IL CAPOLUOGO CALABRESE INDICATO DA ERNST & YOUNG COME CENTRO URBANO DA PRENDERE A ESEMPIO;
Cosenza, il Ponte di Calatrava

COSENZA MODELLO DI CITTÀ POST-COVID
L’ITALIA RIPARTE DA QUESTA ESPERIENZA

di FRANCO ROSSI – In tempi di pandemia e dintorni si riprendono attività, riflessioni, si rimettono in ordine appunti, si legge e si riflette su quello che è stato, che potrebbe essere, su errori fatti, su speranze future. Sono ormai mesi che quotidianamente si leggono proposte, previsioni, idee, progetti tutti affannosamente rivolti ad occupare spazi sulle testate, inviti nelle televisioni, dibattiti in convegni “da remoto”. Si leggono proposte banali e semplicistiche come quella dell’urbanista Lahoz secondo il quale una delle principali conseguenze, a breve termine, sarà inevitabilmente un maggior ricorso al trasporto privato e l’avversione per il trasporto pubblico proponendo la bicicletta quale alternativa più economica ed efficace, e per rendere disponibili le piste ciclabili non è necessario cambiare la morfologia delle città.

Ma l’Italia ripartirà da Cosenza. Un report di Ernst & Young afferma, infatti, che nella città calabrese, nella fase 2 che farà seguito all’emergenza coronavirus e che dovrebbe allentare il lockdown dovuto alla pandemia, sarà più facile ripartire. Il report ha condotto uno studio per verificare la situazione delle città italiane  alle prese con la cosiddetta Fase 2, incrociando gli indicatori di resilienza (fattori sanitari, economici e sociali) con i dati del contagio Covid-19. La città di Cosenza  sembrerebbe possedere le condizioni per proporre un modello propositivo e condivisibile  per la Fase 2. La Città sta attraversando un periodo di rinnovato interesse nei confronti di esperienze  riconducibili al tema dell’uso informale, spontaneo, temporaneo degli spazi urbani e del territorio, promosse direttamente dal basso, dalla cittadinanza attiva, in una logica di condivisione e collaborazione.

L’Università della Calabria ha accelerato il processo di supportare  lo sviluppo di imprenditoria  sul territorio, promuovere lo sviluppo della cultura imprenditoriale, dell’occupazione e del reddito attraverso la creazione di un ambiente fisico in cui possano essere concentrate tecnologie e competenze, per favorire aggregazioni di imprese, sviluppare sinergie e, in generale, per creare condizioni favorevoli per  lo sviluppo di attività economiche a carattere innovativo.

Il processo pandemico ha toccato pochissimo la Calabria ed attualmente l’intera regione risulta sostanzialmente zona meno colpita dal Coronavirus.

La Calabria potrebbe così avviare una fase di sperimentazione  avanzata prospettando modelli, tipologie, soluzioni in una  situazione di privilegio avvalendosi di esperienze consolidate. 

Una regione che si è avviata verso un percorso virtuoso esaltando la bellezza dei suoi paesaggi, la qualità della vita dei suoi insediamenti, la capacità storica di essere terra di accoglienza, e che si affaccia nel Mediterraneo ed in Europa in modo moderno, propositivo candidandosi ad essere una regione a servizio della pace, dell’eguaglianza e del progresso. 

Appare pertanto opportuno a chi scrive, sollecitare una riflessione su come è andata, quali innovazioni si sono determinate, quali risultati raggiunti, ma soprattutto come si deve andare avanti.

In tale quadro la Calabria si è caratterizzata per una attenta cura del proprio territorio sviluppando negli ultimi anni una esperienza significativa nel tentativo di ridare spazio alla società civile e ad una classe dirigente attenta ai processi di innovazione e rigenerazione. Le azioni e la stretta collaborazione che si è determinata tra i Comuni, le Università, le Imprese ed i loro territori rappresenta sicuramente una strada importante da perfezionare, meglio definire e sperimentare. 

D’altra parte la Calabria appartiene  a pieno titolo al novero dei  territori fragili e, proprio per questo motivo, rivolgere lo sguardo al territorio calabrese è  un esercizio sempre affascinante che si presta a differenti chiavi  interpretative. Una delle possibilità è quella di elencare alcune delle dicotomie che caratterizzano la regione, le quali forniscono spunti di riflessione e discussione di notevole interesse. In particolare  ne abbiamo selezionato due: Fragilità (fisica, sociale, economica) vs Qualità (ambientale e paesaggistica), Marginalità (rispetto all’Italia) vs Centralità (nel Mediterraneo). D’altronde se si guarda al passato il rapporto tra la malattia/e e i progressi nella progettazione delle città è andato storicamente di pari passo. All’inizio del XX secolo gli architetti hanno preso più idee da medici e infermieri che dalle teorie architettoniche. 

Le prime leggi urbanistiche sono nate nel XIX secolo durante la Rivoluzione Industriale per controllare le malattie infettive. Sono state introdotte per aumentare le dimensioni delle case, in modo da ottenere una maggiore ventilazione e più luce. Un po’ quello che sta per accadere ai nostri giorni. La paura della folla, il distanziamento sociale, il telelavoro, il divieto di andare a più di un chilometro da casa. La pandemia di coronavirus e il confinamento hanno cambiato il nostro modo di rapportarci alla città.

Le prime modifiche sono state rapide e circostanziali, come le restrizioni riguardanti gli spostamenti, i divisori nei supermercati, i segnali sui pavimenti o i balconi convertiti in centri di attività  sociale. Ma questi provvedimenti non possono essere sufficienti. Bisogna riflettere e immaginare come può essere il futuro dei nostri territori e delle nostre città, quali provvedimenti adottare, come  dare risposte certe. Abbiamo bisogno di comprendere i sogni delle persone, cambiare il mondo da quello ordinario a uno che non c’è ancora. Questo è essenziale se vogliamo vivere in un mondo sostenibile.  Una società sostenibile può scaturire solo da visioni che sappiano guardare oltre l’oggi, oltre i problemi immediati. 

Una consulta tra le Università, gli Enti Locali, le Imprese, e le Istituzioni con lo scopo di avviare poche ma incisive azioni:

– Sviluppo e innovazione delle filiere e dei sistemi produttivi locali (agro-alimentari, artigianali e manifatturieri),

– Sviluppo della filiera  dell’energia rinnovabile, 

– Cura e tutela del paesaggio, dell’uso del suolo e della biodiversità, 

– Valorizzazione e gestione delle risorse ambientali e naturali, Valorizzazione di beni culturali e patrimonio artistico legato al territorio,“Reti e comunità  intelligenti. 

Non resta che metterci al lavoro. 

Franco Rossi, ex assessore della Regione Calabria, è docente all’Unical.