IL SINDACO CARUSO ATTACCA OCCHIUTO:
PRESIDENTE, C’È UN’OCCASIONE STORICA…

di FRANZ CARUSO – A conclusione delle feste natalizie i calabresi sono ormai abituati ad assistere alla ripartenza dalla loro terra di quanti sono costretti  a vivere e lavorare fuori dalla Calabria. Quest’anno il fenomeno si è molto accentuato.

Una crisi strutturale, mancanza di prospettive di vita e di lavoro hanno fatto registrare una crescita del numero di giovani e meno giovani che hanno deciso di andar via. È il rito di un esodo doloroso, che mal si coniuga con le euforiche esternazioni del Governatore Occhiuto. Non è azzardato affermare che se Occhiuto avesse, non solo annunciato, ma quanto meno incominciato ad affrontare le criticità strutturali sarebbe stato già compiuto un passo in avanti per delineare un futuro di speranza per la Calabria. A partire dal suo operato da commissario per l’emergenza sanitaria:  è acclarato che le condizioni del servizio sanitario regionale sono peggiorate rispetto alla data di insediamento, tredici anni addietro, dello stesso commissariamento. Nessuna azione concreta di riqualificazione e di messa in sicurezza dei presidi sanitari, nessun passo avanti sulla realizzazione dei nuovi ospedali. Clamoroso è il blocco della realizzazione del nuovo hub ospedaliero di Cosenza. I livelli minimi assistenziali sono sempre più non garantiti alla maggioranza della popolazione calabrese.

È indecente poi il modo come il Presidente della Regione stia facendo perdere una opportunità storica alla Calabria per la sua modernizzazione infrastrutturale. Oltre ad avere dato l’assenso al ministro Salvini a sottrarre centinaia di milioni di euro  europei agli investimenti per lo sviluppo della Calabria per destinarli al finanziamento di opere propedeutiche alla realizzazione del ponte sullo stretto, ha poi annunciato come nuovi ed aggiuntivi investimenti sulla SS 106 e sulla elettrificazione della linea ferroviaria che invece sono stati finanziati dai Governi nazionali e regionale precedenti e che sarebbero dovuti essere già spesi e invece segnano forti ritardi.

Senza voler fare alcuna strumentalizzazione, non si può non affermare che tragedie come quelle di  Thurio o come l’incidente che ha provocato la morte dei giovani di San Luca non siano ascrivibili a questi colpevoli ritardi. Sul tema, poi, menzione a parte merita la necessità per la Calabria dell’alta velocità ferroviaria Salerno-Reggio Calabria. Al riguardo appare addirittura inquietante l’atteggiamento distratto e pilatesco del governatore Occhiuto che anziché presidiare i tavoli romani ammette candidamente di rimettersi alle decisioni di RFI. Praticamente, Occhiuto accetta che la realizzazione dell’ Alta Velocità in Calabria non si faccia o che venga rinviata sine die.

Così come sciagurata è la scelta di depennare dall’agenda delle opere infrastrutturali la  Metrotramvia Cosenza-Rende-Unical, a suo tempo vagliata attentamente ed approvata e finanziata dagli organismi europei. È grave che si sia fatto perdere il finanziamento e, contestualmente, avere transato una cifra milionaria  a favore della impresa aggiudicataria pur senza neanche iniziare i lavori”.

E allora bando alle chiacchiere. Il 2024 dovrà essere l’anno della ripresa, altrimenti la Calabria è destinata a non utilizzare la contingenza storica che l’Europa riconosce in questa fase come non mai per il superamento dei divari territoriali. Occhiuto deve, dunque, necessariamente cambiare registro e avviare quanto meno una feconda fase di concertazione sociale affinché si possa garantire alla Calabria una programmazione efficace e virtuosa del suo destino. (fzc)

(Franz Caruso è il sindaco di Cosenza)

LA SCOMMESSA CALABRESE SUL FUTURO
È NELLA CENTRALITÀ DEL MEDITERRANEO

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – La centralità del Mediterraneo emerge con l’apertura del Canale di Suez nel 1869. Il raddoppio del 2015 poi ne ha potenziato la sua importanza strategica. Il suo costo 8,2 miliardi di euro e due anni di lavori ne hanno fatto un’opera di ingegneria tra le più importanti mai realizzate. Il raddoppio del Canale permette il passaggio di 97 navi al giorno contro le precedenti 49 e consente all’Egitto di raddoppiare i ricavi da transito che, nel 2023, dovrebbero essere corrispondenti a 13 miliardi di dollari all’anno, molti di più dei 5 precedenti.

Non sono mancate le critiche della comunità internazionale per la nuova infrastruttura. Una lettera appello di 500 scienziati ha chiesto alle autorità una valutazione ambientale. Le storie sono sempre banalmente le stesse, e si ripetono se guardiamo al progetto del Ponte sullo stretto. Quello che si sa per certo è che si è detto addio alla circumnavigazione dell’Africa, perché con il nuovo canale arrivano nel Mediterraneo anche le navi di grandi dimensioni finora impossibilitate ad attraversarlo.

Uno studio condotto da Intesa Sanpaolo ha calcolato l’impatto sulla portualità italiana, sulla base del possibile spostamento della convenienza del passaggio via Suez di alcune rotte, valutabile in un aumento di circa 170 mila containers. Tutto perfetto? Sembrava di si. Fino a quando si è visto che sono in pochi a prevedere come cambieranno davvero le rotte commerciali transoceaniche.

Perché se la realtà dell’area del Mar Rosso va a fuoco, come sta accadendo in questi giorni, tutto può cambiare.

In realtà l’Italia non è riuscita a sfruttare adeguatamente la sua posizione geografica. E del 20% del traffico mondiale che passa dal Mediterraneo è riuscita ad intercettarne una piccola parte.

Per problemi di organizzazione portuale, di fondali adeguati, di mancato messa a regime di un porto come quello di Gioia Tauro, che possiede un retro porto con ettari disponibili molto rilevanti, per il non utilizzo, conseguente all’annullamento del 2012 della costruzione del ponte sullo stretto da parte di Monti, che ci trova ancora in una fase di passaggio, di Augusta, per i bassi fondali che non consentono di accogliere le maxi navi e le opere di dragaggio in ritardo, vedi Taranto, vi è una mancata valorizzazione del sistema logistico da parte del Paese, che fa perdere migliaia di posti di lavoro possibili, considerato che la sola Rotterdam, tra diretti ed indiretti, occupa oltre 700.000 persone.

È incredibile come i “frugali “olandesi siano riusciti a non farsi mettere in crisi dall’apertura del Canale di Suez, che ha riproposto il Mediterraneo come centro dei commerci mondiali, dopo che nel 1492, con la scoperta dell’America, aveva perso il suo ruolo di centro unico dei traffici.

Bene un Medio Oriente che si infiamma, come si è visto dalla ripresa da parte delle navi maxportacontainers della circumnavigazione dell’Africa, equivale ad una nuova scoperta dell’America e gli effetti potrebbero essere devastanti soprattutto per i Paesi che su questo mare si affacciano. E ciò potrebbe contribuire ad incrementare i flussi di migranti verso l’Europa.

Pensiamo all’Egitto che sulle risorse provenienti dall’attraversamento del canale ha pensato di trarre redditi relativamente importanti, alla Grecia che ha investito molto sul Pireo, a Tangermed che rappresenta una certezza ed una speranza per l’Algeria.

Infine l’Italia nella quale il progetto di alta velocità ferroviaria che parta da Augusta a Berlino, per collegare Singapore, Hong Kong alla Mittel Europa, può essere messo in discussione dalla chiusura di una via d’acqua, che è diventata fondamentale per il commercio mondiale.

Qualcuno potrebbe dire che in ogni caso vi è un collegamento col Nord Africa, che diventerà sempre più importante e che non ha bisogno di passare dal canale, ma certamente sappiamo tutti che intercettare il traffico proveniente dall’Estremo Oriente, Cina, Giappone, Corea, India ma anche degli Emirati e dal Corno d’Africa è un fatto non irrilevante.

Non vi è dubbio che Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Israele, Libano, Siria, Turchia siano Paesi con i quali avverrà un incremento notevole dei traffici, ma non vi è altrettanto dubbio che tutto parte dalla pacificazione dell’area del Medio Oriente.

Se questo non dovesse avvenire e il conflitto dovesse protrarsi, con l’accentuazione delle tensioni anche con l’Iran, probabile finanziatore dei terroristi che stanno mettendo in discussione i traffici dal Mar Rosso, potremmo avere effetti paragonabili alla scoperta dell’America del 1492. L’evento in quel caso fu un evento positivo per il mondo, ma certo un problema non da poco per il Mediterraneo.

In questo caso è solo un problema per tutti, ma lo è meno per esempio per Germania e Francia, che pagherebbero solo per i maggiori oneri di trasporto.

Per l’Olanda e i Paesi Atlantici probabilmente potrebbe alla fine essere anche un vantaggio, perché a quel punto, dovendo circumnavigare l’Africa, i porti più vicini sarebbero quelli degli amici, “frugali” ma sempre bulimici.  Per questo l’Italia non può consentire che l’Europa continui a non recitare che un ruolo di comparsa, in quella che per noi ma per tutto il Continente può trasformarsi in tragedia.

Ancora l’Europa sta subendo gli effetti di un’interruzione di rapporti con la Federazione Russa, che ha messo in crisi soprattutto, come si è visto anche dai riflessi economici che l’attraversano, la Germania.

Il blocco del Mar Rosso, se dovesse protrarsi per un periodo non limitato, potrebbe essere un duro colpo per le economie che sul Mediterraneo si affacciano. In questo il Sud italiano diventa, in questo caso nel male, un protagonista assoluto, perché subirebbe gli effetti negativi della ripresa degli sbarchi senza avere quelli positivi della vicinanza al canale di Suez.

Altro che il fumoso piano Mattei, del quale poco si sta comprendendo tranne il fatto che vorrebbe che l’ Africa diventasse la batteria d’Europa, come si è sempre fatto con i Paesi a sviluppo ritardato e con il Sud, ma effetti concreti immediati su un commercio già poco florido che in questo modo si annullerebbe. (pmb)

(Courtesy Il Quotidiano del Sud / L’Altravoce dell’Italia)

SANITÀ CALABRIA, IL CAMBIO DI ROTTA
PORTA LA FIRMA DELLA PETROPULACOS

di ETTORE JORIO  – Ricordo due eventi che mi fecero capire, ridendo a crepapelle, lo strumentale disinteresse verso l’avversario in senso lato, canzonandolo, ritenuto non degno di considerazione. Uno, ricorrendo ad accorgimenti dialettici ricchi di simpatia e, l’altro, della migliore satira politica.

Il primo fu in una commedia di Gilberto Govi ove il grande maestro della commedia ligure, dovendo dare pochissima importanza alle cose dette da uno dei suoi interlocutori, rivolgendosi agli altri, diceva (più o meno) “cusch’è una musca” (chiedo venia della certo errata scrittura della lingua genovese). Parificando così il contenuto dell’ascolto al ronzio di una mosca.

Il secondo era invece rintracciabile su L’Unità da Mauro Melloni, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Fortebraccio, lo stesso che descrisse Mario Tanassi come dotato di una «fronte inutilmente spaziosa». Il quale sotto intendendo anche in questo caso l’inutilità politica del personaggio scrisse, nell’approssimarsi di una importante riunione a Palazzo Chigi, «Si aprì la portiera dell’auto. Non scese nessuno. Era Antonio Cariglia», un segretario nazionale del partito socialdemocratico che in pochi invero ricordano.

Due mondi diversi, due modi altrettanto differenti per sminuire. Un vezzo che in politica è molto frequente, per sottrarre le capacità altrui: boys will be boys (so’ ragazzi!), dedicato sarcasticamente a chi non predilige cose intelligenti, prioritariamente i saperi che fanno la differenza tra le regole e la convenienza politica.

Ciò avviene solitamente per due motivi: 1) per non dare peso alle cose importanti ritenute impunemente “stupidaggini” perché impegnative, pur di acquisire un immediato e spesso immeritato guadagno politico; 2) per sminuire tutto ciò che è davvero utile a costruire “un mondo nuovo” ma con fatica e impegno. Tutto ciò allo scopo di rimanere in piedi senza sudore e spesso senza meriti, ma soprattutto con il lavoro degli altri. Vittima di questo è la Nazione, che paga l’assurdo che governa, nonostante i frequenti riferimenti ad essa con una errata sinonimia a Paese. Da qui, il PNRR che c’è ma non si vede!

Una politica dalla peggiore espressione

Eh già, perché la politica (tutta) ha assunto brutti vizi, tra uno sparo ad una gamba durante una festa tra “amici” e i domiciliari imposti ad un cognato di un ministro: privilegia la promessa sui risultati; predilige il rumore al prodotto; vende l’oggi vergognoso, esaltandolo cinicamente, piuttosto che realizzare il domani accettabile.

Una brutta cosa, questa, una volta di moda solo nei Paesi sudamericani, ove i leader senza ideologia ovvero distorta privilegiavano ostentare gradi militari a chilogrammi, auto conferiti, trascurando la cultura governativa solidaristica. Ciò avveniva nonostante la esemplare semplicità delle grandi istanze rivoluzionarie del Che, eroe non solo di quelle parti ma del mondo intero.

A ben vedere quello esposto oggi è un quadretto desolante, ove in primo piano c’è una politica dai toni spesso deliranti e autopromozionali, con sullo sfondo, di frequente neppure inquadrata dall’obiettivo, la burocrazia più servile. Quella di solito arrivata all’apice spesso in forza di maliziosi progetti ovvero di storie che sanno di ben oltre l’infecondo. Ebbene di questi mali (gravissimi) è contaminata la società politica nazionale, così come ben descritto nel libro di un anonimo Io sono il potere. Confessioni di un Capo gabinetto.

Tutto questo è funzionale alla concretizzazione di “matrimoni impropri” tra ceto politico e dirigenza, nonostante ben distinti legislativamente nell’esercizio dei rispettivi compiti: indirizzo, programmazione e controllo su gli atti, il primo; adozione degli atti, gestione ed esecuzione, la seconda.

La debolezza della cultura di governo del Mezzogiorno e la sanità in Calabria

Il peggio di tutto si è registrato nelle regioni più deboli, rimaste tali perché vittima di un siffatto orrendo compromesso, con ricadute pesanti sulla esigibilità dei diritti essenziali.

In Calabria tanto, ove tuttavia pare che qualcosa stia cambiando, con una sanità che impone opzioni sensate e scelte virtuose, dopo tante fatte malissimo. È cessata, ci si augura ultimamente, la stagione della esaltazione dei gringos dalle competenze inesistenti, peraltro già compromessi e facili da compromettere in senso lato.

Sembra che sia iniziata una correzione di quella rotta che impedì ai bravi di rimanere ivi a lottare per l’interesse collettivo. È capitato, pensando alla sanità che non c’è ma che sarebbe dovuta esserci, con Francesco Bevere, messo in condizione di scappare altrove per una infima guerra assunta contro di lui da un decisore che nemmeno in Uganda. Una decisione dissennata che buttò a mare una scelta oculata della compianta Iole Santelli, che fece di tutto per convincerlo a venire a lavorare nella Calabria impossibile.

Con la sanità non si gioca, fare scelte sbagliate nell’affidamento dei ruoli fondamentali significa portare le persone a vivere in un girone dell’inferno, così come avvenuto da sempre. Specie quando si suppone di copiare ivi persino gli errori organizzativi delle altre Regioni, del tipo l’istituzione di Azienda zero, non solo inutile ma dannosa per l’autonomia delle aziende della salute, delle quali tante lasciate in mani inadeguate.

La tutela dell’interesse pubblico attraverso la qualità e non l’appartenenza

I bravi manager vanno ricercati con il lanternino, diffidando dai “mi manda Picone” troppo frequenti nel sistema della salute, tormentato dal pressapochismo di Agenas e dai Tavoli romani che vivono di “disattenzioni” strumentali,  favorevoli a taluni, e di cronici dispetti destinati ad altri.

Allorquando capita di convincere i fuoriclasse a venire in Calabria occorre fare dedicare loro tutti i giorni la banda del consenso e non mettere i bastoni tra le ruote, così come avvenuto con il bravo Bevere. Soprattutto non svuotando il Dipartimento delle professionalità migliori, senza capirne un perché intelligente.

La paura, meglio il sospetto, è che la stessa cosa (se non peggio!) stia avvenendo nei riguardi di Licia Petropulacos, estranea la centrodestra, che tutti noi calabresi dovremmo ringraziare. Scelta da Roberto Occhiuto, esclusivamente per i grandi meriti dimostrati in Emilia-Romagna, ha accettato di combattere, di svolgere il ruolo della “resistenza partigiana” contro il cinico invasore stabilmente insediato da decenni nella sanità regionale.

Quella sanità, condotta da oltre vent’anni all’insegna del malaffare e delle connivenze, la cui contabilità è lasciata da sempre in mani persino di inconsapevoli delle differenze che ci siano tra il criterio di cassa e quello della competenza (così come di recente sottolineato, nel concreto, dalla Corte dei conti nella procedura aperta con l’AO Mater Domini), cui la dirigente greco-emiliana romagnola potrà dare tanto, anche in termini di acculturamento della burocrazia sulla disciplina sul bilancio.

A chi preferisce non pensare al male che produce da decenni ai calabresi, sarebbe da consigliare la lettura di un manuale di civiltà politico-dirigenziale, di recente citato in un articolo dal pensiero politico sempreverde di Agazio Loiero, il suo titolo è La conoscenza e i suoi nemici, l’autore è Tom Nichols, edito dalla Luiss nel 2017, nella traduzione arguta della brava cosentina Chiara Veltri. In particolare, per imparare una strada più giusta, la conclusione nella parte in cui si afferma che “Gli esperti sono terribili”, ovviamente perché sanno di cosa parlano!

Insomma, occorre un immediato rimedio a quanto avviene a discapito della povera gente che non sa neppure cosa siano i Lea, perché messi all’angolo del ring ove i diritti finiscono da decenni al tappeto con il peggiore dei kappaò. (ej)

LA GUERRA DELLA SS 106 CONTRO LA VITA
DEI NOSTRI GIOVANI E DI QUESTA TERRA

di FRANCO CIMINO – E la pioggia finalmente è arrivata. Nessuno la cercava. Nessuno l’aspettava più in questo lungo dicembre che ci ha regalato un Natale quasi estivo. Con il chiarore del cielo che contrastava il cedere precoce della luce del giorno, secondo la regola dell’inverno e dell’ora naturale, che il pomeriggio era già sera. La pioggia è arrivata in serata avanzata. Insistente. Battente. Forte. Ma non di temporale.

È arrivata in silenzio senza tuoni né lampi di fuoco. Battente, però. Sui vetri delle finestre. Sui cornicioni. Sul pavimento dei balconi. E la senti. Oh, sì che la senti, anche se non fa rumore! Non pioveva, oggi, a fine mattinata. Non pioveva sulla statale 106, all’altezza del km 171, in località Calalunga-Pietragrande (km 171+300), come dicono i verbali tecnicamente dettagliati della Polizia e dei tecnici stradali. Lì, su quel tratto, al centro esatto della strada che separa la Marina di Catanzaro da Soverato, che saranno, da ambedue le direzioni, otto-dieci minuti per arrivarci, non pioveva da settimane. Non pioveva neppure oggi. C’era luce sulla via. E si vedeva bene e lungo. È una giornata di festa, questa. Una festa bella. L’Epifania, portatrice di doni al Bambino e da Lui promesse di vita nuova per tutti gli uomini e le donne di questa terra. Specialmente, per i ragazzi e i giovani. È la festa delle famiglie. E del riposo dal chiasso di queste due settimane, piene di movimento, di auto, di merci, di persone, di musiche assordanti e di piazze affollate. Di quasi tutti che hanno fretta e ti passano davanti senza neppure vederli, poterli salutare se li conosci.

Domandargli dove stiano andando visto che sembrano indirizzarsi sul versante sempre opposto dal tuo. E poi, tra due giorni, complice la domenica, i figli torneranno a scuola. Si sta a riposo, oggi. I più stanno a casa per l’Epifania. O per la Befana. Sono le le tredici e trenta circa. È l’ora canonica del pranzo della festa. Non c’è molto traffico. Poche automobili, che vanno in opposte direzioni. Non c’è stanchezza. Non c’è l’alcol e la testa di fumo delle notti del sabato del divertimento acceso. Si può stare tranquilli, oggi, giorno della festa.

Non è successo nulla ad alcuno dei partecipanti ai diversi veglioni. È stato un Buon Natale e un buon fine 2023. Non può succedere più nulla. E, poi, oggi, è la Festa dei doni. E su quella strada sulla quale siamo passati mille volte noi. Da soli e con le nostre famiglie. E i nostri figli. Anche in qualche momento di questo lungo Natale. E le nostre raccomandazioni fatte per monotonia genitoriale, in quel ricorrente “andate piano, vi raccomando. E state attenti”, detto così perché lo diciamo. Ma senza particolari timori, come quando, invece, li sappiamo in viaggio su percorsi assai insicuri.

In quel tratto lì, di giorno quieto, si sta più tranquilli. Pur se della cattiva 106 sempre si tratta. Strada quasi bestemmiata, perché portatrice di morti e feriti, lungo tutti i suoi più di trecento chilometri. Quelli che dovrebbero unire tutta la magica realtà che dall’antica Magna Graecia scorre lungo il litorale Sibari-Crotone-Squillace-Monasterace-Reggio Calabria. Ma oggi è il giorno della festa nella giornata di quiete, di luce, di armonia. E, poi, sono le tredici e trenta. Non c’è traffico. Non c’è fretta. Le baldorie sono finite. E le bottiglie di vino e birra pure.

Invece, no. La 106, la strada cattiva, non rispetta alcuna regola. Non perdona errori e distrazioni, non protegge dai guasti tecnici, non difende la gioia di chi la percorre o il bisogno di chi è costretta ad usarla. La strada nata brutta su una lingua di territorio devastata dalle tante bruttezze che le sono state caricate sopra, a mo’ di sfregio e di sfruttamento, la strada lasciata peggiorare per oltre trent’anni e abbandonata da promesse ingannevoli, o da sistemazioni costosissime in tratti disgiunti e assai distanti tra loro, effettuati in tempi lunghissimi che la rendono ancora più pericolosa per le interruzioni quasi ritmiche, semina vittime continuamente.

È una strada contro. Sì, contro. E in opposizione anche. Contro lo sviluppo e la crescita economica della Regione. Contro il bisogno di unità territoriale, economica, culturale e politica. Della Calabria. Contro la estrema necessità di rompere l’isolamento che tiene la nostra terra ai margini dell’intero Paese.

E quasi ignorata dall’Europa, se non per il suo “ condannarsi” ad essere scoglio, invece che felicemente porto, d’approdo dei miserabili che attraversano il nostro mare per cercare pane e lavoro e libertà.

Contro, è questa strada, la vita. Dei nostri ragazzi, soprattutto, che la vita e la forza giovanile lasciano sul quell’asfalto ammalorato. Oggi, giorno della festa dei doni, a quell’ora lo schianto! Due auto piccole si scontrano violentemente. Muoiono tutti i passeggeri di un’auto. Sono quattro ragazzi, tre donne e un uomo. Venivano da San Luca, nel Reggino. L’unico, dell’altra, è in condizioni molto gravi in ospedale. È di Soverato, giovane anche lui nei suoi cinquant’anni, probabilmente di sposo e di padre di giovani come quelli che ha incontrato, “avversativamente dalla sorte”, oggi.

Una tragedia. Da bollettino di guerra. L’ultimo proveniente dall’Ucraina parla proprio di quattro morti innocenti sotto l’odierno vile attacco russo contro una piccola Città.

La guerra della statale 106, continua. Indifferente ai morti che semina come chicchi di dolore immane e di ingiustizia assurda. Quanti ce ne vorranno ancora per chiudere questo cimitero dell’inciviltà? Quante madri e quanti padri dovranno ancora morire agonizzando sul cadavere dei figli? Quanti ancora, figli suoi, di questa terra, dovranno cadere sotto i colpi di una barbarie senza colpevoli? Dal pomeriggio le agenzie di stampa sono prese d’assalto dalle dichiarazioni di uomini delle istituzioni che recano lo stesso grido: “basta vittime sulla strada della morte”. Tutti lo gridiamo. Ma sempre ad ogni strage. E che sia la più clamorosa, altrimenti neppure registriamo il fatto drammatico. Passato il clamore, celebrati i funerali, poi più nulla. Solo indifferenza. Il dolore resta alle famiglie e a quei paesi che non li hanno più visto tornare tutti quei ragazzi. Mentre la lotta per fare la strada nuova, e che si chiami con un altro nome, la fanno solo i due o tre comitati di cittadini (quello di Ciró Marina e di Badolato per dire i più noti), che da anni, in piena solitudine, scendono per le quelle strade.

Per protestare contro lo sterminio. Per rivendicare un diritto. Per opporsi alla morte. Per difendere la vita. Delle persone. E dei nostri figli, che sempre da lì dovranno passare. E la vita della nostra Terra, che non può consentirsi più di perderne neppure uno.

È già notte. E piove più forte. Di una pioggia che non rovina. Sono solo lacrime del Cielo per questo dolore insopportabile. Dolore ingiusto. (fci)

SE LA CALABRIA E I CALABRESI PIANGONO
AL NORD NON SI PUÒ E NON DEVE RIDERE

di EMILIO ERRIGO – A un anno più o meno del mio ritorno in Calabria, per ritornare a vivere tra i calabresi, scienziati, colti, ignoranti, belli, poveri, disoccupati, malati, con ridotte capacità motorie e sensoriali, diversamente abili e brutti, mi sono chiesto e posto mille e una volta, il perché e il vero motivo, che estranea molte note testate giornalistiche e televisive, compresi molti miei carissimi amici e conoscenti giornalisti, dall’ interessarsi delle cose belle della Calabria e dei calabresi!

La Calabria e i Calabresi, sono prevalentemente bellissimi dentro e fuori, vanno conosciuti, esplorati, visionati, visitati, parlati, ascoltati, amati e tanto, tanto attenzionati.

Già partendo dalle mille bellezze uniche della , offesa e storicamente contaminata dalle industrie chimiche e metallurgiche, città e Provincia di Crotone, bellezze marine e paesaggistiche ancora per grazia di Dio incontaminati, poste e diffuse in mondovisione da Rai 1 il 31 dicembre 2023, grazie e ancora grato, al nostro Caro Presidente on. Roberto Occhiuto, per averne fatto percepire solo una minima parte delle rare bellezze della Calabria e dei Calabresi (perdonate la C maiuscola).

Perché non c’è interesse a tutto ciò che si fa e di bello c’è da vedere in Calabria? Cosa induce a molti intellettuali del poco o del tanto, di estraniarsi dal capire la vera essenza della Calabria e dei Calabresi e non solo quella profumatissima del Bergamotto di Reggio Calabria?

Ditelo, parlatene pure se volete, ma scrivete per favore, anche del bello e del giusto della Calabria. Se la Calabria e i Calabresi piangono l’Italia non può e non deve ridere.

Noi siamo figli orgogliosi di una Italia che amiamo, di una Nazione che onoriamo, con gli studi universitari, con la medicina, le ricerche scientifiche, i nostri sapori e profumi di Calabria, le buone azioni di solidarietà e vicinanza umana, profondo senso di appartenenza e italianità vera.

Siamo Italiani fino al cuore e Calabresi fino ai neuroni e midollo osseo!

(Emilio Errigo Commissario Straordinario SIN Crotone-Cassano e Cerchiara di Calabria)

La fotografia di copertina è di Valter Cirillo / Pixabay

ZES UNICA, UN GRANDE AIUTO PER IL SUD
PERÒ SERVE UNA POLITICA INDUSTRIALE

di FRANCESCO AIELLO – Rispetto alla precedente disciplina sugli investimenti a Sud in regime di aiuti, la Zes unica per il Mezzogiorno è migliorativa sotto alcuni punti di vista. Innanzitutto per la copertura finanziaria: la dotazione per il credito di imposta complessivo del 2024 fissata dalla Legge di Bilancio è pari a 1,8 mld di euro.

Inoltre, rispetto al Bonus Sud 2023, cosiddetto Credito d’Imposta Mezzogiorno, con la Zes unica è ammesso il credito di imposta anche per l’acquisto di terreni e immobili. Il regime di aiuti è previsto per progetti di investimento fino a 100 milioni di euro e varia al variare della dimensione dell’impresa. La regola generale è che le piccole e le medie imprese godranno di un credito di imposta pari, rispettivamente, al 60% e al 50% dei costi ammissibili per progetti fino a 50milioni di euro, mentre per le grandi imprese il beneficio fiscale sarà pari al 40%.

Si tratta di vantaggi fiscali superiori a quelli previsti dal Bonus Sud 2023, che fissava al 45%, 35% e 25% il credito di imposta, rispettivamente, per le piccole, le medie e le grandi imprese. È plausibile pensare, quindi, che i vantaggi fiscali sono ad un livello tale da rendere conveniente l’avvio di nuovi investimenti produttivi regionali e attrarre investitori extra-regionali. Si tratta, però, come dimostra la storia decennale delle politiche industriali nel Mezzogiorno d’Italia, di una condizione necessaria, ma non sufficiente: la convenienza relativa ad investire in un determinato luogo piuttosto che in un altro non è unicamente determinata dalla fiscalità di vantaggio.

Questa conclusione è ancora più valida in un contesto in cui più regioni godono dello stesso regime di aiuti: perché un investitore dovrebbe scegliere di localizzare le proprie attività in Calabria, piuttosto che in Puglia o in Campania? A parità di aiuto fiscale e di snellimento delle procedure amministrative, i capitali si concentreranno nelle aree che hanno meno costi di accessibilità e offrono più servizi alle imprese (rete di trasporti efficiente, energia affidabile, disponibilità di infrastrutture tecnologiche avanzate) e che hanno qualche vantaggio di localizzazione legato alla possibile riduzione dei costi di approvvigionamento e di vendita.

Senza dimenticare che l’attrattività di un territorio dipende molto dalla qualità della vita del contesto, ossia dall’offerta di servizi pubblici efficienti, istruzione di qualità, assistenza sanitaria accessibile, giustizia certa e veloce e un ambiente culturale stimolante. In assenza di queste condizioni, parlare di crescita, restanza, tornanza, ripopolamento dei borghi è un puro esercizio accademico, un vezzo tra intellettuali.

Inoltre, esistono altri due potenziali punti di debolezza della Zes unica, che derivano in modo esclusivo dal fatto che il progetto non è inserito in un’organica strategia di politica industriale per il Sud e che la localizzazione degli investimenti industriali non ha alcun vincolo territoriale. Così come nella precedente architettura istituzionale con le otto Zes in ciascuna regione del Mezzogiorno d’Italia, anche in questo caso il regime di aiuti fiscali e lo snellimento delle procedure amministrative sono pensati per avviare Zes generaliste, de-specializzate, quando,  al contrario, sarebbe più efficace puntare a delle concentrazioni spaziali di attività produttive specializzate in pochi settori, che, nella fase iniziale, possono essere fortemente legati alle vocazioni territoriali di ciascuna regione e alla qualità e specificità delle risorse produttive disponibili.

Esiste, infine, il tema dell’assenza di restrizioni territoriali degli investimenti che beneficiano della normativa della Zes unica. Su questo aspetto è utile ricordare che le Zes sono state istituite nel 2017 dal Governo Gentiloni con l’intento di incentivare investimenti produttivi nelle aree limitrofe ai porti nel Mezzogiorno, allo scopo di superare una delle principali sfide all’industrializzazione del Sud: la distanza geografica dai mercati di approvvigionamento e di distribuzione.

Tuttavia, l’implementazione di una Zes unica per l’intero Mezzogiorno potrebbe comportare il rischio di non considerare appieno i vantaggi derivanti dalla localizzazione vicina alle vie del mare. Con questa prospettiva, gli investimenti produttivi potrebbero essere distribuiti in tutto il Mezzogiorno anziché concentrarsi nelle zone adiacenti ai porti, perdendo in tale modo l’opportunità di sfruttare in modo compiuto i benefici strategici offerti dalla prossimità ai principali hub marittimi. Un esempio chiarisce il punto: i costi di trasporto di un’impresa globalizzata, ossia che importa beni intermedi ed esporta beni finali, che è localizzata nel retroporto di Gioia Tauro sono infinitamente inferiori ai costi di un’altra impresa che opera in qualsiasi altra parte della Calabria.

Questo rischio si può annullare fissando una priorità di politica industriale: rendere altamente attrattivo il retroporto di Gioia Tauro e canalizzare in quegli spazi tutti i nuovi investimenti Zes per trasformare l’intera area in un polo industriale su cui puntare per dare una speranza di crescita alla Calabria. Disperdere risorse in tutta la regione non ha alcun senso. È tutt’altro che un’opzione di sviluppo industriale trainato da una Zes. (fa)

[Francesco Aiello è prof. Ordinario di Politica Economica, DESF, UniCal]

CARA GIORGIA, LA STAMPA SI È SCORDATA
DI CHIEDERLE DI MEZZOGIORNO E DI PONTE

di SANTO STRATI – Non abbiamo potuto partecipare per ragioni di salute alla conferenza stampa di fine anno (posticipata a ieri) della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e nel caso, probabilmente non avremmo avuto la fortuna di essere selezionati (per sorteggio) tra i 45 giornalisti ammessi a porre una domanda (senza diritto di replica). Ma una domanda fuori tempo massimo la formuliamo lo stesso: sul Ponte – che è l’evento clou dell’attività del Governo di quest’anno – non ha nulla da dire? Ha affidato al vicepremier Salvini l’intero onere di organizzare, pianificare, programmare e portare a termine la cerimonia di inizio lavori (luglio 2024) ma, fino ad oggi, non abbiamo mai trovato esposta a chiare lettere la sua posizione sull’Opera più colossale del Millennio. Lei è favorevole o perplessa (certo non contraria…) al Ponte? Perché non ha mai apertamente dichiarato che cosa pensa a tal proposito? Il sospetto – ce lo conceda cara Presidente – è che ci sia, sotto sotto, una furbata colossale: lasciando la patata bollente in mano a Salvini avrà la possibilità – in caso di successo – di ascriverne i meriti al Governo, in caso di flop potrà indicare nel vicepremier il responsabile del fallimento. È perfida, come considerazione, lo sappiamo, ma glielo avremmo chiesto senza alcuna indulgenza, pretendendo una posizione chiara, una risposta che dia il segnale di una precisa presa di responsabilità sulla questione Ponte dello Stretto.

Ancora, a malincuore, abbiamo dovuto osservare, nelle tre e passa ore di incontro, che nessuno dei 45 giornalisti che hanno posto altrettante domande ha trovato di qualche interesse chiederle cosa intende fare il Governo per il Mezzogiorno, soprattutto alla luce dell’entrata in vigore della Zes unica, ma in particolar modo dopo l’assurda gabella ETS che condanna i porti italiani (e in particolar modo quello di Gioia Tauro che sta mostrando segnali di grande crescita). Ma il Sud non è materia d’interesse dei giornali e i media italiani, più che altro sono impegnati a riempire di gossip le proprie colonne o gli schermi, dimenticando che «se non riparte il Mezzogiorno non riparte l’Italia».

Tant’è, ma l’unico accenno al Sud ha riguardato il grande dolore della tragedia di Steccato di Cutro. Ma in una conferenza stampa di fine anno i lettori (per mezzo dei giornali e dei giornalisti) non vogliono sapere di (pur apprezzabili) sentimenti di sofferta condivisione del dolore, bensì amerebbero capire quali sono le intenzioni di un Governo che aumenta le tasse sui pannolini e pensa che chi guadagna 20mila euro al mese sia un riccone da spennare in tasse.

No, si è parlato di futilità e tutto ciò a suo vantaggio. Con questa opposizione e gran parte della stampa italiana che chiede, con timidezza, quali sono gli obiettivi primari non ha da temere nulla: altro che spettro della crisi, a Palazzo Chigi ci starà per decenni.  (s)

DOMANI RIPARTONO I SALDI IN CALABRIA
LE FAMIGLIE SPENDERANNO SUI 297 EURO

In Calabria saranno spesi 115 euro a persona per i saldi invernali, che prenderanno il via il 5 gennaio. È quanto ha rilevato Confcommercio Calabria, evidenziando come, invece, le famiglie calabresi spenderanno in media 297 euro.

Per il Direttore di Confcommercio Calabria, Maria Santagada: «Le stime per i saldi invernali 2023, elaborate dal nostro centro studi, evidenziano una tenuta della propensione al consumo dei calabresi. Dopo un anno complesso, in cui la moda ha contribuito in maniera determinante alla discesa dell’inflazione, i consumatori sono ancora interessati a fare acquisti».

«I saldi rappresentano un’opportunità imperdibile – ha evidenziato – per trovare nei negozi di moda un vasto assortimento di prodotti di qualità a prezzi vantaggiosi. Il fashion retail conferma il suo ruolo essenziale per il valore e la vitalità di vie, piazze e centri storici e come fatto già per gli acquisti di natale, anche in occasione dei saldi invitiamo i consumatori a fare i propri acquisti nei negozi delle nostre città che sono il cuore pulsante della nostra economia. Con il loro lavoro i negozi contribuiscono alla crescita economica e dell’occupazione della nostra regione».

«Sul piano normativo – aggiunge il Direttore Santagada – stiamo lavorando con Federmoda Nazionale e la Regione Calabria per una revisione del sistema dei saldi. Si tratta tuttavia di un processo lungo che esula dai ragionamenti su anticipo o posticipo delle date, ma un vero e proprio cambio di passo che rivoluzionerà gli sconti di fine stagione».

I saldi avranno una durata di 60 giorni dalla data di avvio, e le stime per questa nuova stagione di saldi sono positive con aumento del 5% delle vendite rispetto al 2022.

Per quel che riguarda la tipologia di prodotti acquistati, si confermano oggetto di interesse delle famiglie calabresi prevalentemente i capi di abbigliamento (+7% rispetto al 2022), le scarpe e gli accessori (+6%). Seguono i prodotti di elettronica, con un aumento del 5%, e i prodotti di casalinghi, con un aumento del 4%.

Per quel che riguarda la propensione agli acquisti, si è rilevato che la percentuale delle famiglie che aspetta gli sconti per effettuare i propri acquisti è superiore rispetto a quella che rimane indifferente ai saldi. L’inflazione infatti spinge i consumatori ad andare alla ricerca di occasioni per far fronte al crescente caro vita, che ha messo a dure prove le proprie finanze.

Con riferimento al tasso di sconto applicato, si prevede che oltre il 70% delle imprese applicherà in partenza un ribasso sugli articoli che va dal 30% ad oltre il 50%. Va poi aggiunto che sul volume degli acquisti incideranno anche le vendite promozionali che molte attività hanno effettuato durante il periodo natalizio.

Infine, per il corretto acquisto degli articoli in saldo, Confcommercio Calabria ricorda alcuni principi di base sui saldi:

Consigli per gli acquisti

  1. Cambi: la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (Art. 129 e ss. D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del Consumo). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato (art. 135 bis del D.Lgs. 206/2005 – Codice del Consumo). Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto. Per gli acquisti online i cambi o la rescissione del contratto sono sempre consentiti entro 14 giorni dalla ricezione del prodotto indipendentemente dalla presenza di difetti, fatta eccezione per i prodotti su misura o personalizzati (artt. 52 e ss. del D.Lgs. 206/2005 – Codice del Consumo).
  2. Prova dei capi: non c’è obbligo. È rimesso alla discrezionalità del negoziante.
  3. Pagamenti: le carte di credito devono essere accettate da parte del negoziante e vanno favoriti i pagamenti cashless.
  4. Prodotti in vendita: i capi che vengono proposti in saldo devono avere carattere stagionale o di moda ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo.
  5. Indicazione del prezzo: obbligo del negoziante di indicare il prezzo normale di vendita, lo sconto e, generalmente, il prezzo finale. In tutto il periodo dei saldi il prezzo iniziale sarà il prezzo più basso applicato alla generalità dei consumatori nei 30 giorni antecedenti l’inizio dei saldi (Art. 17 bis D.Lgs. 206/2005 – Codice del Consumo introdotto dal D.Lgs. n. 26/2023 di recepimento della Direttiva UE «Omnibus»). (rrm)

L’ECONOMIA IN CALABRIA VA BENE, MA
ANCORA TANTE CRITICITÀ DA SUPERARE

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Le imprese in Calabria producono e arricchiscono il territorio, ma sono tante, ancora, le criticità da superare. Nonostante ciò, i dati forniti dalla Camera di Commercio di Reggio e dalla Camera di Commercio di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia sono molto incoraggianti.

Per quanto riguarda i dati forniti dalla Camera di Commercio reggina – illustrati nel corso della Giornata della TrasparenzaNel 2022 il valore aggiunto prodotto nella Città metropolitana di Reggio Calabria, pari a 9,3 miliardi di euro, è cresciuto del +6,9% rispetto al 2021, variazione quest’ultima superiore alla crescita dell’intera regione e in linea con il dato nazionale. I progressi realizzati nel 2021 e nel 2022 hanno consentito di recuperare completamente le ingenti perdite occorse nel 2020.

Il reddito pro-capite si attesta a 18.020 euro (60,7% della media nazionale; +8,0% rispetto al 2019). Il sistema imprenditoriale, con  54.462 imprese registrate a fine 2022, rimane stabile rispetto al 2021 (stock delle imprese +0,5%), mentre gli ultimi dati congiunturali disponibili (III trim. 2023) evidenziano una flessione del -2,5% (pari al 30 settembre 2023 a 53.124). Diminuiscono nel 2022 le imprese giovanili (pari a 5.302 attive; -6,3% rispetto al 2021), mentre rimangono stabili le imprese femminili e straniere. 

«Nel 2022 è stato registrato ancora un trend generalmente positivo, ma che purtroppo non riesce a ridurre il gap che separa gli indicatori dell’economia reggina dai valori medi del paese Italia», ha dichiarato il Presidente Tramontana. Ancor di più, nel 2023 , si avvertono gli effetti negativi delle dinamiche macroeconomiche, condizionate dagli eventi bellici, della crescita dell’inflazione e dal peggioramento delle condizioni di finanziamento. Tutto questo evidenzia sempre più la necessità di definire per il nostro territorio progettualità atte a  migliorare la competitività delle nostre imprese, accrescendo anche la domanda di lavoro.

Il mercato del lavoro evidenzia una sostanziale stabilità con un numero di occupati nella Città metropolitana di Reggio Calabria sostanzialmente invariato, con solo un lieve incremento del 0,1% rispetto al 2021. Nonostante ciò, se guardiamo i dati in termini assoluti il numero di occupati ha recuperato i livelli pre-pandemici (sono stati circa 140.000 nel 2022, in linea con il dato nel 2019). Nel corso del 2022 il numero delle persone in cerca di un impiego nella Città metropolitana di Reggio Calabria si è sensibilmente ridotto (-20,2% rispetto al 2021), determinando una diminuzione del tasso di disoccupazione del territorio metropolitano nel 2022, con una decisa diminuzione di oltre 3 punti percentuali (pari al 14,0%) rispetto all’anno precedente, inferiore di un punto percentuale rispetto al dato medio regionale (+ 15%) ma ancora superiore al dato medio nazionale (+8,2%).

Il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 36,4% nella Città metropolitana, indicatore superiore sia al dato medio regionale (+34,8%), sia al dato medio nazionale (+23,7%). 

Le dinamiche legate all’erogazione di credito nel 2022 hanno registrato valori positivi (+1,5%), ma in deciso rallentamento rispetto alla crescita evidenziata nel 2020 e nel 2021, soprattutto con riferimento al credito alle imprese.

Continua ad essere positivo nel 2022 il trend del commercio estero; i beni esportati dalla Città metropolitana di Reggio Calabria, sono  pari a 325,5 milioni di euro (il 45,0% del valore esportato dalla regione). Anche il dato riferito al II trimestre 2023 (ultimo dato disponibile), conferma tale tendenza: al 30 giugno le esportazioni reggine sono pari al 49,7% del valore esportato dalla Regione; le vendite oltreconfine della Città metropolitana di Reggio Calabria riguardano principalmente tre settori: il settore della chimica (56,1% dell’export locale), il settore alimentare (31,1%) e il settore della meccanica (6,6%). 

Un ultimo dato significativo per l’economia reggina riguarda le dinamiche turistiche. Nel 2022 si registra a Reggio Calabria un aumento del numero di viaggiatori (+37,4% rispetto al 2021) il più elevato nel confronto con le altre realtà calabresi. Tale recupero è trainato dalla componente straniera (+160,0%) rispetto a quella italiana, comunque in aumento (+27,4%). In termini assoluti, i turisti che hanno visitato il territorio reggino sono circa 175 mila: 25 mila stranieri e oltre 149 mila italiani. 

Alla crescita del numero dei viaggiatori registrato nella Città metropolitana di Reggio  Calabria si associa un incremento del numero di pernottamenti nelle strutture ricettive della  provincia, passati dai 316 mila del 2021 ai 454 mila del 2022 (+43,8%), dato in crescita ma  ancora al disotto dei livelli del 2019.  

La permanenza media dei turisti nella Città metropolitana di Reggio Calabria è di 2,6 giorni  (sostanzialmente stabile rispetto al 2021); il dato è inferiore alla media nazionale (3,5 giorni)  e soprattutto alla media regionale (4,8 giorni).  

La graduatoria delle prime 20 province italiane per qualità alberghiera misurata come  incidenza degli alberghi a 4 e 5 stelle evidenzia come nel 2022 la Città metropolitana di  Reggio Calabria si posizioni al 13° posto in classifica con un indice pari a 38,3% seconda solo  a Crotone nel confronto regionale ma ampiamente al di sopra del dato medio nazionale pari  a 21,7%. 

Ottime prestazioni anche per le Province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia che, nel 2022, ha visto crescere l’indice di produzione di produzione di ricchezza pro capite di oltre 18,5 mila euro con una percentuale pari al 62,5%, in Calabria nello stesso periodo il valore si è attestato al 58,5%. I dati, emersi  dal report realizzato dalla Camera di Commercio di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia in collaborazione con il centro studi delle Camera di Commercio “Guglielmo Tagliacarne”, hanno evidenziato come le tre province hanno visto crescere il proprio valore aggiunto del +6,3%, con Vibo Valentia che ottiene il miglior risultato (+6,8%). Tra i principali settori di crescita si annoverano l’industria (+15,8%), le costruzioni (+10,1%) e il commercio, i trasporti, il turismo, informazione e comunicazione con una crescita del +10%.

Positivo nel 2023 anche il saldo tra nuove iscrizioni e cessazioni, nell’ottobre del 2023 si registra un + 0,3%, in Italia il saldo di imprese attive è risultato negativo (-1,1%). In particolare, i valori positivi riguardano l’imprenditoria femminile (+0,4%) e straniere (+1,6%). Nel terzo trimestre 2023 l’export nelle tre province è aumentato del 22,3%.

Per quel che riguarda il mercato del lavoro, nel 2022 si è registrato un lieve miglioramento degli indici occupazionali (+2,8% rispetto al 2021) con Catanzaro e Vibo Valentia a fare da traino (rispettivamente +1,3% e +13,3%) mentre la provincia di Crotone con un andamento negativo (-3,4%). I principali settori in cui si è assistito ad un maggiore incremento occupazionale sono stati l’industria, le costruzioni e altri servizi. 

In conclusione, resistono ancora fattori strutturali che influenzano negativamente l’economia delle tre province – secondo quanto riferito dal responsabile del centro studi – ma per il 2023 il sentiment delle imprese è rimasto favorevole per il 42,5% di quelle intervistate e stazionario per il 41,2%. Un quadro di incertezza resta, invece, per il 2024, circa un quarto delle imprese mostra preoccupazione.

«La presentazione del primo report economico ad un anno dalla costituzione della nuova Camera di Commercio vuol rappresentare un punto di partenza e uno spunto di riflessione per individuare le aree di intervento e favorire una crescita del tessuto economico e produttivo» ha dichiarato il presidente della Camera di Commercio Pietro Falbo.

«Emergono però già da questo rapporto alcuni dati che confermano la tenuta dei tre territori – ha concluso – da un punto di vista socio-economico seppur in un contesto nazionale e internazionale di forte crisi. La Camera di Commercio ha già programmato e intende perseguire una serie di azioni per sostenere le imprese, nell’internazionalizzazione ma soprattutto nella doppia transizione ecologica e digitale, fattori che insieme determineranno un miglioramento della competitività delle imprese sui mercati». (ams)

 

DALLA NOTTE SHOW DI CROTONE RIPARTE
L’IMMAGINE BELLA DELLA VERA CALABRIA

di SANTO STRATI – Non bisogna sottovalutare l’impatto mediatico che l’addio al 2023 e il saluto al nuovo anno da Crotone, via Rai, porterà in termini di immagine e reputazione. È stata una scelta intelligente questa del Presidente Occhiuto  (e nessuno, per favore chieda cosa è costata) che ha lanciato nell’universo mediatico non solo la bella cittadina della Jonio, già patria di Pitagora e fulgida testimonianza della civiltà magnogreca, ma tutta la regione.

La Calabria deve recuperare la sua reputazione macchiata da pregiudizi e stupidi preconcetti che i media nazionali e internazionali le hanno riversato addosso da tempo immemorabile. La Calabria, all’estero, fino a una decina di anni fa, suscitava una sgraditissima domanda: “mafia?”. Ma la mafia, la ‘ndrangheta non è solo in Calabria e quindi c’è già un difetto di attribuzione certamente non piacevole. La Calabria, i calabresi, sono ben altra cosa.

Esprimono sentimenti di fraternità e di accoglienza che non trovano eguali, sono generosi, appassionati e innamorati persi della propria terra. Costretti da una crudele diaspora a lasciare la terra amata in cerca di lavoro e della possibilità di costruirsi un futuro. All’inizio dello scorso secolo partivano i capi famiglia verso le Americhe, con povere cose, qualche valigia di cartone, tanti fagotti e il cuore a pezzi, ma con la segreta speranza di poter emergere, garantire il pane alla famiglia lontana e magari farsi raggiungere dai familiari. Senza per questo dimenticare le origini e l’amore unico per una terra matrigna, amatissima che, però, lascia andar via i suoi figli.

Lo scenario è cambiato, ma in peggio. Adesso vanno via i giovani, in gran parte laureati e formati nelle nostre Università d’eccellenza che cercano – senza trovare – opportunità di impiego, per offrire alla Calabria le proprie capacità, competenze e intuito, che altri, in tutto il mondo, furbescamente valutano subito e mettono a profitto, senza avere investito un soldo per la formazione. AiI nostri giovani – lo diciamo da sempre – abbiamo rubato il futuro, è ora di cominciare a restituirglielo, offrendo occasioni di occupazione e lavoro nella propria terra. Dove ci sono gli odori e i sapori che hanno accompagnato la loro crescita, dove ci sono amici, genitori, parenti, affetti.

Perché non possono lavorare dove sono nati i giovani calabresi? A questa domanda deve rispondere la nostra classe politica locale che, se solo sfogliasse le pagine del nostro libro-memoria del 2023, troverebbe gli argomenti che richiedono non più vaghe promesse ma impegni precisi.

Il bilancio di un anno che se ne va comporta, generalmente, qualche rimpianto e molta rabbia per le cose non fatte, per impossibilità materiale (in primo luogo per la mancanza di un lavoro stabile, con uno stipendio decoroso e adeguato) o per colpevole trascuranza di chi governa: amministratori pubblici, nazionali, regionali, locali. I sindaci, per la verità, hanno fatto tantissimo e continuano ogni giorno a mediare con le forze politiche le necessità del territorio (chi meglio di loro lo conosce e sa di cosa c’è bisogno?), trovando spesso poca udienza o addirittura insofferenza.

Il 2024 richiede allora l’impegno di tutti perché questo stato di cose trovi la via del cambiamento: non servono rivoluzioni, ma decise prese di posizione a sostegno degli amministratori locali che hanno veramente a cuore il futuro dei giovani dei loro borghi, città, capoluoghi. Ci vuole un impegno comune e, diciamolo senza riserve, anche trasversale, dove non si guardi all’interesse partitico o delle proprie “parrocchie politiche”, bensì si punti al raggiungimento del bene comune.

La Calabria ha i numeri per ritagliarsi un ruolo da protagonista in questo nascente 2024, per una serie di motivi: prima di tutto perché ci sono le risorse finanziarie (i soldi del PNRR vanno spesi presto e bene) e c’è la sua posizione, unica e straordinariamente strategica, nel Mediterraneo. Il mare nostrum è diventato di interesse primario nello scenario geopolitico di un mondo sempre più bellicoso e litigioso. Il Mediterraneo rappresenta il futuro del Continente europeo e diventa l’elemento coagulante del grande (utopico) progetto di una sorta di Stati Uniti d’Europa.

La Calabria non più Sud del Sud, ma volano di innovazione e di tecnologia. La ricerca scientifica, la genialità dei nostri ingegneri, le competenze nell’intelligenza artificiale (L’Unical è un faro per tutto il mondo in questo campo), sono le chiavi che aprono, anzi spalancano le porte del mondo. Bisogna crederci e non fare sconti agli incantatori di serpenti o ai no-a-tutto che non vogliono progresso e sviluppo per questa terra. Sembra buffo che sia un milanese (Salvini) a scommettere sul Ponte il suo futuro politico, ma non dimentichiamoci che la Cassa per il Mezzogiorno (quella vera che ha fatto rinascere il Sud) l’hanno voluta visionari settentrionali. E la storia, spesso, si ripete. Buon 2024. ν