È DIVENTATO PROGETTO NAZIONALE IL PROTOCOLLO IDEATO DAL GIUDICE DI BELLA DEL TRIBUNALE DEI MINORI ;
Il giudice Roberto di Bella con Mariarosaria Russo e Bruna Siviglia

FIGLI DELLA ‘NDRANGHETA ANCHE AL NORD
“LIBERI DI SCEGLIERE” PER CAMBIARE VITA

di MARIA CRISTINA GULLÍ – Sembra ieri e invece sono passati già otto anni da quanto il giudice Roberto Di Bella, presidente del Tribunale dei minori di Reggio, lanciò la sua rivoluzionaria proposta: sottrarre ai boss della ‘ndrangheta e della malavita organizzata i figli per offrire loro prospettive di vita diversa. Era in nuce il protocollo che poi sarebbe stato battezzato “Liberi di scegliere”, rilanciato da una delicata fiction televisiva, celebrato persino dal New York Times con una pagina dedicata a Di Bella. Sembrava un azzardo, per qualcuno una cattiveria, togliere dalla patria potestà minori a rischio di seguire le orme dei genitori e, invece, è successo che sono stati tantissimi i boss, i malavitosi di mestiere, a ringraziare Di Bella per il suo gesto, il suo coraggio, la sua sensibilità.

Quel progetto, Liberi di scegliere, dopo otto anni, non si ferma più a Reggio o in Calabria, ma è diventato nazionale con il coinvolgimento di tutte le Direzioni Distrettuali Antimafia e, naturalmente, dei Tribunali per i Minorenni cui è stato affidato il compito di vagliare ogni singola situazione a rischio, per offrire ai ragazzi l’opportunità di sganciarsi dai tentacoli di facili e pericolose lusinghe di malaffare, seguendo le orme dei padri o dei parenti più stretti, e cercare di dare un senso alla propria vita futura.

Roberto Di Bella e Bruna Siviglia
Roberto Di Bella e Bruna Siviglia

Nel riconoscere al dottor Roberto Di Bella un’intuizione che rivela la sua grande partecipazione, sofferta, al dramma di tanti minori che gli sono capitati davanti, con familiari coinvolti in reati, anche gravissimi, di mafia, non si può fare a meno di sottolineare il ruolo avuto negli anni da Bruna Siviglia e la sua associazione Biesse per il grande coinvolgimento di scuole, insegnanti, alunni, professionisti autorità istituzionali, nonché di due ministeri (Università e Istruzione) perché il progetto non restasse “chiuso” e limitato a Reggio. C’è stato il convolgimento di Rosarno con la dirigente scolastica Mariarosaria Russo, altro simbolo della Calabria che non tace, e tante altre tappe sono seguite presso le scuole della provincia reggina per sensibilizzare i ragazzi. «Dall’altra parte – ha ribadito Bruna Siviglia in più occasioni –  non c’erano dei criminali irrecuperabili, ma dei ragazzi che potevamo essere aiutati. Erano cresciuti odiando lo Stato ma la loro infelicità era così forte che un dialogo era possibile. Con il presidente Roberto di Bella abbiamo raccontato agli studenti le storie di tanti ragazzi che nel corso di 25 anni di attività prima come giudice poi come presidente del Tribunale dei minori ha incontrato, un percorso non sempre facile, anzi, spesso faticoso e doloroso, ma che ha restituito a molti ragazzi la possibilità concreta di una vita diversa da quella segnata dal carcere e dalla violenza dei loro padri».

Così Liberi di scegliere è divenuto, nel tempo, un protocollo che avrebbe fatto scuola, con la partecipazione anche di Questura e Prefettura, promuovendo un’attività di sensibilizzazione nobilissima quanto ferma e decisa. La scelta non era e non è, evidentemente, solo dei ragazzi – cui è difficile se non impossibile chiedere di decidere già da piccoli cosa sarà del loro futuro – bensì di madri-coraggio, ma anche di padri malavitosi che hanno capito la correttezza di un’operazione lancinante e dolorosa, ma necessaria per il bene dei minori.

È nata così una rete di protezione sociale alla quale possono ora attingere e accedere tutti i Tribunali per i Minori, le Procure, le Direzioni Distrettuali Antimafia, i funzionari e i dirigenti delle forze dell’ordine, questori, prefetti, insegnanti e docenti universitari: l’obiettivo è principalmente illustrare i rischi di una vita mutuata da fenomeni criminali in seno alla  famiglia di origine, offrendo tutta l’assistenza necessaria, e quindi assicurando gli aiuti necessari per oltrepassare quel confine che fino a ieri sembrava invalicabile.

Quante madri disperate hanno temuto per i propri figli, intravvedendo un futuro di sangue e malaffare, sulla scorta dell’esperienza di padri boss o piccoli mestieranti della malavita organizzata? E quante di loro hanno avuto solo parole di elogio per il conforto che l’iniziativa (inizialmente sconcertante) del dottor Di Bella avrebbe (e ha) portato? E non si può non evidenziare la partecipazione di associazioni come Libera che ha ulteriormente allargato il campo di azione, per salvaguardare i bambini o i giovani dalle conseguenze dei padri. Il giudice Di Bella, che ai primi di settembre lascerà, non senza una profonda emozione, Reggio per la Sicilia, è evidentemente soddisfatto dell’allargamento del progetto Liberi di scegliere a tutto il territorio nazionale. «L’argomento criminalità organizzata – ha detto l’ormai quasi ex presidente del Tribunale dei Minori di Reggio – non sarà più un tabù nelle Università e nelle scuole, dal momento che saranno previsti incontri a tema e momenti di formazione per i docenti». E non solo. L’associazione Libera potrà aiutare le famiglie dei collaboratori e dei testimoni di giustizia sia in Calabria sia in qualsiasi altra parte d’Italia.

L’emancipazione dal contesto mafioso non riguarda solo i minori ma anche le madri e i familiari che troveranno una rete di protezione adeguata grazie a questo protocollo che è diventato il sostituto di una legge nazionale che non c’è, con appositi fondi che sono stati messi a disposizione anche dalla Caritas e dalla Conferenza Episcopale Italiana e che vanno ad aggiungersi a quelli già previsti dalla Presidenza del Consiglio e dal Dipartimento Pari Opportunità.

La nuova sede di lavoro del dottor Di Bella è Catania, neanche tanto lontana, ma la vicinanza con quanto è successo in riva allo Stretto in questi anni resterà una testimonianza vivida e appassionata. Il presidente Di Bella è diventato il papà virtuale di decine e decine di ragazzi sottratti alla mafia e sicuri testimoni che dalla mafia si può anche fuggire. Un padre putativo al quale sono bastati appena gli sguardi dei “suoi” ragazzi a fargli capire che era nel giusto. Combattendo, soprattutto nei primi anni, una battaglia in solitaria ma con la fierezza e l’orgoglio di crede nella legalità. (mcg)