UN’UNICA ZES PER TUTTO IL MEZZOGIORNO
POTREBBE ESSERE UNA BUONA IDEA, MA…

di SANTO STRATI – Un’unica Zona Economica Speciale (ZES) per tutto il Mezzogiorno. Potrebbe essere una buona idea, ma le perplessità non mancano, soprattutto alla luce di cosa hanno realizzato le singole Zes di Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna. Tranne qualche timida eccezione, i risultati non sono minimamente vicini alle aspettative che era logico attendersi. Soprattutto in Calabria (dove peraltro abbiamo un commissario a mezzo servizio, condiviso con la Campania) il bilancio della Zes è praticamente negativo al 100%. Le ragioni hanno molte risposte, ma su tutte prevale la considerazione che dalla data di costituzione della Zes Calabria non risultano concrete ed efficaci realizzazione: se la zes doveva fare da attrattore per gli investimenti sul territorio, visti i risultati a oggi, si può, a malincuore, dire che si è rivelata un fallimento.

L’obiettivo delle zone economiche speciali era quello di snellire le procedure di autorizzazione, limitando i guasti e i ritardi della burocrazia imperante nell’ambito della costituzione di nuove imprese, e favorendo fiscalmente gl investitori. In buona sostanza, quello che alla fine degli anni 80 fece l’Irlanda che fece convogliare nell’area di Cork giganti della tecnologia come Apple e IBM (per fare solo qualche nome) offrendo loro detassazione quasi totale e incentivazioni speciali per gli insediamenti industriali che dovevano essere realizzati. Lì, ci sono riusciti, fatta salva la realtà dei disinvestimenti una volta finiti gli incentivi (quella grande realtà industriale soffre e patisce ora come il nostro Mezzogiorno. Da noi, in Calabria, non ci hanno neanche provato. Già, perché la legge istitutiva sembrava fatta apposta per le multinazionali e le megaimprese (chi ha utili milionari è attratto dagli abbattimenti fiscali), ignorando quasi totalmente le piccole e medie e, soprattutto,, le microimprese che sono il tessuto connettivo dello sviluppo del Mezzogiorno. Anziché promuovere la nascita di piccole aziende (che comunque generano occupazione e indotto) si è pensato ai redditi milionari delle grandi imprese. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e viene da piangere soltanto guardando i capannoni abbandonati e circondati da erbacce nell’area del Porto di Gioia Tauro, dove potevano (possono) nascere piccole realtà manifatturiere e di servizi, in grado di sollevare le disgrazie occupazionali del territorio.

Fatta questa premessa, la proposta di estendere a tutto il Mezzogiorno gli incentivi previsti dalle Zes, ovvero costituire un’unica, gigantesca, Zes per attrare imprese e investitori nel Sud “depresso” e mmai sufficientemente industrializzato, ha anche degli aspetti positivi. Intanto piace alla commissaria europea della Concorrenza, Margrethe Vestager, e questo la dice lunga sull’esperienza europea maturata dal ministro Raffaele Fitto, poi le linee indicative del progetto esprimono qualche sprizzo di innovazione (legislativa e non solo) che potrebbe risvegliare appetiti sopiti di imprenditori svogliati, ma rimasti scottati dalla finanza creativa. Fintanto che lavorare son i soldi e non con la produzione portava milioni e miliardi, quale incentivo poteva avere un imprenditore (non illuminato e ce ne sono anche troppi) a mettersi a litigare con operai, tecnici, sindacati e, soprattutto, burocrazia che avviluppa (ancora oggi) qualsiasi idea di impresa? Finita la pacchia e perso un bel po’ di capitale, molti investitori stanno riscoprendo la voglia di fare impresa e quale migliore opportunità del Sud per nuovi insediamenti produttivi? Con il criterio (intelligente) di sovvertire le regole del secolo scorso, quando la manodopera s’importava dal Mezzogiorno per riempire le fabbriche e aumentare il pil delle aree industrializzate: oggi non ci vuole grande intelligenza per comprendere che può diventare conveniente impiantare nuove fabbriche dove c’è disponibilità di lavoratori poco inclini a lasciare il territorio e quindi maggiormente motivati ad accettare condizioni di lavoro (giuste) senza riserve di rivendicazioni salariali future.

Allora, l’idea del Governo, ovvero del ministro Fitto, di superare le attuali otto Zes presenti in Italia e farne una soltanto «per rafforzare il sistema e sostenere la crescita e la competitività del Mezzogiorno» può diventare persino eccellente, sempre che si attivino in maniera intelligente modalità esecutive per le misure di semplificazione e accelerazione delle procedure di approvazione e autorizzazione. È bene ricordare che, in Calabria, ci sono imprenditori che hanno atteso anni per un semplice parere che precedeva la domanda autorizzativa, figuriamoci poi per l’approvazione del progetto…

A questo proposito è utile citare (a futura memoria) la dichiarazione d’intenti del Ministero sugli strumenti di incentivazione che «saranno improntati a principi di certezza e stabilità del quadro normativo e di semplificazione procedurale, coprendo un orizzonte temporale più esteso rispetto agli attuali strumenti, in coerenza con i diversi strumenti di programmazione pluriennale europei e nazionali: Pnrr e relativo capitolo REPowerEU, la politica di coesione e il fondo di sviluppo e coesione». Nelle intenzioni di fitto, dovranno essere estesa a tutto il Mezzogiorno l’autorizzazione unica per l’avvio delle attività produttive e la riduzione di un terzo dei termini di conclusione dei procedimenti. Uno sportello unico digitale – secondo il ministro – garantirà  trasparenza ed efficienza dell’intero processo: «La Zes unica è un vero e proprio volano decisivo per l’economia nazionale e non solo meridionale», dice Fitto, il quale sottolinea che la Commissione europea ha anche accolto favorevolmente la misura di decontribuzione per il Sud (che scade a dicembre 2023) che dovrà essere rinnovata al fine di «promuovere un quadro normativo stabile pluriennale di riferimento per le imprese e per i lavoratori, al fine di sostenere l’occupazione nel Mezzogiorno, in particolare per le donne e i giovani»

Il Governo, a quanto pare, crede nel progetto di Fitto. Per la premier Giorgia Meloni «Chi investe nel Sud viene incentivato, viene agevolato, paga meno tasse: è una grandissima opportunità per il Mezzogiorno di colmare il suo gap rispetto alle regioni del Nord». Un provvedimento – ha sottolineato sui social – solo apparentemente tecnico, ma con risvolti  concreti.

«Mi auguro – ha detto al Corriere del Mezzogiorno Stefano Firpo, direttore generale di Assonime, che sull’argomento organizza una tavola rotonda per il prossimo 14 settembre – che quella della Zes unica sia più uno slogan che una vera rivoluzione dell’attuale schema. Sarebbe un peccato mettere tutto in discussione, il modello, i progetti, la governance, gli investimenti, tutte cose che hanno stimolato l’attenzione di importanti operatori economici del Paese». Secondp Firpo «le Zes sono state pensate bene a suo tempo e oggi hanno tutti gli ingredienti per poter funzionare, compreso il fatto di essere state legate ai sistemi aeroportuali e alle loro relative dogane». Tendenzialmente avrebbe ragione, ma l’inoperatività della Zes calabrese sconfessa in buona parte questo apprezzabile ottimismo.

Il Presidente Roberto Occhiuto, per parte sua, ha giudicato positivamente la proposta del ministro Fitto: «Il via libera della vicepresidente esecutiva della Commissione europea e commissaria per la Concorrenza, Margrethe Vestager, alla proposta avanzata dal ministro agli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, per istituire un’unica Zona economica speciale per l’intero Sud Italia è un’ottima notizia per tutte le Regioni del Mezzogiorno».Secondo Occhiuto «Le Zes sono strumenti fondamentali per sburocratizzare le procedure, per avere agevolazioni fiscali e contributive, per semplificare le autorizzazioni, e di conseguenza per attrarre nei nostri territori imprese e investimenti. Con una Zona economica speciale unica per tutto il Sud – che andrebbe a superare le attuali otto realtà, coinvolgendo Calabria, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Sicilia e Sardegna – avremo più forza, maggior peso, un reale coordinamento e migliori opportunità per competere e sviluppare le nostre Regioni. Altrettanto importante – sostiene Occhiuto – è la volontà espressa dalla Commissione Ue di rendere strutturale e permanente la misura ‘Decontribuzione Sud’, decisiva per sostenere concretamente l’occupazione nel Mezzogiorno». (s)