazza De Nava la stessa sorte? (vv)

[Vincenzo Vitale è presidente della Fondazione Mediterranea]

 

Fondazione Mediterranea e Comitato Civico: Il punto sui resti affiorati di fronte al Museo

La Fondazione Mediterranea e il Comitato Civico hanno analizzato i resti riaffiorati davanti al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, nel corso dei lavori di “sventramento” del Corso Garibaldi, voluti dalla Soprintenza come intervento collaterale alla demolizione di Piazza De Nava.

«Una velina della Soprintendenza, riportata sulla stampa – si legge nell’analisi – parla di non meglio precisate condotte idriche probabilmente risalenti agli anni Settanta del Novecento (coeve, quindi, alle cabine del Lido Comunale poste in tutela dalla Soprintendenza come bene culturale, qualifica non assegnata a piazza De Nava che di anni di anzianità ne ha più di cento)».

«Sarà pur vero – si legge nella nota – ma non si parla dell’altro ritrovamento, ben visibile, e probabilmente più importante, quantomeno come testimonianza di tecniche edilizie rurali in epoca antecedente al terremoto del 1908.Come anche del rinvenimento di un vecchio/antico lastricato in pietra posizionato nella zona sud dello sventramento lato piazza De Nava. In cosa consistono questi resti di una vecchia/antica costruzione?».

«Queste vestigia – hanno spiegato – sono rappresentate dalla base di due muri e da una porzione di pavimento. I muri sono edificati con una tecnica che, usando termini di ingegneristica romana, è come se fossero a metà strada tra un opus mixtum e un opus incertum: edilizia povera, quindi, fatta anche con materiali di risulta (pietre, pezzi di mattoni, tegole rotte, ecc) assemblati a secco o più probabilmente tenuti insieme da un legante (malta, cemento?). L’analisi del collante potrebbe fornire delle indicazioni più o meno precise sul periodo di costruzione».

«Il pavimento – hanno spiegato – è costituito da mattonelle in terracotta delle dimensioni di 20 cm x 20 cm di colore giallo chiaro tranne un paio rossicce. Anche questo è indice della povertà della costruzione e dei suoi abitanti. A nostro avviso si tratta dei resti di una casa colonica venuta giù col terremoto del 1908. La sua età la dovranno stabilire i tecnici. Ma quali tecnici? Gli stessi che hanno interesse a continuare nello sventramento del Corso e nella demolizione della piazza? C’è un poderoso conflitto di interessi. Come risolvere la questione? Se i resti sono antichi, la loro distruzione porterebbe dritti dritti all’applicazione dell’articolo 518 duodecies del codice penale. Ma, se fossero semplicemente vecchi, non si potrebbero egualmente tutelare come espressione di quella cultura contadina che in rada dei Giunchi si esprimeva circa trecento anni addietro anche col le prime coltivazioni del Bergamotto reggino?».

«A nostro avviso – hanno concluso – la problematica dovrebbe essere affrontata con spirito scientifico, analizzando i reperti senza settarismi o pregiudizi. Ma chi lo dovrebbe fare? E arriviamo al solito problema del conflitto di interessi. Sarà difficile risolverlo senza una democratica condivisione delle scelte e senza l’intervento di un ente terzo». (rrc)

Fondazione Mediterranea: Solo due strutture associative cittadine favorevoli a demolizione di Piazza De Nava

Fondazione Mediterranea e il comitato Civico per la tutela e il restauro conservativo di Piazza De Nava, hanno evidenziato in una nota come «di tutte le strutture associative cittadine, piccole e grandi, solo due sono favorevoli alla distruzione della piazza».

Una nota resasi necessaria a seguito delle affermazioni, apparse sulla stampa, circa l’inconsistenza numerica del fronte che si oppone alla demolizione di piazza De Nava.

«Un primo dato, il più importante – si legge – relativo alla battaglia etica ed estetica contro la distruzione di una porzione dell’identità storico-urbanistica della città, attiene all’adesione alle idee del Comitato da parte delle associazioni. Queste le possiamo suddividere in due gruppi: il primo è costituito da organismi locali di strutture a base nazionale o internazionale oltre che da istituti scientifici professionali; il secondo dall’ampia coorte di associazioni locali».

«Tra le strutture del primo gruppo, solo una, il Tci – viene spiegato – si è espressa a favore della demolizione di piazza De Nava; tutte le altre (tra cui il Fai, Legambiente, Italia Nostra, istituti di Urbanistica e di Territorialisti, ecc. ecc.), con diverse sfumature hanno espresso la loro contrarietà al progetto della Soprintendenza. Un discorso a parte meritano i Club Service, la cui presidenza cambia ogni anno e che pertanto, per ovvi motivi, non possiamo annoverare tra i contrari al progetto né tra i favorevoli. Unica eccezione è rappresentata dall’Associazione di Club Service “Città Metropolitana” e dal Comitato Interdistrettuale per l’Area dello Stretto, la cui presidenza non è cambiata, e che pertanto possiamo citare tra le strutture contrarie alla demolizione della piazza».

«Venendo alle associazioni locali, alcune delle quali pur contrarie – hanno spiegato Fondazione Mediterranea e Comitato Civico – non si sono volute esprimere formalmente in osservanza a una politica di basso profilo a nostro avviso eticamente inaccettabile, solo una si è espressa a favore della demolizione, Reggio Bene Comune. Riassumendo, è una falsità affermare, come dichiarato anche dal Sindaco f.f., che il fronte contrario sia inconsistente sol perché non si è fatta una manifestazione di piazza: non è nello stile della Fondazione né in quello del Comitato fare piazzate; piuttosto, ritenendo di interloquire con persone oneste e razionali, si preferisce il ragionamento su dati e fatti certi alle manifestazioni appariscenti».

«Per quanto riguarda i social media, i dati in nostro possesso non sono aggiornati – viene spiegato ancora – ma risalgono allo scorso anno: oltre il 90 per cento dei pareri espressi sui social erano critici sul progetto della Soprintendenza, nonostante la creazione di falsi profili che inquinavano il dibattito (si è valutata la possibilità di porgere denuncia alla polizia postale ma poi abbiamo lasciato perdere essendo riusciti a bloccarli)».

«Un discorso a parte – prosegue la nota – merita la considerazione che delle 10 associazioni ammesse alla Conferenza dei servizi, solo 4 si siano dimostrate contrarie. Considerando che alcune strutture partecipanti sono state avvisate per tempo e che non vi è stata una doverosa evidenza pubblica (nel caso della Fondazione si è saputo solo casualmente della Conferenza di Servizi); e che alcune erano associazioni professionali, quindi in palese conflitto di interessi; e che, ancora, i Club Service non possono essere tenuti in considerazione per le motivazioni prima espresse; va da se che le uniche veramente rappresentative erano proprio le 4 che, casualmente venute a conoscenza della Conferenza dei Servizi, vi hanno partecipato e si sono opposte. Non è certamente così, cripticamente e a invito, che si applicano le norme di trasparenza pubblica del momento decisionale, specie se si tratta di stravolgere l’assetto urbanistico del centro della città».

«Dopo che la città non è stata coinvolta nelle decisioni – viene ricordato – ora si tenta di delegittimare il suo malcontento sol perché questo non si manifesta in maniera chiassosa ma solo in forma educata e rispettosa delle dinamiche democratiche. Questi signori, burocrati dalla “carte a posto” e politici interessati alla poltrona, dovrebbero forse essere presi a ceffoni per fargli capire che hanno offeso la città con il loro comportamento contrario all’estetica urbanistica e all’etica politica?».

«La gente per bene, quella che oggi si oppone alla demolizione della storia cittadina e della memoria collettiva e dell’identità dei luoghi – conclude la nota – non è solita prendere a ceffoni chi la pensa in modo diverso ma cerca di far sentire la propria voce con mezzi civili ed educati. Ma è proprio questo che i burocrati dalle “carte a posto” e i politici di basso conio non riescono o non vogliono capire». (rrc)

LETTERA APERTA/ Fondazione Mediterranea e Comitato Civico: Il sindaco Brunetti rispetti volontà popolare su Piazza De Nava

La Fondazione Mediterranea e il Movimento Civico Piazza De Nava hanno scritto una lettera aperta al sindaco f.f. del Comune di Reggio, Paolo Brunetti, chiedendo di rispettare la volontà popolare espressa dal Consiglio per Piazza De Nava.

«Leggiamo sulla stampa che la Soprintendenza – si legge – al cui interno è stata ideata la sostituzione della storica piazza De Nava con una nuova che con la precedente non ha alcuna somiglianza, in palese contrasto con la sua mission di tutela e restauro dei beni culturali, sta per chiedere al Comune l’autorizzazione per l’avvio dei lavori di demolizione».

«Posto che tutto l’iter progettuale non ha avuto la doverosa evidenza – viene evidenziato – e che non è stato sottoposto a un pubblico dibattito, come più volte richiesto; e che influenti pareri, tra cui quello del prof. Salvarore Settis, hanno affermato il principio della sostanziale illegittimità di uno stravolgimento urbanistico del centro storico che non passi attraverso l’assenso della maggioranza della cittadinanza; pur soprassedendo sull’oggettiva debolezza estetica progettuale, definita eufemisticamente “fragile” dal prof. Alessandro Bianchi e bocciata da associazioni professionali e istituti di urbanistica oltre che dalle maggiori associazioni ambientaliste nazionali (Fai, Legambiente, ecc); è di palmare evidenza che si è di fronte a un poderoso vulnus democratico».

«Questo vulnus democratico – continua la lettera – si è concretizzato non solo per l’opposizione al progetto della maggioranza della cittadinanza ma anche per il mancato rispetto da parte del Sindaco f.f. e della Giunta Comunale del vincolante mandato conferito dal Consiglio Comunale, che nella seduta del 31 gennaio 2022 così si è unanimamente espresso: “Si impregna il sindaco f.f. e la Giunta Comunale ad attivare tutte le iniziative utili e necessarie (…) al fine di promuovere un’interlocuzione tra le istituzioni e gli attori territoriali interessati onde tutelare l’identità storica e culturale di piazza De Nava. (…) Impegna il sindaco f.f. a riferire al Consiglio Comunale gli esiti delle iniziative assunte in esecuzione del presente o.d.g.”».

«Tutto questo non è stato fatto e, pertanto, si invita il sindaco f.f. dott. Paolo Brunetti a ottemperare ai suoi doveri di primo cittadino rendendo cogenti i citati deliberata, prima di far concedere dai dirigenti di settore qualsiasi autorizzazione ai lavori – si legge –. “Tutelare l’identità storica e culturale di piazza De Nava”, così recita l’unanime delibera del Consiglio Comunale: ed a questo che deve tendere l’azione del primo cittadino, che è stato “impegnato” su questa strada, in osservanza all’art. 10, comma 3, lett. d) del Codice dei Beni Culturali (decreto legislativo n. 42/2004)».

«Parlare di legalità e di democrazia è facile – conclude la lettera – metterle in atto con fatti concreti a volte è difficile: ma dev’essere fatto, non solo per motivi di etica ma anche di opportunità politica: la cittadinanza si aspetta dai suoi amministratori, tra le altre cose, che venga rispettato il ruolo pubblico che si ricopre. Il Sindaco f.f. deve ottemperare alla volontà popolare, espressa dal Consiglio nella sua interezza, con assoluta trasparenza e legalità, senza tentennamenti e senza cedere alle pressioni di lobby o conventicole». (rrc)

Piazza De Nava, Fondazione Mediterranea e Comitato illustrano il vecchio progetto della Soprintendenza

La cittadinanza vorrebbe «una Soprintendenza vecchio stile, magari non po’ barbosa ma certamente più esteticamente orientata ed eticamente aderente alla sua mission». È quanto è emerso dalla conferenza stampa indetta dalla Fondazione Mediterranea e dal Comitato Civico Piazza De Nava sul tema del progetto “Demolitivo di Piazza De Nava proposto dalla Soprintendenza Reggina”.

Una conclusione a cui si è arrivati partendo dall’inedita documentazione, acquisita con accesso agli atti presso gli uffici amministrativi del Comune di Reggio, sul vecchio progetto di riqualificazione di Piazza De Nava. Sono emersi, così, degli stringenti vincoli allora posti dalla Soprintendenza, che riguardano la salvaguardia dell’identità dei luoghi e della loro memoria storica, a cui «evidentemente si è rifatto il deliberato unanime del Consiglio Comunale nella seduta del 31 gennaio del 2022, per brevità se ne riporta solo alcuni, riguardanti la tutela della necropoli ellenistica e l’obbligo che ne deriva di analisi che ne definiscano l’ampiezza e la struttura, prima di muovere anche una sola pietra costitutiva della Piazza».

1) 27 giugno 2006 prot. 12083 – Venuti a conoscenza del fatto che è attualmente in studio da parte dell’Amministrazione Comunale una proposta di risistemazione complessiva di piazza De Nava e della viabilità circostante, (…) per quanto riguarda gli interessi di tutela e valorizzazione archeologica del sito che, com’è noto, rientra nella pertinenza di un’ampia necropoli ellenistica, quella detta del quartiere Santa Lucia, è d’interesse acquisire l’esito di una campagna di prospezioni meccaniche, le cui modalità di esecuzione potranno essere indicate in seguito, da affidare a ditta di ampio curriculum e competenza nel campo delle indagini geognostiche con finalità archeologica, così da garantire risultati di sicura affidabilità scientifica al fine di accertare la consistenza dei beni sepolti.

2) 27 settembre 2007 prot. 17927 – (…) Poiché studi scientifici di settore portano a ritenere che l’area suddetta sia interessata da una vasta necropoli di età classica, si presenta l’esigenza di svolgere indagini geognostiche preventive in grado di confermare o smentire tale presunzione, prima dell’approvazione del progetto di cui trattasi. Posto ciò, e ritenendo indispensabile che le indagini siano svolte mediante carotaggi meccanici, occorre acquisire tutti i dati disponibili inerenti i passaggi dei sottoservizi urbani nelle aree sopra individuate.

«Di tutti questi vincoli e prescrizioni – si legge – gestualmente non riguardano solo l’aspetto archeologico, non vi è traccia sul progetto interno alla Soprintendenza che, è bene ricordarlo, ha un onere economico superiore di 25 (venticinque) volte a quello precedente e che di sola progettazione costa 270.000 euro (più dell’intero importo del vecchio progetto di restauro che costava 200.000 euro)».

«Si configura così, con la progettata demolizione della piazza in assenza di analisi geognostiche – continua la nota della Fondazione – un sostanziale tradimento della mission ministeriale di tutela e restauro conservativo stabilita dalla legge (Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 – Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). Denunciato tutto ciò, la Fondazione Mediterranea e il Comitato civico Piazza De Nava, si trovano in pieno accordo con la Soprintendenza, quella vecchio stile, che poneva vincoli al progetto del Comune, ma in netto contrasto con quella attuale che vincoli non ne pone su di un progetto che nasce al suo interno».

Dopo gli interventi di Vincenzo Vitale, Pasquale Amato e Franco Arillotta, sono state evidenziate dal prof. Alberto Ziparo, docente di Urbanistica all’Università di Firenze, le normative che consentono ancora di intervenire per modificare il progetto e renderlo rispettoso della storia cittadina, della memoria collettiva e dell’identità dei luoghi, come deliberato all’unanimità dal Consiglio Comunale nella seduta del 31 gennaio del 2022. (rrc)

Fondazione Mediterranea scrive al sindaco contro la demolizione di piazza De Nava a Reggio

La Fondazione Mediterranea, che continua la sua strenua difesa a tutela di Piazza De Nava che rischia l’ormai prossima devastazione ha scritto una lettera aperta al Sindaco f.f. Paolo Brunetti:
«Egr. Sig. Sindaco, posto che il Soprintendente arch. Fabrizio Sudano ha dichiarato che i lavori relativi alla demolizione della storica e identitaria piazza De Nava partiranno all’indomani del 27 novembre 2022, la scrivente Fondazione Mediterranea sottopone alla Sua attenzione una serie di considerazioni.
La larghissima maggioranza della popolazione reggina (oltre il 95% degli interventi sui social media) si è espressa in maniera fortemente critica sul “crimine urbanistico” progettato dalla Soprintendenza, che ha così tradito la sua missione di protezione e tutela dei beni culturali. Addirittura, nell’ultima riunione della Consulta della Cultura, un solo voto su trecento si è dichiarato possibilista.
La cittadinanza, in questa sua contrarietà, tralasciando di citare le associazioni locali, è appoggiata e sostenuta da un ampio ventaglio di organizzazioni professionali, Club Service, movimenti e qualificate associazioni di respiro nazionale (come Legambiente, Fai, Italia Nostra, Associazione Nazionale Urbanisti, ecc.) che, ognuno secondo la propria identità e missione, ha espresso parere critico sulla demolizione progettata dalla Soprintendenza.
Anche tralasciando gli interessi personali dei progettisti, legittimi ma che collidono con l’interesse collettivo, i presupposti teorici dell’operazione demolitiva sono scientificamente inconsistenti e passibili di interventi da parte dell’Ordine professionale degli architetti (vedi verbale n. 5 del 20 aprile 2021 in coda alla Conferenza dei servizi).
Nessun politico, oggi, si assume la paternità e la responsabilità delle autorizzazioni fornite con leggerezza e superficialità, in modo ancillare e servente oltre che senza la dovuta evidenza pubblica, dagli uffici cittadini preposti.
Il Consiglio Comunale nella sua interezza e unanimità (verbale n. 3 del 31 gennaio 2022: oggetto “riqualificazione area piazza De Nava”) si è espresso in questi termini: “Il Consiglio Comunale impegna il Sindaco f.f. e la Giunta comunale ad attivare tutte le iniziative utili e necessarie (…) al fine di promuovere un’interlocuzione tra le istituzioni e gli attori territoriali interessati onde tutelare l’identità storica e culturale di piazza de Nava (…) L’inizio dei lavori sia posticipato al 2023”
A tutt’oggi, sebbene reiteratamente sollecitata dalle associazioni, non c’è stata nessuna democratica “interlocuzione” e la Soprintendenza, in offesa alla volontà popolare rappresentata dal Consiglio Comunale della sua interezza e unanimità, rifiutando il confronto e affermando di avere “le carte a posto”, intende procedere entro il 2022 con l’apertura del cantiere demolitorio.
Tutto ciò considerato, la Fondazione Mediterranea pone le seguenti richieste al Sindaco f.f. Paolo Brunetti. In generale, di riconoscere il diritto della cittadinanza ad avere contezza delle variazioni urbanistiche della città; che questa possa democraticamente esprimere a riguardo la propria opinione. Nello specifico, di concretizzare i deliberati del Consiglio Comunale del 31 gennaio 2022 e, pertanto: di promuovere la dovuta e democratica “interlocuzione” tra Soprintendenza e Cittadinanza; far rinviare l’apertura del cantiere al fine di poter operare le modifiche progettuali necessarie a “tutelare l’identità storica e culturale della piazza”, per come stabilito dalla somma assise democratica della città di Reggio Calabria. (rrc)