di FRANCESCO RAO – Da qualche mese iniziava ad aleggiare quel senso di libertà che il Covid, nel corso degli ultimi tre anni, ci aveva sottratto. Da metà giugno vi è stata una crescente fiammata pandemica, attivata dalla variante Omicron 5, la quale a giudizio degli esperti culminerà con un picco per metà luglio. Tali circostanze, si pongono all’interno di un paniere di priorità che non possono essere oggetto di soluzione da riporre esclusivamente sulle spalle del Presidente Occhiuto e della maggioranza che ne sostiene il governo della regione Calabria.
Se l’inflazione è ai livelli del lontano 1986 e il governo centrale, cogliendone il rischio di stagflazione ha lavorato e sta lavorando ad una serie di provvedimenti per tentare di sterilizzare i pesanti effetti non sopportabili dalle fasce sociali maggiormente esposte, la Calabria oggi deve nuovamente fare i conti con la questione sanitaria. Intanto, da ieri, il reparto di anestesia dell’Ospedale “Santa Maria degli Ungheresi” è chiuso per carenza di personale e, di conseguenza, non sarà possibile essere operativi da un punto di vista chirurgico in caso di necessità. Con molto rispetto per la politica locale, intenta a stracciarsi le veste e con la memoria corta rispetto al passato, oggi non basta affermare: “lo avevamo detto”.
Oggi sarebbe stato il tempo per riflettere chiedendosi: “che cosa è stato fatto in passato”? Intanto, a causa degli svariati commissariamenti della Sanità Calabrese, per i quali sono giunte “benedizioni” da tutte le aree politiche di cui gli effetti sono anche quelli prima richiamati, c’è da considerare tutte quelle persone che non hanno modo di ricorrere a cure in solvenza privata, non possono spostarsi perché a corto di mezzi. Adesso bisogna reagire con senso costruttivo, mettendo da parte il vezzo della costante Campagna Elettorale e invece di alimentare inutili polveroni, supportando soluzioni non ufficiali come quelle diffuse ieri (arrivo dei medici cubani), oppure accaparrarsi la scena mediatica per promuovere l’insostenibile. Si guardi la realtà in faccia, considerando oltre all’imminente picco pandemico quale sarà l’imponenza dello scenario autunnale.
Comprendo quanto sia impossibile poter reclutare, in meno di un mese, il personale necessario da affiancare a tutti gli operatori sanitari sino ad ora impegnati a svolgere la loro attività con estrema abnegazione, ricevendo spesso irriconoscenza e facendo a meno di ferie e riposi per senso di responsabilità. La scelta di ridurre i costi per sanare i debiti, messa in atto dai vari manager, ha generato una contrazione di servizi su un territorio che non può essere oggetto di comparazione con altri casi analoghi.
Riferendomi alla Piana di Gioia Tauro, penso ad una popolazione ingabbiata in una serie di difficoltà e asfissiata dall’impossibilità di poter attendere e poter sperare. Il diritto alla salute non prevede opzioni e ripone circostanziate responsabilità che il Presidente Occhiuto, nella qualità di Commissario straordinario, forse farebbe bene a condividere con il Governo centrale e con la Comunità Europea, nell’identica misura con la quale abbiamo giustamente riposto attenzione per l’occupazione Ucraina. Anche noi siamo in guerra e soprattutto anche noi siamo Calabresi, Italiani ed Europei.
A tal fine, come già avvenuto in passato per la gestione della fase vaccinale, perché non si ricorre all’ausilio di personale medico militare da inserire nel più breve tempo possibile nei nostri Ospedali? Se ciò non fosse possibile, si potrebbe immaginare di far giungere in Calabria la Nave ammiraglia “Cavour” per splittare il sistema sanitario regionale, assegnando al Reparto militare tutte le cure afferenti ai casi Covid e lasciando la medicina ordinaria, compresa la diagnostica preventiva al personale sanitario ospedaliero? (fr)
(Francesco Rao, giornalista e Presidente Dipartimento Calabria ANS Sociologi)