di SANTO STRATI – Al Mezzogiorno mancano quasi 3 milioni di posti di lavoro per colmare il gap occupazionale col Centro-Nord e la Calabria è l’unica regione non solo meridionale ma italiana, ad accusare una flessione del PIL nel 2018, -0,3%: l’allarme viene da fonte autorevole, la Svimez, L’associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno, che ha anticipato i dati del Rapporto 2019. Un quadro sconfortante per tutto il Mezzogiorno dove, dopo un triennio (2015-2017) di (pur debole) ripresa si riallarga la forbice con il Centro-Nord e il rischio recessione è sempre più vicino. L’Italia cresce poco, ma nel Meridione il divario si avverte ancor di più e la prospettiva del regionalismo differenziato, con l’autonomia delle ricche regioni del Nord, certo non aiuta a disegnare scenari brillanti.
Di fronte a tali pessimistiche previsioni c’è, per fortuna, chi guarda con occhio diverso alle prospettive. Il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, candidato governatore, che sta girando in lungo e in largo la Calabria per toccare con mano le realtà delle città e dei piccoli borghi, lancia un messaggio preciso che punta su agricoltura e turismo: «Ci sono tanti settori da valorizzare, – dice Occhiuto rispondendo all’allarme Svimez – per implementare il PIL, dove ci può essere ancora un vantaggio competitivo: energie rinnovabili, innovazione tecnologica, agricoltura biologica e di precisione, agroindustria, logistica, turismo sostenibile, industria culturale. Soprattutto la Calabria ha un potenziale turistico esplosivo fatto di mare, parchi, città d’arte, distretti archeologici, termalismo, giacimenti enogastronomici e naturalistici capaci di attrarre con operazioni mirate e innovative (e sono prudenziale in questa mia stima) almeno 5 milioni di visitatori stranieri all’anno nell’arco già di pochi anni».
Le proposte di rottura – afferma Occhiuto – «devono partire da una svolta ecologica con progetti d’innovazione mirati a trasformare il nostro territorio in un contesto di opportunità creative puntando su politiche settoriali capaci di attrarre flussi importanti di investimenti e di attenzione imprenditoriale. Dobbiamo aiutare i nostri agricoltori a sostenere gli investimenti sul biologico di qualità, promuovere la commercializzazione dei nostri prodotti e incentivare al massimo le filiere agroindustriale e agrituristica. Realizzare almeno dieci importanti opere pubbliche di architettura contemporanea sostenibile sparse per la Calabria firmate dai più grandi architetti internazionali per rilanciare il turismo, puntare sulla rigenerazione di tutti i quartieri popolari delle città con operazioni urbanistiche innovative di rottamazione e ricostruzione realizzando nuovi ecoquartieri ed ecocittà».
«Bisogna investire poi – afferma ancora Occhiuto sull’innovazione della produzione culturale, sugli eventi all’aperto, sugli spettacoli di qualità e identitari, sulle attività creative e multimediali, sull’enogastronomia di eccellenza, sulle cantine e sulle città del vino, per cambiare da subito l’immaginario che il turista ha della Calabria. Occorre una stagione del coraggio e delle aperture verso il mondo. Coraggio anche nel contrastare con forza e determinazione la mafia, e i comportamenti mafiosi e ricattatori. La mafia è un forte ostacolo alla crescita: la magistratura fa un ottimo lavoro ma si potrà sconfiggere questo schifoso fenomeno solo mettendo in moto la macchina dello sviluppo e se riusciamo a far restare qui i nostri giovani. Fare della Calabria la California d’Italia e la Regione più viva e attrattiva vi dico che è possibile: si può invertire il trend negativo e incrementare il Pil almeno di 2/3 punti. Basta crederci, mettersi al lavoro e cambiare i linguaggi dello sviluppo».
Proposte sensate che però devono fare i conti con i dati socio-economici della Svimez: «Se l’Italia rallenta, il Sud subisce una brusca frenata. Si sta consolidando sempre più il “doppio divario”: dell’Italia rispetto all’Unione Europea e del Sud rispetto al Centro-Nord. È nel problema italiano, dunque, che si accentua il problema meridionale, su cui grava ora lo spettro di una nuova recessione. Nel 2018 il Sud ha fatto registrare una crescita del PIL dell’appena +0,6%, rispetto +1% del 2017. Il dato che emerge è di una ripresa debole, in cui peraltro si allargano i divari di sviluppo tra le aree del Paese. La revisione delle nostre stime mostra che, con la significativa eccezione del 2015 (anno segnato da fattori congiunturali positivi e dalla chiusura del ciclo di fondi europei che ha determinato una modesta ripresa dell’investimento pubblico nell’area), anche nel 2016 e nel 2017 il gap di crescita del Mezzogiorno è stato ampio. Il dato più preoccupante, nel 2018, che segna la divergente dinamica territoriale, è il ristagno dei consumi nell’area (+0,2, contro il +0,7 del resto del Paese). Mentre il Centro-Nord ha ormai recuperato e superato i livelli pre crisi, nel decennio 2008-2018 la contrazione dei consumi meridionali risulta pari al -9%. A pesare nel 2018 è il debole contributo dei consumi privati delle famiglie (con i consumi alimentari che calano dello 0,5%), ma soprattutto è il mancato l’apporto del settore pubblico. La spesa per consumi finali delle Amministrazioni Pubbliche che ha segnato un ulteriore -0,6% nel 2018, proseguendo un processo di contrazione che, cumulato nel decennio 2008-2018 risulta pari a -8,6%, mentre nel Centro-Nord la crescita registrata è dell’1,4%: una delle cause principali, a dispetto dei luoghi comuni, che spiega la dinamica divergente tra le aree».
Drammatica la situazione occupazionale. Come documenta la Svimez, «La dinamica dell’occupazione meridionale presenta dalla metà del 2018 una marcata inversione di tendenza, con una divaricazione negli andamenti tra Mezzogiorno e Centro-Nord: sulla base dei dati territoriali disponibili, gli occupati al Sud negli ultimi due trimestri del 2018 e nel primo del 2019 sono calati complessivamente di 107 mila unità (-1,7%); nel Centro-Nord, invece, nello stesso periodo, sono cresciuti di 48 mila unità (+0,3%). Nello stesso arco temporale, aumenta la precarietà al Sud e si riduce nel Centro-Nord: i contratti a tempo indeterminato nel Mezzogiorno sono stati 84 mila in meno (-2,3%), mentre nelle regioni centro-settentrionali sono aumentati di 54 mila (+0,5%), con un saldo italiano negativo di 30 mila unità, pari a -0,2%. Per converso, i dipendenti a tempo determinato sono cresciuti di 21 mila unità nel Mezzogiorno (+2,1%), mentre sono calati al Centro-Nord di 22 mila (-1,1%). Resta ancora troppo basso il tasso di occupazione femminile nel Mezzogiorno, nel 2018 appena il 35,4%, contro il 62,7% del Centro-Nord, il 67,4% dell’Europa a 28 e il 75,8% della Germania».
La Svimez ha stimato che il gap occupazionale del Sud rispetto al Centro-Nord (calcolato moltiplicando la differenza tra i tassi di occupazione specifici delle due ripartizioni per la popolazione meridionale) nel 2018 è stato pari a 2 milione 918 mila persone, al netto delle forze armate. È interessante notare che la metà di questi riguardano lavoratori altamente qualificati e con capacità cognitive elevate. La vera emergenza, però, è che al Sud ci sono più emigrati che immigrati: «Le persone che sono emigrate dal Mezzogiorno sono state oltre 2 milioni nel periodo compreso tra il 2002 e il 2017, di cui 132.187 nel solo 2017. Di queste ultime 66.557 sono giovani (50,4%, di cui il 33,0% laureati, pari a 21.970). Il saldo migratorio interno, al netto dei rientri, è negativo per 852 mila unità. Nel solo 2017 sono andati via 132 mila meridionali, con un saldo negativo di circa 70 mila unità. La ripresa dei flussi migratori rappresenta la vera emergenza meridionale, che negli ultimi anni si è via via allargata anche al resto del Paese. Sono più i meridionali che emigrano dal Sud per andare a lavorare o a studiare al Centro-Nord e all’estero che gli stranieri immigrati regolari che scelgono di vivere nelle regioni meridionali. In base alle elaborazioni della SVIMEZ, infatti, i cittadini stranieri iscritti nel Mezzogiorno provenienti dall’estero sono stati 64.952 nel 2015, 64.091 nel 2016 e 75.305 nel 2017. Invece i cittadini italiani cancellati dal Sud per il Centro-Nord e l’estero sono stati 124.254 nel 2015, 131.430 nel 2016, 132.187 nel 2017. Questi numeri dimostrano che l’emergenza emigrazione del Sud determina una perdita di popolazione, soprattutto giovanile, e qualificata, solo parzialmente compensata da flussi di immigrati, modesti nel numero e caratterizzati da basse competenze. Tale dinamica determina soprattutto per il Mezzogiorno una prospettiva demografica assai preoccupante di spopolamento, che riguarda in particolare i piccoli centri sotto i 5 mila abitanti».
La flessione del Pil in Calabria (-0,3 %), secondo la Svimez è «dovuta però prevalentemente alla performance negativa del settore agricolo (-12,1%). Anche l’industria dopo la dinamica molto positiva degli anni precedenti subisce una battuta di arresto (-4,9%), conseguente in particolare alla performance negativa del settore delle public utilities. Questi dati contrastano un andamento positivo degli altri settori. Soprattutto le costruzioni che segnano +3,8%, e anche dei servizi che registrano +0,9%».
Ciononostante, secondo la Svimez, «Lo spettro della recessione si può evitare, l’allarme delle nostre previsioni rappresenta un’ultima chiamata per le politiche di sviluppo. Il problema meridionale non è la causa del problema italiano, ma nel problema italiano si accentua, configurando il “doppio divario” rispetto ai principali paesi europei».
E la Calabria? la “ricetta” del candidato governatore Occhiuto è applicabile per invertire il trend negativo e arrivare (forse troppo ottimisticamente) al +3%? Su una cosa il sindaco di Cosenza ha ragione: la Calabria può diventare la California d’Italia (d’Europa, aggiungiamo noi) perché ha risorse naturali, paesaggistiche, artistiche, culturali che tutti ci invidiano. Servirà cambiare passo, questo sì. E che le proposte, da qualunque parte politica arrivino, non servano soltanto per una meschina propaganda elettorale. Il programma di Occhiuto è ricco e convincente, ma saranno gli elettori a valutare i progetti e le proposte degli altri che puntano alla Cittadella di Germaneto. La Calabria ha bisogno di idee, ma soprattutto di fatti e su quelli sarà possibile capire se la svolta è possibile: i calabresi hanno messo da parte la disillusione, vogliono concretezza. (s)