Il deputato del Movimento 5 Stelle, Alessandro Melicchio, ha proposto di utilizzare meglio i fondi per Pnrr per risolvere, in particolare, due problematiche «ataviche che non sono mai stati gestite compiutamente»: si tratta delle borse di studio di specializzazione per le professioni sanitarie non mediche e il sistema di finanziamento delle Università meridionali.
Il parlamentare, infatti, ha evidenziato come per gli specializzandi delle professioni sanitarie non mediche «la formazione nei presidi ospedalieri è, nella maggior parte dei casi, priva di alcun sostegno economico, tranne l’importante aiuto che arriva da qualche Università virtuosa. Sarebbe, quindi, il caso di utilizzare i fondi del Pnrr per creare un fondo nazionale che le università possono utilizzare per promuovere e aiutare la formazione di questi studenti».
Per quanto riguarda, invece, il finanziamento delle Università Medirionali, Melicchio ha ricordato come «il divario nel finanziamento delle università nel nostro sistema Paese non nasce oggi, ma è stato generato nel tempo e riguarda da vicino i criteri di riparto delle risorse dell’FFO (Fondo per il finanziamento ordinario delle università)».
«Questo riparto – ha spiegato – si basa su un criterio che mette in relazione il rapporto spese sostenute dalle università/entrate fisse degli atenei. In quest’ultima voce troviamo il ricavato delle tasse universitarie. Questo dato incide sulla ripartizione delle risorse in maniera importante. Se ora mettiamo in relazione il reddito pro capite delle famiglie degli studenti e le entrate che derivano dall’FFO troviamo, infatti, una correlazione diretta».
«Le università che risiedono in Regioni – ha spiegato ancora – dove il reddito pro capite è più alto sono in grado di applicare una tassazione più elevata, possono farlo, e in questo modo percepiscono più fondi dallo Stato con la ripartizione dell’FFO. Questo calcolo ha creato il divario negli anni: la Svimez calcola che per ogni docente pensionato nelle regioni del nord ne entrano fino a 5 nuovi docenti, mentre in quelle meridionali meno di uno. Si avverte, quindi, un impoverimento della docenza e dei corsi universitari al Sud. Ma anche una riduzione degli iscritti alle università: dal 2003 ad oggi abbiamo perso su base nazionale l’11% di iscritti, al meridione questa percentuale arriva al 23%…».
«Un caso su tutti – ha proseguito – fornisce una fotografia di questa situazione. Mettiamo in correlazione l’Università della Calabria con circa 26mila iscritti e l’università di Pavia con circa 24mila iscritti: Pavia ottiene il doppio dei fondi rispetto all’Unical, nonostante gli iscritti siano quasi uguali. Perché? Perché c’è una tassazione più elevata, e l’università che tassa maggiormente (ricavando più entrate) riceverà anche più finanziamenti dallo Stato tramite Fondo per il finanziamento ordinario delle università».
«Questo è il risultato guardando ai freddi numeri – ha concluso –. Un risultato che certamente aiuta l’aumento del divario e tutte le conseguenze che abbiamo affrontato. È arrivato il momento di risolvere questa problematica e oggi possiamo farlo tramite il PNRR che ha fra gli obiettivi anche la riduzione del divario del sistema universitario. Quale occasione migliore?». (rp)