di PINO NANO – «Dobbiamo trovare il coraggio di sporcarci davvero le mani, per le cose in cui crediamo, come credenti, come cristiani nel nome del Vangelo, che è la nostra forza, che è la nostra liberazione. Il coraggio di mettersi in gioco. Dobbiamo imparare che di fronte alle sofferenze degli altri, di fronte al dolore degli altri, di fronte alla disperazione degli altri, non bisogna voltarsi mai dall’altra parte. Impara ad esserci. Con la tua vita, con le tue fragilità, anche con le tue contraddizioni, impara a esserci. Accompagna, sii presente. Nel nascondimento della carità. E poi nel dono totale di sé. Perché la vita è donarsi totalmente. Oggi siamo chiamati davvero a riconciliarci con la speranza».
È una meravigliosa favola moderna questa di don Mimmo Battaglia. Oggi lui diventa, per uno strano gioco del destino, cardinale di Santa Romana Chiesa, e siamo certi porterà in Concistoro il profumo intenso di una vita interamente trascorsa in Calabria tra i poveri, e totalmente dedicata ai poveri. È la vittoria, la sua, di una Chiesa in perenne cammino e in perenne ricerca di sé stessa, e lui di questa Chiesa rimane testimone autentico, e protagonista di assoluto rilievo. Cardinale a pieno titolo, dunque, di questa comunità cristiana continuamente in bilico tra i valori evangelici originari e una società sempre più governata e condizionata dall’intelligenza Artificiale.
La sua è la storia di un sacerdote alla vecchia maniera, che il mese scorso, ritornato in Calabria per qualche giorno, si ferma a salutare tutti uno per uno, atteso acclamato e ammirato come un santo. Effetto questo, certo, del suo passato, del suo trascorso esistenziale, dell’esempio quotidiano offerto alla città di Catanzaro, vissuto tutto in trincea, giorno per giorno, in una terra lontana dal resto del mondo e solo al servizio degli altri.
«Davanti al Signore risorto, non si può stare se non in piedi. In piedi. Non in ginocchio, quasi schiacciati da quelle che sono le vicende della vita. Né tantomeno seduti, indifferenti e rassegnati per ciò che accade. Vi prego, mai rassegnazione, mai indifferenza, ma: in piedi, con le mani alzate al cielo, mai in segno di resa, sempre in segno di resistenza. E anche quando, per mille ragioni, la vita ti mette all’angolo, da quell’angolo, non smettere mai di gridare la tua voglia di vivere, la tua speranza e la tua sete di riscatto. Perché Dio è dentro a quel grido».
Don Mimmo Battaglia per noi calabresi è uno di quei sacerdoti rari, che non dice mai “ne parliamo domani”. È un uomo che usa le mani per dialogare con gli altri, perché ti vede e prende le tue mani fra le sue, perché ti incontra e ti abbraccia, perché si ferma e ai più vecchi concede una carezza, perché non ha mai tempo per sé stesso.
Don Mimmo è un uomo che però trova il tempo per annullare tutti i suoi impegni istituzionali in agenda quel giorno a Napoli per correre a Mendicino ai funerali del suo vecchio allenatore giovanile di calcio, con cui avevano costruito insieme le passioni e le pulsioni di intere generazioni di ragazzi soli e diseredati. Ecco perché per noi calabresi don Mimmo è stato molto di più di quello che era stato don Pino Puglisi per il quartiere Brancaccio di Palermo.
«Eminenza buongiorno». Guai a chiamarlo “Eminenza”. «Sono semplicemente don Mimmo, ti prego». E tu rimani interdetto, perché da piccolo ti hanno insegnato che un cardinale è un “Ministro di Dio” e come tale va salutato e va trattato. Ma è lui che ha stravolto ogni canone possibile di confronto e di relazione con gli altri.
Povero tra i poveri. Figura di un pastore prestato alla società come strumento di redenzione e di dialogo, uno di quei sacerdoti che per tutta la sua vita ha inseguito i più poveri per aiutarli, e per dare loro conforto. Uno di quelli che pareva essere destinato a rimanere per sempre e soltanto, e per tutta la vita, un profeta del dolore e della miseria, lui figlio del Sud del mondo, in una regione lontana come la Calabria e in una città così piena di problemi come Catanzaro. E invece, un giorno per uno strano gioco del destino il profeta dei poveri diventa vescovo. Anzi, diventa Arcivescovo di Napoli-Capitale del Sud. Oggi anche Cardinale.
Dopo mezzo secolo, la Calabria torna ad essere presente in Concistoro con uno dei suoi figli più illustri. Prima di don Mimmo c’era stato Giuseppe Maria Sensi, originario di Cosenza, nominato cardinale da Paolo VI il 24 maggio del 1976, e morto all’età di 94 anni il 26 luglio 2001, dopo essere stato Nunzio Apostolico in Costa Rica dal 1955 al 1957, delegato apostolico in Palestina dal 1957 al 1962 e, infine, Nunzio Apostolico in Irlanda e in Portogallo fino al 1976.
Non so se posso dirlo, ma questa di don Mimmo Battaglia sembra davvero la trasposizione della favola del brutto anatroccolo che diventa cigno bellissimo del grande lago della vita.
Se posso paragonare questo sacerdote a qualcosa o a qualcuno, vi dico subito che mi riporta con i ricordi indietro nel tempo, quando per la prima volta incontrai Hélder Pessoa Câmara, famosissimo vescovo delle favelas brasiliane.
«Quando io do da mangiare a un povero – mi raccontò Helder Camara – tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista». Don Mimmo Battaglia è ancora molto di più di mons. Hélder Câmara.
Pastore alla vecchia maniera, educato all’ascolto e alla pazienza, imbevuto di mille letture sacre, e quando scrive, don Mimmo, diventa un poeta dell’infinito. Ho letto decine e decine dei suoi scritti, e vi assicuro che è un uomo che scrive col cuore immerso nelle nuvole. Sul sito ufficiale della Curia di Napoli ci sono le sue omelie, i suoi discorsi alla città, le sue preghiere, che sono un testamento per chi verrà dopo di noi.
Migliaia gli attestati di affetto e di stima arrivati in queste ore nel suo paese natale di Satriano. Sono fiumi di parole e di elogio, che arrivano dal sindaco della città capoluogo della Calabria, Nicola Fiorita, dal Governatore Roberto Occhiuto, dal Presidente del Consiglio Regionale Filippo Mancuso, dai sindaci dell’intera regione, dagli amministratori regionali, deputati, senatori, alti dirigenti dello Stato, insieme a tantissima altra gente comune che da queste parti non ha mai avuto voce.
È la conferma di come don Mimmo sia oggi un simbolo riconosciuto della Chiesa contemporanea, di quella Chiesa che non conosce il senso della mediazione, soprattutto quando c’è da ricordare al mondo esterno della politica che c’è ancora troppa gente che soffre di fame e di stenti. E finalmente, per una volta tanto, non si poteva scegliere un pastore migliore di lui per questa grande capitale europea che è Napoli, e a cui don Mimmo ha regalato e dedicato, l’ultima Pasqua fatta, una delle sue omelie più intense e più belle.
«Signore della Pace, perdona la nostra pace sazia! Perdonaci la pace del ricco, che banchetta sul sopruso del povero. Perdonaci la pace del potente, che si accampa tra le afflizioni del debole. Perdonaci la pace del padrone, che sfrutta il lavoratore. Perdonaci la pace delle città, che disdegnano il lavoro dei campi. Perdonaci la pace della casa, che non guarda chi non ha una casa. Perdonaci la pace della famiglia, che non si fa famiglia per le solitudini altrui».
Don Mimmo, eternamente don Mimmo. Don Mimmo forever. La semplicità e la modestia in persona. La consapevolezza assoluta che la Chiesa ha bisogno di testimoni come lui, e non di protagonisti, ma soprattutto la magia della parola e dell’ascolto. La capacità dell’ascolto. Solo lui è capace di dimostrare che l’ascolto è una dote rara e che a volte vale più di un tesoro.
Basterebbe raccogliere le mille storie legate alla sua vecchia parrocchia di Catanzaro per capire quante vite lui abbia salvato e quante anime lui abbia redento. La voglia di capire gli altri, ascoltando quello che ti dicono. Il desiderio di amare gli altri, sentendo le storie private di ognuno. L’intimità dell’ascolto, che porta poi alla condivisione di una vita insieme, e don Mimmo da queste parti è stato tutto questo insieme.
Ecco perché il 12 novembre scorso a Soverato, sua prima uscita pubblica da cardinale designato al prossimo Concistoro, don Mimmo viene salutato e accolto come un Messia. E alla folla presente affida la sua preghiera forse più bella: «Mi capita spesso in questo periodo a Napoli di incontrare tanti giovani, purtroppo anche durante i funerali di giovani morti per mano violenta. Dico loro: “Vi prego, ragazzi, non date mai in appalto la vostra coscienza a nessuno”. Oggi, la Calabria ha bisogno di uomini liberi, appassionati della vita, del Vangelo, appassionati di questa terra. In piedi, mai in ginocchio…».
Superba, bellissima, vera più che mai. Grazie Padre. (pn)
[Pino Nano è caporedattore Rai Calabria dal 2001 al 2010]