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Alla ricerca della casa di Stromboli dalla Calabria

Alla ricerca della casa di Stromboli dalla Calabria

di GREGORIO CORIGLIANO – Mia nonna era nata a Stromboli, la più coinvolgente delle Isole Eolie. Come l’avesse conosciuta il padre di mio padre non l’ho mai saputo o, forse, col passare di tanti anni l’ho dimenticato.

Una delle poche cose che ricordo, e che mi ha raccontato mio padre, è che dall’isola veniva in barca a remi a trovare il padre di mio padre che poi avrebbe sposato. So che remava lei e si dava il cambio con suo padre.

Ricordo ancora che portavano capperi, nient’altro. Sei ore di barca a forza di remi. Evidentemente, gioventù a parte, doveva essere una donna energica, visto che poi ha concepito ed allevato ben dieci figli.

Ha sempre vissuto a San Ferdinando, dove mio nonno si era trasferito lasciando Laureana di Borrello. E qui ha sempre fatto il falegname. Era la fine del 1800, attorno al 1870. Mio padre, ultimo di dieci figli era infatti del 1916. E’ stato verso il 1960, mia nonna vivente, che mio padre e mio zio Frank, venuto dagli Stati uniti ebbero l’idea di andare a Stromboli per verificare lo stato delle cose, anzi della casa.

Fece loro compagnia un parente diretto di mia nonna, venuto apposta da Napoli, di cui non ricordo il nome. Era un signore alto e robusto che venne a San Ferdinando per una settimana, ospite di mio padre, con il figlio quindicenne. Non ho ormai nessuno a cui poter chiedere per sapere notizie di questo signore, il cui aspetto ho impresso nella memoria, come quello del figlio che ha dormito nel mio stesso lettino, pe mancanza di posti-letto.

Fino a qualche anno fa, ricordavo anche il cognome. Adesso il galoppare della vecchiaia mi impedisce il ricordo. Forse verrà, come spesso accade. Mio padre, mio zio ed il napoletano con ferry boat da Reggio andarono a Stromboli. La cosa che fecero, però, è stata solo la scoperta dell’isola, della casa di mia nonna neanche l’ombra, nessuna traccia. In casa abbiamo la foto della traversata sulla nave.

Tornato che fu un’altra volta mio zio dall’America, io ero già grande, ricordò il caso della casa di nonna. Ed invitò me ad andare a compiere una ulteriore verifica, aggiungendo stavolta di compiere una salto anche a Filicudi, perché, in quest’altra isoletta, ci sarebbe stata la casa di uno zio, marito di una sorella di mio padre, Maria, di cui ricordo bene il nome anche se non l’ho mai conosciuto: Peppino Taranto. In men che non si dica, organizzo il viaggio da Reggio. Aliscafo fino a Milazzo, poi Lipari, quindi Stromboli. Con me Luigina, impareggiabile ed impagabile compagna di vita.

Alla ricerca della casa smarrita. Domanda di qua e domanda di là, trascorriamo una piacevole giornata all’isola. Niente da fare. Solo un signore giudizioso ci ha detto di andare al catasto. Noi non ci avevamo, colpevolmente, pensato. Marcia indietro, aliscafo pe Lipari. Un’oretta di verifiche a registri e scartoffie varie, ma di case intestate a Mariangela De Simone, questo il nome di mia nonna o di Giuseppe Taranto, nulla di nulla. Chiediamo di un geometra, lo troviamo. A pagamento, ci aiuta, ma non veniamo a capo di nulla.

Avevamo visto a Stromboli molti ruderi, forse anche quelli della casa dei genitori di mia nonna, ma vattelapesca. In quegli anni era fiorente il mercato dei ruderi. Così sarebbero, poi, nate le ville dei benestanti italiani. L’acquisto di case abbandonate dai proprietari, diventate res nullius, hanno fatto la fortuna degli audaci.

Delusi e sconsolati perchè non saremmo mai diventati ricchi da avere una casa alle Isole, torniamo indietro ed anziché rientrare nelle Calabrie, come dicono gli isolani, ci fermiamo a Taormina. Telefonata al professor Lello Galluzzo per un consiglio turistico-alberghiero, cena di grande livello al ristorante le Batracomiomachie, pernottamento al San Domenico, per festeggiare la delusione.

E l’indomani, felici e (s)contenti torniamo sulla terra ferma. Il sogno di una villa eoliana, o della shakesperiana notte di mezza estate, era svanito, come dei parenti si è persa ogni traccia, né De Simone, né Taranto. Siamo stati ricchi di un sogno. E non è poco. (gc)