di ANTONIETTA MARIA STRATI – La Calabria rischia di diventare sempre più un paese di vecchi. È quanto è emerso nel corso del 37esimo Congresso nazionale ella Società italiana geriatria ospedale e territorio al Campus universitario “Salvatore Venuta” Corpo L dell’Università Magna Graecia di Catanzaro.
Tra i temi analizzati l’invecchiamento della popolazione e il ruolo strategico della geriatria. Secondo l’Istat, nel 2065 l’età media della popolazione calabrese salirà a 51,9 rispetto ai 45 di oggi.
Il Censimento della popolazione in Calabria del 2021, pubblicato il 19 settembre 2023, rileva come l’età media si sia innalzata rispetto al 2020 da 45,2 a 45,5 anni. Gli effetti più rilevanti saranno nel medio periodo: come si evince dai dati ISTAT 2018 sulle previsioni demografiche, nel 2065 l’età media della popolazione calabrese salirà a 51,9, superiore a una media nazionale di 50,1 anni. La percentuale di over65, attualmente il 20,9%, salirà fino al 36,3%, valore più alto di quello previsto per l’Italia nel suo complesso. Parallelamente, diminuirà la popolazione giovane (0-14 anni), determinando uno squilibrio tra queste due componenti della popolazione.
«In Calabria i presidi residenziali sociosanitari sono circa 1,6 ogni 10mila abitanti, contro una media nazionale di 2,1. I posti letto totali solo l’1,8% di quelli disponibili in Italia, mentre per gli anziani sono 95 per 10mila abitanti, rispetto ai 222 di media nazionale» sottolinea Giovanni Ruotolo, Vicepresidente Sigot.
L’Italia si conferma uno dei Paesi più anziani del mondo e con ulteriori prospettive di invecchiamento: entro il 2050 la proporzione di anziani tenderà a raddoppiare, passando dall’11% al 22% della popolazione totale. Un mutamento demografico che impone provvedimenti in ogni ambito, a partire dal campo scientifico, dove diventa strategica la geriatria con la sua specificità e la sua importanza in quanto disciplina cardine per il paziente anziano fragile complesso. Questa attenzione è tanto più importante in una regione come la Calabria, i cui numeri in sanità sono meno efficienti rispetto al resto d’Italia e dove il processo di invecchiamento è destinato ad accelerare nei prossimi anni.
«Gli anziani con multimorbilità e i malati fragili, ossia chi ha perso la propria autonomia funzionale, sono in costante aumento– ha spiegato la prof.ssa Angela Sciacqua, Professore di Geriatria e Direttore della Scuola di Geriatria presso l’Università Magna Grecia di Catanzaro e Direttore della Geriatria Universitaria AOU Renato Dulbecco –. In Calabria vi sono oltre 400mila pazienti cronici e di questi circa il 40% hanno tra i 75 e gli 84 anni, mentre il 50% ne ha più di 85, con solo la percentuale rimanente che sta tra i 65 e i 74: una mole importante di pazienti cronici è dunque composta da anziani che spesso sono anche fragili. Per far fronte a questo fenomeno in crescita serve una sinergia tra gli ospedali, che assistono i malati acuti, e le strutture sul territorio, che devono garantire una buona qualità di vita dopo la degenza ospedaliera con strutture residenziali e assistenza domiciliare integrata, ma le strutture sono ancora insufficienti. Serve poi una rete di assistenza domiciliare integrata tra Medici di Medicina Generale, infermieri, assistenti sociali, specialisti, ma il primo ostacolo si incontra nella carenza di personale».
«Nel nostro Ateneo abbiamo aumentato i posti di specializzazione in geriatria a 14 – ha spiegato – diventando una delle scuole in Italia con più posti e quindi un modello virtuoso in un momento in cui vi è una domanda crescente di questa specializzazione, che sviluppiamo a 360°, in ospedale e sul territorio, ossia in ogni struttura dove il geriatra dovrebbe essere presente».
Altro punto su cui si è concentrato il Congresso sono state le Linee guida sulla Valutazione Multidimensionale della persona anziana. Si tratta di uno strumento che «permette di determinare un percorso condiviso nella presa in carico dei pazienti anziani ricoverati in ospedale con malattie acute o riacutizzazione di malattie corniche, riducendo le ri-ospedalizzazioni e i trasferimenti in casa di riposo (le istituzionalizzazioni). Inoltre, diventerà più agevole la gestione dell’anziano a domicilio, riducendo i ricoveri ospedalieri non appropriati e alla fine migliorando la qualità di cura e assistenza. Si tratta di un cambio di paradigma a livello assistenziale, che per essere implementato necessita di un percorso di adattamento del nostro sistema sociosanitario che richiederà tempo e aggiustamenti organizzativi».
Gli anziani rappresentano una popolazione eterogenea in termini di stato di salute ma anche funzionale, cognitivo, psico-sociale ed economico. La Valutazione Multidimensionale studia tutti questi domini (o “dimensioni”) in maniera integrata con strumenti e scale diagnostiche definiti “clinimetrici”, cioè basati su parametri quantificabili numericamente, al fine di sviluppare e attuare un piano di cura il più possibile personalizzato sulle reali necessità della persona anziana. Da questa esigenza è partita l’iniziativa dei geriatri di Sigot, in collaborazione con i colleghi di Medicina Generale della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG), con il supporto metodologico dell’Istituto Superiore di Sanità, e con il contributo di altre 25 società scientifiche che si occupano dell’assistenza dell’anziano: uno sforzo congiunto che ha portato alla realizzazione di queste Linee Guida, realizzate secondo un approccio rigoroso, con metodo “Grade” secondo quanto previsto e indicato dal Sistema Nazionale delle Linee Guida (SNLG) dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). Una volta approvate, le Linee Guida saranno pubblicate sul sito dell’ISS e diventeranno consultabili dal personale socio-sanitario, le ASL, le Regioni, i Ministeri, e naturalmente gli utenti anziani e caregivers.
«La collaborazione tra le diverse specialità ha posto la geriatria come elemento cardine nella continuità delle cure e nel passaggio dell’anziano dall’ospedale al territorio – ha sottolineato il prof. Alberto Pilotto –. La Valutazione Multidimensionale (VMD) è essenziale per promuovere la continuità delle cure e dell’assistenza di cui gli anziani hanno bisogno. La carenza sul territorio di strutture dedicate all’assistenza della persona anziana spesso vanifica gli sforzi dell’ospedale: in altri termini, il paziente viene curato nella fase acuta, ma poi non sempre viene assistito al meglio nelle fasi altrettanto importanti di post-acuzie e di recupero funzionale creando i ben noti fenomeni della ri-ospedalizzazione e della istituzionalizzazione».
«Ciò avviene in un contesto – ha detto ancora – in cui il numero delle persone anziane è in continua crescita. Per questo vi è la necessità di disegnare e attuare percorsi appropriati, efficaci ed efficienti di continuità delle cure dall’ospedale al territorio. Insomma, è richiesto oggi un cambio organizzativo e gestionale del nostro sistema socio-sanitario pubblico che queste linee guida sulla Vmd della persona anziana possono favorire, come dimostrato abbondantemente dalla letteratura scientifica prodotta negli ultimi 40 anni in tutto il mondo».
Per il dott. Ruotolo, «superata la fase emergenziale, l’ospedale deve affidare la gestione dei pazienti cronici a percorsi territoriali. Per questa transizione è strategica la figura del geriatra, coadiuvato da altri operatori sanitari a supporto, e una valutazione multidimensionale che permetta di identificare il setting esatto per ogni paziente, che può spaziare dal domicilio nei casi più lievi fino agli hospice per le situazioni più a rischio. La transizione ospedale-territorio va declinata sulle malattie più sensibili: patologie cardiovascolari, neurodegenerative, respiratorie, malnutrizione e sarcopenia».
«Le malattie cardiovascolari sono in Italia la prima causa di morte – ha proseguito –. alla BPCO, terza causa di morte, sono legati il 55% dei decessi per malattia respiratoria: in Italia ci sono 3,5 milioni di persone con BPCO e ognuna costa 3500€ l’anno, il 3% di tutta la spesa sanitaria. La Valutazione Multidimensionale può migliorare la gestione di questi pazienti e rendere più virtuoso il bilancio della spesa sanitaria».
A chiudere il congresso, la discussione intorno ai Pronto soccorso intasati, della diminuzione dei posti letto ospedalieri che, come rilevato «nel 2020 a stento raggiungevano il valore di 3.2 per 1000 abitanti, tra i più bassi in Europa, di cui solo 0.05 ogni 1000 abitanti di Geriatria. Tutto questo mentre continua ad aumentare, in termini assoluti, il numero di anziani».
Per il dott. Filippo Fimognari, direttore scientifico di Sigot, «è proprio il combinato disposto di anziani in crescita e diminuzione dei posti letto ospedalieri il motivo ovvio del dramma dell’affollamento del Pronto Soccorso».
«Affollamento che, si badi bene – ha evidenziato – non è dovuto ai giovani con patologie non gravi (che rapidamente vengono inviati al domicilio), ma allo stazionamento in Pronto Soccorso di un crescente numero di anziani con patologie gravi, già arruolati per il ricovero ospedaliero, ma che rimangono lì per giorni dato che i posti letti nei reparti sono pochi».
«Un recente studio nazionale condotto su più di 20 milioni di accessi ha infatti dimostrato che i ricoveri degli anziani sono più clinicamente giustificati di quelli dei giovani, poiché vengono disposti dal medico di Pronto Soccorso quasi sempre in condizioni di vera emergenza-urgenza, com’ è ovvio attendersi per organismi già indeboliti dalle molte malattie croniche di base».
«Il problema dell’appropriatezza clinica di ricorso all’ospedale da parte degli anziani – ha affermato il Presidente Sigot, Lorenzo Palleschi – non è quindi in entrata, ma in uscita: i reparti fanno fatica a dimettere pazienti ormai stabilizzati ma che ancora necessitano di assistenza qualificata, perché il territorio non è ancora attrezzato per accoglierli».
«Non basta quindi il potenziamento delle cure territoriali – ha continuato – oggi aiutato dai fondi del Pnrr, ma occorre aumentare il numero di posti letto negli ospedali, soprattutto nei reparti di Geriatria, anche eventualmente convertendo altre risorse ospedaliere».
«I reparti ospedalieri di Geriatria, infatti – ha proseguito – lavorano secondo un modello assistenziale che, come dimostrato da molteplici studi internazionali, migliora gli esiti di salute degli anziani facilitandone il ritorno e la permanenza a domicilio».
«Ed è il caso di sottolineare – ha continuato Palleschi – che la forza statistica di queste evidenze scientifiche è uguale a quella che ha promosso la diffusione delle Stroke Units per l’ictus cerebrale, mentre la diffusione delle Geriatrie ospedaliere non è stata paragonabile».
«Prima che sia troppo tardi le istituzioni sanitarie centrali rimuovano le condizioni a tutti note – definanziamento del sistema sanitario pubblico, restrizioni normative nelle assunzioni – che di fatto impediscono alle aziende sanitarie di aumentare i posti letto in ospedale, mettendo a rischio la salute dei cittadini e la serenità organizzativa degli operatori sanitari – ha concluso – nella vana illusione che il potenziamento del territorio sia sufficiente a far fronte alla crescente domanda di salute di una popolazione che invecchia». (ams)