IN CALABRIA IL TRENO SI USA SEMPRE MENO
GLI SPOSTAMENTI SONO DIMINUITI DEL 25 %

C’è una Calabria che non usa più il treno. Il rapporto Pendolaria di Legambiente evidenzia che, nella nostra regione, gli spostamenti sugli intercity e regionali sono diminuiti del 25%, a causa della riduzione dell’offerta.

Ma non è solo la nostra regione ad aver subito un calo dei viaggiatori sui convogli a lunga percorrenza finanziati con il contributo pubblico, principalmente gli intercity: come rileva il report, «l’offerta in termini di treni*km è scesa dal 2010 al 2019 del 16,7% e parallelamente sono calati i viaggiatori del 47%. Solo negli ultimi anni c’è stato un recupero dell’offerta di servizio Intercity – treni fondamentali nelle direttrici fuori dall’alta velocità, in particolare al Sud e nei collegamenti con i centri capoluogo di Provincia – ma dal 2010 al 2017 la riduzione delle risorse, con proroghe del contratto tra il Ministero delle Infrastrutture e Trenitalia, ha portato ad una riduzione drastica dei collegamenti».

«C’è una ragione precisa – illustra il rapporto – che spiega come mai i passeggeri sui treni non siano cresciuti a ritmi maggiori e che, anzi, in alcune Regioni siano calati: le risorse per il servizio di trasporto regionale sono diminuite. I finanziamenti statali per il servizio ferroviario regionale hanno visto una diminuzione tra il 2009 ed il 2019 del 21,5%, mentre i passeggeri crescevano di oltre l’8%. Per i trasporti su gomma e su ferro si è passati da una disponibilità di risorse di circa 6,2 miliardi di euro nel 2009 a meno di 4,9 miliardi nel 2020 (0,9 erano legati al disavanzo creato dal Covid-19). Tra il 2009 ed il 2022 si registra ancora una differenza del -19,8% nei finanziamenti complessivi, circa un quinto in meno».

Tuttavia, per Legambiente, «la responsabilità di questa situazione è anche delle Regioni, a cui da oltre 15 anni sono stati trasferiti poteri e risorse sul servizio ferroviario locale. In particolare, le Regioni hanno la responsabilità di definire il Contratto di Servizio con i gestori dei treni».

«Le differenze tra le diverse parti del Paese – si legge – nell’offerta di servizio sono legate proprio alla diversa spesa prevista dalle Regioni per il servizio ferroviario ed il materiale rotabile. Mediamente, per il 2020, gli stanziamenti sono stati pari allo 0,34% del bilancio regionale, in diminuzione rispetto allo 0,65% dell’anno precedente e sugli stessi livelli del 2018 (0,33%)».

In Calabria, ad esempio, non è stato stanziato un solo euro per il servizio, mentre ne sono stati stanziati 20,4 milioni di euro per il materiale rotabile. In poche parole, si tratta dello 0,27% sul bilancio regionale.

Una vera vergogna, se si considera che tra Cosenza e Crotone non ci sia un collegamento diretto, ma serve almeno un cambio di 2 ore e 39 minuti per soli 115 km di distanza.

Legambiente, poi, ha evidenziato come «nessuno si preoccupa di spiegare come si recupera il taglio dei treni in circolazione avvenuto in questi anni sia per gli Intercity che in molte regioni per i regionali», e che «gli stessi nuovi importanti cantieri in fase di realizzazione su direttrici fondamentali rischiano di non portare cambiamenti sostanziali negli spostamenti tra le città e le regioni del Mezzogiorno».

Quindi, mentre si dovranno aspettare almeno cinque o sei anni prima che i più grandi progetti infrastrutturali siano portati a termine, nessuno si preoccupa – denuncia l’Associazione – di come fare in modo che intanto migliori l’offerta tra le città capoluogo, malgrado muoversi tra Bari e Napoli, tra Reggio Calabria e Taranto, tra Potenza e Lecce in treno oggi sia praticamente impossibile. Il Sud, quindi, rischia di rimanere a lungo con una qualità del servizio non paragonabile con il resto del Paese».

«I dati sono chiari: qui circolano meno treni – si legge nel rapporto – sono più vecchi e su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate. È un problema di offerta di treni nazionali – gli Intercity si sono ridotti, sono pochissime le Frecce che viaggiano oltre Salerno per arrivare a Reggio Calabria, Taranto, Bari – e di offerta del servizio regionale, senza alcun coordinamento che permetta di mettere a sistema l’offerta».

«Nel dossier Pendolaria 2022, oltre alle gravi e ormai note criticità del sistema ferroviario calabrese, dovuti alla presenza di treni troppo vecchi e vetusti, alle poche corse e al deficit dell’alta velocità, per citarne alcune – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria,emergono anche aspetti positivi, quali gli interventi previsti sulle reti dei gestori regionali ( non RFI) : 280 milioni per il potenziamento ed ammodernamento della Cosenza -Catanzaro gestita da Ferrovie della Calabria o l’ammodernamento della linea Jonica nella tratta Sibari-Catanzaro, in via di elettrificazione, i cui lavori già avviati, seppure a rilento, dovrebbero concludersi entro il 2023 ( per un costo di 500 milioni di euro incluse soppressioni di passaggi a livello ed il rinnovo delle stazioni)».

«Tra le positività – ha concluso – previa verifica dei tracciati dei progetti e dei relativi impatti ambientali, spicca anche il finanziamento previsto dal Fondo complementare del PNRR con il quale sono stati stanziati 9,4 miliardi di euro per la realizzazione di alcune prime tratte della nuova linea AV Salerno-Reggio Calabria. Si tratta di segnali importanti verso la realizzazione di un sistema di trasporti sostenibile che , oltre a tutelare l’ambiente, potrà migliorare la qualità della vita dei calabresi».

Legambiente, dunque, suggerisce le quattro priorità da realizzare al 2030, che diano un cambiamento «della mobilità e consentire il raggiungimento dei target europei di riduzione delle emissioni di CO2 nei trasporti al 2030 e di decarbonizzazione al 2050, e per il recupero di ritardi e disuguaglianze territoriali: un piano per recuperare il gap di metropolitane e tram nelle città italiane, con una legge che permetta ai comuni di programmare e accedere ai finanziamenti necessari; aumentare i treni, i tram e gli autobus in circolazione nelle città, rispondendo al problema dell’affollamento dei convogli e della frequenza inadeguata rispetto alla domanda esistente e futura, aumentando la dotazione del Fondo nazionale trasporti; un nuovo contratto Intercity per ridurre le disuguaglianze territoriali; continuare il processo di rinnovo e di potenziamento del parco di treni circolante».

«La transizione ecologica – conclude la nota – è una grande opportunità per creare lavoro in Italia nelle fabbriche di mezzi a emissioni zero, nei cantieri della mobilità sostenibile, nel trasporto pubblico e nella sharing mobility». (rrm)