L’identità dei cosentini si fonda su tre fattori: natura, produzioni tipiche locali e cultura. Il 25,6% della popolazione della provincia individua nel patrimonio ambientale (le biodiversità e i luoghi incontaminati) il principale elemento identitario del proprio territorio. È quanto è emerso dal rapporto Censis Destinazione Cosenza, che è stato presentato dalla Camera di Commercio di Cosenza al Cnel.
«Per la costruzione dell’identità collettiva – si legge nel rapporto – il 21,7% ritiene centrale il ruolo della produzione enogastronomica locale. Il 18,8% vede nella ricchezza del passato e nella sua stratificazione storica la caratteristica più rilevante intorno alla quale riconoscersi».
Occupazione fa rima con turismo. Secondo i cosentini, la capacità di attrazione del territorio e le principali opportunità occupazionali si concentrano su tre settori: il turismo (49,5%), il settore agroalimentare e l’enogastronomia (40,4%), l’agricoltura (35,8%). I Parchi della Sila e del Pollino vengono indicati come i luoghi di maggiore attrattività turistica (rispettivamente, per il 54,6% e il 27,5% dei cittadini).
I prodotti che creano identità. Lo studio ha rilevato anche quali sono i prodotti alimentari più rappresentativi del territorio cosentino. Al primo posto si collocano i salumi e gli insaccati (38,8%), seguiti dalla patata della Sila (33,0%) e dall’olio di oliva (32,0%). Agrumi, peperoncino, cipolla rossa e liquirizia vengono indicati con percentuali che oscillano tra il 20% e il 10%. Meno del 10% dei cittadini indicano il fico essiccato come il prodotto alimentare più rappresentativo dell’area cosentina.
Le criticità al tempo del Covid-19. Tra i fattori di maggiore criticità del territorio, la popolazione segnala il progressivo esodo dei giovani che non vedono opportunità di impiego e di crescita (44,0%), la criminalità organizzata (25,1%), la scarsa disponibilità di infrastrutture viarie e di comunicazione (23,8%). Durante la pandemia, circa tre quarti della popolazione hanno dichiarato accettabile la propria condizione economica, mentre un quarto l’ha definita critica o molto critica. Per ritornare alla crescita, i cittadini attribuiscono importanza soprattutto alla possibilità di godere di una buona salute (36,8%), mentre il 22,5% dichiara che occorre puntare sulle imprese e favorire innanzitutto le attività produttive.
«Dalla ricerca condotta dal Censis infatti – ha proseguito Algieri – si ricava proprio quella capacità dei corpi intermedi di “guardare dentro”, di valorizzare le risorse esistenti nel territorio, di offrire una prospettiva e una visione intorno alle quali far convergere le attese e le aspettative di chi è impegnato nell’attività d’impresa, di chi lavora, di chi accompagna i processi di superamento delle disuguaglianze. Si tratta di un’azione da condurre lungo i due versanti della crescita e del contenimento dei rischi sociali, che si traduce in una partecipazione alla progettazione delle politiche pubbliche locali che nessun processo di disintermediazione è in grado di sostituire». (rcs)