di MAURIZIO DE LUCA – Il salario minimo può essere uno strumento, ma non l’unico, per aumentare il reddito dei lavoratori.
L’introduzione di una norma sul salario minimo può rappresentare una soluzione per le persone che lavorano al di fuori dei contratti collettivi nazionali (CCNL) o con CCNL non sottoscritti dai sindacati e dalle associazioni maggiormente rappresentative. Tuttavia, allo stesso tempo, la sua introduzione, se non accompagnata da altre norme, in primis la legge sulla rappresentanza, rischia di creare effetti negativi sul mercato del lavoro. Riteniamo che i livelli minimi salariali debbano essere definiti dalle Parti sociali maggiormente rappresentative attraverso i CCNL di settore, i quali dovrebbero essere considerati come vincolanti per tutti, obbligando gli altri CCNL all’adeguamento.
I redditi al di sotto della soglia di povertà, soprattutto nei settori degli appalti pubblici, possono essere incrementati mediante l’introduzione di un sistema certo di revisione dei prezzi da parte dei committenti, che tenga conto anche degli aumenti contrattuali, oltre alla possibilità di uscire definitivamente da gare al massimo ribasso. Una eventuale soglia stabilita per legge dovrebbe essere sottoposta a una verifica continua, che tenga in considerazione l’andamento generale dell’economia. Il salario orario da confrontare con la soglia stabilita deve tenere conto di tutti gli elementi che lo compongono, quello che per consuetudine viene chiamato TEC – Trattamento Economico Complessivo. E soprattutto è necessaria una nuova politica attiva del lavoro, che si imperni su un nuovo rapporto tra le imprese e i Centri per l’Impiego (CPI).
Le politiche attive del lavoro possono essere supportate solo da un cospicuo investimento pubblico; il programma Gol, il Fondo Nuove Competenze, Garanzia Giovani e più in generale il sistema delle Did (dichiarazioni di disponibilità individuali) seppur utili, non sono sufficienti. È necessario che la spinta alla ricollocazione dei singoli potenziali lavoratori sia più forte da parte di Anpal e di tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nelle politiche attive, ma soprattutto che le imprese siano portate a privilegiare i canali di reperimento del personale a carattere formale. È il momento del confronto e dell’azione comune nell’interesse prioritario dei lavoratori e delle lavoratrici, senza distinzioni.
[Maurizio De Luca è vice presidente regionale di Legacoop Calabria e responsabile regionale di Legacoop Produzione e Servizi]