Destinare, alla gestione diretta dei Comuni, almeno il 10% delle risorse del Next Generation Eu, da utilizzare per progetti strategici territoriali in coerenza con la strategia nazionale, chiedendo inoltre ulteriori semplificazioni delle procedure di progettazione, di svolgimento delle gare nonché per l’acquisizione di adeguate risorse umane al fine di velocizzare la realizzazione dei lavori da parte degli Enti territoriali. È quanto chiesto, tramite l’ordine del giorno approvato dalla maggioranza consigliare del Comune di Reggio Calabria, nell’ambito dei lavori della I Commissione consiliare permanente, guidata da Armando Neri.
«Dispiace – si legge in una nota – che la proposta non abbia incontrato l’interesse ed il voto favorevole della minoranza consiliare, in parte inspiegabilmente assente ed in parte astenuta. Quello della gestione dei fondi per il rilancio dell’economia e del comparto produttivo a livello nazionale, ed in particolare nel Mezzogiorno, è un tema che dovrebbe impegnarci tutti come massima priorità. Ci rammarichiamo del fatto che alcuni consiglieri di minoranza preferiscano i teatrini mediatici ai lavori delle Commissioni, per i quali peraltro sono chiamati a partecipare per delega degli stessi cittadini che li hanno votati».
«Gli obiettivi richiamati nell’ordine del giorno – prosegue la nota – sposato a livello nazionale da Ali Autonomie, sono da considerare come presupposti strategici per la programmazione territoriale che abbiamo di fronte da qui ai prossimi anni».
«Durante la pandemia Covid è emersa la consapevolezza della fragilità comune e dell’urgenza di una svolta, una presa di coscienza che ha portato all’approvazione rapida di strumenti, quali il Next Generation Eu, volti ad affrontare la crisi e a porre le fondamenta per la ripresa. Le decisioni delle Istituzioni europee esprimono una nuova concreta volontà politica: rafforzare i tratti unitari e la solidarietà interna all’UE per rendere l‘Europa finalmente protagonista sullo scenario globale la prospettiva di un Rinascimento europeo e una sfida culturale che impegna tutti i territori».
«L’Italia – si legge nell’ordine del giorno approvato dalla maggioranza – si è fortemente impegnata per la svolta europea, il nostro Paese si riconosce pienamente in un cammino di progressiva condivisione dei rischi per investimenti volti ad affrontare priorità comuni, a recuperare capacità produttiva, a migliorare le infrastrutture materiali e immateriali, ad affrontare la transizione energetica e digitale. La sfida della crescita inclusiva riguarda tutta l’Europa, che deve trovare un ruolo nella competizione tecnologica e nella riorganizzazione delle catene del valore. Ma riguarda soprattutto l’Italia, dove le crisi precedenti hanno acuito le già significative disuguaglianze di genere, generazionali e territoriali, minando nel profondo le capacità di ripresa. Per cogliere questa opportunità, in uno sforzo collettivo e urgente, è necessaria una svolta italiana, nella programmazione e nell’attuazione degli investimenti, che segni una discontinuità decisiva per lo sviluppo sostenibile la digitalizzazione e l’innovazione, la riduzione dei divari e delle diseguaglianze».
Ad oggi, si legge ancora, «vi è una pressante esigenza di migliorare la resilienza’ delle infrastrutture, puntando sulla manutenzione straordinaria, sull’ammodernamento tecnologico delle attività di monitoraggio e degli strumenti di supporto, sulla prevenzione, la protezione civile e il soccorso pubblico. Per cogliere l’opportunità che si ha di fronte il sistema Italia deve essere in grado di utilizzare utilmente e con immediatezza le risorse che vengono messe a disposizione. Se si vogliono far partire progetti, cantieri, il lavoro, e necessario compiere una grande riforma di sburocratizzazione della Pubblica amministrazione, accanto a una riforma del Codice degli Appalti, che potrebbe permettere di far partire l’attuazione degli interventi con grande velocità, avvicinando l’Italia perlomeno ai tempi degli altri Stati europei».
«I Comuni – si legge nell’ordine del giorno – sono il primo avamposto dello Stato sul territorio e non solo hanno chiare le esigenze delle imprese locali, dei territori e delle famiglie, ma hanno progetti già pronti, capaci di mettere insieme anche più enti, fare rete, sono in grado di spendere al meglio per far ripartire l’economia. L’Italia sono i suoi territori e le sue città, che devono essere dunque centrali nel piano di rinascita del Paese; una centralità riconosciuta a monte, non a valle, se si vuole realizzare grandi progetti di riforme secondo il mandato europeo. Cogliere e mettere a in atto la centralità dei territori e delle città significa mettere a loro disposizione delle risorse necessarie a affrontare e superare le debolezze strutturali e infrastrutturali che non consentono di esprimere appieno tutte le loro potenzialità». (rrc)