È stata un’annata nera per l’agrumicoltura calabrese, sia per le avverse condizioni climatiche che per i continui ribassi dei prezzi praticati alla fonte. Così, per la clementina di Calabria, fiore all’occhiello di un’agricoltura che avrebbe le carte in regola per primeggiare, la crisi è stata ancora più dura. Servono urgentemente provvedimenti che consentano di superare gli aspetti economici e offrano una maggiore tutela al comparto, ormai vittima di importazioni selvagge. Le ultime cronache riferiscono di mandarini pakistani fatti passare per clementine.
Questa situazione, di fatto, ha messo a serio rischio la tenuta economico-finanziaria delle aziende produttrici calabresi. La situazione di crisi è stata dunque generata da diversi fattori, ma il problema sonostate soprattutto le importazioni massicce di prodotto, anche da Paesi Europei, diretto alla grande distribuzione organizzata, senza alcuna tutela per il prodotto Made in Calabria, che presenta caratteristiche di altissima qualità e documentati valori nutrizionali.
Nè il nuovo Decreto Ministeriale sulle emergenze nel settore agroalimentare all’ art.9 paragrafo 4-bis “Misure a sostegno delle imprese del settore agrumicolo” che ha destinato per il 2019 5 milioni per la ristrutturazione del settore agrumicolo, può risolvere una crisi devastante per la nostra agricoltura.
Può essere sicuramente un punto d’inizio ma non è certo la soluzione alla crisi del comparto agrumicolo calabrese. «Non può essere più accettato – sostiene Innocenza Iannuzzi, presidente di Agricoop Italia – che in una area vocata all’agrumicoltura arrivino prodotti provenienti da altri paesi: un enorme carico di clementine pakistane, dal packaging accattivante, è arrivato al Porto di Gioia Tauro, mentre i nostri produttori sono costretti a lasciare le clementine sugli alberi visti i prezzi ai minimi storici di questa campagna da dimenticare e che ancora “sbeffeggia” i produttori calabresi. Non possiamo chiudere le frontiere ma possiamo difendere le eccellenze “Made in Calabria” e con esse la nostra terra. Pertanto, mossi dalla voglia di riscatto e dalla tutela per le nostre aziende e per le nostre eccellenze, chiederemo un incontro presso il Ministero delle Politiche Agricole, affinché insieme si inizi un nuovo percorso per il rilancio del settore». (pa)