L’edizione di domani, venerdì 19, del magazine di Repubblica, il Venerdì, dedica un ampio reportage di Giuseppe Smorto, già vicedirettore del quotidiano, reggino di nascita, che è tornato a Reggio per capire cosa è rimasto della rivolta di 50 anni fa. Scoprendo che quella ferita non si è mai rimarginata.
Ai primi di luglio, invece, esce l’edizione del cinquantenario di Buio a Reggio, lo storico libro-reportage realizzato nel 1972 da Luigi Malafarina, Franco Bruno e Santo Strati, che ha raccontato giorno per giorno la nascita dei fatti di Reggio e la loro conclusione, con il loro insopportabile carico di morti, di invalidi, di feriti, di arrestati e denunciati.
La nuova edizione, curata da Strati (Malafarina è scomparso nel 1988, Bruno nel 2011) è completamente rivista e riccamente illustrata. Un volume di 900 pagine che racconta la “verità” sulla rivolta del popolo reggino, raccontata dalla pura e nuda cronaca e vista attraverso gli occhi di tutti gli inviati e giornalisti accorsi da tutto il mondo in quel lontano luglio di 50 anni fa. Il libro è edito da Media&Books e costa 29,00 euro. Santo Strati è il direttore editoriale di calabria.live. (rrm)
Un anniversario che emoziona e commuove: papa Wojtyla, san Giovanni Paolo II, avrebbe compiuto oggi 100 anni. È rimasto nel cuore dei cattolici di tutto il mondo questo grande papa che ha lasciato il grande insegnamento ricordato ieri da papa Francesco: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo». Ma ugualmente è ancora nel cuore dei calabresi che lo hanno visto, ascoltato, applaudito nei suoi due viaggi in terra di Calabria.
Calabria.Live lo vuole ricordare ai calabresi con un brano dell’indimenticato giornalista calabrese Franco Bruno che ai viaggi di papa Wojtyla in Calabria dedicò nel 2006 un grande, importante, libro. La Calabria di Wojtyla (edizioni Media&Books) non era solo un appassionato reportage degli incontri e dei discorsi alla gente di Calabria, ma offriva un’analisi sociale ed economica di una terra che stava cercando risposte al mancato sviluppo. Un libro ancora oggi attualissimo e suggestivo.
di FRANCO BRUNO – L’idea di questo libro è nata durante un incontro con gli alunni di una scuola media calabrese dove ero andato a tenere una conversazione sull’informazione. Erano i giorni della lenta agonia di papa Wojtyla. Stampa e televisioni non si occupavano d’altro. Quando ho chiesto ai ragazzi cosa sapessero della visita del Papa in Calabria, la risposta è stata il silenzio. D’accordo, loro non erano ancora nati, ma non ne avevano mai sentito parlare? “Si, in questi giorni, dai genitori a casa”, dice qualcuno. Non c’è da meravigliarsi, anzi è normale. Ma se queste memorie non le trasmette la scuola e, nella società moderna, non lo fa neppure la famiglia che ha smesso di raccontare e raccontarsi, con quale idea della realtà che li circonda crescono i giovani calabresi? D’altra parte, senza memoria del passato o con la sola conoscenza di fatti negativi come i disastri naturali; con un quotidiano non certo esaltante, quali prospettive possono immaginare questi ragazzi nel futuro della Calabria?
La visita del Papa, la prima dopo novecento anni, è senz’altro un avvenimento storico che merita di far parte dei ricordi. […] Per me si è trattato di un tuffo nel passato, quando da giovanissimo cronista ho seguito per la Rai le due visite del Papa. Ho riletto i miei appunti di allora e ho fatto delle scoperte interessanti. Ho notato la meticolosa cura con cui la Chiesa calabrese aveva preparato le visite: la scelta delle tappe; il filo del ragionamento che si snodava da un appuntamento all’altro, in modo che ogni località ricevesse un messaggio appropriato e diverso e tutti i discorsi, che sono riprodotti integralmente nel dvd, componessero un ragionamento organico. Ho verificato anche che a questa grande preparazione non è seguita un’adeguata discussione e riflessione nella nostra regione sui messaggi del Papa. Ma la scoperta più sorprendente e amara, è stata la straordinaria attualità che i discorsi di Giovanni Paolo II mantengono ancora oggi per la Calabria, segno che in 22 anni la nostra società è cambiata davvero poco. Chi legge oggi i discorsi fatti dal Papa nel 1984 e poi nel 1988, durante il Congresso Eucaristico, potrebbe trovare molte cose ovvie e scontate se non riflettesse su quella che era la situazione dell’Italia, del Sud e della Calabria in quegli anni. Gli argomenti affrontati da Giovanni Paolo II hanno un significato rivoluzionario perché rompono gli schemi che la cultura dominante aveva costruito per sostenere le scelte che venivano fatte in campo economico e sociale. […]
La vigilia del viaggio. Nello scenario appena descritto, che alimenta sfiducia, frustrazione, voglia di rinchiudersi in se stessi, interviene la notizia della visita del Papa alla Calabria, prima sussurrata, poi confermata ufficialmente con tutti i dettagli del programma. L’annuncio, accolto con straordinario entusiasmo, ha l’effetto di scuotere i calabresi da una condizione di apatia mista a rassegnazione: in tutte le località che verranno visitate si costituiscono comitati organizzativi; vengono fissati gli appuntamenti e i percorsi; le amministrazioni si danno da fare, come meglio possono, per rendere accoglienti le città. I Vescovi calabresi che hanno lavorato intensamente per la preparazione del viaggio del Papa sono ora impegnati per la sua buona riuscita. Più che a mobilitare le coscienze devono lavorare per indirizzare l’entusiasmo verso obiettivi costruttivi. L’Arcivescovo Aurelio Sorrentino, presidente della Conferenza Episcopale calabrese, ne indica due: “Attraverso la persona e la parola del Papa, la Chiesa vuole dare un’immagine più autentica di sé. Non una Chiesa disincarnata e lontana, ma una Chiesa viva, che della storia assume i problemi e sa dire a tutti una parola di sicuro progresso, di giustizia e di libertà. La visita del Papa è anche un’occasione perché la Chiesa sia conosciuta nei suoi problemi e nella sua ansia pastorale di risolverli. Una Chiesa con le sue non poche difficoltà, dovute in gran parte alle vicende storiche subite, ma anche all’incuria degli uomini”.
Tutto il viaggio del Papa si muove su queste due direttrici, ma l’importanza del messaggio rischia di essere sovrastata da una concomitanza di fattori che cercheremo di esaminare. La storicità dell’avvenimento è certamente il primo elemento che i calabresi colgono: “È il primo Pontefice che viene in Calabria?”, domanda la gente quando viene annunciata ufficialmente la visita. Questo costringe a riprendere confidenza con la storia della regione, su cui troppo spesso ha avuto il sopravvento la cronaca di catastrofi naturali o di eventi, sempre negativi, determinati dall’uomo. Si riscoprono le antiche radici cristiane della Calabria, impiantate dal passaggio di san Paolo e coltivate, per oltre un millennio, dal monachesimo bizantino e romano. Con una punta di orgoglio si ricostruiscono le scarne biografie di 11 successori di Pietro tutti originari di queste terre. E si ricorda che l’ultima visita di un Papa in Calabria, quella di Callisto II, risale al 1122, se non si dà credito ad alcune fonti che parlano di una presenza a Reggio di papa Alessandro III nel 1165. Senza perdersi nei dettagli, Giovanni Paolo II è il primo Pontefice a tornare in Calabria dopo ottocento anni. E ciò basta a rendere eccezionale l’avvenimento. Sotto questo profilo il viaggio, ancor prima di cominciare, determina un importante risultato, all’interno e fuori della Calabria. Il Papa, con la sua venuta impone una lettura diversa della storia della regione, più prospettica e quindi più autentica, non dominata solo dai travagli dell’ultimo secolo, su cui sono stati costruiti tanti pregiudizi che hanno giustificato atteggiamenti di emarginazione.
Nei discorsi che farà, Giovanni Paolo II insisterà molto sulle “nobili origini cristiane, storiche e culturali della Calabria” di cui fornirà minuziosamente tanti esempi. È un modo per spingere i calabresi a riappropriarsi della propria memoria, per costruire un’identità di popolo più vera e più forte. Accanto alla dimensione storica, un altro aspetto che catalizza l’attenzione è il fascino personale, il carisma che Karol Wojtyla esercita: con il suo modo di esprimersi semplice, chiaro, immediato; con la fisicità, il linguaggio dei gesti e degli sguardi (4) che, sapientemente esaltati dai nuovi mezzi e dalle tecniche di comunicazione lo pongono in rapporto diretto con il pubblico. Il Papa ‘polacco’, anche se ormai quell’appellativo non viene più usato, in pochi anni, ha impresso una fisionomia nuova e personale al pontificato.
Pensiamo al carattere itinerante del suo apostolato. Quando viene in Calabria, Giovanni Paolo II ha già fatto 44 visite pastorali in Italia.(5) Per chi conosce i calabresi, questo potrebbe essere un motivo per sminuire la portata dell’evento. Invece, inserita in una sequenza di viaggi da un capo all’altro del mondo, la Calabria si sente proiettata in una dimensione internazionale. Ma ci sono altri elementi, meno esteriori, che hanno reso popolare questo Papa. Wojtyla si è presentato al balcone di San Pietro nella sua autenticità di uomo e a questo cliché è rimasto sempre fedele. Ha raccontato la sua storia, non ha mai dissimulato il forte legame con la sua terra, ha ostentato la sua passione per lo sport e la vita all’aria aperta, ha testimoniato la dimensione umana, condividendo con il mondo tutte le sue emozioni: speranze e delusioni, sofferenze e dolore. Insieme al magnetismo del Papa, al suo protagonismo sulla scena mondiale, un altro dato rischia di spostare l’attenzione, come in un gioco di specchi, dal reale al riflesso. È la visibilità sempre crescente che la Chiesa ha acquistato, anche al di fuori della sfera religiosa, un po’ per le scelte che ha operato, un po’ per una successione di avvenimenti che hanno messo il Vaticano sotto i riflettori della cronaca. (fb)
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