di FILIPPO VELTRI – I numeri ci dicono sempre tutto nella loro apparente freddezza e dovrebbero indurre chi ci governa a capire che esiste un enorme, irrisolto problema che si chiama Sud e che invece di essere affrontato viene peggiorato addirittura.
Dai dati delle dichiarazioni dei redditi 2022 emerge, infatti, che il reddito complessivo dichiarato dagli italiani nel 2021 ammontava a oltre 912,4 miliardi di euro, 47 miliardi in più rispetto all’anno precedente (+5,5%) per un valore medio di 22.540 euro, in aumento del 4,5% rispetto al valore medio del 2020. La dinamica del reddito complessivo riflette l’aumento dei redditi da pensione, lavoro dipendente e lavoro autonomo grazie alla ripresa dell’economia post- Covid. Ripresa che, come emerge dai dati delle dichiarazioni dei redditi pubblicati dal dipartimento Finanze del ministero dell’Economia, ha visto un’accelerazione soprattutto al Nord.
La regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (26.620 euro), seguita dalla Provincia autonoma di Bolzano (25.680 euro), mentre la Calabria presenta il reddito medio più basso (16.300 euro).
Se è vero quindi che nel 2021 in media i redditi degli italiani sono aumentati, allo stesso tempo il divario tra le Regioni centro-settentrionali e quelle meridionali si è allargato ulteriormente. Nella classifica delle regioni in base al reddito medio complessivo quelle del Sud si piazzano agli ultimi posti: fanalino di coda la Calabria (16.190 euro), penultimo il Molise (17.390 euro), completano il fondo della classifica Sicilia (17.460 euro), Puglia (17.470 euro), Basilicata (17.510 euro) e Campania (18.130 euro). Sotto la media nazionale (22.540 euro) anche Sardegna (18.800 euro), Abruzzo (19.160 euro), Umbria (20.540 euro) e Marche (21.070 euro).
Se confrontiamo i dati dei capoluoghi, quello con il reddito medio complessivo più alto è Milano (33.703 euro), che segna un record anche per quel che riguarda l’aumento annuale con un +6,1% nominale e +4,1% al netto dell’inflazione. Seguono Bologna (26.494 euro), Bolzano (26.228), Roma (25.990 euro), Trento (24.736 euro), Torino (24.427 euro). Mentre Palermo è in fonda alla classifica ( 19.985 euro), con Catanzaro (20.248 euro).
Ci scuserete per i tanti numeri ma non è difficile seguirli nel loro percorso che è facile come bere un bicchiere d’acqua e dai quali emerge una cosa chiara: esistono 3 Italie (forse 4) che ancora non hanno trovato una loro vera unificazione dopo 160 e passa anni. Compito delle classi dirigenti sarebbe stato quello di lavorare per eliminare o quantomeno ridurre questo divario, che fa impressione a leggerlo così squadernato oggi nella sua compiutezza.
Qui non si tratta delle solite classifiche sulla ‘qualità della vita’, opinabili finché si vuole, criticabili per i metodi e i criteri utilizzati ma pure sempre veritiere di una situazione ma dei soldi in tasca degli italiani, certo al netto dei reati fiscali e di un’economia sommersa. Anche questa sommersa finché si vuole ma che ad un certo punto deve essere tanto straordinariamente sommersa per consentire un decente livello di vita, di qualità, di socialità etc etc.
Ci sarebbe, c’è, bisogno di forti azioni di riequilibrio economico strutturale e non di accentuare – come invece avverrebbe ad esempio nel disegno di una compiuta approvazione dell’idea dell’autonomia differenziata voluta dal Governo – le disparità sociali, economiche, financo culturali all’interno del Paese.
Quei numeri ci dicono intanto una cosa: tra Milano e Catanzaro c’e’ una differenza di reddito di 13 mila euro. Se non è questa una differenza! (fv)