Elezioni regionali, Cufone (Idm): Serve una proposta politica nuova fuori dai vecchi schemi

Francesca Gufone, coordinatrice regionale Giovani di Italia del Meridione, ha sottolineato che «sarà una campagna elettorale difficile, condizionata dalle misure emanate dal governo per fronteggiare la pandemia, ma non può essere una ragione per dare vita ad una campagna clandestina, affidata ai retro bottega della politica, alle consorterie partitiche, alle lobby dell’assalto alla diligenza della spesa pubblica».

«Dopo il massacro mediatico subìto dalla Calabria – ha aggiunto – per il disastro della sanità calabrese e per le nomine commissariali fatte dai governi, a trazione Pp prima e M5S dopo, il confronto si deve svolgere in campo aperto per come si può e per come le circostanze consentono. Se qualcuno intende far discendere dall’assetto del governo nazionale schemi di alleanze da applicare alla Calabria non ha capito il bisogno di cambiamento che i calabresi si aspettano dopo le vergogne cui sono stati esposti». 

«Serve – ha sottolineato – una proposta politica nuova, fuori dai vecchi schemi, capace di interpretare la grande battaglia che il Sud è chiamato ad affrontare per mettere fine alle diseguaglianze, alle discriminazioni, alle penalizzazioni che subisce da decenni a favore del nord ricco, produttivo, benestante e beneficiario dei miliardi della spesa pubblica sottratti al Sud. Non risulta che il Pd abbia mai sollevato il problema delle risorse sottratte al Sud a beneficio del Nord, degli asili nido negati, delle infrastrutture mancanti, dell’alta velocità privilegio del centro-nord, della prevaricazione della “spesa storica” nei confronti del sud alla quale il Pd ha sempre risposto con una vile e rassegnata sottomissione agli interessi del nord».

«Quanto ai 5Stelle – ha proseguito Cufone – forza di maggioranza in Parlamento e nei due governi presieduti da Conte, non risulta che in due anni abbia mai posto il problema dei differenziali Nord-Sud, delle risorse sottratte, dell’imbroglio della spesa storica. Si dirà che non hanno ancora maturato conoscenze e competenze al riguardo, paghi delle indennità parlamentari guadagnate a quel colossale voto di scambio realizzato soprattutto al Sud col reddito di cittadinanza».

«È tempo – ha detto ancora – di aprire nuovi percorsi, di porsi obiettivi precisi, di restituire dignità alla politica e a chi la rappresenta. Italia del Meridione va da anni tessendo pressoché in solitaria la tela di una nuova battaglia meridionale, senza lamenti e cappello in mano. È una battaglia di diritti negati a fronte di una Costituzione che li garantisce. Guardiamo con favore al presidente della Campania, Vincenzo De Luca, che mette in cantiere “una spedizione contro il nord”, una sommossa non violenta delle regioni meridionali per reclamare ciò che attendiamo ormai da troppi anni, una battaglia territoriale che riscriva il destino del Meridione e quindi dell’intero Paese, al di là delle logiche di appartenenza, mettendo da parte colori e bandiere».

«Ci viene offerta dall’Unione Europea – ha detto ancora – l’opportunità del Recovery Fund che consente di mettere riparo a tutti i differenziali nord-sud, investimenti, infrastrutture, ospedali, scuole, asili nidi, welfare, blocco dell’emigrazione intellettuale giovanile, diseguaglianze di genere. Tutti temi sui quali IdM ha costruito la sua “Mission” politica».

«È tempo, insomma – ha continuato – del coraggio e della responsabilità. Creare la valida alternativa politica che di fatto non sussiste in quanto partiti, burocrati di apparato, commissari inviati da Roma e politicanti che hanno vissuto e goduto di rendite di posizione vanno messi da parte e resi inoffensivi».

«C’è bisogno dei Calabresi perbene, onesti, rispettosi delle leggi – ha concluso Francesca Cufone – che non vogliono rassegnarsi: quel medesimo 60 per cento che da tempo si astiene dal voto perché non si sente parte integrante di questo Paese, lasciando campo libero alle cordate di potere con clientele al seguito che portano la responsabilità di aver ridotto la Calabria, numeri alla mano, a regione disastrata per qualità dei servizi e risorse dissipate». (rrm) 

 

Italia del Meridione: «Uno schiaffo alla dignità della Calabria gli ospedali da campo»

Secondo il Movimento politico Italia del Meridione, guidato da Orlandino Greco, «Quella degli ospedali da campo è uno dei più grandi schiaffi alla dignità dei calabresi. Ci sono tante infrastrutture, come quella di Cariati, che potrebbero essere messe a disposizione del nuovo Piano anti-Covid».

In una nota l’ex consigliere regionale Greco stigmatizza la situazione della proroga del commissariamento: «Il sistema sanitario calabrese, attorno al quale ha banchettato per anni il malaffare, è una bomba sociale ad orologeria. Resistono isole di eccellenza, come il reparto trapianto reni di Reggio Calabria, il Sant’Anna Hospital di Catanzaro, i tanti medici e manager della nostra provincia e le associazioni che suppliscono alle carenze del servizio pubblico con la loro medicina solidale. Resistono anche i cittadini e i sindaci, le prime vere vittime di questo sistema sull’orlo del collasso, che oggi hanno pacificamente manifestato a Cariati per chiedere pubblicamente la riapertura del proprio ospedale. Un presidio geograficamente fondamentale per tantissimi cittadini del basso Jonio cosentino e che, com’è noto, fu cinicamente chiuso attraverso i tagli lineari del piano di rientro della sanità calabrese. Una situazione che creò e che continua a creare tanti disagi agli abitanti di una zona già di per se in grave ritardo di sviluppo per ciò che concerne la viabilità e non solo.

«Da ex sindaco e da cittadino che vive le difficoltà dei nostri territori, che quotidianamente visito in lungo e in largo per percepirne anche e soprattutto le istanze provenienti dal basso, non posso che esprimere la mia totale solidarietà rispetto all’iniziativa messa in campo quest’oggi.

«Tra le quattro regioni che il governo ha inserito nelle aree rosse, la Calabria presenta una situazione differente, e per certi versi paradossale, legata alla storia del commissariamento della sanità regionale, alle carenze infrastrutturali e ai ritardi nella spesa dei fondi del governo: non c’è più tempo da perdere!»

Dal punto di vista di Greco «È ormai caduto, in modo plateale e a tratti naif, alla luce delle maldestre giustificazioni televisive, il mito del commissariamento come strumento con cui le riottose regioni del Sud devono essere ricondotte sotto l’imperio della legge. Alla Calabria servono competenze, attitudini scientifiche, esperienze manageriali complesse, conoscenza analitica delle regole di finanza pubblica e che di certo non mancano nel vivaio di intelligenze che la nostra terra può vantare. Occorre, dunque, dire basta alle beghe istituzionali, alle toppe peggio dei buchi, agli scaricabarile: bisogna fare cerchio, da Roma alla Calabria, per ridare linfa ad un settore indispensabile per la vita è il benessere di tutti noi. La situazione è grave ma non seria, forse siamo ancora in tempo per evitare il precipizio». (rcs)

 

Domenico Frammartino (Italia del Meridione): aprire subito gli ospedali chiusi

Il vice segretario regionale di Italia del MeridioneDomenico Frammartino, ha ribadito come «l’Italia del Meridione rivendica, a livello calabrese ma anche meridionale, l’istituzione delle aree sanitarie temporanee che possono essere utilizzate, in funzione di degenza per i Covid a basso rischio, sintomatici e/o asintomatici, e per i post Covid».

«Tali strutture – ha aggiunto – create tramite la riconversione e la immediata riapertura degli ospedali chiusi, come quelli di frontiera o di montagna che agirebbero in deroga ai principi di autorizzazione e di accreditamento istituzionale, servirebbero al tracciamento ed al monitoraggio con lo scopo aggiuntivo di decongestionare il sistema delle degenze Hub e Spoke. La riattivazione di queste strutture dismesse, unita ad una serie ed efficiente attivazione delle Usca (37), eliminerebbe il problema dei posti letto, che andrebbero riservati esclusivamente alla infettivologia ed alla broncopneumologia (sub intensiva)».

«E siccome non c’è peggior sordo  di chi non vuol ascoltare – ha proseguito il vice segretario regionale di Idm – è auspicabile che nei comuni, nei territori dove sono ubicate queste strutture, i cittadini tutti si mobilitino tenendo alta l’attenzione fino a quando non vengano date risposte concrete e soddisfacenti. IdM anche in passato, quando l’attenzione era rivolta ad altro e i vari commissari ad acta decidevano le sorti di interi territori e della Calabria stessa, ha sostenuto ed incitato iniziative che partendo dal basso mostrassero il vero volto della sanità. Non c’è provincia che non abbia nosocomi abbandonati o in attesa di riqualifica con intere aree o reparti chiusi, (ad esempio, nella sola provincia di Cosenza se ne contano otto), per non parlare della mancanza di personale più volte lamentato».

«È senza dubbio – ha detto ancora – il momento delle piazze ma quelle vere, della rabbia condivisa per una situazione che ha raggiunto il suo apice proprio in piena emergenza, quella dei calabresi onesti che chiedono dignità e il sacrosanto diritto alla salute. IdM c’era e ci sarà con i propri rappresentanti, comune per comune, territorio per territorio».

«La Calabria pretende di scrivere il proprio destino – ha concluso – senza imposizioni e scelte calate dall’alto, senza nuovi ripieghi o indicazioni dettate dal momento in quanto non contribuiscono alla soluzione del problema. La mobilitazione deve essere una vera e propria rivoluzione che porti innanzitutto ad avere risposte concrete e poi ad ottenere definitivamente l’uscita dal commissariamento». (rrm)

Italia del Meridione, nasce il Dipartimento “Minoranze”

Nel corso dell’assemblea nazionale del Movimento politico Italia del Meridione, svoltasi a Roma nei giorni scorsi, è nato il Dipartimento Minoranze, che «sappia riconoscere il valore delle minoranze linguiste, come gli arbëreshë».

L’incontro, promosso da Cataldo Pugliese, delegato nazionale di Italia del Meridione, ha visto la partecipazione di alcuni rappresentanti della comunità arbëreshë e albanese, esponenti di varie associazioni e istituzioni, provenienti da sette regioni d’Italia. I partecipanti, in un clima entusiasmante e benevolo, hanno deciso all’unanimità di percorrere un programma comune affinché vengano garantiti i giusti riconoscimenti, anche in Parlamento, alle comunità arbëreshë che da oltre cinque secoli rappresentano la massima espressione di integrazione sociale in Europa.

È emerso, quindi, la necessità di chiedere un incontro con il ministro degli esteri Di Maio a cui sottoporre tali richieste e intraprendere azioni mirate a sottolineare il vero valore delle minoranze linguistiche, partendo proprio dalla Legge 482 del 1999 che ha visto negli anni ridurre la propria capacità finanziaria.

Lo stesso delegato Pugliese ha ribadito la necessità di «dar voce alla minoranza etnico linguistica più longeva d’Europa e che oggi vuole essere più che mai protagonista anche nello scenario politico italiano. Dobbiamo chiamare a raccolta l’elettorato delle nostre comunità composto da circa un milione di persone, reclamando un riconoscimento politico e culturale sullo scacchiere europeo. Il portavoce nazionale conclude il suo intervento soffermandosi sull’essenza del movimento politico Idm che ha come missione e filosofia l’ascolto dei territori e delle sue comunità, nel rispetto delle differenze culturali che hanno contribuito a rendere l’Italia quel Bel Paese di cui si sente la mancanza e che vuole riemergere, ripartendo proprio dall’unione (e non unità) di quegli 8000 campanili che ne racchiudono l’immenso patrimonio storico culturale».

Tra i partecipanti Lindita Elezi, già commissaria per le pari opportunità della Regione Marche e capogruppo consigliare del Comune di Jesi, che ha affermato: «Siamo il popolo più numeroso in Italia e ci batteremo con impegno e passione per rappresentare in Parlamento i diritti delle minoranze, sottoponendo proposte e soluzioni, partendo dall’insegnamento della lingua. È arrivato il momento di unire le forze per creare un punto di riferimento in Italia, di questa importante e affascinante minoranza etnico linguistica».

Fino ad oggi è mancata la capacità di fare unione tra i 50 comuni arbëreshë d’Italia, non basta l’associazionismo se pur prezioso ma urge più che mai creare una voce politica che si renda protagonista delle proprie esigenze, ricchezze e bellezze, queste le conclusioni. (rrm)