di PATRIZIA GIANCOTTI – Chissà come ha speso i soldi ricavati dall’incendio, l’uomo che ha acceso i numerosi focolai che hanno carbonizzato ettari di vegetazione sulle colline di Palermiti in provincia di Catanzaro. Viene in mente Fabrizio De André che si chiede: “Tu che lo vendi, cosa ti compri di migliore?”.
Migliore della fragranza della macchia mediterranea, di centinaia di faggi, castagni, di rovi di more, euforbia, margherite e ginestre, mimose e iris, meglio di zagare, grilli, formiche, tassi e farfalle. Chissà. Vampe imponenti si vedevano saettare da chilometri, il crepitio ha tenuto banco tutta la notte, chissà se lui dormiva, invece di interrogarsi sul futuro del pianeta, della regione, del paese, della sua famiglia, avrà madre, figli, moglie? O forse proprio pensando a un futuro lontano da qui, ha dato il via alla danza mortifera? Non è dato sapere. Certo è che l’impresa scellerata di questo incendio fuori stagione, cade curiosamente proprio alla vigilia di un evento all’insegna della tutela dell’ambiente, una “Giornata del paesaggio” convocata dal Coordinamento regionale “Controvento” insieme a una serie di Associazioni ambientaliste, come Italia Nostra Soverato- Guardavalle e presidio Palermiti, PietraElisa, Terra e Libertà, Acanto, Menzarola, Pacciamanti, Terre della Locride e della Piana, oltre a un centinaio di persone provenienti da Acri e Castrovillari, Polistena e Reggio Calabria, dalla Locride e da Roccella Ionica, tutti a Palermiti proprio per incontrarsi in natura e per interrogarsi su possibili azioni di contrasto allo sfruttamento indiscriminato del territorio.
Ma invece di procedere all’ombra delle chiome, respirando primavera, ecco quindi un corteo di camminatori colorati provenienti da tutta la regione risalire la collina tra due tetre ali di tronchi anneriti, di rami contorti, di cespugli carbonizzati, in uno scenario apocalittico dal quale svettano impressionanti pale eoliche. Persino sulla mitica Pietra Elisa, masso erratico carico di leggende sul quale da piccola salivo con mio cugino per tuffare da lassù lo sguardo in mare, c’è stato particolare accanimento e una gran quantità di benzina ha incenerito rovi e rampicanti, cercando di ridurre la pietra ad un ammasso carbonizzato.
Eppure, proprio questo sfregio, questo preludio di trekking all’inferno, questa deriva incerta tra “uomini e no”, ha reso l’iniziativa particolarmente opportuna: la giornata del paesaggio annichilito dal fuoco, dello scempio, della stupidità umana. E proprio qui che bisogna essere, mostrare che questi luoghi sono abitati, amati, scelti come patria d’elezione, ed è qui che le amministrazioni lungimiranti devono intervenire, proteggere, cercare e sanzionare duramente i colpevoli, ma anche bonificare, ripiantare, curare, sensibilizzare, impedire, come prevede la legge, altra destinazione d’uso delle aree incendiate per i prossimi quindici anni. Il gruppo si è poi fermato di fronte a ciò che resta della bella idea di un ostello della gioventù in piena foresta, mai inaugurato e completamente distrutto, devastato da vandali, fino a diventare una rovina in costruzione, un monumento alla brutalità e all’ignoranza dell’uomo.
Proprio qui, sotto immense pale eoliche che costringevano gli oratori ad alzare la voce e che giorno e notte non smettono di produrre inquinamento acustico udibile in paese, gli intervenuti hanno tracciato con competenza una esaustiva mappa delle criticità derivate dagli impianti eolici, spesso costruiti perfino all’insaputa dei cittadini. E che, ad esempio, hanno tra i pregi quello di non produrre Co2, ma che per essere installati abbattono foreste che assorbono Co2, che sono usati soprattutto per vendere certificazioni ambientali alle grandi imprese, che fanno sparire api e altri insetti impollinatori con gravi danni per l’agricoltura.
Sul posto si intensifica la raccolta di firme contro l’eolico selvaggio da consegnare al presidente della Regione, si raccolgono fondi per azioni legali contro gli impianti più invasivi e lesivi del territorio, si confrontano esperienze, si portano esempi italiani e internazionali di grandi comunità che vivono gli stessi problemi e che hanno sperimentato strategie efficaci contro la cieca logica del profitto. Infine, il gruppo si è diretto verso quello che la locandina definiva “punto panoramico”, avrei aggiunto “sulla Calabria dei contrasti”: da una parte la sublime bellezza blu zaffiro del Golfo di Squillace, dall’altra la terra nera, bruciata, dalla quale sorge una foresta di pale eoliche, ferme. Niente avrebbe potuto essere più esemplificativo. Ma eravamo in molti, solidali, uniti. La Calabria è abitata!
Dopo aver girato il mondo come fotoreporter io vivo qui dove nacque mio padre, dalla mia finestra sulla montagna vedo girare una pala che al tramonto mi taglia il sole a fette, di notte il suo muggito fa pensare alle ingiustizie subite da questa terra e dai suoi abitanti. Ma fa anche venire voglia di incidere sul cambiamento, di far parte di una presa di coscienza collettiva senza precedenti, di un movimento di esseri umani, musicisti, insegnanti, scrittrici, agricoltori biologici, studiose di erbe, antropologi, narratrici, donne che dal nord Europa vengono qui a comprar casa e a piantare alberi, architette, artigiani, scienziati, persone che viene voglia di conoscere meglio, impegnate a costruire umanità e benessere, lasciandosi indietro le due parole chiave troppo in uso da queste parti “ormai“ e “purtroppo”, per farsi custodi del futuro. (pg)
[Patrizia Giancotti è antropologa]
In copertina, foto di Patrizia Giancotti