Con Yes I start up tante le donne che possono fare le imprenditrici

E’ la provincia di Cosenza ad essere prima per adesioni al progetto Yes I start up ma tante sono le partecipanti da ogni parte della regione. Ad esempio c’è anche Laura Maceri, 27 anni, una laurea in giurisprudenza, una specializzazione in criminologia e scienze dell’investigazione privata ed il sogno di aprire un centro di ascolto per donne vittime di violenza nella sua Bagnara Calabra, tra le 303 idee di impresa nate sui banchi del corso di formazione Yes I start up donne promosso dalla Regione Calabria con l’Ente nazionale per il microcredito.

«Sono sicuramente, queste, le donne di cui ha forse più bisogno la Calabria per ribaltare ogni ulteriore tentativo di narrazione negativa, catastrofista, lamentosa e vittimistica, dietro la quale spesso si nasconde anche la violenza, in tutte le sue declinazioni. E sono questi i percorsi che di fatto liberano tante donne, sottraendole agli effetti di una violenza più insidiosa: quella culturale che si annida sia negli ambienti spesso più vicini alle donne (familiari, mariti, fidanzati, amici, etc), sia purtroppo nella demotivazione strisciante esercitata da coloro ai quali tante donne si rivolgono per tentare di diventare imprenditrici di se stesse, per emanciparsi da ogni logica assistenziale, indicata quasi sistematicamente come via di salvezza».

È quanto dichiara Lenin Montesanto, tra i soggetti attuatori regionali del progetto nazionale Yes I start up (Yisu), la cui esperienza calabrese è diventata modello europeo per numeri e risultati (900 attività finanziate ed aperte negli ultimi anni). Laura è una delle oltre 20 donne di tutte e cinque le province che ha frequentato con successo il corso coordinato dalla Montesanto sas.

E Laura è una delle 303 donne di tutta la Calabria che in questi ultimi mesi hanno preso parte al percorso Yisu, che sono state accompagnate da docenti e tutor nella fase di redazione del proprio business plan, che hanno proficuamente superato (così come l’80% delle corsiste) anche il successivo colloquio selettivo e motivazionale e che adesso aspettano la pubblicazione del bando Impresa Donna per candidarsi ad ottenere l’ambito finanziamento ed avviare finalmente la propria attività.

«Si tratta – aggiunge Montesanto esprimendo soddisfazione per l’adesione convinta fatta registrare nella provincia di Cosenza che con 189 iscrizioni si attesta prima in tutta la regione – di un altro elemento importante che dimostra la trasparenza, l’efficacia e finalmente il criterio meritocratico messo innovativamente in campo dalla Regione Calabria con Yes I Start Up. – Non solo. A conferma ulteriore della esemplarità dei risultati che sta continuando a far registrare il progetto Yisu della Regione Calabria con l’Ente Microcredito, nei giorni scorsi in occasione della Settimana dell’Employement promossa dalla Commissione Europea a Bruxelles, al Focus dedicato alle imprese, su 15, 13 erano idee imprenditoriali finanziate in Calabria».

«Per tutte queste ragioni – conclude Montesanto – l’auspicio condiviso è che, confermando questa prassi virtuosa e positiva ormai unanimemente riconosciuta, la Regione Calabria, attraverso la sensibilità e l’impegno dell’assessore al lavoro Giovanni Calabrese, saprà accelerare tutti i tempi per consentire alle altre 429 donne, già iscritte in piattaforma, di poter presto frequentare anch’esse i corsi Yes I Start Up e diventare imprenditrici nella e per loro terra, senza pianti e rimpianti, senza fughe ed a testa alta, liberandosi non solo l’8 Marzo ma tutti i giorni, da retaggi e destini imposti da altri». (rcs)

L’OPINIONE / Elisabetta Barbuto: «Imprenditori di Cutro, quando gli esempi valgono più delle parole»

di ELISABETTA BARBUTO – Voglio oggi dire grazie agli imprenditori di Cutro, della nostra terra crotonese che hanno denunciato il tentativo di estorsione subito. Un atto delinquenziale commesso non solo in loro danno, ma in danno di tutta la gente calabrese onesta che soffre da sempre lo stigma di vivere in una regione bellissima piagata dalla presenza di una delinquenza organizzata che ne succhia la linfa vitale ed ha contribuito drammaticamente, negli anni, a rallentare la nostra crescita economica e culturale.

Voglio dire grazie al loro coraggio che ha vinto la paura, la prepotenza, la protervia di loschi figuri convinti di poter spadroneggiare e continuare a vivere impunemente, parassiti della società, sulle spalle di chi lavora onestamente affrontando tanti sacrifici per sostenere la propria famiglia.

Voglio dire grazie a chi non si è piegato, ma con la schiena dritta, ha percorso senza esitare la strada della legalità perché per indicare ai giovani quale sia la strada giusta da seguire mi sono stancata di fare l’elenco dei martiri della mafia, del silenzio, dell’omertà, dell’indifferenza. Non voglio più parlare e parlare di una guerra che si conclude con il sacrificio del solitario paladino di turno della legalità continuando a regalare implicitamente l’impressione che sia inutile combattere per ciò in cui si crede perché la fine della storia è già scontata.

Voglio parlare ai miei ragazzi di una guerra in cui l’esercito delle persone oneste vive, vegete, attive nella difesa dei loro diritti e dei diritti altrui aumenta ogni giorno. Un esercito che combatta e sconfigga il puzzo canceroso del malaffare e della delinquenza organizzata permettendo ai nostri figli di seguire le orme dei loro padri e delle loro madri tenendo la barra dritta sulla strada della legalità. Come? Semplicemente facendo il proprio dovere, rifiutando i compromessi e difendendo i propri diritti senza che qualcuno li gabelli per favori e concessioni dall’alto.

Diventiamo esercito ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, con questo obiettivo e non solo in una manifestazione di solidarietà che pure ha la sua importanza perché il rumore delle parole sconfigge il muro del silenzio di cui la delinquenza si nutre e nel quale prospera e purchè sia l’avvio di un nuovo inizio per la nostra terra e per un futuro diverso per i nostri figli.

Non voglio che faccia più scalpore, una tantum, la denunzia di prevaricazione, soprusi, prepotenze, atti delinquenziali. Voglio che sia la regola. Voglio che faccia scalpore il contrario, voglio che facciano scalpore, una tantum, il malaffare e la delinquenza fino a sparire del tutto dalla nostra vita.

E’ un momento importante. Non buttiamolo via. Non consentiamo che resti isolato. Stiamo vicini gli uni agli altri in questo cammino. Perché gli esempi valgono più di mille parole ed i tempi sono maturi per il riscatto della nostra terra. Oggi più che mai grazie ad un gesto coraggioso che ci ridà la speranza. (eb)

(Elisabetta Barbuto è docente e Coordinatore M5S della provincia di Crotone)

IDEE / Bisogno di creatività per gli imprenditori del Sud (di Mauro Alvisi)

di MAURO ALVISIIl modello competitivo d’impresa e società che va delineandosi soddisfa le caratteristiche basi del mio progetto “La Palestra delle idee” che presentai a Confindustria Veneto in un Convegno con il Ministero dell’istruzione nel 2004 a Longarone (BL). Un modello in cui le persone e la loro capacità creativa hanno un ruolo fondamentale.

Allora sostenevo che occorresse cercare talenti, stabilendo contatti con le scuole del territorio, prima con gli istituti professionali, (a Draghi fischieranno le orecchie…) quelli tecnici e i licei poi, via via che la sfida si faceva più complessa, con le università.

Un’idea ripresa oggi da un progetto nuovo chiamato LIBERALEUROPE che sto cercando di promuovere.

L’impresa, la parola lo spiega bene, specie in Italia e di questi tempi, è un’avventura, qualcosa che si rinnova sempre, al contrario dell’azienda che è sinonimo di replicabilità.L’unicità delle idee e del talento è inimitabile,la replicabilità appartiene ad altri mondi e non al nostro, né più la  catena di montaggio. 

E in quest’ottica il modello gerarchico chiuso di gestire un’impresa, un partito, un team è morto e sepolto.

I collaboratori, i tesserati, non sono dipendenti ma attori in prima  persona. Non sono un numero. Sono soggetti e non oggetti, attori  e non spettatori o meglio “consumattori”, termine che coniai personalmente nel 2003 durante la Crociera del Marketing davanti alla platea delle blue chip e multinazionali in Italia. Allora ero considerato un guru della materia. Poi questa veste mi è andata stretta. Occorre svecchiare i ruoli e l’immagine che abbiamo e diamo di noi stessi.

Occorre creare un “vivaio”: Come nelle squadre di calcio o di basket. Stabilire un contatto a partire dalle scuole elementari dove il genio già appare con visite di orientamento e progetti comuni: va dato ai ragazzi tempo di capire se un lavoro, una professione può essere interessante per loro, e se ci sono opportunità di farli crescere occorre farlo senza indugi perché il nostro futuro sono loro.

Le sette main road della Palestra delle Idee :

1. Valorizzare il territorio 

Cercare e orientare talenti equivale a  promuove iniziative sul territorio anche nel periodo estivo, come Impresa per tutte le età, un laboratorio di formazione per “ragazzi” dai 6 agli 80 anni: l’università della Strada. 

Lo sviluppo, con le idee innovative, come le Start Up del Sud, la gioventù trainante il Paese, e il  Giffoni Film Festival lo dimostrano, non avviene solo nei grandi centri, ma ovunque ci sia qualcuno che lo sogni, lo pensi lo voglia e lo progetti. Un’impresa esiste se sa far rete ma se soprattutto dialoga con il proprio territorio.

Genius e Loci sono una sola cosa.

2. Giocare d’anticipo e sedurre anziché soddisfare 

Cercare di anticipare i desiderata del mercato e del cittadino elettore. Anzi indurlo seducendolo (conducendolo a sé). Allargare la propria base relazionale, individuando nuovi scenari sui quali lavorare.

L’unico vero capo di un’azienda è il cliente e di una comunità civica e democratica il cittadino elettore. Che oggi è un prosumer capace di consumare e produrre contenuti (i prodotti  e le app son sempre più user generated): senza di lui non c’è stipendio per l’imprenditore, né poltrona da onorevole, sindaco o governatore. né per il loro staff. 

3. Creare un brandscape 

Dove risiedere e far risiedere il patrimonio tangibile e allo stesso momento più intangibile e più importante per l’impresa e la comunità che è l’essere umano, la gente, people. Una volta assunti  non devono trovarsi di fronte una struttura gerarchica, ma ad un nuovo territorio dell’immaginario euforico, una wonderland professionale dove si lavora in gruppo su progetti comuni. Sta all’intraprendenza di ognuno trovare e generare nuovi progetti su cui lavorare.

4. Fare rotta verso il cambiamento come verso l’isola del tesoro

A che serve imporre soluzioni? Il vero cambiamento non risiede nel allenare al problem solving ma nell’allenare a rovesciare i problemi in opportunità: L’abilità di cercare continuamente è più performante di quella di trovare ogni tanto e occorre gente che si ponga problemi e lavorare insieme con chi pone il problema. Cercare l’inconsueto e non l’obsoleto, il sentiero stretto più che l’autostrada che tutti battono. 

5. Una benzina chiamata fiducia

È rivoluzionario dare fiducia e contemplare che possa anche venire tradita. Non importa, è un processo irreversibile quello del dono che potenzia ogni ruolo; donare fiducia all’intera catena di valore. Il dono non è mai simmetrico e chi lo riceve prima o poi lo concede indietro superandolo.

6. Fare rete nell’infosfera della good reputation

Costruire e mantenere buona reputazione e relazioni di scopo è vitale per l’impresa e la società postmoderna. Impresa 3.0 o 4.0 ? ma che importa la last version ? Stiamo passando dalla cultura zero defect a quella zero defection quella dove il  centro non è cancellare ogni difetto ( spesso è il piccolo difetto a sedurre) ma cancellare il rischio di venire lasciati a terra su un’isola deserta dal cliente, dai partner, dalle istituzioni, dai cittadini, dai collaboratori, dai media, dai fornitori, dai talenti.

Per questo occorre una “coltura d’impresa” ancor di più di una cultura d’impresa. Non è un gioco di parole seminare e coltivare relazioni per raccogliere benessere e successo personale e collettivo.

7. Analizzare chi ci sta davanti e non dimenticare mai quelli indietro

Occorre un duplice benchmark : 

a) analizzare sempre la best practice di chi ci precede, capirne i meccanismi, le dinamiche competitive vincenti e assumerle come modello di confronto dinamico; 

b) Avere consapevolezza che in fondo alla scale, spesso nei bui sottoscala dell’umanità sofferente c’è quanto più potenziale di svolta si possa mai immaginare. Pensare agli ultimi non è solo un dovere di noi tutti ne tantomeno facile filantropismo ma è un continous learning by defending and saving di rivoluzionario aspetto di welfare doing e wellness creating. ′

[Mauro Alvisi è docente 

universitario, esperto di marketing]