Giovanni De Maria è uno studente di Vibo Valentia laureando in ingegneria a Bologna e attualmente in Svezia per un Erasmus al KTH-Royal Institute of Technology di Stoccolma. Ha raccontato a PrimaPaginaNews la sua “clausura”.
«Quando è esplosa la pandemia– scrive Giovanni – io ho scelto di restare a Stoccolma per ultimare il mio ciclo di ricerca, nonostante l’Ambasciata italiana ci avesse consigliato di tornare in Italia. Molti studenti italiani come me sono rientrati a casa immediatamente, ma molti altri insieme a me sono invece rimasti.
Il mio Erasmus è iniziato a Gennaio, quando ancora non si sapeva nulla di questo virus e tutto era nella normalità, a parte i pranzi al buio per la mancanza di luce.
Da Bologna sono stato l’unico studente Erasmus della scuola di ingegneria a partire per Stoccolma, mentre gli altri Italiani provengono soprattutto dal Politecnico di Milano. Tutti quanti abbiamo ricevuto da parte dell’università un appartamento, alcuni dentro il campus stesso, altri dentro la residenza posta a circa 40 minuti di distanza utilizzando i mezzi di trasporto.
Sono stati soprattutto questi studenti a soffrire maggiormente del pericolo imminente, in quanto costretti ad utilizzare i mezzi pubblici per poter raggiungere le aule. Il campus è una piccola cittadella universitaria, con una moltitudine di palazzine, laboratori e strade interne. Le classi sono in generale molto piccole, composte da circa 30-40 persone al massimo e dove si ha un contatto alunno-professore molto forte e collaborativo.
Entrare in contatto con gli svedesi è stato, e lo è tuttora, molto difficile essendo molto distaccati ed in generale non molto amichevoli ed inclini a stringere rapporti.
Quando bisognava fare dei lavori di gruppo le parole ed il tempo si limitavano solamente a discorsi attinenti il lavoro, mentre con gli altri membri del gruppo si è riusciti ad instaurare un rapporto di amicizia. Credo che anche questo sia uno dei fattori da tenere in considerazione in quanto in generale gli svedesi non sono un popolo caloroso, dalle strette di mano ai saluti più affettuosi.
Anche quando si passeggia nel centro città è difficile vedere gruppi di persone camminare insieme ma sono spesso da sole o al massimo in coppia. Per quanto riguarda la residenza universitaria interna al campus, nella quale mi trovo tuttora, nelle settimane scorse si è visto un gran numero di studenti rientrare nelle proprie città di residenza, alcune per scelta personale altri come gli studenti statunitensi, canadesi o australiani, forzati dai loro rispettivi governi.
La situazione in Svezia è in parte instabile, in quanto non si hanno restrizione ma soltanto raccomandazioni, che forniscono indicazioni generali ma non impongono nessun vincolo.
Ricordo che quando il 9 marzo in Italia era stata dichiarata zona rossa tutto il territorio nazionale, cosi come poi è stato anche nei paesi limitrofi, qui la massima restrizione era il divieto di assembramento di più di cinquecento persone.
Al giorno d’oggi questa restrizione si è ampliata vietando gli assembramenti con più di cinquanta persone. Bar, ristoranti, palestre e tutti gli esercizi commerciali in generale, rimangono aperti ed in centro città si vede ancora un numero abbastanza importante di persone». [courtesy PrimaPaginaNews]