Legambiente Calabria, Basilicata e Maratea hanno espresso preoccupazione in merito agli impianti idroelettrici sul Fiume Noce, chiedendo che «Regione Basilicata e Regione Calabria adottino una posizione chiara e ci appelleremo al Ministro dell’Ambiente affinché si faccia una verifica e si adottino gli opportuni provvedimenti».
Antonio Lanorte, presidente di Legambiente Basilicata, Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria e Giuseppe Ricciardi, presidente di Legambiente Maratea, hanno lanciato l’allarme per quanto sta avvenendo sul corso del Fiume Noce interessato ufficialmente da 8 centraline idroelettriche autorizzate.
Il fiume Noce, infatti, è un corso d’acqua di 45 km che nasce alle falde settentrionali del Monte Sirino, sul versante tirrenico della Basilicata e sfocia nel Mar Tirreno, segnando per oltre 10 km nel suo ultimo tratto il confine tra Basilicata e Calabria, che peraltro è quello maggiormente interessato dai progetti (ben 3).
«Innanzitutto, come è evidente – ha detto Ricciardi – colpisce il numero degli impianti idroelettrici che interessano il corso d’acqua. Al momento, solo considerando quelli autorizzati, ci sarebbe in media una centralina per nemmeno 6 km di fiume. Un numero che appare oggettivamente spropositato. E che ci preoccupa non poco».
In generale, la proliferazione degli impianti che si riscontra in Italia in questo momento è certamente il frutto della presenza di incentivi agli impianti idroelettrici nei corsi d’acqua naturali, garantito anche dal decreto Rinnovabili Fer 1, ma anche da frequenti aggiramenti della Direttiva Quadro europea sulle Acque.
«Pertanto – ha sottolineato Lanorte – la nostra prima richiesta a Regione Basilicata e Ministero dell’Ambiente è verificare se gli impianti autorizzati sul fiume Noce rispettino la Direttiva Quadro».
«Entrando nel merito degli aspetti relativi all’impatto ambientale degli impianti autorizzati – ha continuato Lanorte – il primo elemento che va sottolineato riguarda l’evidente incompatibilità di tali impianti con gli interventi in corso da più di 20 anni messi in atto dai comuni di Maratea e Tortora (oltre che dalle due Regioni e Autorità di Bacino) per il riordino del tratto terminale del fiume Noce ai fini della protezione dei rispettivi litorali».
«I progetti autorizzati per le centraline idroelettriche – ha sostenuto Parretta – prevedono la costruzione di opere che sono di ostacolo al trasporto solido e che producono danni ambientali al ripascimento naturale delle spiagge di Maratea, Tortora e Praia a Mare. Infatti, la ricostruzione delle briglie rischia di annullare gli interventi realizzati di riduzione progressiva delle stesse eseguite a partire dall’anno 2001 di ripristino del profilo idraulico originario e che sono finora già costati oltre 2,5 milioni di euro di fondi pubblici».
«Tali interventi – ha aggiunto – riguardano nello specifico la riduzione progressiva di tutte le briglie che ostacolano il trasporto solido fluviale che alimenta i litorali e la non ricostruzione di quelle esistenti e scalzate dal regime fluviale per ripristinare il profilo idraulico originario di equilibrio che fu modificato dalla costruzione di argini e traverse non ben dimensionate nella seconda metà degli anni ’80».
«Inoltre – ha proseguito Lanorte – poiché la Regione Basilicata ha emesso un parere di non invio a Via tali progetti, essi non sono corredati di valutazione dell’impatto ambientale dei danni prodotti sull’intero bacino fluviale e sul litorale sotteso e non posseggono i requisiti ambientali minimi riguardo alla compensazione dei danni prodotti che non vengono valutati e stimati nel tempo intero di vita dell’opera. Tanto più che se le opere di compensazione necessarie di ripristino della continuità del trasporto solido e di ripascimento dei litorali fossero state previste esse avrebbero reso gli interventi non convenienti per l’operatore privato perché avrebbero messo in crisi la stessa remunerazione economica dei progetti».
Altra questione rilevante, riguarda l’impatto dei tali impianti sul regime idrico e le condizioni biologiche del corso d’acqua. La stessa Direttiva 2000/60 CE indica che per la salute del fiume, non basta rilasciare un “Deflusso Minimo Vitale” definito a priori, ma è necessario che il fiume mantenga, e dove sta male raggiunga, un “buono” o “elevato” Stato Ecologico.
Tale Stato Ecologico va misurato con tutta una serie di indici basati sullo stato degli elementi biologici (pesci, macroinvertebrati, piante acquatiche), chimico-fisici (inquinamento) e idromorfologici (artificializzazioni, sedimenti, forme fluviali, regime idrologico). Se questi elementi peggiorano il proprio stato a seguito della realizzazione/gestione di un impianto idroelettrico, viene violato uno dei principi cardini della Direttiva e cioè il concetto di “ non deterioramento”.
La valutazione dello stato ecologico del fiume risulta, nel caso specifico del Noce, un elemento, se possibile, di maggiore rilevanza considerando che alcune centraline, in particolare i 3 impianti collocati negli ultimi 10 km (in località Parrutta e Saporitana nel comune di Trecchina e in località Milossina nel comune di Maratea) sono all’interno di aree Sic, Siti di Interesse Comunitario (Sic Valle Noce IT9210265 e Sic Marina di Castrocucco IT9210155). Ebbene per nessuno degli interventi viene valutato l’impatto sugli habitat e quindi sullo stato biologico del fiume.
Difatti, la Valutazione d’Incidenza (cioè lo strumento che si usa per valutare l’impatto ambientale di opere nei Sic) quando è presente per gli impianti in questione, contiene elementi del tutto generici e largamente ininfluenti in relazione alla compatibilità delle centraline con gli habitat protetti.
«Altro elemento fondamentale da considerare – ha concluso Lanorte – è l’assenza di qualsiasi valutazione dell’impatto cumulativo di più impianti sullo stesso corso d’acqua. È chiaro che, anche nei casi in cui ciascuno degli impianti, preso singolarmente, presenti un impatto limitato sul corso d’acqua interessato, il loro impatto cumulativo (es. in relazione all’alterazione morfologica e alla limitazione della dinamica laterale, del trasporto solido, o della continuità longitudinale) può diventare critico e non compatibile con gli obiettivi di qualità complessivi. Inoltre va tenuto presente che diversi fattori di pressione si manifestano (e quindi cumulano con altri) a scale temporali diverse, più o meno ampie».
In conclusione, secondo Legambiente ci sono tutti gli elementi per lanciare un allarme su quanto sta avvenendo sul Fiume Noce e per questo chiediamo alle due Regioni un approfondimento urgente della situazione esistente e ci appelliamo al Ministero dell’Ambiente per verificare procedure autorizzative e rispetto dei requisiti ambientali.
Inoltre, il caso del fiume Noce dimostra che occorre sicuramente rivedere le regole per l’idroelettrico prevedendo regole chiare nella tutela dei corsi d’acqua, che spingano al recupero energetico da acquedotti e a un utilizzo più efficiente degli impianti esistenti, per mantenere la produzione idroelettrica di cui abbiamo bisogno nella transizione energetica.
L’Italia è tra i maggiori produttori di energia idroelettrica in Europa e la fonte idraulica è quella che garantisce il principale contributo alla produzione di energia elettrica nazionale da rinnovabili nel nostro paese. I piccoli impianti sono, però, molte volte realizzati in contesti che conservano un’elevata qualità ambientale e le autorizzazioni a costruire sono spesso state date in violazione della Direttiva Acque.
I cambiamenti climatici in atto obbligano sempre più ad un’attenta valutazione del contesto ambientale in cui si opera, e per quanto concerne le risorse idriche e i corsi d’acqua il tema si fa ancora più delicato.
È urgente avviare interventi di rinaturazione fluviale diffusi per recuperare le aree di esondazione naturale e restituire naturalità ai fiumi per aumentare la sicurezza, tutelarne la biodiversità e avviare una seria politica di adattamento ai cambiamenti climatici. (rrm)