PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: L’ecocert Inps

di UGO BIANCOL’Ecocert è un estratto conto contributivo rilasciato dall’Inps, con valore di certificato, ai sensi dell’art. 54 legge 9 marzo 1989, n° 88. In esso è indicato il totale dei contributi previdenziali validi per le varie tipologie di pensione, tranne i versamenti confluiti nella gestione separata. Quando si desidera controllare semplicemente la posizione assicurativa è sufficiente visionare un estratto conto assicurativo (mod. ECO) Figura 1, accedendo alla sezione dedicata del sito Inps. Tuttavia, quando si è vicini alla pensione, è consigliato richiedere un Ecocert, con valore legale e controllato dall’operatore, prima di essere rilasciato. All’interno del modello sono riportati i dati anagrafici del lavoratore, i versamenti contributivi suddivisi in periodo di riferimento, la tipologia dei contributi, se da lavoro dipendente o da lavoro autonomo, il servizio militare, la contribuzione figurativa, per malattia o disoccupazione. Con messaggio Inps n° 1727/2023, questo documento è stato esteso, in via sperimentale, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Per intenderci, gli (ex-Inpdap), delle sedi territoriali Asti, Ravenna, Macerata, Avellino e Messina. Successivamente, è stato istituito per tutti il territorio delle direzioni regionali di Piemonte, Emilia-Romagna, Marche, Campania e Sicilia.

estratto conto assicurativo

Come ottenere il proprio Ecocert? 

Innanzitutto si rilascia su domanda dell’assicurato, formalizzata attraverso due modi diversi. Mediante il canale dedicato nel portale Inps, a cui si accede con il proprio spid o la carta d’identità elettronica (CIE) oppure recandosi presso gli Enti di Patronato. (Figura 2 e 3)  

 

Egocert

In quanto tempi si ottiene?

Entro trenta giorni lavorativi, dalla data dell’istanza, si ottiene la certificazione. Nel caso trascorre più tempo è preferibile prendere contatti con la sede Inps di competenza e verificarne lo stato di lavorazione.

Com’è fatto il modello Ecocert?

È suddiviso in due parti. La prima, dal riepilogo della contribuzione da lavoro dipendente, autonomo, figurativa, per malattia e disoccupazione. Calcolati ai fini della pensione di vecchiaia o anticipata, e riferiti ad una data stabilita. (Figura 4)

contributi

La seconda, da un riepilogo dei periodi coperti da contribuzione con l’indicazione delle settimane valide per il diritto e la misura della pensione, la retribuzione e le note. (Figura 5)

Ecocert

 

L’Ecocert è di grande utilità quando si vuole attingere a informazioni non rilevabili dal semplice estratto contributivo. Per esempio, in caso di contribuzione agricola dipendente, espressa in giorni, l’istituto opera una trasformazione in settimane, facilitandone la correttamente lettura nel totale dei contributi utili per la pensione. (Figura 4). (ub)

[Ugo Bianco è presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: La contribuzione volontaria

di UGO BIANCO – La contribuzione volontaria è un istituto previdenziale che consente di continuare a versare in contributi in caso di perdita del lavoro. Potrebbe accadere a qualsiasi lavoratore, dipendente pubblico o privato, autonomo o parasubordinato, smette di lavorare senza raggiungere il minimo contributivo per accedere alla pensione.

In questa circostanza, per evitare che tutti i contributi rimangono dormienti, si può fare richiesta di prosecuzione volontaria all’Inps e farsi carico del costo di tutta la contribuzione mancante. Ai sensi dell’art. 9 del Dpr 1432/1971 sono equiparati ai contributi obbligatori, validi per raggiungere il diritto alle prestazioni, all’anzianità contributiva e la base retributiva pensionabile. Il decreto legislativo 184/1997 ha dato la possibilità, originariamente prerogativa dei lavoratori dipendenti privati e autonomi, di versare i contributi volontari anche ai dipendenti pubblici e agli iscritti alla gestione separata.

Quali sono i requisiti per essere autorizzato ai versamenti volontari?

Il richiedente deve possedere una delle seguenti condizioni: 3 anni di contribuzione nei 5 anni antecedenti la domanda di autorizzazione; 5 anni di contribuzione, a prescindere dal posizionamento temporale dei versamenti.

Qual’è la contribuzione valida ai fini dell’autorizzazione? I contributi obbligatori previsti per il lavoratori dipendenti o autonomi; i contributi derivati dal riscatto; contribuzione figurativa da CIG, da TBC o da aspettativa;

Sono esclusi tutti i contributi (c.d. periodi neutri) riferiti al servizio militare, alla maternità o alla disoccupazione indennizzata.

Chi non può versare i contributi volontari?

Non è consentito versare i contributi volontari alle seguenti categorie:

  • Lavoratori iscritti a qualsiasi forma di previdenza obbligatoria;
  • Lavoratori titolari di pensione diretta erogata da qualsiasi gestione previdenziale obbligatoria;
  • Lavoratori autonomi iscritti all’Inps;
  • I liberi professionisti iscritti alla casse professionali.

A chi va presentata la domanda di autorizzazione dei versamenti volontari?

Si trasmette all’Inps in via telematica, completa dei dati anagrafici, del codice fiscale e dell’indirizzo di residenza. Fondamentale è la compilazione della sezione dove si effettua la gestione di accantonamento dei versamenti e la condizione lavorativa alla data della domanda. Nel caso la domanda di pensione viene respinta per carenza  contributiva, la stessa richiesta viene trattata come autorizzazione per i versamenti volontari.

Quanto si pagano i contributi volontari?

Per l’accredito di un anno contributi, nel 2023, occorre versare una somma minima di € 3870,00. La circolare Inps n. 22/2023 ha stabilito i nuovi parametri di calcolo dei versamenti volontari per categoria. Ovviamente, per ogni tipologia di lavoratore esiste un metodo diverso di determinazione dell’importo annuale. Oltretutto, a fare la differenza è anche la decorrenza dell’autorizzazione, prima o dopo il 31 dicembre 1995.

Un esempio si può fare con gli ex dipendenti, per i quali l’ammontare del contributo volontario settimanale si ottiene applicando alla retribuzione dell’ultimo anno di lavoro, l’aliquota del 27,87 %, se autorizzati fino al 31 dicembre 1995, e del 33 %, per quelle successive. Se consideriamo la retribuzione base minimale, pari al 40% della pensione minima (€ 563,74), con una retribuzione minima di € 225,50, il contributo settimanale vale € 62,84 per le autorizzazioni prima del 31 dicembre 1995 e € 74,41 per le successive. (Contributo settimanale € 74,41 x 52 settimane = € 3870,00)

[Ugo Bianco è residente dell’Associazione Nazionale Sociologi  – Dipartimento Calabria]

 



PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: Pensione di vecchiaia e l’invalidità specifica

di UGO BIANCOL’ordinamento previdenziale italiano per alcune categorie di lavoratori riconosce la pensione di vecchiaia anticipata rispetto ai requisiti stabiliti dalla legge Fornero. E’ quanto recita l’articolo 1 comma 8 del decreto legislativo 503/1992, che in presenza di una invalidità specifica dell’80% e particolari requisiti amministrativi, consente di lasciare il lavoro per ragioni fisiche e mentali.

A chi spetta? 

Ai lavoratori dipendenti iscritti all’assicurazione generale obbligatoria Inps (Ago) oppure ai fondi sostitutivi (telefonici, elettrici, trasporti, volo, ecc) in possesso di contribuzione versata al 31.12.1995. (Circ. Inps 82/1994)

Quali sono i requisiti amministrativi?

Nel 2023 e fino al 31 dicembre 2024 è necessario avere almeno 20 anni di contributi, 61 anni d’età per gli uomini e 56 per le donne, e aspettare l’apertura della “finestra mobile” dopo 12 mesi dalla maturazione dei requisiti pensionistici. (Circ. Inps 35/2012)

Chi possiede 15 anni di contributi prima del 1992, in base alla prima deroga Amato, fino al 31 dicembre 2024 potrà accedere alla vecchiaia anticipata con 61 anni se uomo e 56 anni se donna. Ancora più ridotta è l’età anagrafica per i non vedenti. Per questa categoria occorrono 56 anni per l’uomo e 51 anni per la donna.   

Totalizzazione, cumulo e ricongiunzione? 

Ai fine del perfezionamento dell’anzianità assicurativa, in caso di vecchiaia anticipata, non è consentito avvalersi della totalizzazione dei contributi. Così come anche del cumulo presso fondi differenti. L’unico istituto valido per unificare i contributi è la ricongiunzione. Con essa è possibile trasferire la contribuzione di diverse gestioni nel fondo dei lavoratori dipendenti. 

Qual è il requisito sanitario?

L’assicurato che intende presentare la domanda ha l’obbligo di farsi redigere dal medico certificatore il modello SS3 on line.  Questo documento, abbinato alla richiesta telematica, a cura del richiedente, consentirà all’Inps di programmare la visita medica presso la commissione sanitaria. La valutazione del grado di invalidità è stabilito dalla legge 222/1984 (c.d. invalidità specifica) secondo cui si considera invalido colui che ha la capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente, a causa di infermità o di difetto fisico o mentale, a meno di un terzo. Da non confondersi con l’invalidità civile (c.d. invalidità generica) stabilita della legge 118/1971. Certamente quest’ultimo giudizio rappresenta un fattore di valutazione medico legale per la commissione, ma non stabilisce obbligatoriamente la concessione della pensione di vecchiaia anticipata.  (Circ. Inps 82/1994)

La decorrenza? 

Nel caso specifico dobbiamo richiamare il concetto di finestra mobile. Dopo il riconoscimento della prestazione, il primo pagamento avverrà dopo 12 mesi. (ub)

[Ugo Bianco  è Presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: Il cumulo dei contributi

di UGO BIANCO – È, ormai frequente trovare carriere lavorative composte da tanti spezzoni di lavoro. Oggi si parla del c.d. lavoro mobile, molto più del passato, a causa di un incremento dei lavoratori che cambiano spesso attività. Questa dinamica si concretizza con la nascita di svariate posizioni assicurative, composte da contributi in diverse gestioni. Mi riferisco al fondo lavoratori dipendenti (FPLD), alla gestione speciale dei lavoratori autonomi (commercianti, artigiani e coltivatori diretti), ed alla gestione separata. Oltre ai fondi sostitutivi ed esclusivi o alla contribuzione delle casse previdenziali dei professionisti.

La diffusione di questa dinamica, a mio parere, è frutto di scelte di tipo volontario o obbligatorie. Nel primo caso, possiamo citare la necessità di migliore la retribuzione, la carriera professionale o scegliere un migliore ambienti lavorativo. Nel secondo caso, si tratta di scelte obbligate, dovute ad esempio alle crisi economiche, vulnerabili e deleterie per le attività economiche. La stato di disoccupazione, attraverso le misure di sostegno, consente al lavoratore di riqualificarsi per nuove e migliori opportunità professionali. In questa circostanza possiamo parlare del “cumulo contributivo”, che permette di unificare i contributi previdenziali, senza onere, e richiedere una sola pensione. In passato era possibile cumulare i contributi solo per la liquidazione della pensione di vecchiaia. Con la legge di bilancio 2017, la n° 232/2016 e le modifiche apportate all’art. 1 della legge 228/2012, è possibile richiedere la pensione anticipata in regime di cumulo. Con l’art. 1 comma 195 della predetta legge di bilancio, è consentito sommare tutta la contribuzione, senza trasferire i versamenti tra i vari fondi e mantenendo il calcolo previsto nelle singole gestioni (retributivo, misto o contributivo).

Dunque si può ricevere un trattamento pensionistico composto da una quota conteggiata con il sistema retributivo, e per la contribuzione versata dopo il 1 gennaio 2012, mantenere il calcolo contributivo. Da ricordare che a fini della verifica dei requisiti, quando si opta per il cumulo, tutti i versamenti corrispondenti a periodi sovrapposti si considerano una sola volta. Inoltre, chi possiede una pensione già liquidata da una gestione, non può beneficiare di questo strumento. (ub)

[Ugo Bianco è presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: La ricongiunzione previdenziale dei liberi professionisti

di UGO BIANCONell’ultima parte dedicata alla ricongiunzione contributiva voglio citare alcuni obblighi amministrativi che il richiedente deve rispettare per completare il trasferimento dei contributi. L’istituto, l’Ente o la Cassa Previdenziale dei professionisti, dopo aver istruito la pratica, emette un provvedimento di accoglimento o una reiezione.

Nel primo caso, nell’atto sono indicati i periodi contributivi trasferibili, la loro validità per il diritto e per la misura della pensione, e le modalità di pagamento in unica soluzione o rateale. Entro 60 giorni dalla ricezione, l’interessato ne deve confermare l’accettazione, altrimenti viene considerato rinunciatario. Qual’ora si decide di accettare l’onere, si può pagare in una sola soluzione oppure a rate. In ogni caso, questa scelta determina la irrevocabilità del trasferimento dei contributi. Qual’ora non si assolve al pagamento di tutta la somma accettata, l’istituto diffida l’assicurato. Viene attua la risoluzione per inadempimenti e si procede alla restituzione della somma versata. Non è prevista la liquidazione di interessi.

Nel secondo caso, parliamo di reiezione, quando viene certifica l’impossibilità di ricongiungere i contributi. Non è molto frequente, ma può accadere. In questa circostanza, con una motivazione valida, si può proporre ricorso amministrativo. Ai liberi professionisti, iscritti o che lo sono stati, alle casse previdenziali delle categoria, è ammessa la possibilità di trasferire in contributi previdenziali in una sola gestione ed ricevere una sola pensione.   

Con la legge 45 del 5 marzo 1990 il legislatore ha stabilito che si possono ricongiungere le diverse posizioni assicurative e i contributi previdenziali versati nelle casse dei liberi professionisti. Esistono due tipologie di trasferimento. In primo luogo, l’articolo 1 comma 1 della citata norma, consente al lavoratore dipendente pubblico o privato e agli autonomo di trasferire i contributi versati da professionista nella gestione previdenziale obbligatoria a cui è iscritto all’atto della domanda. In secondo luogo, viceversa, ai sensi dell’articolo 1 comma 2 è data la possibilità al libero professionista, che esercita una attività professionale e regolarmente iscritto alla cassa previdenziale di riferimento, di ricongiungere verso quest’ultima tutti i contributi versati da lavoratore dipendente pubblico e privato oppure autonomo.

È ammessa la richiesta formulata dai superstiti, ma necessariamente da presentare entro due anni dal decesso dell’assicurato. Una volta inoltrata l’istanza, per gli effetti degli articoli sopra citati, entro 60 giorni la gestione previdenziale verso cui si vuole confluire tutta la contribuzione, fa richiesta ai vari fondi di trasmettere tutto i dati necessari per la costituzione di una sola posizione assicurativa ed il relativo onere. Il tempo previsto per assolvere a quest’ultimo adempimento è di 90 giorni. Dalla domanda, trascorsi massimo 180 giorni, viene emesso un provvedimento con cui si comunica all’interessato l’ammontare da versare, i periodi ricongiungibili e la possibile rateizzazione dell’onere. 

[Ugo Bianco  è presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: La ricongiunzione: Un piccolo vademecum

di UGO BIANCOQuesto secondo appuntamento dedicato alla ricongiunzione previdenziale vuole essere un piccolo vademecum di supporto ai lavoratori e alle lavoratrici che si approcciano alla scelta di trasferire i contributi lavorativi in una sola gestione pensionistica. Premesso che dal 01 luglio 2010, con l’entrata in vigore della legge n. 122/2010, la ricongiunzione è sempre onerosa, occorre fare sempre una attenta riflessione sull’intera carriera lavorativa e la prospettiva di pensione. Prima della citata disposizione, solo le istanze tese a trasferire in contributi dai fondi alternativi verso il FPLD (art.1 legge 29/79), venivano accolte senza onere per l’interessato. 

La domanda di ricongiunzione?

È una richiesta a cura dell’interessato o dai suoi superstiti, da inoltrare all’Ente a cui verranno trasferiti i contributi. In essa vanno indicati tutti i contributi che si desidera unificare. Si può presentare una volta sola. È ammessa una nuova richiesta solo in due casi: 1. Trascorsi 10 anni di assicurazione di cui almeno 5 anni contribuzione da effettivo lavoro; 2. Al pensionamento, esclusivamente nella gestione che ha riguardato la prima richiesta.  Tutti i contributi oggetto della ricongiunzione non devono aver dato origine ad una pensione. 

Quanto costa la ricongiunzione?

Il costo dipende da una serie di fattori: la quantità di contributi da trasferire, l’età ed il sesso del richiedente e la retribuzione alla data della domanda. Sulla base di questi elementi è determinato il coefficiente detto “coefficiente di riserva matematica” indicato in apposite tabelle istituite da decreti ministeriali. 

Esso viene moltiplicato per la maggior quota di pensione che deriva dalla differenza tra il valore annuo della pensione senza e con i periodi da ricongiungere. All’importo così calcolato viene detratta la somma dei contributi, rivalutati alla data della domanda di ricongiunzione, che arrivano dall’altra gestione. Questo nuovo importo viene abbattuto del 50 % è indica il costo finale della ricongiunzione. Secondo il decreto legislativo 184/1997 i periodi di lavoro che rientrano nel calcolo retributivo della futura pensione, per il loro trasferimento generano un costo dalla c.d. “riserva matematica” calcolata sull’importo della pensione che deriva dal periodo ricongiunto mediante l’uso dei coefficienti contenuti nelle tabelle previste dal Decreto Ministeriale 31.08.2007 in caso di lavoro dipendente.

Per gli autonomi si applicano i coefficienti riferiti alle tabelle del D.M. 6.5.2008). A differenza dei periodo di lavoro che rientrano nel calcolo contributivo della futura pensione, che per il trasferimento, costano in base alla retribuzione di riferimento, assoggettata a contribuzione, negli ultimi dodici mesi di lavoro meno remoti dalla presentazione della domanda di ricongiunzione, a cui si applica l’aliquota contributiva IVS del momento.

Come avviene il pagamento?

L’istanza di ricongiunzione si completa con l’emissione di un provvedimento amministrativo a cura dell’Ente previdenziale. In caso di accoglimento o diniego ne verrà data comunicazione al lavoratore e all’ultimo datore di lavoro. Nell’atto saranno riportate le modalità di pagamento dell’onere. Si può optare per un’unica soluzione o a rate, che possono essere trattenete sullo stipendio o direttamente sulla pensione. 

Nel prossimo appuntamento affronterò l’atto di accettazione o rinuncia della ricongiunzione, prerogativa del richiedente, in previsione della possibile data di pensione. Infine, parlerò della ricongiunzione dei professionisti prevista dalla legge 45/1990.  (ub)

[Ugo Bianco è Presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: La ricongiunzione dei periodi assicurativi

di UGO BIANCONel linguaggio previdenziale la “ricongiunzione” è un istituto che consente al lavoratore di unificazione spezzoni di contribuzione posseduti in diverse gestioni in un unico fondo che darà origine ad una sola pensione. La contribuzione ricongiunta è valida sia per il diritto che per la misura. E’ quanto stabilito dalla legge 29/79 che regola il trasferimenti dei seguenti contributi previdenziali:

  • Il Fondo Pensioni dei Lavoratori Dipendenti dell’Ago;
  • Le gestioni speciali degli Artigiani, Commercianti, Coltivatori diretti, Coloni e Mezzadri;
  • Le gestioni sostitutive, esclusive o esonerative dell’Ago (Ex Inpdap, ex Enpals, Inpgi, i Fondi speciali Ferrovie, Volo, Elettrici, Telefonici).

La ricongiunzione si richiede attraverso apposita domanda solo quando sono presenti almeno due gestioni previdenziali durante l’arco della vita lavorativa. E’ importante ricordare che la contribuzione da ricongiungere non deve aver dato origine ad una pensione.

Esistono due tipi di ricongiunzioni a seconda del tipo di trasferimento di contributi che si vuole ottenere. Il primo luogo, mi riferisco all’articolo 1 della legge 29/79 che consente al lavoratore di trasferire nel FPLD (Fondo pensioni lavoratori dipendenti) tutti gli altri contributi posseduti nelle varie gestioni sostitutive, esclusive o esonerative dell’AGO, come ad esempio l’ex Inpdap, i fondi speciali ferrovia, volo, telefonici oppure nella gestione speciale dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti e coltivatori diretti).  Non è possibile ricongiungere il periodi versati nella gestione separata Inps. Fino al 30 giugno 2010 questo tipi di ricongiunzione non prevedeva nessun onere. Era assolutamente gratuita. A seguito della legge 122/2010 anche questa tipologia di trasferimento è diventata onerosa. Il trasferimento di contributi delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, artigiani, commercianti e coltivatori diretti) in questo caso prevede sempre un onere a carico del lavoratore.

La domanda di ricongiunzione può avere esito positivo solo se l’interessato, che ha cessato l’attività, possiede almeno cinque anni di contribuzione come lavoratore dipendente. In secondo luogo, cito l’articolo 2 della legge 29/79 che regola, viceversa, le ipotesi di trasferimento dei contributi verso gestioni diverse dal Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti. In questo caso, l’interessato può chiedere il passaggio, nelle altre gestioni sostitutive, esclusive e esonerative dell’assicurazione obbligatoria (es. ex-Inpdap, ferrovie, volo, elettrici, telefonici o nella gestione speciale dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti e coltivatori diretti) della contribuzione versata in esse e nella gestione del fondo lavoratori dipendenti. Nel prossimo appuntamento di questa rubrica approfondirò di altri aspetti normativi della ricongiunzione, con particolare riguardo al costo ed al beneficio che essa può portare al lavoratore. (ub)

[Ugo Bianco è presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

Pillole di Previdenza / Ugo Bianco: Legge 104: Approfondimenti normativi sull’assistenza al disabile grave

di UGO BIANCOAlla fine della panoramica dedicata alla legge 104 voglio citare alcuni approfondimenti normativi utili nella prassi amministrativa. Ricordo al lettore che dell’assistenza al disabile, regolata dalla suddetta legge quadro, ho parlato nei due precedenti appuntamenti di questa rubrica. Dopo la descrizione degli articoli più rilevanti, propongo alcuni chiarimenti alle domanda frequenti che possono nascere in fase di applicazione.

Spesso di sente parlare di “permessi retribuiti” per l’assistenza al disabile. Ma in cosa consistono? Sono periodi di astensione dal lavoro, dedicati all’assistenza del disabile grave (articolo 3 comma 3), retribuiti e coperti da contribuzione figurativa. Quanto tempo spetta? Si può beneficiare alternativamente di: a) due ore di permesso giornaliero; b) massimo 3 giorni al mese. Chi sono i beneficiari? Ai sensi dell’articolo 33 comma 3 della legge 104 direttamente il disabile grave, i suoi familiari (tra cui il coniuge, i genitori biologici o adottivi) oppure i parenti o affini entro il secondo grado (con eccezione del terzo grado quando il coniuge o i genitori del disabile grave sono ultrasessantacinquenni oppure sono affetti da patologie invalidanti, deceduti o mancanti). A seguito della legge n° 76/2016 (c.d. Legge Cirinnà), ricordata come un’importante conquista sociale per la disabilità, ed subito dopo, con il pronunciamento della Corte Costituzionale con sentenza n° 213/2016 è stata equiparata la figura del convivente di fatto e della parte dell’unione civile, in alternativa al coniuge, parente o affine (Circolari Inps n° 38/2017 e 36/2022).

Un’importante novità riguarda l’inserimento del comma 6-bis dell’art. 33 con cui è stato stabilito che il disabile grave, che autorizzato dall’Istituto di Previdenza Sociale, acquisisce la priorità a svolgere il “lavoro agile” previsto della L. 81/2022 art. 18 comma 3-bis. È utile ricordare il D.lgs 105/2022 con cui è stata rivista la figura del “referente unico” dell’assistenza. Con la modifica all’art. 33 comma 3 della legge 104 viene introdotta la possibilità per il disabile di designare, sempre per massimo 3 giorni al mese, più soggetti che lo assistono in modo alternativo. L’Inps ha chiarito l’argomento con il messaggio n° 3096 del 5 maggio 2022 e la circolare n° 39 del 4 aprile 2023. Per esempio: In caso di tre persone disponibili all’assistenza, il disabile puoi fare richiesta del beneficio, dando la possibilità di fruire di un giorno di permesso ciascuno.

E quando si parla di “congedo straordinario in presenza di un disabile in situazioni di gravità” ai sensi della legge 104/92 cosa s’intende? Ai sensi dell’42 comma 5 D.lgs 151/2001, viene garantita al lavoratore o alla lavoratrice la possibilità di prestare assistenza ad un familiare in condizioni di disabilità grave (art. 3 c. 3) astenendosi dall’attività lavorativa per due anni, durante tutta la vita lavorativa, anche frazionabile e con retribuzione a carico dell’Inps.

Esistono altre agevolazioni con la legge 104? Si, per esempio la possibilità di richiedere la pensione per chi appartiene alla categoria del “Caregivers”. A chi possiede un’età di almeno 63 anni, trenta anni di contributi, aver cessato l’attività lavorativa ed assiste da almeno sei mesi, il coniuge, il membro dell’unione civile o un parente in primo grado convivente, viene offerta la possibilità di richiede l’Ape Social (c.d. Anticipo Pensionistico). L’assistito può essere anche un parente di secondo grado, a condizione che quest’ultimo ha il coniuge o i genitori che sono ultra settantenni o che sono affetti da patologie invalidanti, mancanti o deceduti. Ovviamente, durante la fruizione del suddetto beneficio, il lavoratore non può percepire un’altra pensione diretta. (ub)

[Ugo Bianco è presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

PILLOLE DI PREVIDENZA / Ugo Bianco: La legge 104: Le differenti agevolazioni

di UGO BIANCONel consueto appuntamento dedicato a questa rubrica, la settimana scorsa, ho preso in esame la legge 104. Mi sono soffermato sulla descrizione dei possibili beneficiari, su come proporre la domanda di riconoscimento e quali gradi di disabilità possono essere accertati dalla commissione medica Inps.

Ora cercherò di spiegare alcune delle importanti agevolazioni riservate dalla norma al minorato ed i suoi familiari. Inizio da quelle previste per “il portate di handicap” (articolo 3 c. 1) per poi passare al “portatore di handicap in situazione di gravità” (articolo 3 c.3). Sia per il primo che per il secondo caso, il riconoscimento dello status di disabile non assicura una provvidenza economica, ma solo benefici assistenziali che favoriscono l’integrazione ed una migliore socialità.

Per citare un esempio, il portatore di handicap o un familiare, quest’ultimo preposto alle sua cura, non sono obbligati al prestare attività lavorativa notturna in caso di lavoro subordinato. Per definizione il lavoro notturno è composto da almeno sette ore, che comprendono la fascia oraria tra mezzanotte e le cinque del mattino. Anche la mobilità viene sostenuta da incentivi fiscali. Mi riferisco all’acquisto di una autovettura, con o senza dispositivi di adattamento. Per dotarsi di questo mezzo di trasporto, il minorato deve far parte delle seguenti categorie: sordi e non vedenti, disabili con handicap psichico e titolari dell’indennità di accompagnamento, disabili con limitate capacità di deambulare o affetti da pluriamputazioni, disabili con capacità motorie ridotte. Il verbale di invalidità o di handicap deve necessariamente contenere l’espresso rifermento normativo così riconosciuto: Persona affetta da handicap psichico o mentale di gravità tale da aver determinato l’indennità di accompagnamento (art. 30, comma 7, legge 388/2000). In questo caso il veicolo non deve essere adattato al trasporto per beneficiare delle agevolazioni fiscali. Persona affetta da grave limitazione della capacità di deambulazione o da pluriamputazioni (art. 30, comma 7, legge 388/2000). Anche in questo caso il veicolo non deve essere adattato al trasporto per godere delle agevolazioni fiscali. Persona con ridotte o impedite capacità motorie (art. 8, legge 449/1997). Questa dicitura, riportata nel verbale di “invalidità” o di “handicap”, consente al minorato di accedere alle agevolazioni fiscali sui veicoli solo se il mezzo viene dotato dei dispositivi in modo permanentemente.

I tre casi appena descritti si configurano nelle seguenti agevolazione fiscali: 1.La detrazione del 19 % della spesa sostenuta per l’acquisto di una autovettura. L’importo massimo consentito è di € 18.075,99; 2. L’ Iva ridotta al 4 %, in luogo di quella ordinaria del 22 % in caso di acquisto del veicolo; 3. L’esenzione dal pagamento del bollo auto; 4. L’esenzione dall’imposta di trascrizione sui passaggi di proprietà dovuta al Pra (Pubblico Registro Automobilistico). Possono accedere a questo tipo di agevolazioni anche i familiari che hanno a carico il disabile, purché gli spostamenti del veicolo sono riservati esclusivamente alle esigenze del minorato.

È possibilità dedurre dal reddito complessivo le spese mediche generiche (consulenza medica o acquisto medicinali) e di assistenza medica specifica, con almeno l’accertamento dell’handicap di cui all’art. 3, comma 1. Si considerano spese di assistenza specifiche le prestazioni effettuate dal personale paramedico, tra cui gli infermieri professionali. Al portatore di handicap in situazioni di gravità (art. 3 c.3) è riservata la possibilità di richiedere i permessi retribuiti dall’Inps e assentarsi dal lavoro per 3 giorni al mese oppure 2 ore al giorno in caso di tempo pieno. La stessa agevolazione è valida anche per il coniuge, convivente, parente o affine entro il secondo grado (entro il 3° grado, in specifiche situazioni) a condizione che l’assistito non sia ricoverato a tempo pieno. In questo contesto, è necessario citare l’articolo 42 Dlgs 151/2001, secondo cui, in presenza di un disabile grave (art. 3 c. 3), si può beneficiare di un congedo straordinario di due anni, durante tutta la vita lavorativa, anche frazionabile e con retribuzione a carico dell’Inps.

Chi può richiedere questa tutela sono: 1. Il coniuge o parte dell’unione civile convivente; 2. Padre o madre, anche adottivi, nel caso in cui il coniuge del minorato grave è deceduto, manca oppure è affetto da patologie invalidanti; 3. Un figlio convivente del disabile, qualora il padre o la madre, anche adottivi, sono deceduti, mancano oppure sono affetti da patologie invalidanti; 4. Un fratello o una sorella del disabile grave, nel caso di figli di quest’ultimo, sono deceduti, mancano o sono affetti da patologia invalidanti; 5. Un parente o affine entro il 3° grado, convivente con il disabile grave, nel caso in cui altri familiari mancano, sono deceduti o sono affetti da gravi patologie invalidanti. Il periodo di congedo straordinario è coperto da contribuzione figurativa valida per il diritto e per la misura sulle prestazioni pensionistiche. Ovviamente, durante la fruizione del suddetto beneficio, il lavoratore non può espletare nessuna attività lavorativa. Vi rimando al prossimo articolo per gli ulteriori approfondimenti su altre agevolazioni riservate al disabile ed ai sui familiari. (ub)

[Ugo Bianco è presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria]

PILLOLE DI PREVIDENZA/ Ugo Bianco: Legge 104, la legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e la tutela dei diritti del disabile

In vigore da oltre un trentennio la legge 104 del 5 febbraio 1992 rappresenta il più importante riferimento normativo in tema di tutela della disabilità. Un norma molto complessa e variegata, suddivisa in quarantaquattro articoli, con diversi benefici riservati a chi ne possiede i requisiti. Prima di affrontare quest’ultimo aspetto, vorrei sottolineare che la sua emanazione ha colmato un vuoto normativo in materia di disabilità. Basta pensare che le uniche disposizioni esistenti sull’inclusione sociale sono la legge 118/1971, che stabilisce come l’istruzione scolastica deve avvenire nelle classi normali degli istituti pubblici e la legge 517/1977 che definisce gli strumenti e le finalità per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità.
Solo nel 1992 con la legge quadro 104 il legislatore ha dato vita ad una vera riforma del welfare riservato alle minorazioni fisiche e psichiche. Ai soggetti disabili ed ai suoi familiari sono state riconosciute nuove opportunità per la gestione dei bisogni nell’ambito della scuola, del lavoro o della famiglia.

Un importante sostegno alle politiche sociali, con cui si è voluto da un lato, unificare e armonizzare le preesistenti regole in materia e, dall’altro, individuare nuovi diritti emergenti dal continuo mutamento della società. I nuovi interlocutori sono la famiglia, la scuola, la sanità ed i servizi sociali che insieme contribuiscono ad una maggiore tutela della persona disabile. Gli obiettivi di questa norma sono il rispetto della dignità umana, la piena autonomia dei movimenti e la libertà di poter agire con serenità nei processi di integrazione sociale e lavorativa dell’individuo. Il primo articolo stabilisce che “la repubblica garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società; previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali; persegue il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e assicura i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minoranze nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata; predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata”.

Chi sono i beneficiari della legge 104/1992 ?
Una prima categoria riguarda chi è riconosciuto ai sensi dell’articolo 3 comma 1, secondo cui “è persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”. Inoltre, occorre essere cittadino italiano o straniero, residente o domiciliato sul territorio nazionale.

Una seconda categoria è disciplinata dall’art. 3 comma 3, con cui si stabilisce che “il gravemente disabile è un individuo la cui minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità”. Il disabile grave ha bisogno di una tutela rafforzata rispetto ai soggetti definiti dall’articolo 3 comma 1, poiché la sua autonomia è sensibilmente compromessa. Da ciò ne derivano maggiori agevolazioni come la priorità nella scelta della sede di lavoro, una serie di detrazioni per le spese mediche o per l’acquisto dei mezzi di ausilio e assistenza.

Come richiederne il riconoscimento?
In primo luogo bisogna rivolgersi al medico di famiglia con la documentazione sanitaria che accerta la propria disabilità. Richiedergli il rilascio del certificato telematico da inoltrare all’Inps entro 90 giorni. Successivamente, per la verifica dei requisiti, occorre attendere la convocazione presso il servizio medico legale dell’Inps. Al termine di questa seduta, la commissione medica redige un verbale di accertamento. Notificato in seguito all’interessato, può contenere uno dei seguenti esiti:
• persona non handicappata;
• persona con handicap nelle modalità di cui alla legge 104 del 92 articolo 3 comma 1;
• persona con connotazione di gravità di cui alla legge 104 del 92 articolo 3 comma 3;
• persona con handicap superiore ai 2/3 di cui si compie menzione all’articolo 21 della legge 104 del 92.
In conclusione di questa disamina, ho cercato di delineare le basi per comprendere chi è il portatore di handicap e come può essere tutelato secondo la norma in esame. Vi rimando ai prossimi articoli di questa rubrica per gli ulteriori approfondimenti sulle varie agevolazioni previdenziali, fiscali e lavoristiche riservate al disabile ed ai sui familiari.

(Dr. Ugo Bianco – Presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi – Dipartimento Calabria)