Legambiente Calabria ha espresso preoccupazione per la proposta di legge presentata dal PD Calabria in Consiglio regionale, per abrogare l’articolo 14 della legge regionale che introduce il divieto di realizzare impianti di produzione energetica alimentati a biomasse nei parchi nazionali e regionali con una potenza superiore a 10 MW termici, prevedendo anche il depotenziamento degli impianti già esistenti.
Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria e Antonio Nicoletti, responsabile Aree Protette Legambiente Nazionale, hanno spiegato che si tratta di una misura «che, seppur giudicata da Legambiente ancora insufficiente, rappresenta un primo passo importante. L’associazione, infatti, ritiene necessario estendere tale divieto a tutto il territorio regionale, vietando la costruzione o il mantenimento in esercizio di centrali a biomasse che producono esclusivamente energia elettrica».
«I consiglieri regionali promotori della proposta di abrogazione sostengono che tale iniziativa serva a tutelare un settore strategico per l’economia e l’ambiente regionale, citando come esempio la centrale a biomasse del Mercure, definita un modello “virtuoso” di produzione energetica sostenibile», hanno detto, sottolineando come si tratta di «una tesi che Legambiente reputa surreale e priva di fondamento».
Legambiente, dunque, auspica che la Regione Calabria non faccia passi indietro e prosegua nella promozione di fonti energetiche davvero sostenibili, contrastando scelte insostenibili come il mantenimento in esercizio delle grandi centrali a biomasse.
«Legambiente ha sempre espresso un giudizio fortemente negativo sulla centrale del Mercure – hanno ricordato Parretta e Nicoletti – sia per la sua collocazione all’interno di un Parco Nazionale e in un’area tutelata da normative comunitarie, sia per le sue dimensioni e il tipo di attività».
«Si tratta di un impianto da 35 MW – hanno spiegato – autorizzato durante il governo Renzi contro il parere dell’Ente Parco e in violazione di normative ambientali. La centrale utilizza legno vergine che non proviene da filiere corte locali né da foreste gestite in modo sostenibile o certificato, contravvenendo così ai principi della Strategia europea per le foreste 2030. Questa strategia punta a migliorare la qualità delle produzioni forestali, favorire l’efficienza delle filiere foresta-legno e promuovere un utilizzo sostenibile delle risorse forestali».
«Un sistema come quello del Mercure – hanno proseguito – che produce esclusivamente energia elettrica, è incompatibile con i criteri di sostenibilità ambientale, economica e sociale. L’utilizzo intensivo e insostenibile della biomassa contraddice gli impegni internazionali sottoscritti dall’Italia per contrastare i cambiamenti climatici, conservare la biodiversità e promuovere la decarbonizzazione dell’economia».
«La biomassa forestale – hanno spiegato – può essere considerata una fonte rinnovabile e sostenibile solo se utilizzata in un modello che rispetti il principio a cascata delle risorse agroforestali».
«Questo significa – hanno aggiunto – materie prime provenienti da filiere corte locali; utilizzo di scarti non destinabili a usi migliori; ritmi di sfruttamento inferiori al tasso di ricrescita dei boschi e delle foreste; rispettare criteri igienici e ambientali, nonché limiti alle emissioni in atmosfera».
«La realizzazione di impianti di grande taglia all’interno dei parchi nazionali e regionali– hanno detto ancora – come il funzionamento di centrali esistenti quali quella del Mercure, contraddice palesemente questi principi e rende inevitabile la loro chiusura. Lo stesso destino dovrebbe riguardare tutte le grandi centrali a biomasse calabresi che producono esclusivamente energia elettrica».
Per Parretta e Nicoletti, dunque, «il PD calabrese dimostra una visione miope sul tema delle biomasse. Per un reale sviluppo sostenibile della regione, è fondamentale promuovere un modello basato sulle agroenergie (biomasse solide, biogas, ecc.) che rafforzi i settori agricolo, forestale e zootecnico in chiave ecologica, sociale ed economica. Ciò implica: un censimento accurato delle biomasse locali (agricole, forestali, agroindustriali, urbane); la definizione di criteri per la sostenibilità degli impianti; la localizzazione di impianti di piccola scala integrati con il territorio».
«L’unica strada possibile per la Calabria – hanno sottolineato – è adottare i principi della bioeconomia circolare, che puntano alla produzione di cibo, biomateriali e bioenergia mantenendo il massimo valore delle risorse il più a lungo possibile. Ciò significa: utilizzo a cascata della biomassa; riciclo delle risorse; conservazione del capitale naturale; coinvolgimento delle comunità locali nella scelta e nella gestione degli impianti».
«Un modello di sviluppo eco-sostenibile – hanno concluso – basato sulla decarbonizzazione e sulle energie rinnovabili, è l’unico capace di garantire occupazione di qualità senza compromettere l’ambiente». (rcz)