di SANTO STRATI – Due giorni a parlare di crescita e sviluppo, di programmi e progetti, ascoltando autorevoli studiosi, esperti e docenti universitari: il convegno “La Calabria che vogliamo”, promosso dagli industriali reggini insieme con l’Università Mediterranea ha tracciato un solco importante, una linea di demarcazione tra il passato e il futuro. Non ci sono soluzioni da bacchetta magica, ma indicazioni importanti su quello che si deve fare e come si deve fare. Una cosa prevale su tutto: serve avviare un grande piano di comunicazione che demolisca i luoghi comuni e aiuti a disegnare il vero volto della Calabria. Lo stereotipo di una terra dove il malaffare regna quasi sovrano ha distrutto la reputazione di questa generosa e orgogliosa terra: esiste la malapianta della ‘ndrangheta e della criminalità organizzata, ma prevale anche la bella realtà degli industriali calabresi che, con grande fatica e a costi a volte insopportabili, continuano a credere in questa regione, nella loro terra, e progettano, investono, studiano nuove opportunità di crescita. C’è l’esempio delle tante eccellenze nel campo dell’impresa, aziende anche a respiro internazionale che danno il senso di come questa terra possa produrre egregiamente e farsi apprezzare.
Dunque, la reputazione. Come afferma il presidente Giuseppe Nucera nell’intervista video a Calabria.Live, come si possono attrarre investimenti se manca la reputazione? Ci sono risorse straordinarie, sia umane che del territorio: le università calabresi sfornano talenti, ci sono migliaia di ettari che un’agricoltura intelligente può trasformare in ricchezza, c’è un patrimonio unico di bellezze paesaggistiche, ambientali e artistiche che basterebbero da sole a far diventare la Calabria la California non d’Italia ma d’Europa, grazie anche a un clima mite che fa sognare i “nordici”. E allora? Cosa si aspetta a “ricostruire” la vera e autentica immagine della Calabria?
Tra l’altro, da questo convegno è emerso un dato incredibile che dovrebbe indurre i nostri governanti a rivedere completamente la colpevole assenza di programmazione turistica nel Sud. Da un serio sondaggio svolto dal Dipartimento europeo di studi sulla reputazione e i fenomeni sociali, presieduto dal prof. Mauro Alvisi – che ha presentato i dati nel corso del convegno reggino – la Calabria in Italia è al quinto posto come reputazione in ambito turistico, ma conquista il secondo posto, dopo la Toscana, nella reputazione turistica mondiale. Agli stranieri, insomma, piace la Calabria e soprattutto il carattere dei calabresi, il loro spiccato senso di accoglienza, la naturale empatia che sanno suscitare nel forestiero. C’è di che essere orgogliosi, se non fosse che, poi, le aspettative dei viaggiatori si scontrano con la mancanza di infrastrutture, collegamenti difficili e complicati, strutture non sempre all’altezza della domanda di qualità che il flusso turistico (quando diventa tale) si sente autorizzato a chiedere.
Ecco, l’internazionalizzazione – come è emerso dal dibattito condotto con sagacia e grande equilibrio dal mass-mediologo Klaus Davi – non riguarda solo la possibilità per le aziende calabresi di portare i propri prodotti all’estero, ma anche la canalizzazione di flussi turistici che facilmente potrebbero essere intercettati. Non dimentichiamo la “missione” dell’associazione tedesca delle agenzie di viaggio che proprio a Reggio ha tenuto, nei mesi scorsi, il suo importante congresso. Centinaia di operatori del turismo hanno girato in lungo e in largo la Calabria restandone entusiasti. Arriveranno i tedeschi quest’estate? Di sicuro non c’è un collegamento diretto con gli aeroporti della Germania (anche se era stato fatto immaginare dalla Sacal) e non c’è un piano di comunicazione destinato a “convincere” migliaia di vacanzieri a scegliere la Calabria. Che sia mancato (e tutt’ora non c’è) un assessore regionale al Turismo (la delega l’ha trattenuta il presidente Oliverio) qualcosa vorrà pur significare…
Dicevamo degli aspetti positivi del convegno: a partire dal rettore di UniMediterranea Marcello Zimbone, che ha auspicato la sparizione dell’individualismo per costruire tutti insieme, industriali, università, aziende, il percorso di crescita che la Calabria si merita, fino ai vibranti interventi dell’ambasciatore Antonio Morabito o del vicepresidente di Civita Giorgio Sotira che hanno fatto capire quanto sia importante incontrarsi e parlare. Gli interventi di questi giorni, di economisti come Marco Ginanneschi (esperto di fondi comunitari), Matteo Olivieri e Felice Arena, hanno dato un contributo di idee davvero notevole: occorre riunirsi più spesso, scambiare idee ed opinioni, valutare suggerimenti e attuare accorgimenti che emergono dal dibattito.
L’agricoltura e il turismo sono due motori di sviluppo straordinario, ma richiedono competenze e capacità operative che l’università può aiutare a formare. È solo l’inizio di un percorso, di una piattaforma dove far affluire i contributi di quanti hanno a cuore questa terra, indipendentemente dalle loro radici. Tanto, chi viene giù, s’innamora di questa terra e si autoproclama, orgogliosamente, calabrese d’adozione. Occorre, però, lavorare tutti insieme ed alzare la voce con un governo, con qualsiasi governo, che, stupidamente possa ritenere la Calabria un caso disperato e senza soluzioni. Niente di più sbagliato: se riparte la Calabria, riparte l’Italia. Lo tengano bene a mente gli attuali governanti e quelli che verranno. E se lo ricordino gli elettori, quando torneranno alle urne: è ora di dire basta a promesse e rinvii. Ed è partito da Reggio questo desiderio di riscossa, non più rinviabile per costruire “la Calabria che vogliamo” per noi, ma soprattutto per i nostri figli. (s)
Nella foto di copertina. Giuseppe Nucera, presidente degli industriali reggini