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Enrico Franceschini a Catanzaro con "La mossa giusta"

Enrico Franceschini a Catanzaro con “La mossa giusta”

di ELISA CHIRIANOScrivere un romanzo sulla vita di Ossip Bernstein (ebreo ucraino nato nel 1882, avvocato d’affari e tra i dieci più grandi giocatori di scacchi al mondo), colmando con la fantasia narrativa tanti vuoti biografici, e scoprire che in realtà i romanzi sono due, alla maniera di Fuga senza fine di Joseph Roth: questo (e molto di più) ha fatto abilmente Enrico Franceschini con La mossa giusta, edito da Baldini + Castoldi. Leggere questo romanzo significa immergersi in apnea nel tempo e nello spazio, attraversando il Novecento, dall’Ucraina del 1882 alla Francia del 1962, tra guerre e dittature. Significa riappropriarsi del tempo lento della lettura, attraverso soste e pause di riflessione, per comprendere meglio esplorando nuovi sentieri. Ossip Bernstein tre volte ha costruito la sua fortuna e tre volte l’ha persa, complici il comunismo con la Rivoluzione in Russia del 1917, poi il capitalismo con il crollo della borsa di Wall Street nel 1929, quindi il nazismo con l’invasione di Parigi nel 1940.  È stato un ebreo errante, vittima di persecuzioni e antisemitismo, inseguito prima dai russi, poi dai tedeschi, ma sempre pronto a ripartire. Ossip giocava a scacchi e lo fece anche nel momento in cui fu gioco la sua vita, perché «La verità, se ce n’è una, è che si sopravvive a tutto. Vivi finché sei vivo e dopo non ci sei più: tutto qui. Non è questo che insegnano laicamente gli scacchi? Terminata una partita, i pezzi vengono rimessi a posto e ne comincia un’altra».

Il gioco degli scacchi insegna che bisogna andare incontro alle sfide della vita, proprio mentre sembra che la vita vada contro, consapevoli che non si possa tornare indietro. E così la pedina nera si piazza davanti alla regina, sperando che sia la mossa giusta.

Mercoledì 17 luglio, alle ore 18:30, la libreria Ubik di Catanzaro ha accolto il giornalista- scrittore e saggista Enrico Franceschini. In dialogo con lui anche Emanuela Gemelli (giornalista Rai), l’avvocato-scrittore Luigi Combariati e il libraio Nunzio Belcaro. Un incontro reso fecondo da uno strano incrocio di coincidenze, tra biografia e autobiografia, lungo i crocicchi della Storia e sullo scacchiere di una vita errante, a volte in cerca e a volte in fuga. Una chiamata all’esserci attraverso connessioni, incidenze, avvenimenti ed eventi che accadono, creando sinergie e legami spazio-temporali tra Storia, lettura e letteratura.

Franceschini ha tracciato i momenti salienti de La mossa giusta e al contempo ha ricordato alcune tappe fondamentali del proprio percorso di giornalista, corrispondente del quotidiano “La Repubblica” nelle sedi di Londra, New York, Washington, Mosca e Gerusalemme. Sempre in viaggio tra tre continenti, cinque capitali e venti traslochi.

«Avere mescolato verità e fantasia – sottolinea l’autore – mi è servito paradossalmente per rendere la storia più vera. Dostoevskij diceva che la verità è sempre inverosimile e per renderla più verosimile bisogna mescolarla con un po’ di menzogna. Tutto è iniziato da un tweet di un amico, che mi consigliava di esplorare la vita del grande giocatore di scacchi».

E poi la ricerca di qualche documento, le poche notizie raccolte, le molteplici letture a tema (come “L’Idiota” di Dostoevskij, “La variante di Luneburg” di Paolo Maurensig e “La novella degli scacchi di Stefan Zweig, “I tre moschettieri” di Alexander Dumas), la visione di film o serie tv (come “Il settimo sigillo” di Ingmar Bergman e “La regina degli scacchi”), la conversazione con l’allenatore di  Boris Spasskij (campione del mondo russo, nella sfida per il titolo contro l’americano Bobby Fisher), l’intervista a Garry Kasparov (ebreo armeno di origine sovietica, più longevo campione del mondo di scacchi di tutti i tempi), l’epica finale di scacchi, seguita a Londra, tra il campione norvegese Magnus Carlsen e lo sfidante italoamericano Fabiano Caruana, e ancora i fatti di cronaca (l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e poi la guerra a Gaza)… tutto converge nella definizione del momento giusto per scrivere La mossa giusta, per raccontare la storia di un ucraino del Novecento, per capire meglio l’Ucraina di oggi e anche la condizione ebraica in Europa tra fine Ottocento e inizio Novecento. Un libro intriso di Storia e di Letteratura, che invita il lettore a sostare più volte, mentre il narratore percorre la vita indagando l’esistenza. 

«Se fosse vissuto ai nostri tempi – chiede Emanuela Gemelli – dove si troverebbe ora Bernstein?».

«Difficile saperlo, ma non immaginarlo – risponde Franceschini – probabilmente nello Stato di Israele o forse nella sua Ucraina» Di certo nella sua vita vera Ossip si trovò sempre nel posto giusto al momento giusto o, meglio, nel posto sbagliato al momento sbagliato. 

 Il romanzo, secondo Luigi Combariati, «offre molteplici spunti di riflessione, anche dal punto di vista stilistico. È un’opera sostanzialmente diversa da quella scanzonata della trilogia. È suddivisa in tre sezioni, come le fasi di una partita di scacchi: apertura, mediogioco, finale, scacco matto e zugzwang (nel gioco degli scacchi è un termine internazionale usato per indicare il fatto di dover muovere quando ciò costituisca uno svantaggio per il giocatore, in quanto ogni mossa di cui dispone altera la sua posizione in favore dell’avversario)».

La narrazione conquista sin dall’incipit. Nel 1918, mentre infuria la guerra civile russa tra rossi e bianchi, espropriato dalla Rivoluzione di Lenin di tutti i suoi beni a Mosca con l’accusa di essere al servizio dei capitalisti, Ossip fugge a Odessa, sul mar Nero, insieme con moglie e figli, nella speranza di imbarcarsi per l’Europa. Arrestato dai bolscevichi, condannato a morte e messo in piedi contro un muro davanti al plotone di esecuzione, vede un barlume di speranza. All’ultimo istante, un ufficiale legge il suo nome nell’elenco dei condannati e domanda se sia per caso il famoso giocatore di scacchi. Ossip risponde di sì. L’ufficiale non gli crede. «Gioco a scacchi pure io», gli dice. «Facciamo così: giocheremo una partita. Se vinci, significa che hai detto la verità e ti lasceremo andare. Se perdi vuol dire che menti e sarai fucilato». Leggere La mossa giusta significa incontrare Marc Chagall, Ernest Hemingway, Stalin, Krusciov e anche Anastas Mikoyan (armeno sovietico), l’unico rimasto al vertice del Cremlino con ben quattro segretari generali del Pcus, l’avversario di Ossip Bernstein nella partita a scacchi con la vita in palio, colui che da allora aspetterà sempre l’occasione di una rivincita.

«La vita somiglia al gioco degli scacchi, in cui basta una mossa falsa a farci perdere la partita», affermava Sigmund Freud, lui stesso appassionato scacchista «con l’aggravante che, nella vita, non sempre possiamo contare sulla possibilità di una rivincita». Eppure «non sempre» non vuol dire «mai». (ec)