ZES UNICA, LA RIFORMA VOLUTA DA FITTO
HA PORTATO RISULTATI SODDISFACENTI

di ERCOLE INCALZA – «Abbiamo rilasciato 571 autorizzazioni uniche che attivano investimenti per 10 miliardi di euro e creano 10 mila nuovi posti di lavoro». È quanto ha detto Giosy Romano, Coordinatore della Zona Economica Speciale Unica, alla Fiera dell’Industria di Hannover, una delle più importanti al mondo, a promuovere la Zes Unica. 

«Qui nell’incontro di Hannover abbiamo partecipato a diversi incontri e abbiamo potuto verificare che gli imprenditori stranieri con cui abbiamo dialogato si sono mostrati sorpresi dei vantaggi offerti dalla autorizzazione unica che riusciamo a rilasciare in 30 giorni. Questa è la vera rivoluzione della Zes Una innovazione che sta trasformando il panorama degli investimenti in Italia e costituisce un esempio semplificativo di semplificazione e rapidità nei processi amministrativi».

Queste due dichiarazioni non solo testimoniano la rilevanza del successo della Zes Unica ma, al tempo stesso, dimostrano quanto sia stato utile e innovativa la riforma portata avanti dall’ex Ministro Raffaele Fitto. Una riforma che giustamente viene ulteriormente valorizzata da Giosy Romano in quanto ha vissuto prima da Commissario la esperienza di una delle 8 Zes. Ritengo però doveroso ricordare oggi dopo questo grande e misurabile successo ricordare il danno prodotto in passato da una norma assurda come quella delle otto Zes.

Nel 2022, in un mio articolo, avevo ribadito che, dopo sei anni dal varo del Decreto Legge sulle otto Zes, il provvedimento si era trasformato in un inutile strumento: di circa 600 milioni previsti dalla norma erano stati attivati appena 30 milioni di euro. Ricordai anche che il fallimento della norma era da riscontrarsi non nell’operato dei Commissari ma in almeno quattro fattori: La limitata disponibilità delle risorse (circa 600 milioni di euro; Il numero rilevante di siti (solo in Sicilia entro il 2021 si sarebbero dovute istituire e rese operative due Zes, per un totale di 5.118 ettari in 43 aree dichiarate idonee dalla apposita Commissione di valutazione. Cioè nella sola Sicilia erano state identificate ben 43 aree elette a Zes, in tutta la Unione Europea le aree elette a ZES erano solo 91. La mancata interazione tra distinte realtà territoriali del Mezzogiorno, cioè l’assurdo isolamento tra distinti Hub logistici (porti della Calabria non interagenti con porti della Puglia, ecc.); Il lungo iter istruttorio soprattutto da parte degli Enti locali.

La miopia dei promotori istituzionali del richiamato Decreto Legge e la incapacità dei Governi Conte 1 e Conte 2 nell’aggravare con norme correttive la stessa norma iniziale, hanno praticamente fatto lavorare tantissimo i vari Commissari per tentare, in tutti i modi, di dare concreta attuazione al provvedimento ma, per la serie di negatività prima riportate, il loro apprezzabile impegno era rimasto all’interno di un dettagliato quadro programmatico, all’interno di una misurabile prospettazione di potenzialità e di interessi imprenditoriali ma non aveva prodotto nulla, non aveva in nessun modo incrementato il Pil.

Ed allora la soluzione prodotta dall’allora Ministro Raffale Fitto con la Zes Unica ha praticamente posto la parola fine ad un tragico fallimento dei Governi che, dal giugno del 2017 (data ripeto del varo del Decreto Legge 91 istitutivo delle otto Zes), si erano succeduti.

Ma proprio perché oggi siamo in possesso di un dato: «10 miliardi di euro e 10 mila nuovi posti di lavoro», non possiamo non stigmatizzare la rilevanza del danno prodotto dall’azione, soprattutto, dei Governi Conte 1 e Conte 2 e, in parte, anche Draghi che, per quasi quattro anni, hanno reso inutile un provvedimento che se rivisitato solo formalmente, sì anche senza un adeguato supporto finanziario, avrebbe quanto meno reso possibile l’attivazione di un volano di risorse di 600 milioni di euro.

Ho voluto ricordare questo fallimento, ho voluto denunciare questo danno perché, spesso, mi meraviglio della assenza di una adeguata e documentata denuncia da parte dell’attuale maggioranza parlamentare. Mi meraviglia, infatti, il sistematico attacco del responsabile del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte all’operato dell’attuale Governo, un attacco che non trova una immediata risposta sulle gravi responsabilità generate dalla imperdonabile incapacità gestionale proprio dei suoi due passati Governi.

Dove erano sia Giuseppe Conte che i vari Ministri del Movimento 5 Stelle quando gli stessi Commissari, preposti alla gestione delle varie Zes, prospettavano proposte di rivisitazione della norma e come giustificano oggi il danno all’erario provocato proprio dalla loro incapacità?

La Corte dei Conti spero affronti queste diffuse responsabilità di uno schieramento che, come ho avuto modo di ricordare in passato, ha accumulato rilevanti danni alla crescita del Paese. (ei)

COMUNALI, IL “RISVEGLIO” SOCIALISTA
E L’INSUSSISTENZA DI TUTTI I PARTITI

di MASSIMO CLAUSI – Il Pd riesce a perdere anche quando vince il centrosinistra. Può sembrare un paradosso ma, come diceva qualcuno, il paradosso è una mezza verità o una verità e mezza. Soprattutto in provincia di Cosenza il Pd esce con le ossa rotta da questa competizione elettorale in cui ha completamente sbagliato strategia. Soprattutto a Rende che non è un paesino sperduto della Calabria ma uno dei suoi principali motori economici, ha adottato una tecnica kamikaze.

Si è opposto alla candidatura di Sandro Principe, che come prevedibile ha stravinto, per poi nemmeno presentare la lista col simbolo. Le ragioni sono imperscrutabili ai più. Balbettate in nome di un giacobinismo che non regge visto che sono finiti per allearsi con un candidato diretta espressione dell’ex giunta Manna. Il risultato? Arrivare terzi.

Tecnica kamikaze del Pd

Una responsabilità che pesa tutte sulle spalle del capogruppo regionale Mimmo Bevacqua e dell’altro consigliere regionale Franco Iacucci, ma anche di altri dirigenti di lungo corso come Nicola Adamo e Carlo Guccione che in una riunione del circolo “Zuccarelli” di Cosenza hanno sparato ad alzo zero contro i Socialisti che hanno sostenuto Principe, arrivando a ventilare una crisi a Cosenza. In tutto questo l’ormai uscente segretario di Federazione, Vittorio Pecoraro, era bellamente in vacanza in Brasile.

Allora a questo errore ne sono seguiti altri come il mancato sostegno a Roberto Perrotta a Paola, a Giuseppe Aieta a Cetraro. Adesso le cose per il Pd cosentino si complicano perché in marzo si voterà per la Provincia e i Socialisti hanno tutto il diritto di alzare la voce governando anche Cosenza.

E che dire di Isola Capo Rizzuto? Mariagrazia Vittemberga è sindaco uscente che aveva ben operato. Da civica aveva deciso di iscriversi al Pd, ma al momento del voto i dem hanno deciso di non sostenerla. Lei non si è persa d’animo ed ha rispolverato il suo civismo che l’ha portata alla mancata vittoria per un soffio al primo turno. Il candidato del Pd, Pino Filici, invece non è riuscito ad arrivare al 10%.

Lamezia, Bevilacqua preso sottogamba

Anche a Lamezia Terme solo la determinazione di Doris Lo Moro è riuscita a tenere unito il campo del centrosinistra, ma anche sull’ex magistrato si erano registrati i soliti veti incrociati. Adesso si aprirà la lotteria del ballottaggio in cui l’ex parlamentare sembra avvantaggiata sul competitor Mario Murone, ma solo per la lotta fratricida del centrodestra che ha affrontato con troppa leggerezza il “caso” Gianpaolo Bevilacqua, che da solo, in nome del popolo, è riuscito ad arrivare al 24%.

Sui territori il centrodestra non esiste

A proposito del centrodestra, si conferma quanto intuito sin dalle battute iniziali di questa campagna elettorale. Sui territori semplicemente non esiste. SI può consolare solo con la performance di Gianpaolo Iacobini a Cassano all’Ionio che ha vinto al primo turno, determinando la fine dell’era Papasso. Qui i Socialisti non hanno attecchito, ma il merito è dell’assessore regionale Gianluca Gallo, recordman di preferenze alle regionali è già sindaco della città delle Terme. Gallo può ritenersi soddisfatto di questo successo personale, non così per l’altro ruolo che ricopre ovvero quello di coordinatore provinciale di Forza Italia.

A Rende già sono partite le accuse reciproche di poco impegno, ma il dato è che il centrodestra non sfonda da nessuna parte. Un brutto segnale per le regionali che si terranno fra poco più di un anno e mezzo. In fondo sono i sindaci i grandi portatori di voti e la chiave per vincere le regionali. (mc)

[Courtesy LaCNews24]

LA CRISI PROFONDA DEI PICCOLI CENTRI
NELL’APPARENTE NORMALITÀ DEL VOTO

Il turno delle elezioni amministrative 2025 si è chiuso, ma senza clamori e senza nemmeno tante aspettative. Ma dietro l’apparente normalità delle urne si nasconde una delle più gravi crisi strutturali che attraversano l’Italia: quella dei Comuni, in particolare quelli del Sud e della Calabria, sempre più poveri, svuotati e soli. Non si tratta solo di un problema di risorse. È in crisi l’intera architettura istituzionale e organizzativa degli enti locali, ridotti spesso a gusci vuoti, senza personale qualificato, senza strategia nazionale, senza voce.

Secondo l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani), oltre il 70% dei Comuni italiani ha meno di 5.000 abitanti. E molti di questi, soprattutto al Sud, sono in una condizione definita tecnicamente “strutturale di squilibrio”. Non riescono a chiudere i bilanci, sono sotto piani di rientro pluriennali, hanno difficoltà perfino a compilare le relazioni obbligatorie sui conti pubblici.

L’assenza cronica di personale – in particolare dirigenti amministrativi e tecnici – ha reso in molti casi impossibile anche partecipare ai bandi del Pnrr o gestire i fondi europei. In alcune realtà calabresi, lucane e siciliane, interi settori degli uffici comunali risultano scoperti. Senza un ingegnere, un ragioniere, un tecnico dell’ambiente, è impossibile progettare o anche solo far partire opere pubbliche.

Il caso della Calabria è emblematico. Secondo stime dell’Istat e dell’Università della Calabria, la regione potrebbe perdere tra i 390.000 e i 500.000 abitanti nei prossimi trent’anni. Si tratta di una vera e propria emorragia demografica che rischia di desertificare intere aree interne.

Borghi storici si stanno spegnendo nel silenzio generale, le scuole chiudono per mancanza di alunni, le attività economiche scompaiono. L’età media si alza, mentre i giovani che restano sono spesso disoccupati o inoccupabili, e quelli che vanno via non tornano.

Senza parlare della sanità ormai al collasso, mentre i pronto soccorso sono spesso al collasso e la medicina d’urgenza non garantisce certezze. Ma la questione sanità riguarda tutto il paese, tanto che il Ssn è vicino al collasso. La privatizzazione della sanità è già nei fatti, in violazione di Costituzione, considerato che lo Stato deve garantire le cure a tutti, nessuno escluso. Ma questo sta diventando sempre una favola, mentre i governi di turno passano da un trionfalismo all’altro, negando la verità ai cittadini, occultando le gravissime difficoltà che sta scontando il sistema sanitario nazionale.

Questa “fuga dal Sud” non è solo un fenomeno sociologico. È un fattore di dissesto politico, economico e amministrativo. Un Comune senza cittadini, senza risorse, senza personale, semplicemente non funziona. Ma il problema, per ora, resta periferico anche nel dibattito politico nazionale.

Il Pnrr avrebbe potuto essere una leva per invertire la rotta. Ma senza una cabina di regia dedicata ai Comuni e senza un massiccio piano straordinario per il reclutamento del personale negli enti locali, molte risorse rischiano di andare sprecate o di non essere nemmeno richieste.

Nel 2023 il governo ha varato un “Piano per la coesione”, destinando fondi ai Comuni in difficoltà. Ma si è trattato per lo più di interventi a pioggia, privi di un coordinamento reale, e incapaci di incidere sulle cause strutturali del problema. L’Anci stessa denuncia da anni l’assenza di una visione strategica sul ruolo dei Comuni nel governo del Paese.

Il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie ha annunciato tempo fa nuove misure per incentivare l’assunzione di giovani funzionari negli enti locali del Mezzogiorno, ma i bandi vanno deserti, e nei piccoli centri mancano spesso perfino le condizioni minime per accogliere i nuovi dipendenti pubblici.

Nel silenzio dei riflettori e con una partecipazione elettorale sempre più bassa, i Comuni italiani stanno affrontando una crisi esistenziale. In particolare quelli del Sud, come in Calabria, stanno vivendo una lenta agonia che rischia di portare con sé l’intera tenuta democratica del Paese. Perché la Repubblica, lo dice la Costituzione, è fondata sui Comuni. Ma quando i Comuni muoiono, che ne è della Repubblica?

Serve una nuova stagione di riforme, coraggiosa e concreta, che metta al centro il presidio locale come garanzia di diritti, servizi, cittadinanza. Altrimenti, tra trent’anni, l’Italia rischia di svegliarsi con intere province fantasma, senza scuole, senza ospedali, senza democrazia(Con il contributo esterno di Francesco Vilotta, Ernesto Mastroianni, Bruno Mirante)

[CourtesyLaCNews24]

VERSO I REFERENDUM DELL’8-9 GIUGNO
LE RAGIONI DEL SÌ A TUTELA DEL LAVORO

di MASSIMO COGLIANDRO – I cinque Referendum di giorno 8 e 9 giugno servono a restituire maggiore dignità, giustizia ed equità a quattordici milioni di lavoratori! Personalmente credo nella battaglia non politica ma sindacale intrapresa, giustamente, dalla Cgil! Sommariamente ed in forma asettica vi dico che: il primo referendum chiede ai cittadini di restituire al  giudice del lavoro la facoltà di reintegrare il lavoratore ingiustamente licenziato! Facoltà, che il Job Act gli aveva tolto!

Il secondo chiede ai cittadini di restituire, sempre alla magistratura la facoltà di quantificare il risarcimento per aver ingiustificatamente licenziato un lavoratore, a prescindere dalla grandezza dell’impresa in cui lavora e quindi in ragione del danno patito dal lavoratore; il terzo chiede ai cittadini di ripristinare l’obbligo di dare sempre una motivazione ai contratti a tempo determinato. Questa circostanza permette più tutele ai lavoratori ed è un freno all’abuso di questo tipo di contratti che rendono più precario il mondo del lavoro. Questo tipo di contratto aumenta la precarietà e quindi aumenta la denatalità anche perché colpisce solo i lavoratori giovani perché si applica alle assunzioni dal 2015 in poi; il quarto referendum tende a portare l’attenzione del Governo e del Parlamento, alla situazione relativa i sub appalti nei lavori privati e pubblici. In quei casi, veri gineprai, le imprese guadagnano, spesso, negando i diritti alla sicurezza dei lavoratori quindi votare per un ampliamento della responsabilità permetterà di far tornare qualche operaio in più a casa ed avere meno feriti sul lavoro! Il quinto ed ultimo Referendum chiede ai cittadini di dimezzare da 10 a 5 anni il tempo di attesa per intraprendere la pratica di cittadinanza che poi durerà altri 2 o 3 anni.

Quest’ultimo Referendum riguarda me e specie tutti i pensionati ed imminenti tali! Infatti, come pensionati, siamo direttamente interessati alle vicende dei cittadini extracomunitari che vogliono prendere la nostra cittadinanza perché è nostro interesse ampliare e stabilizzare la maggiore quantità di persone che paghino le tasse, specie quelle contributive! Infatti dei recenti studi universitari denunziano l’imminente maggiore difficoltà, nei prossimi 5/10 anni, da parte dello Stato, di far fronte a tale onere a causa della denatalità.

Questo comporterà per forza almeno un ulteriore innalzamento dell’età pensionabile. Quindi è nostra convenienza allargare la platea dei cittadini italiani che possono fare fronte a ciò e che hanno un indice di natalità superiore. È anche nostro interesse, sempre per lo stesso motivo, diminuire la denatalità  restituendo ai giovani l possibilità di progettare una futuro ove possano fare famiglia, casa e specialmente figli portando quindi al minimo possibile i contratti a tempo determinato, ovvero accettandoli solo per giustificate cause!

Purtroppo le motivazione dei Referendum sono state confuse e macchiate sia dalla quasi inesistenza di attenzione dei media nazionali, sia da dialoghi politici che non avevano motivo di esistere e che li hanno farciti di argomentazioni che nulla hanno a che vedere con le azioni propositive! A tutto ciò si somma l’esternazione del presidente del Senato, Ignazio la Russa, che, verosimilmente, giorno 9 maggio 2025, avrebbe pubblicamente, in Senato, esortato a non esercitare il diritto di voto! Questa notizia sulla quale lo stesso è tornato ad effettuare dichiarazioni dal palco organizzato dal suo partito a Firenze il 9 e 10 maggio 2025 “Spazio Cultura – Tutto Per L’Italia” è stata confermata ed un po’ edulcorata mantenendo il concetto di base! Queste ultime dichiarazioni rimarcano e non smentiscono il concetto! Ma si dà il caso che il Presidente la Russa dovrebbe ricordare che l’Art. 98 D.P.R 30 marzo 1957, n. 361 – Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, Vigente al  23-5-2025, estrapolato dal sito “Normattiva” recita: “Il pubblico ufficiale, l’incaricato di un pubblico servizio, l’esercente di un servizio di pubblica necessità, il ministro di qualsiasi culto, chiunque investito di un pubblico potere o funzione civile o militare, abusando delle proprie attribuzioni e nell’esercizio di esse, si adopera a costringere gli elettori a firmare una dichiarazione di presentazione di candidati od a vincolare i suffragi degli elettori a favore od in pregiudizio di determinate liste o di determinati candidati o ad indurli all’astensione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 3000 a lire 20.000”.

Non solo, l’art 54 della Costituzione aggrava la sua posizione etica perché recita: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. Non sono un giurista per dire che ciò che accaduto costituisca reato, ma di certo mi aspetterei, dalla seconda carica dello Stato, un comportamento più devoto al ruolo rivestito, invece che all’ideologia che insegue. Tutto ciò porta la discussione in caciara politica. L’intervistatore addirittura arriva a confondere che il PD sia promotore del Referendum avendo egli stesso approvato la legge all’epoca! Ovvero non fa differenza tra PD e CGIL!

Quindi in questa nebbia, che si è addensata sopra i referendum, si rischia di perdere d’occhio tutte le vere ragioni che hanno spinto la CIGL a proporli. Rammento che si oppose subito al Jobs Act di Renzi, che rammento a tutti era segretario del PD, ovvero alla Legge Delega 183/2014, con manifestazioni di piazza e dichiarazioni dei propri dirigenti sindacali nazionali! Quindi sono assolutamente corrette le intenzioni del sindacato che vuole mettere sullo stesso piano tutti i lavoratori, sia delle imprese piccole che di quelle grandi, rimandando le decisioni, sulle soglie dei rimborsi, a seguito dei soli licenziamenti ingiusti, al buon senso decisionale della magistratura. I Referendum, se passassero, permetterebbero al giudice anche la possibilità d reintegrare il lavoratore ingiustamente licenziato!

Quindi quel giorno mi recherò alle urne con la mia famiglia e voteremo 5 SI perché è giusto e conveniente per me, per i nostri figli e nipoti!

È ora di votare 5 SI e cambiare l’Italia! λ

[Massimo Cogliandro

è Responsabile del Partito del Sud per la città Metropolitana di Reggio Calabria]

LA CALABRIA È “ASSETATA” DI FUTURO
QUANDO L’ACQUA DIVENTA UN MIRAGGIO

di BRUNO GUALTIERIQuest’anno ho perso il 70% del raccolto. I miei pomodori sono morti di sete mentre aspettavo che l’acqua promessa arrivasse nei canali. Le mie tre generazioni di fatica stanno svanendo nel nulla». Le parole di Antonio Macrì, agricoltore di Isola Capo Rizzuto, raccontano la drammatica realtà quotidiana di chi vive sulla propria pelle la crisi idrica calabrese.

Da sempre l’acqua è elemento vitale nella storia della Calabria: ha modellato paesaggi, sostenuto economie e nutrito comunità. Oggi questo elemento essenziale sta diventando una risorsa sempre più rara.

La grande sete: dove la burocrazia scorre più abbondante dell’acqua

Oggi portiamo alla luce un’altra problematica, che incide sulla buona fede degli agricoltori, che vengono sistematicamente penalizzati da una burocrazia regionale, che perpetua una narrazione illusoria. Una “favola” rassicurante quanto pericolosa, che serve solo a prendere tempo, mentre la crisi idrica si aggrava, generando pesanti ricadute sociali.

La favoletta dell’acqua: promesse che evaporano più velocemente dei bacini idrici

Il 2 maggio 2025, gli agricoltori della Sila Piccola cosentina hanno incontrato l’Assessore all’Agricoltura Gianluca Gallo presso la Cittadella Regionale, che ha annunciato la disponibilità dei dirigenti regionali a risolvere le criticità segnalate. Va riconosciuto il merito al Commissario del Consorzio di Bonifica Unico della Calabria Giacomo Giovinazzo, che sta portando avanti un importante lavoro di riorganizzazione. Anche il Dirigente Generale del Dipartimento Ambiente Salvatore Siviglia si è impegnato concretamente a ricevere gli agricoltori presso gli uffici di Cosenza per sbloccare le pratiche relative alle concessioni idriche.

Tuttavia, è paradossale che il Dipartimento Ambiente, invece di affrontare alla radice la questione, continui a ignorare la normativa vigente — violata esclusivamente dalla nostra Regione.

«Il monitoraggio non è un’opzione, è un obbligo di legge e una necessità vitale per il territorio», afferma il prof. Marco Santini, idrogeologo dell’Università della Calabria. «Senza dati, ogni decisione sulla gestione idrica è come guidare bendati su una strada di montagna».

La Calabria è l’unica regione d’Italia senza un sistema attivo di monitoraggio delle risorse idriche

Eppure, tale monitoraggio è imprescindibile per la redazione del Piano di Tutela delle Acque (PTA), come stabilito dal Testo Unico Ambientale. Il PTA rappresenta lo strumento cardine per la pianificazione della protezione dei corpi idrici, assicurandone la qualità e promuovendone un uso sostenibile.

L’arte di navigare a vista: quando i piani sono un “optional” e il disastro un appuntamento fisso

L’assenza di questo strumento configura un vuoto tecnico e politico di eccezionale gravità. Senza monitoraggio è impossibile valutare lo stato delle acque e si alimenta un’anarchia negli investimenti. Si investe alla cieca, ignorando il principio di precauzione, con danni irreversibili agli ecosistemi idrici.

Navigare a vista significa rilasciare concessioni senza sapere quanta acqua sia effettivamente disponibile, rischiando di compromettere gli equilibri idrogeologici del territorio.

I fenomeni già in atto: quando l’acqua scompare

Il disastro ambientale è già in atto, con due processi emblematici: l’intrusione salina e la desertificazione.

L’intrusione salina: quando si preleva più acqua di quanta se ne rigeneri, la pressione del mare avanza nei corpi idrici costieri, sostituendo l’acqua dolce con acqua salata. Le conseguenze sono devastanti: pozzi inutilizzabili, falde non potabili, terreni danneggiati, colture impossibili, biodiversità compromessa.

In alcuni comprensori del basso Ionio, questo fenomeno è già realtà. Le rilevazioni indicano un’avanzata del cuneo salino fino a 8 km dalla costa in alcune aree della piana di Sibari, con concentrazioni di cloruri nei pozzi aumentate del 300% negli ultimi dieci anni.

La desertificazione: la mancanza di dati impedisce di contrastare fenomeni gravi. Se a valle delle derivazioni non arriva acqua sufficiente, gli ecosistemi si modificano, i suoli si impoveriscono, la biodiversità si riduce e con essa la capacità produttiva. Un’agricoltura senz’acqua è destinata a morire, e con essa parte dell’economia e cultura calabrese. Il fenomeno si aggrava con i cambiamenti climatici e la siccità crescente.

Il legame con i cambiamenti climatici: una tempesta perfetta

L’emergenza idrica calabrese si inserisce nel contesto dei cambiamenti climatici globali. I dati regionali mostrano: Aumento delle temperature medie di 1,2°C rispetto al periodo 1960-1990; Diminuzione delle precipitazioni del 30% con eventi concentrati; Riduzione del 40% della neve invernale sui rilievi; Aumento del 70% dei giorni di siccità consecutivi in estate.

Questi fenomeni, con una gestione inadeguata, stanno creando una “tempesta perfetta” che minaccia l’intero sistema idrico regionale.

Il conto dell’acqua: quando i numeri servono più delle chiacchiere

Senza dati, senza una fotografia chiara delle risorse idriche, ogni tentativo di pianificazione è vano. È urgente dotare la Calabria di un bilancio idrico regionale trasparente: uno strumento tecnico e politico che orienti le scelte, stabilisca priorità e tuteli gli interessi collettivi.

Questa urgenza si fa ancora più pressante alla luce delle imminenti scadenze trentennali delle concessioni per l’uso idroelettrico. Sarà inevitabile ridefinire con chiarezza le priorità d’uso della risorsa idrica: prima il fabbisogno umano, poi l’agricoltura, quindi l’industria, e solo in ultima istanza la produzione energetica. L’energia può aspettare. Prima vengono i diritti dei calabresi, la salute dei territori e la sostenibilità delle generazioni future.

Una scelta di civiltà, non solo tecnica

Gestire l’acqua non è solo una questione tecnica: è una scelta di civiltà. In fondo, si tratta di decidere se vogliamo una Calabria fertile, viva e abitata… o se preferiamo una versione deluxe del deserto, magari con qualche cartello ‘vendesi’ e un po’ di nostalgia. L’acqua è vita, il resto sono chiacchiere da convegno.  (bg)

[Bruno Gualtieri è già Commissario Straordinario dell’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria (ARRICAL)]

SCREENING E PREVENZIONE, LA CALABRIA
È ANCORA INDIETRO: L’ALLARME DELLA UIL

di MARIAELENA SENESE, FRANCESCO DE BIASE E ANNA COMI – Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Screening (ONS), la Calabria è allultimo posto nella prevenzione. Almeno per quanto riguarda i dati relativi al 2023 consultabili nell’ultimo report nazionale pubblicato in ordine di tempo. I programmi di screening oncologico attivi in Italia, e quindi anche nella nostra regione,  riguardano la prevenzione secondaria del tumore della mammella, del tumore del colon-retto e del tumore della cervice uterina.

Tuttavia, esistono da regione a regione delle differenze, soprattutto nella percentuale di popolazione avente diritto che aderisce.

In Calabria spicca, per numero più alto in percentuale,  la provincia di  Reggio Calabria per la quale abbiamo, nel dettaglio, i dati relativi al  primo semestre del 2024 pubblicati dalla stessa Asp.

L’Asp della città in riva allo Stretto dichiara nel proprio bilancio che, rispetto allo screening mammografico,  su 36.120 donne target di riferimento, (quindi con un età compresa tra i 50 e i 69 anni) sono stati effettuati 2.077 screening di primo livello pari al 5,75%. Rispetto allo screening del colon-retto (sempre in riferimento al primo semestre 2024) su una popolazione target di 70892, che comprende sia donne che uomini tra i 50 e i 69 anni, gli screening di primo livello effettuati sono 1756 pari al 2,5%.

Per quanto riguarda lo screening del collo dell’utero, il target di riferimento sono le donne tra i 30 e i 64 anni. Ebbene su 27.871 donne solo 2407 hanno effettuato lo screening pari a 8,6%.

Come riporta la relazione stessa, nella seconda parte del 2024 ci si aspetta un ulteriore miglioramento dei dati grazie a numerose iniziative volte alla sensibilizzazione dei cittadini.

L’ Asp di Catanzaro, nell’ultimo bilancio pubblicato, si limita a riportare la classificazione di Agenas (l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) la quale le conferisce il colore giallo, cioè una valutazione media, nell’ambito della prevenzione. Secondo i dati  riportati proprio dalla stessa Agenas, Catanzaro raggiunge nel 2023 il 5,52% di screening mammografico, il 16,5% di screening alla cervice e il 2,5% di screening del colon retto. L’Asp di Cosenza dichiara, sempre sulla relazione relativa all’ultimo bilancio, che continua la campagna screening iniziata negli anni precedenti è che, in relazione al tumore della mammella ha attivato una convenzione con l’Associazione Komen Italia che ha permesso di eseguire 2500 screening inserite sulla banca dati del servizio screening.

Per il cancro al colon si limita a scrivere di aver distribuito i kit per la ricerca del sangue occulto presso le AFT pubbliche e che l’esame colposcopico (quello relativo al collo dell’utero) viene effettuato negli ambulatori ginecologici  e nei poliambulatori.

A  Vibo Valentia (dove a inizio anno erano state sospese le visite per un guasto al macchinario,  poi riprese a metà febbraio) le mammografie effettuate presso l’ospedale, nel 2024, sono state 3500.

Sugli screening non sono noti i dati dall’ Asp di Crotone neanche sull’ultimo bilancio pubblicato.

Riassumendo i numeri del Sistema Sanitario Nazionale  (Passi 2022-2023) la copertura screening mammografica organizzata nella nostra regione è pari al 9,7% del target, quella cervicale è pari al 19% e quello del colorettale è dell’8,3%.

Se le percentuali di partecipazione agli screening,  nella nostra regione, è bassissima di contro purtroppo c’è che ogni anno, in Italia, migliaia di donne ricevono una diagnosi di tumore al seno, il più diffuso nella popolazione femminile a ogni età.

La diagnosi precoce, quindi la prevenzione, può fare la differenza: se il tumore viene scoperto in fase iniziale, le possibilità di guarigione superano il 90%. Eppure, non tutte le donne, soprattutto le calabresi, sanno oggi di aver accesso a uno screening gratuito. Così se in altre regioni la prevenzione ti salva la vita, dalle nostre parti purtroppo siamo ancora ben lontani da questa possibilità ed è inaccettabile che laccesso alla prevenzione oncologica dipenda dal luogo in cui si vive.

L’invito a sottoporsi agli screening avviene attraverso un sms che le Asp inviano alle donne che rientrano nell’età indicata. In realtà alcune regioni, in particolare quelle su cui non vige un piano di rientro, hanno ottemperato alle indicazioni del Piano nazionale di prevenzione 2020- 2025, al Piano oncologico nazionale 2023-2027 e alle nuove Raccomandazioni del Consiglio europeo emanate a fine 2022 estendendo alle fasce di età 45-49 e 70-74 lo screening mammografico e alla fascia di età 70-74 lo screening colorettale.

Quindi in regioni virtuose, per esempio in Lombardia, in Piemonte e in Emilia Romagna, giusto per citarne alcune, lo screening per la diagnosi precoce del tumore mammario si rivolge alle donne di età compresa tra i 45 e i 74 anni.

In Calabria, dove vige un piano di rientro, la possibilità di estendere la copertura ad altre fasce di età è preclusa.

C’è però una legge, che poche donne conoscono, che dà diritto a eseguire i test tramite Servizio Sanitario Nazionale anche se non si rientra nell’età target di riferimento. Basta andare dal medico di famiglia,  farsi fare limpegnativa per poi prenotare, tenendo presente che i tempi dattesa possono essere lunghi. Come riportato sul sito del Ministero della Salute, il medico di base che effettua la prescrizione sul ricettario del SSN e deve riportare il relativo codice di esenzione.

In particolare: codice D01: prestazioni diagnostiche nell’ambito di campagne di screening autorizzate dalla Regione; codice D02: esame citologico cervico-vaginale (PAP Test); codice D03: esame mammografico; codice D04: colonscopia; codice D05: prestazioni di approfondimento diagnostico correlate alla diagnosi precoce del tumore della mammella.

Lintervallo di tempo indicato per ciascuna prestazione deve essere rispettato, anche se il primo accertamento è stato eseguito privatamente. Lesenzione per diagnosi precoce di alcuni tumori è del tutto indipendente dal reddito dellassistita e/o dal suo stato di occupazione/disoccupazione.

Altro dato che vorremmo mettere in evidenza è quello per l’esame del tumore colon rettale che coinvolge non solo le donne ma anche gli uomini. Anche in questo caso, come riportato in tabella, e come abbiamo già detto, la percentuale di chi accede ai programmi di prevenzione è nettamente inferiore al pool.

Il Coordinamento per le Pari Opportunità della Uil Calabria preoccupato per una così bassa adesione ai programmi gratuiti di prevenzione ha pensato di promuovere una campagna di sensibilizzazione sugli screening oncologici gratuiti, coinvolgendo Caf e Patronati che fanno parte della rete territoriale della Uil nella consapevolezza che prevenire è vivere.

Lo scopo è quello di informare un maggior numero di donne e uomini (coinvolti nel caso dell’esame del colon rettale) sui propri diritti. Lo screening organizzato riduce notevolmente le disuguaglianze sociali di accesso alla prevenzione e per la gran parte delle donne meno istruite o con maggiori difficoltà economiche lofferta di un programma rappresenta lunica possibilità di fare prevenzione.

Il nostro appello è rivolto anche agli operatori sanitari: lefficacia della promozione dello screening cresce se allinvito/sms della Asl si accompagna il consiglio del proprio medico. L’invito così da solo è evidente che  non basta a garantire la partecipazione delle donne allo screening, mentre è fondamentale il consiglio medico.

Chiediamo con forza quindi che anche in Calabria tutte le donne tra i 45 e i 74 anni vengano non solo informate ma anche incluse nei programmi di screening gratuito, con inviti attivi da parte delle Asp e percorsi organizzati per garantire una diagnosi tempestiva e unassistenza di qualità.

La salute non può aspettare. Prevenire è un diritto, non un privilegio che dipende dal posto in cui risiedi. (ms, fdb e ac)

[Mariaelena Senese, Francesco De Biase e Anna Comi sono rispettivamente segretario generale Uil Calabria, segretario generale Uilp Calabria e responsabile coordinamento Pari Opportunità Uil Calabria]

PNRR E SANITÀ IN CALABRIA: NON SI DEVE
ABBASSARE LA GUARDIA SU INTERVENTI

di RUBENS CURIA E FRANCESCO COSTANTINONelle scorse settimane i media regionali  hanno registrato vari interventi pubblici sui dati del monitoraggio mensile  della Misura 6 del Pnrr derivanti dall’estrazione dei dati in piattaforma Regis. 

Alla luce di ciò che è stato pubblicato, ci è sembrato utile aggiungere anche il nostro intervento almeno per ciò che riguarda le misure M6C1I1.1 CdC – Case della Comunità, M6.C1I1.2.2.1  COT – Centrali Operative Territoriali e M6.C1I1.3 (OdC) – Ospedali di Comunità.

Le nostre valutazioni derivano, esclusivamente, dai dati resi pubblici sulla piattaforma Regis dedicata e pertanto va subito precisato che sulla stessa piattaforma viene specificato che  alcuni dei dati pubblicati risultano difformi da quelli derivanti dall’acquisizione delle informazioni per le vie brevi con i diretti responsabili dei vari interventi, pertanto le procedure potrebbero essere in uno stato più avanzato.

M6C1I1.1 CdC – 61 Case della Comunità previste dal Cis

Le procedure sono state avviate per tutte le CdC previste dal Contratto Istituzionale di Sviluppo.

I Lavori risultano avviati per 29 Case della Comunità e di queste solo 1 registra criticità al raggiungimento del target entro le tempistiche dettate dal CIS (31.03/2026).

Dei rimanenti 32  interventi  13 hanno terminato l’iter progettuale e approvato il Progetto Esecutivo anche se per  8 progetti si registrano forti rischi al raggiungimento del target.

Ben 19 Case della Comunità hanno il Progetto Esecutivo ancora in fase di redazione, verifica o al quale sono state richieste integrazioni o pareri e permessi non richiesti durante l’iter progettuale e ben 17 di queste registrano forti rischi al raggiungimento del target finale del 31/03/2026.

In definitiva, su 61 Case della Comunità programmate ben 26 presentano criticità che potrebbero compromettere seriamente la loro realizzazione entro la data programmata e quindi il rischio che non solo non vengano utilizzate le risorse loro destinate ma che debbano essere restituite anche le somme già spese, ricordiamo che il Ministro Foti ha dichiarato che per ottenere un’eventuale proroga è necessario il parere favorevole dei 27 Paesi della Ue.

Dal punto di vista finanziario le tabelle di monitoraggio pubblicate destano serie preoccupazioni in quanto a fronte di un piano dei costi programmato pari a € 112.671.579, 89 risultano impegni per solo € 20.314.834,72 e pagamenti effettuati per solo € 6.488.760,20

M6.C1I1.2.2.1  COT – 20 Centrali Operative Territoriali previste dal CIS oltre  3 aggiunte successivamente in overbooking

Le procedure sono state avviate per tutte le COT previste dal Contratto Istituzionale di Sviluppo e per le 3 in overbooking.

Risultano già collaudate 20 Cot e per le 3 rimanenti, già contrattualizzate per la loro realizzazione, la situazione risulta la seguente: le Cot di Botricello e Soverato, ubicate all’interno rispettivamente dell’ OdC e della CdC, non raggiungeranno il target entro i tempi stabiliti da Cis. La Cot di Lamezia Terme registra invece problematiche di natura cantieristica in quanto  l’impresa esecutrice ha richiesto il differimento della ultimazione dei lavori, al fine di completare i lavori sugli impianti.

In definitiva, su 23 Centrali Operative Territoriali programmate solo 3 presentano criticità che potrebbero compromettere seriamente la loro realizzazione entro la data programmata.

Dal punto di vista finanziario le tabelle di monitoraggio pubblicate non destano  particolari preoccupazioni in quanto a fronte di un piano dei costi programmato pari a € 4.392.152,34 risultano impegni già assunti per € 3.661.111,19 e pagamenti già effettuati per € 2.722.222,29.

M6.C1I1.3 (OdC) 20 Ospedali di Comunità previsti dal Cis

Le procedure sono state avviate per tutti gli OdC previsti dal Contratto Istituzionale di Sviluppo.

I Lavori, per quel che risulta, sono già stati avviati per 14 Ospedali di Comunità senza che al momento si siano manifestati problemi per il raggiungimento del target  finale del 31/03/2026.

Dei rimanenti 6  interventi 2 hanno terminato l’iter progettuale e per essi non si registrano rischi per il  raggiungimento del target e 4  hanno il Progetto Esecutivo in fase di redazione, verifica o al quale sono state richieste integrazioni o pareri e permessi non richiesti durante l’iter progettuale. Di  questi ultimi 2 registrano forti rischi al raggiungimento del target finale del 31/03/2026.

Dal punto di vista finanziario le tabelle di monitoraggio pubblicate destano qualche preoccupazione in quanto a fronte di un piano dei costi programmato pari a € 59.732.975,32 risultano impegni per solo € 3.490.485,36 e pagamenti effettuati per solo € 2.573.460,46.

Più in generale, quel che maggiormente preoccupa è la circostanza che, una volta esaurite le risorse del Recovery Plan e il Piano di potenziamento dell’assistenza territoriale dovesse andare a regime per marciare solo sulle gambe del finanziamento nazionale, il peso finanziario del personale aggiuntivo necessario risulterà solo parzialmente – e in minor misura – coperto dai fondi dell’art. 1 del D.L. 34/2020 e che per i fondi mancanti si spererebbe di poter sopperire attraverso un Piano di sostenibilità basato su quattro misure di seguito indicate: Incremento del Fondo Sanitario Nazionale; riduzione delle opedalizzazioni ad alto rischio di inappropriatezza relative alle malattie croniche; riduzione degli accessi inappropriati nei Pronto soccorsi relativi ai codici bianchi e verdi; riduzione della spesa farmaceutica relativa relativa a 3 classi di alto consumo di farmaci e con il rischio di inappropriatezza.

A noi sembra tutto molto illusoria la copertura finanziaria per il reclutamento del personale, soprattutto per le regioni meridionali e la Calabria in particolare, non è un caso che la Campania votò contro l’Intesa Stato -Regioni ; inoltre, ammesso che si realizzasse pienamente il Piano di Sostenibilità ipotizzato, non si comprende come potrà essere assunto, entro meno di un anno, il personale necessario (medici, infermieri, operatori sociosanitari e personale tecnicoamministrativo) al funzionamento delle nuove strutture quando ancora i relativi concorsi non sono stati nemmeno programmati.

Se si vuole raggiungere  l’obiettivo fondamentale del Pnrr che è la valorizzazione della “Medicina Territoriale” con un nuovo ed importante ruolo delle Strutture Sanitarie Territoriali Intermedie (CdC/OdC/COT) è fondamentale che le Aziende Sanitarie accelerino le varie procedure di cantiere, che il Fondo Sanitario Nazionale sia incrementato per quanto attiene alle assunzione del personale e che Azienda Zero ( non è nata anche per questo?) avvii le procedure concorsuali. (rb e fc)

[Rubens Curia e Francesco Costantino sono di Comunità Competente]

L’AGRIFOOD RAPPRESENTA UN SETTORE
VITALE PER L’ECONOMIA DELLA CALABRIA

di BRUNO MIRANTENegli ultimi anni, il settore farmaceutico ha assunto un ruolo sempre più rilevante nell’economia del Sud Italia. Questa tendenza è confermata dai dati sull’export: le prime 4 regioni italiane per crescita dell’export farmaceutico tra il 2019 e il 2024 sono tutte meridionali. In testa il Molise, con un incremento pari a +1315,5%, seguito da Calabria (+989,8%), Abruzzo (+446,5%) e Campania (+385,8%).

Sono questi alcuni di dati contenuti nel Libro Bianco presentato nel corso della quarta edizione del Forum “Verso Sud: La strategia europea per una nuova stagione geopolitica, economica e socio-culturale del Mediterraneo”, organizzato nei giorni scorsi da The European House – Ambrosetti (TEHA) a Sorrento. L›export farmaceutico del Sud Italia – si legge nel report – rappresenta attualmente il 16,1% del totale dell’export manifatturiero meridionale, con un aumento di 9,5 punti percentuali rispetto al 2019 (quando era pari al 6,6%). In termini di incidenza sul totale nazionale, l’export farmaceutico del Sud Italia vale oggi il 19,5% del totale italiano, con un incremento di +9,8 punti percentuali negli ultimi 5 anni.

Sebbene in valori assoluti le quote maggiori restino attribuite al Centro (51,9%) e al Nord (28,6%), il Sud registra la crescita più sostenuta a livello nazionale: +221,3% tra il 2019 e il 2024, contro il+47,1% del Centro e il +34,3% del Nord. All’interno del Sud, la Campania si afferma come Regione leader, con un export farmaceutico pari a 5.458,1 milioni di Euro nel 2024, seguito da Abruzzo (1.163,4 milioni di euro) e Puglia (595,7 milioni di euro) mentre l’incidenza del settore in Calabria in rapporto al totale del manifatturiero è di 6,3 milioni di euro.

Agrifood, un settore in crescita

Altro settore crescita è quello Agrifood. Nel 2022, le Regioni meridionali hanno generato il 31,0% del Valore Aggiunto complessivo della filiera agroalimentare nazionale. In particolare, Campania (5,2 miliardi di Euro), Sicilia (5,0 miliardi di euro) e Puglia (4,0 miliardi di euro) guidano la classifica delle Regioni meridionali per Valore Aggiunto. Questi dati posizionano le 3 Regioni tra le prime 8 in Italia. Accanto a queste realtà consolidate, si registrano trend di crescita molto significativi anche in territori più piccoli ma dinamici: la Basilicata ha fatto segnare un incremento del +14,8% rispetto al 2021, seguita dal Molise con +6,2% e dalla Calabria con +6,7%.

Tali dati – si legge nel report – indicano una diffusione territoriale sempre più ampia della crescita agrifood nel Sud Italia, non più concentrata solo in pochi poli d’eccellenza ma estesa a una rete di Regioni in grado di attivare valore e occupazione. A conferma della centralità del Mezzogiorno nella filiera agroalimentare nazionale, il Sud Italia concentra il 44,5% degli occupati del settore, con Puglia (157 mila) e Sicilia (151 mila) ai primi 2 posti per numero di addetti, superando anche Regioni storicamente forti come Lombardia ed Emilia-Romagna. La Campania, con 115 mila occupati, si posiziona anch’essa tra le prime 6 Regioni italiane. Mentre gli addetti di settore impiegati in Calabria sono 84mila. (bm)

[CourtesyLaCNews24]

INFRASTRUTTURE, VISIONI E COMPETENZE
PER CAMBIARE IL FUTURO DEL MERIDIONE

di MARIA RITA GALATI – Infrastrutture, giovani, futuro. Sono le parole chiave che hanno scandito l’XI Convegno del Mezzogiorno dei Giovani Imprenditori Edili Ance, dal titolo evocativo “Amò il Sud”, svoltosi nella Sala delle Culture della Provincia di Catanzaro.

Un appuntamento ormai centrale nel panorama economico e infrastrutturale del Sud Italia, che ha visto protagonisti decine di giovani imprenditori edili provenienti da Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, pronti a confrontarsi sulle sfide dello sviluppo del Mezzogiorno.

L’evento, moderato dal giornalista Rai Marco Innocente Furina, ha visto l’apertura affidata a Carlo Barberio, presidente Ance Giovani Calabria, Giuseppe Catizone, presidente Ance Giovani Catanzaro e Roberto Rugna, presidente Ance Calabria.

Proprio Rugna ha voluto sottolineare come la Calabria resti una terra che deve ancora esprimere appieno il proprio potenziale: «Eventi come questo rappresentano non solo un riconoscimento per il nostro lavoro – ha affermato – ma soprattutto un punto di partenza per costruire nuove prospettive di sviluppo».

«Le infrastrutture restano la chiave – ha evidenziato – per collegare la nostra regione al resto del Paese e permetterle di diventare davvero competitiva e attrattiva. C’è una Calabria che lavora, che investe, che guarda al futuro, e dobbiamo creare le condizioni affinché questa energia si trasformi in crescita stabile e duratura».

Un messaggio di fiducia, ma anche di responsabilità, rilanciato dal sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita, che ha parlato di un tema strategico che «va ben oltre gli interessi del comparto edilizio» e che rappresenta la base per costruire un futuro solido per tutto il Mezzogiorno.

Dello stesso avviso il prefetto Castrese De Rosa, che ha ricordato come lo Stato sia presente sul territorio e al fianco delle imprese, ma ha invitato tutti a fare sistema: «L’Europa rappresenta per noi una sfida, ma anche una grande opportunità. Possiamo fare molto, soprattutto per i giovani».

Il presidente di Unindustria Calabria Aldo Ferrara ha posto l’accento sulla dinamicità dell’industria calabrese: «La Calabria è una regione in movimento. I numeri sull’export, sugli investimenti e sull’occupazione lo confermano. Ma sappiamo bene che la qualità dello sviluppo dipende dalla qualità delle infrastrutture. Solo infrastrutture moderne, integrate e sostenibili possono consolidare la crescita e trattenere i nostri giovani».

Dal palco, l’assessore regionale allo Sviluppo economico Rosario Varì ha ribadito il ruolo centrale che la Regione assegna al potenziamento infrastrutturale e al sostegno alle imprese: dalla Statale 106 agli aeroporti, dal porto di Gioia Tauro ai nuovi collegamenti ferroviari.

«Ma accanto a questi elementi materiali – ha aggiunto – dobbiamo continuare a creare un contesto favorevole alla crescita, capace di attrarre nuovi investimenti e generare occupazione di qualità».

Il dibattito ha visto poi il contributo di Marco Oloferne Curti, coordinatore nazionale macro area Sud di Ance Giovani, che ha ricordato come le infrastrutture debbano essere vissute e progettate come moltiplicatori di valori e non solo come opere materiali: «Dietro ogni cantiere ci sono persone, processi e comunità che cambiano. E come tali dobbiamo affrontarle».

Cuore del convegno è stata la tavola rotonda “Infrastrutture e sviluppo: il Mezzogiorno che verrà”, con interventi della professoressa Francesca Moraci, dell’architetto Massimo Crusi, del presidente dell’Autorità portuale Andrea Agostinelli, del giornalista Tommaso Labate e di Giovan Battista Perciaccante, vicepresidente Ance per il Mezzogiorno.

Agostinelli ha illustrato il nuovo documento strategico che definisce il piano regolatore di tutti i porti calabresi, sottolineando che «il vero nodo resta l’intermodalità: porti, strade, ferrovie e aeroporti devono dialogare tra loro per rendere competitivo l’intero sistema logistico regionale».

Labate ha lanciato un messaggio chiaro: «Il dilemma non è più fare o non fare, ma fare bene o fare male. Servono competenze, visione e responsabilità».

Perciaccante ha ribadito i progressi compiuti, dagli aeroporti di Crotone e Reggio Calabria all’alta velocità e alla SS 106, ma ha anche ammonito: «Non basta aprire cantieri, bisogna completarli. E bisogna farlo velocemente, abbattendo la burocrazia che rischia di bloccare opere già finanziate».

Dal fronte dei giovani imprenditori, forte il richiamo a rendere le infrastrutture strumento di sviluppo reale e contrasto al disagio giovanile, come sottolineato da Vincenzo Scarano (Ance Puglia), mentre Marco Colombrita (Ance Sicilia) ha ribadito il ruolo chiave del Ponte sullo Stretto e dell’alta velocità per connettere Calabria e Sicilia all’Europa.

Le conclusioni sono state affidate alla presidente nazionale di Ance Giovani Angelica Krystle Donati, che ha lanciato un messaggio al sistema Paese:
«Non possiamo più permetterci di agire solo in emergenza. Serve pianificazione di lungo termine, visione strategica e nuove competenze, sia nelle imprese che nella pubblica amministrazione».

«Il Pnrr ha dimostrato che il nostro settore è pronto – ha evidenziato – a fare la sua parte, ma tra un anno finirà e serve una strategia chiara per non disperdere i risultati. Dobbiamo continuare a spingere per un piano industriale di settore e di Paese che metta al centro le costruzioni e le infrastrutture, perché senza di esse non c’è sviluppo economico, sociale e territoriale possibile». (mg)

ZES UNICA, IN CALABRIA INVESTIMENTI
PER OLTRE 160 MLN E 551 POSTI DI LAVORO

di BRUNO MIRANTE – Per ogni euro investito nella Zes Unica del Mezzogiorno se ne sono attivati 1,6 addizionali nell’economia. La Zes Unica negli ultimi 10 mesi ha vissuto una rilevante accelerazione.

Delle 620 Autorizzazioni Uniche (AU) rilasciate dall’entrata in vigore della Zona economica speciale Unica, 522 sono state emesse tra il 6 agosto e il 6 maggio (valore pari al 84,2% del totale). Il 47,4% delle AU rilasciate ha come oggetto investimenti in Campania, seguita dalla Puglia (22,1%) e dalla Sicilia (14,7%).

Complessivamente, nella cornice amministrativa della Zes unica sono stati attivati 8,5 miliardi di euro di investimenti i quali potranno determinare un impatto economico superiore a 22 miliardi di euro. Sono alcune delle evidenze contenute nel Libro Bianco presentato nella giornata di apertura della quarta edizione del Forum “Verso Sud: La strategia europea per una nuova stagione geopolitica, economica e socio-culturale del Mediterraneo”, organizzato da The European House – Ambrosetti (TEHA) a Sorrento.

E la Calabria? Quanto ha inciso la Zona economica speciale unica in termini di investimenti e di ricadute occupazionali dal Pollino allo Stretto in anno di operatività? Sfogliando il Libro Bianco si scopre che le autorizzazioni uniche rilasciate che hanno come oggetto investimenti in Calabria sono state 27 (a fronte delle 294 della Campania, delle 137 della Puglia e delle 91 della Sicilia) e hanno movimentato 163,4 milioni di euro, generando 511 posti di lavoro (a fronte dei 5.929 della Campania, dei 3291 della Puglia e dei 933 della Sicilia).

Tra gli investimenti approvati in Calabria nell’ambito della Zes Unica, il Libro Bianco della fondazione Ambrosetti cita il caso della Sila S.p.A., azienda produttrice dell’acqua oligominerale Fontenoce, che ha ottenuto l’autorizzazione per ampliare il proprio stabilimento di imbottigliamento a Parenti, in provincia di Cosenza. L’investimento, ha un valore complessivo di 16,7 milioni di Euro e mira a potenziare la capacità produttiva dello stabilimento, situato a pochi metri dalla sorgente nell’altopiano della Sila. L’intervento – si legge nel focus – prevede un impatto occupazionale positivo con la creazione stimata di 10 nuovi posti di lavoro.

Turismo, pochi stranieri ma crescono i voli

Le presenze turistiche nelle regioni del Sud nel 2023 risultano in aumento del +8,1% rispetto all’anno precedente e si discostano di solo il -0,5% dai valori registrati nel periodo pre-Covid. La Sardegna è l’unica regione ad aver registrato una diminuzione delle presenze turistiche rispetto all’anno precedente. Tuttavia, dal report emerge che i flussi turistici esteri continuano a ricoprire un ruolo marginale in buona parte dei territori di interesse.

Un posizionamento positivo si registra in Campania, 7° posto in Italia e 1° nel Sud Italia per arrivi dall’estero nel 2023, e in Sicilia, mentre 4 delle 8 Regioni del Sud occupano le ultime quattro posizioni (Molise, Abruzzo, Basilicata e Calabria). Lo scenario che emerge – si legge nel Libro Bianco – è di una macro-regione che contribuisce solo al 14,3% degli arrivi provenienti dall’estero. Considerando la dinamica tendenziale, la Basilicata si posiziona al 1° posto a livello nazionale per crescita dei flussi turistici provenienti dall’estero nell’ultimo decennio (+172,6%), seguita dalla Puglia (+144,9%).

In merito al settore turistico, il Libro Bianco dedica due focus alla Regione Calabria. Il primo è relativo al fatto che «Sacal ha intrapreso una strategia di investimenti e sviluppo che ha portato i tre aeroporti calabresi a raggiungere nel 2024 un nuovo record di traffico passeggeri, superando i 3,6 milioni di transiti. In particolare, l’aeroporto di Reggio Calabria si è distinto a livello europeo, classificandosi al 1° posto per crescita dei voli (+114% rispetto al 2023), con 620.000 passeggeri. L’aeroporto di Lamezia Terme ha registrato una crescita del +22,5%, raggiungendo i 2,7 milioni di passeggeri e posizionandosi al 12° posto tra gli scali europei».

Questi risultati – si legge ancora nel report – confermano la traiettoria di sviluppo intrapresa dal sistema aeroportuale regionale: già nel 2023, Reggio Calabria era il 5° aeroporto in Italia per crescita dei passeggeri (+44,9%), seguito da Crotone al 10° posto (+33,5%). Tale dinamica ha contribuito in modo determinante al rafforzamento dell’attrattività della Calabria, che si è attestata come la 5ª regione italiana per crescita degli arrivi turistici tra il 2022 e il 2023, con un incremento del +16,2%, ben al di sopra della media nazionale (+11,6%). Il secondo approfondimento riguarda invece il sostegno al turismo di qualità e in particolare lo stanziamento di 50 milioni di euro da parte della Cittadella per la riqualificazione delle strutture ricettive. (bm)

[Courtesy LaCNews24]