SONO 44 LE CITTÀ CANDIDATE AL TITOLO: IL 30 APRILE LE PRIME 10 FINALISTE, IL 10 GIUGNO LA SCELTA FINALE;
Tropea

Orgoglio Tropea: al via la grande scommessa per farne la capitale italiana della cultura 2021

di MARIA CRISTINA GULLÍ – Sono 44 le città italiane che ambiscono al prestigioso titolo di “Capitale italiana della Cultura” e tra queste ce n’è una che riempie d’orgoglio i calabresi, Tropea. Non ha bisogno di presentazioni questa perla del Tirreno, conosciuta in tutto il mondo, simbolo di un turismo di valenza internazionale, meravigliosa realtà in un territorio che sogna da anni di smettere di essere la Cenerentola d’Italia, il Vibonese. La candidatura di Tropea, per questo motivo, dev’essere valutata con un un occhio attento da parte delle istituzioni calabresi perché il suo modello può diventare un grande volano di sviluppo per tutto il territorio e non solo, ma per l’intera regione, in termini di promozione sia culturale che turistica.

Come funziona questo singolare concorso che s’ispira, ovviamente, al modello di Città europea della cultura, per contraddistinguere un luogo identitario di progresso culturale e condivisione di arte e di ogni altra espressione di cultura e conoscenza. La cultura, non dimentichiamolo mai, in Calabria è l’unica vera arma contro il degrado, contro la mafia, unico antidoto per formare le generazioni al rispetto della legalità e del vivere insieme, nel rifiuto delle consorterie e del malaffare. Se la ‘ndrangheta e la delinquenza organizzata trovano terreno fertile nell’ignoranza e nell’incultura, promuovendo modelli e lusinghe per i giovani che abbandonano gli studi e non trovano sbocchi occupazionali, la cultura è il punto di forza per dare ossigeno e vitalità alle nuove generazioni che vogliono crescere in una terra sana e libera da condizionamenti, quale potrebbe diventare la nostra Calabria. Ovvero quella che sarà se, finalmente, i nostri governanti smetteranno di fare annunci e proclami e passeranno a una politica del fare che metta al primo posto le risorse inestimabili (e naturali) che questa terra possiede: un giacimento culturale unico e straordinario, da cui estrarre occupazione e sviluppo. Il turismo culturale, quello religioso, valgono molto di più del turismo balneare o sciistico che si concentra in pochi mesi dell’anno. In Calabria il turismo può contare su nove mesi di opportunità (senza esagerare e dire che si può pensare a una stagionalità che copra tutto l’anno) ma, in concreto, fino ad oggi la cecità dei nostri governanti, locali, regionali e nazionali, ha di fatto reso difficile se non impossibile sfruttare la mitezza del clima, unita alle meraviglie paesaggistiche e naturali, ai tesori archeologici dentro musei ai più sconosciuti e in tantissime aree all’aperto, spesso abbandonate alle intemperie metereologiche (vedi Sibari), che invece meriterebbero file lunghissime di visitatori.

La cultura è anche questo, non solo voglia di sapere e piacere di condividere conoscenza, approfondendo usi, costumi, tradizioni, teatro, musica, balletto, lettere e arti, che poi formeranno i ragazzi nel percorso che va dall’adolescenza all’età del lavoro: c’è questa domanda, eccezionale, di cultura da parte dei giovani calabresi che affollano le nostre straordinarie ed eccellenti università, ma poi vanno a spendere altrove le competenze acquisite, perché nessuno, nella loro terra, offre la pur minima opportunità di utilizzare capacità e ingegno. Perché i calabresi nel mondo conquistano abitualmente posizioni di grande rilievo in ogni campo? Perché sono preparati e hanno una carica in più, quel senso di appartenenza che stimola l’orgoglio della loro “calabresità” e fa capire che lo sforzo per crescere e affermarsi altrove richiede un impegno ben più gravoso. Sarebbero diventati importanti i tanti scienziati, i letterati, gli uomini di cultura e delle istituzioni che si sono distinti in ogni parte del mondo se fossero rimasti in Calabria? La risposta – facile – sarebbe no, invece è bello credere che, ferma restando la necessaria esperienza da maturare al di fuori del territorio di origine, se ci fosse stata la possibilità sarebbero tornati a donare le loro competenze a una terra che da madre si rivela, ancora oggi, matrigna verso figli che l’amano a dismisura, ancor di più quando vanno lontano.

Questa è la grande scommessa che i calabresi con Tropea, aspirante capitale italiana della cultura per il 2021, devono impegnarsi a vincere. La documentazione richiesta dal Mibact dev’essere presentata entro il 2 marzo e richiede l’intervento ai massimi e più autorevoli livelli perché sia ineccepibile. Non è in palio soltanto il milione di euro che il ministero destina alla città vincitrice, ma l’opportunità di fregiarsi di un titolo da spendere adeguatamente per dimostrare che Vibo, il Vibonese, la Calabria non sono da ultimi in classifica. Lo step successivo sarà il 30 aprile con la scelta – sulla base della documentazione presentata – delle dieci città finaliste, tra le quali il 10 giugno sarà indicata la Città italiana della Cultura del 2021. Quest’anno tocca a Parma, meravigliosa città d’arte, ma volete mettere quello che hanno da offrire Tropea e l’intera Calabria? (mcg)