di AMALIA BRUNI – «Noi ci aspettiamo un aiuto dal Governo nazionale per risolvere i nostri problemi e non un ulteriore affossamento. Questa norma è un ostacolo serio alla tutela della salute in Calabria. Una ulteriore minaccia al già compromesso sistema sanitario regionale. E’ un progetto che servirà solo a dargli la mazzata finale. L’autonomia differenziata, ex articolo 116 della Costituzione, di fatto metterebbe in ginocchio tutto il comparto. Così rischiamo di cancellare per i calabresi l’articolo 32 della Carta costituzionale, con il quale si sancisce il diritto inequivocabile alla salute».
Sono le parole testuali che ho scritto esattamente un anno fa quando si parlava di Autonomia Differenziata e oggi, purtroppo, devo constatare che sono stata facile profeta perché la bozza di disegno di legge presentata dal Ministro Calderoli ai Presidenti delle regioni di, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, si fonda su un equivoco e cioè che di fronte a una minima autonomia legislativa in materia di sanità, insieme ad un’efficienza gestionale e organizzativa, si possa contrastare un sistema ingiusto e iniquo di finanziamento del Servizio regionale sanitario.
Ci troveremmo di fronte a un sistema di divisione dei fondi fortemente penalizzato dalla quota capitaria storica rispetto a quella più equa e funzionale dei costi e fabbisogni che vengono fuori da un’analisi dinamica e oggettiva svolta sul territorio in base a domanda e bisogni. Rischiamo, in questo modo, noi calabresi di non riuscire a sviluppare un sistema sanitario efficiente e saremo costretti sempre più ad aumentare la migrazione sanitaria.
Lo Stato ha il dovere nei nostri confronti, di tenere in considerazione tanti altri fattori che non possono non pesare sulle decisioni da prendere. Se è vero che noi produciamo più energia di tutti è tuttavia vero che da noi si muore prima, che abbiamo la mortalità infantile del 50 per cento più alta che nel resto d’Italia, e abbiamo il maggior numero di patologie e anche il Pil più basso d’Europa. Di conseguenza la cosiddetta “spesa storica” non ci metterà mai nelle reali condizioni di uscire da questa situazione.
Quando l’anno scorso ho scritto la nota a cui ho fatto riferimento prima, ho sperato che questo processo, iniquo e che affossa Sud in generale e la Calabria in particolare, non sarebbe andato avanti contando sul buon senso e sulla lungimiranza di chi ci governa e che dovrebbe tenere a cuore il benessere di tutto lo Stato e non solo della parte più ricca.
È chiaro che sbagliavo. La Calabria non ha bisogno di differenziarsi ma piuttosto di armonizzarsi al resto delle regioni avanzate operando una profonda rivisitazione della rete ospedaliera finalmente contestualizzata ai bisogni epidemiologici e alla razionalizzazione delle risorse dei posti letto, che da tanti anni naviga sotto la soglia minima in Italia. E, inoltre, c’è la necessità urgente di riformare la medicina territoriale, che dovrà essere il primo importantissimo baluardo dell’assistenza sanitaria per i cittadini, senza dimenticare l’emergenza-urgenza, tenuto conto della gravissima crisi in cui versa il 118 per la mancanza ormai cronica di medici. La conclusione non può che essere identica a quella espressa già un anno fa: non ci serve una norma che incarna quel sogno leghista mai abbandonato di separatismo e non di federalismo.
È del tutto evidente che il disegno così concepito, e fortemente voluto dalla Lega Nord, stride con l’idea di patria unita da sempre sbandierata dalla destra ora al governo. Dobbiamo opporci con tutte le nostre forze, penso innanzitutto a un Coordinamento del Mezzogiorno che coinvolga sindaci, amministratori, Presidenti di Regione, a un’alleanza con le forze sociali e culturali.
Penso con terrore al disastro che porterebbe, ad esempio, la regionalizzazione dell’Istruzione. Per tutte queste ragioni ritengo urgente un confronto in Consiglio Regionale nel quale l’opposizione deve arrivare con una posizione unitaria attraverso la presentazione di una mozione che sia di ferma condanna a questa proposta. (ab)