L'AVVOCATO ERNESTO MANCINI INDICA QUINDICI MOTIVI PER CUI LA LEGGE DEVE ESSERE ABROGATA;
L'UNICO STRUMENTO CONTRO AUTONOMIA È IL REFERENDUM: PERCHÈ SI DEVE FIRMARE

L’UNICO STRUMENTO CONTRO L’AUTONOMIA
È IL REFERENDUM: ECCO PERCHÈ FIRMARE

di ERNESTO MANCINILa legge Calderoli sull’autonomia regionale differenziata va abrogata tramite referendum nazionale perché è frutto di una concezione errata del regionalismo in quanto sceglie quello competitivo ed egoistico a fronte di quello cooperativo e solidale come invece previsto dai Padri Costituenti nel 1948.  Neppure il legislatore costituzionale riformatore del Titolo V nel 2001 ha mai inteso spingersi fino al punto da consentire una tale prospettiva discriminatoria perché in contrasto con le norme costituzionali di uguaglianza dei cittadini nonché di unità ed indivisibilità della Repubblica ai sensi degli artt. 3 e 5 e 7 della Costituzione.

Perché la legge sull’autonomia differenziata consente alle Regioni di legiferare in via esclusiva sui diritti fondamentali dei cittadini quali salute ed istruzione che possono trovare origine e disciplina solo nelle leggi del Parlamento e nell’ambito di una visione unitaria ed ordinata su tutto il territorio nazionale. Le Regioni concorrono con lo Stato per tali diritti fondamentali ma non possono sostituirsi ad esso.

Perché il trasferimento massivo alle Regioni, così come richiesto da Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna di gran parte delle materie di legislazione, svuota la funzione dello Stato quale ente titolare delle scelte strategiche e delle normative fondamentali per lo sviluppo dell’intero Paese (per esempio: energia, trasporti, ambiente, beni culturali, attività produttive, ecc.). Viene così pregiudicata, nelle anzidette materie fondamentali, anche la legittimazione e la capacità negoziale dello Stato nei rapporti interni con le altre Istituzioni e nei rapporti internazionali con altri Stati.

Perché il regionalismo è già negativamente differenziato i gravi ritardi del Sud rispetto al Nord su diritti fondamentali come sanità, lavoro, protezione sociale, per cui un’ulteriore differenziazione aggraverebbe ancor di più il distacco fra le diverse realtà regionali. A tale divario contribuisce in modo rilevante l’antico ed infausto criterio della distribuzione delle risorse in base alla spesa storica per i servizi, la quale non comprende spese per lo sviluppo quali-quantitativo dei servizi medesimi. Perciò, se come già accade, un comune del nord viene finanziato per 15 asili nido ogni 100.000 abitanti ed un comune del sud per 3 asili nido per lo stesso numero di abitanti, il divario rimane permanente non ricevendo il Comune del sud alcun finanziamento per il miglioramento della propria offerta e la conseguente riduzione del distacco.

Perché autorevoli istituti (Eurispes, Svimez) nel corso del 2020 hanno calcolato che, violando il criterio della distribuzione delle risorse in base alla percentuale della popolazione residente (34% al Sud), alle Regioni del Mezzogiorno sono stati sottratti finanziamenti nel periodo 2000 – 2017 per circa 840 miliardi di euro, in media 46,7 miliardi l’anno. Con l’aggravante, secondo tali istituti, che dette risorse sono finite al nord. Quanti posti di lavoro si sarebbero potuti creare per evitare migrazioni al nord o all’estero di giovani lavoratori? Quanta maggiore quantità e qualità di servizi pubblici ci sarebbe potuti erogare nelle Regioni del Sud?

Perché è infondata la tesi opposta secondo cui l’arretratezza del Sud è dovuta ad alcune manifeste incapacità della propria classe dirigente politica o alla criminalità invasiva della Pubblica Amministrazione. A parte il fatto che il livello della classe politica appare uniforme verso il basso su tutto il territorio nazionale, va ricordato che i peggiori casi di criminalità politica corruttiva si sono verificati proprio nelle Regioni del Nord Italia e segnatamente nelle Regioni Veneto e Lombardia oggi reclamanti massima autonomia. Si veda, per il Veneto, il caso del Governatore Galan (concussione, corruzione, Mose di Venezia e Villa Rodella); per la Lombardia, il caso del Governatore Formigoni per i favori corruttivi alla sanità privata della sua Regione (Fondazione Maugeri e San Raffaele). Ora, per la Liguria, sub iudice Toti per corruzione e, in ogni caso, anche a prescindere dalla sussistenza dei reati, grave violazione del principio costituzionale di imparzialità per cui un Amministratore Pubblico non può ricevere finanziamenti da soggetti destinatari di suoi importanti provvedimenti concessori (Porto di Genova).

Perché il regionalismo differenziato crea una deleteria asimmetria delle competenze e perciò dei poteri e delle responsabilità pubbliche, nel senso che in alcuni territori una determinata materia sarà di competenza statale in altro regionale con conseguente caos normativo e frammentazione amministrativa gravemente pregiudizievole per cittadini, associazioni ed imprese nonché in violazione dell’art. 97 della Costituzione che impone “il buon andamento” della Pubblica Amministrazione.

Perché per molte materie (es.: ambiente, protezione civile, ecc.) i confini regionali hanno senso solo per la gestione amministrativa delle stesse in ambito specifico mentre richiedono globalità degli interventi legislativi ed amministrativi, uniformità della programmazione pubblica per tutto il territorio nazionale ed efficaci economie di scala.

Perché per le materie costituzionali oggetto di autonomia differenziata la funzione regionale non può che essere di dettaglio e soprattutto organizzativa per la puntuale applicazione della legge statale (es.: riforma sanitaria quale legge dello Stato ed organizzazione regionale di servizi sanitari in applicazione della legge statale). Con la funzione legislativa-organizzativa dei servizi pubblici le Regioni hanno già la possibilità di garantire uno sviluppo competitivo ma non egoistico perché misurano la loro capacità organizzativa, innovativa e di gestione rispetto alle altre Regioni ferma restando la base di partenza a parità di legislazione e finanziamento pubblico secondo criteri di proporzionalità.

Perché del tutto fuorviante è la promessa dell’attuale legislatore di garantire parità di condizioni di partenza di tutte le Regioni definendo i livelli essenziali delle prestazioni (c.d. Lep). Infatti i livelli essenziali non si sostanziano in livelli uniformi e adeguati su tutto il territorio ma in livelli minimi di prestazioni con la conseguenza che sarà ulteriormente incoraggiato il divario tra chi è già ben al di sopra di tali livelli a danno degli altri che ne sono ancora ben al di sotto.

Perché il legislatore promette di definire i livelli essenziali delle prestazioni ma si guarda bene dal finanziarli sicché i detti livelli rimangono mere enunciazioni di principio utili, al massimo, per certificare, raffrontando le diverse realtà, le ingiuste discriminazioni tra Nord e Sud.

Perché questa autonomia differenziata è figlia delle concezioni secessioniste della Lega cui gli altri partiti di maggioranza sono inopinatamente venuti incontro concorrendo a realizzare un misfatto giuridico-costituzionale senza precedenti nella storia della Repubblica. Si tratta, infatti, di un patto scellerato consistente nello scambio di reciproci favori (premierato, autonomia differenziata, separazione carriere magistrati) pur essendo in gioco l’unità e l’indivisibilità della Repubblica.

Perché la stragrande maggioranza degli osservatori qualificati nelle materie costituzionali, economiche e finanziarie hanno chiaramente enunciato con formali interventi nella Commissione Parlamentare e nelle altre sedi pertinenti gli effetti negativi dell’autonomia differenziata come concepita dall’odierna maggioranza. In particolare, hanno svolto serie e motivate obiezioni Banca d’Italia, Confindustria, Ufficio Parlamentare di Bilancio, Svimez, Sindacati maggiormente rappresentativi, Conferenza Episcopale Italiana, Anci, Anpi, Acli, ed inoltre, solo per citarne alcuni, Presidenti emeriti e giudici della Corte costituzionale (Flick, De Siervo, Zagrebelsky,Maddalena) docenti universitari di chiara fama (Azzariti, Pallante, Viesti, Villone) ed esponenti della società civile tra cui i numerosi Comitati per il ritiro di ogni Autonomia differenziata, il Coordinamento per la democrazia costituzionale, il Forum Disuguaglianze e Diversità, il Rettore dell’Università per stranieri di Siena, i presidenti di The Good Lobby Italia e Openpolis, insieme a decine di intellettuali che da tempo si battono contro lo “spacca Italia”, a partire da Gianfranco Viesti (“la secessione dei ricchi”),Marco Esposito (Zero al Sud),lo scrittore Maurizio De Giovanni, Isaia Sales, docente di Storia delle mafie, Giuseppe De Marzo, Responsabile delle politiche sociali di Libera contro le mafie, e così oltre per centinaia di altre personalità a fronte del quasi nulla nel versante intellettuale e scientifico opposto.

Perché è del tutto generica e demagogica è la tesi opposta per cui l’autonomia differenziata comporta maggiore responsabilità per i politici del sud favorendo perciò lo sviluppo dei relativi territori. Le responsabilità sono collegate ai poteri legislativi ed amministrativi per cui la riduzione di questi rispetto ad altre regioni non può che comportare la riduzione delle relative responsabilità.

Perché, come ha detto il Presidente Sergio Mattarella in occasione della sua visita in Calabria del 30 aprile, «la separazione delle strade tra le Regioni del Nord e quelle del Sud comporta gravi danni alle une ed alle altre». (em)