di FRANCO CIMINO – Lo si era auspicato. Lo si era affermato con certezza. Io con ancora con più determinazione. Per fiducia nel cittadino. Per stima verso il tifoso più acceso. Per la certezza di ogni bellezza posseduta dalla nostra Città. Ché una Città che voglia essere libera, aperta, democratica, deve far leva sull’alto livello di civiltà conseguito nei tanti secoli della sua storia onorata. Questo vale soprattuto per le città che hanno il ruolo guida formalizzato.
Quello della nostra, deve pure essere riconquistato con fatti inoppugnabili, con il valore da tutti riconosciuto, affinché davvero si operi, con un faro al centro della Calabria, per l’unità vera della nostra terra. Lo sport e il calcio, in particolare, da noi molto sentito, possono contribuire a questa autentica opera di bellezza. A volte, esso fa più della cultura in sé. Più della Politica, quand’essa volesse e essere detta con voce chiara è scritta con la maiuscola. Ieri al Ceravolo è andata in scena una Bellezza autentica. Quella di un pomeriggio di Sport. Di una partita agonisticamente bella. Tecnicamente buona. Educata. E civile. A creare questo spettacolo assai raro negli stadi hanno unitariamente concorso più soggetti. Li elenco. I calciatori, tutti i trenta scesi in campo, educati, corretti, civili, perfino gentili. Non ci sono stati falli rilevanti e gesti offensivi. L’arbitro, che non ha sbagliato un solo fischio. Bella personalità.
Preparato sul piano atletico e tecnico. Simpatico pure. E il pubblico, da ambedue le parti contrapposte. I nostri tifosi, dodicimila almeno, per le due ore di stadio, tutti corretti ed educati. E quella curva storica che ha compiuto da poco cinquant’anni di vita, che si è preparata bene per l’occasione. Io che temevo potesse sbagliare, mi sono divertito anche all’ascolto di quei cori particolari, di parole “non pulite” condite. Mi hanno divertito un sacco. Uno in particolare, che ripeto: «cosentini tutti figli di padre Fedele».
Anche un altro che non ripeto, però divertente assai. Sono rimasto al mio posto fino a quando non si è svuotato l’ultimo settore. Mi sono goduto lo spettacolo del dopo il fischio finale dell’arbitro. Mi è piaciuto anche Pietro, il capitano, il marinoto, fratello amato di Federica, la mia alunna bravissima per cinque anni al Liceo delle Scienze Umane. Quella maglietta sotto la divisa con quella scritta mi è piaciuta, come anche il breve gestuale lungo il tragitto verso gli spogliatoi. Continuo l’elenco. I tifosi del Cosenza, gli ultras, soprattutto. Tanto colore, qualche “bombetta” di Natale forse di troppo (il controllo alle porte?), i soliti cori di sfottò.
Ma nulla di fastidioso o di antipatico. Bravi e belli. E, ancora, le forze impegnate dall’Amministrazione Comunale in un servizio d’ordine perfetto, come quello messo in campo da Prefetto, Questura, Carabinieri. Bravissimi tutti. E, qui, anche il Sindaco per averlo pensato e coordinato. Per la proposta mia avanzato ieri (incontro di ospitalità fattiva e “politica” al sindaco di Cosenza e al “cosentino” presidente Occhiuto) si può fare presto e ancor meglio. Sono certo che questa volta lui mi ascolterà. Continuo a elencare, ma chiudendo per il momento, anche per non farla lunga. Dico dei due veri grandi acquisti del Catanzaro, che porteranno prestissimo la squadra in serie A. Sono i gemelli, questi davvero gemelli e di poco diversi( uno dei due comprenderà questa precisazione), che vanno tanto d’accordo da mostrare al mondo il valore di una fratellanza acquisita… sul “campo”. I loro nomi? Ma li sanno tutti! Li scrivo, comunque, Vincenzo Vivarini e Floriano Noto. Insieme hanno costruito un bel giocattolo. Il nostra allenatore, una squadra che vince giocando benissimo e divertendo la più vasta platea calcistica nazionale. Il nostro presidente, una società sana e sicura, che offre serenità e fiducia al grande parco giocatori, numeroso e valente, e serenità al tifo più caldo e corretto d’Italia.
Con questo armamentario e questo esercito, il Catanzaro non può porsi limiti di alcun genere. Alla squadra, dicono, mancherebbe qualcosa. Io non sono il più bravo “allenatore” del bar sport, e non saprei dire se non che non avrei fatto andar via il nostro valoroso capitano, Luca Martinelli. Mi sembra manchi uno come lui. Tuttavia, Vivarini saprà inventare, mi pare vi stia già riuscendo, le soluzioni giuste anche con l’organico disponibile. Con questa squadra e questo pubblico e questa società e questa Città, si può andare ovunque. E non bisognerà attendere molto. Ché ci siamo già. Detto questo, per essere confermati in ciò che anche qui ho detto che noi catanzaresi siamo, non possiamo non stigmatizzare duramente l’episodio di gratuita violenza consumato prima della partita da un piccolo manipolo di catanzaresi, assurdamente privi di testa, ai danni di un’auto di colore scuro interrotto da quelli rossoblu.
Il video, che sarebbe stato preceduto, poco lontano dal luogo ripreso, da una sassaiola che ha frantumato i vetri posteriori, ha fatto il giro della rete, mostrando ingiustamente l’immagine di una Città violenta. Immagine non veritiera perché non corrispondente alla Catanzaro giallorossa di oggi, come, tranne quelle poche eccezioni note di anni passati, ha dimostrato di essere. Poco importa che quei nostri “guerrieri” abbiano sbagliato l’assegnazione di quei colori, che invece che il rossoblu del Cosenza erano, invero, della Vibonese. Il gesto è gravissimo. Dispiace molto che la Società e le istituzioni, specialmente quella comunale, non abbiano più apertamente e più severamente condannato l’incredibile fatto. E chiesto scusa, con riparazione di ogni danno, agli sfortunati tifosi giallorossi provenienti dall’antica fedeltà vibonese. Siamo ancora in tempo per farlo. (fc)