di PIERPAOLO BOMBARDIERI – Tutti gli indicatori socioeconomici mostrano una Italia alle prese con i complessi ed irrisolti “dualismi” e “disuguaglianze” sociali e territoriali. L’irrisolta “questione meridionale” è e deve diventare di nuovo tema nazionale attraverso una forte politica di rilancio dello sviluppo del Mezzogiorno in grado di riequilibrare le differenze e le disuguaglianze territoriali.
È dal lavoro, dal lavoro dignitoso e di qualità che dobbiamo ripartire se vogliamo che il Mezzogiorno riparta. E noi vogliamo ripartire dal Mezzogiorno per unire il Paese, per dare un futuro al lavoro, promuovere la coesione nazionale e riconoscere in quell’area del Paese quei diritti spesso negati. Le donne e gli uomini che vivono nel Mezzogiorno chiedono lavoro, buona occupazione e servizi degni di un Paese civile.
Il 40% dei contribuenti nel Mezzogiorno dichiara meno di 10 mila euro l’anno cioè 5 milioni di contribuenti su un totale di 12 milioni vivono con un reddito sotto la soglia di sopravvivenza. Dobbiamo ridurre una volta per tutte i divari con il Centro-Nord. Dobbiamo creare lavoro per le donne e i nostri giovani altrimenti questi scappano e il Mezzogiorno diventerà sempre più povero.
Negli ultimi 16 anni, più di 1,2 milioni di persone hanno lasciato il Mezzogiorno: la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto, erano laureati. il 16% si è trasferito all’estero.
Oggi, assistiamo anche ad un nuovo fenomeno: il pendolarismo di lungo periodo che rappresenta la nuova forma di emigrare.
Nel Mezzogiorno c’è tanto da fare. Il divario con il resto del Paese, anche a causa della pandemia, è aumentato e con la guerra in atto rischia ancor più di acuirsi. C’è bisogno di nuovi investimenti e di una politica industriale degna di questo nome che metta al centro il lavoro, gli investimenti infrastrutturali sociali e materiali e la lotta alle ingiustizie sociali.
Ma dovrà trattarsi di una “crescita nella legalità” e ciò richiede da parte delle amministrazioni pubbliche e delle parti economiche e sociali un impegno straordinario.
Siamo stati tra i primi a dire che l’assegnazione del 40% delle risorse era insufficiente e non adeguata a risolvere i divari. Noi diciamo che con le risorse a disposizione dobbiamo fare bene, non possiamo sbagliare.
Come? In primis affrontando il nodo dell’efficienza e l’efficacia del funzionamento della Pubblica amministrazione, ad iniziare proprio dalla capacità di spesa e quindi dall’“assorbimento delle risorse” in tempi europei. L’ammodernamento della Pubblica amministrazione, gli investimenti per il suo funzionamento devono esser percepiti e concepiti come proprie e vere precondizioni allo sviluppo. Nuove assunzioni per la Pubblica Amministrazione e non precari. E chiediamo che gli investimenti vadano in primis a ridurre le disuguaglianze infrastrutturali e dell’accesso ai servizi di cittadinanza.
L’autonomia differenziata rischia di essere devastante per il Mezzogiorno. Per noi, l’autonomia differenziata è una riforma che scava una profonda frattura tra Nord e Sud del Paese ed è un processo che non porta ad effettivi benefici nel breve e soprattutto nel medio e lungo termine a tutte le persone. A nostro avviso vanno respinte le differenziazioni perché si rischia di creare le “diseguaglianze” quale elemento propulsivo e di competitività per questo o quel territorio: Nord vs Sud, aree urbane e metropolitane vs aree interne. Non può essere questa la filosofia!Noi vogliamo creare un Paese più unito, più eguale, più giusto, più coeso. Con l’autonomia differenziata, non solo non si pone riparo alle disfunzioni delle Regioni, ma al contrario si accentuano le inefficienze complessive del sistema. L’autonomia differenziata rischia di mettere in discussione definitivamente il carattere pubblico e nazionale dell’istruzione e di conseguenza mina, alla radice, le basi dei diritti di garantiti dalla costituzione.
Quindi ci domandiamo: è sensato decentrare anche ulteriori materie ad iniziare dall’istruzione a Regioni che, tra l’altro, hanno mostrato e mostrano una certa “difficoltà” a gestire il sistema sanitario? Noi crediamo di no e diciamo che dobbiamo mettere i territori del Mezzogiorno alla pari con il resto del Paese. Noi non possiamo permettere che i diritti di cittadinanza siano garantiti a seconda della zona geografica in cui si nasce.
La sfida è quella di coniugare “efficienza”, “qualità”, “partecipazione” e “coesione”. E allora, prima di parlare di regionalismo differenziato, parliamo di infrastrutture materiali ed immateriali. Parliamo di come assicurare il diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, all’accesso ai servizi sociali su tutto il territorio nazionale. E questo significa, prima di devolvere ulteriori materie e poteri alle Regioni, parlare di perequazione infrastrutturale, significa passare dal concetto della spesa storica ai fabbisogni standard, significa individuare i livelli essenziali delle prestazioni per assicurare i diritti di cittadinanza in tutte le aree del Paese. (ppb)
[Pierpaolo Bombardieri è stato riconfermato segretario nazionale Uil. L’articolo è un estratto del discorso all’ultimo Congresso del sindacato]