Incontro questa mattina a Camigliatello Silano con l’arch. Fernando Miglietta, autore del libro DiarioTre Con Giulio Carlo Argan, La città, le arti e il progetto, edito da Rubbettino.
«Tutti – dice Miglietta – siamo debitori nei confronti di Giulio Carlo Argan, studioso, intellettuale, storico dell’arte e critico militante. Al politico, uomo delle istituzioni e a centodieci anni dalla nascita (era nato a Torino nel 1909) l’Archivio Miglietta, testimone di tanti momenti vissuti con i maggiori protagonisti dell’arte e della cultura, ha dedicato il suo terzo volume con l’introduzione di Paolo Portoghesi, la presentazione di Claudio Gamba, e i contributi di Enrico Crispolti, Claudio Gamba e postfazione di Franco Purini».
A dialogare con l’autore Fernando Miglietta, architetto, artista, saggista, protagonista sin dagli anni settanta di un nuovo rapporto tra le arti, amico e compagno di viaggio dei maggiori artisti e teorici dell’arte e dell’architettura, è stata Stefania Bosco, storico dell’arte, dell’Unical. Si è parlato di Città come Istituzione, di Identità urbana, di una progettualità come valore, di come è possibile rilanciare le nostre città e il territorio come forma d’arte.
«Il tema arte-città, quel rapporto tra le arti e il progetto, in grado di esprimere forme identitarie di una cultura, – scrive Fernando Miglietta nel libro – era l’orizzonte primario del pensiero critico di Giulio Carlo Argan, speciale compagno di viaggio nei complessi rapporti tra politica e cultura e illuminato testimone critico della mia ricerca in arte e in architettura. In più occasioni abbiamo dialogato, confrontandoci sull’idea di futuro e di memoria, di arte e città, consapevoli della necessità di un progetto, azione e forma politica».
«Il centro della nostra riflessione ruotava spesso attorno ad un nuovo rapporto tra immaginazione e progetto, arte e città, pensiero e forme, alla ricerca di una nuova idea di futuro. Argan aveva piena coscienza dei mutamenti in atto, in particolare della “crisi dell’arte” come “scienza europea”. Il rapporto tra la Città, le arti e il progetto, era alla base del suo pensiero e della sua azione critica».
«Le arti, – affermava Argan – sono costitutive della città. Il solo luogo a cui tutte convergono e in cui fanno sintesi è la città. Per studiare l’arte bisogna partire dalla città. E ancora, nella visione moderna di Argan – sottolinea l’architetto Miglietta – centrale era il rapporto tra cultura e politica: I partiti, le classi dirigenti, gli intellettuali. Argan su questi temi però non è mai stato tenero, ha sempre denunciato la mancanza di impegno civile, di carenza di progettualità: in alcuni casi un vero e proprio processo al Novecento».
E sui rapporti tra Nord e Sud, la sua riflessione (1982) nota Miglietta – ancora più dirompente e illuminante: «L’unità del Paese è a rischio. Non avendo risolto nessuno dei problemi economici del mezzogiorno, l’Italia sta rischiando addirittura l’unità, non forse quella amministrativa o politica, ma l’unità come complesso di culture diverse che interagiscono positivamente». E su quale azione politica fosse necessaria a favore della cultura del Sud: «Il problema non è tanto di portare al Sud strutture o apparati culturali come quelli esistenti al Nord, quanto quello di preservare l’originalità culturale del meridione, seriamente in pericolo in quanto legata ad una minore potenzialità economica».
«Per chi ama l’arte e la sua storia ed ha condiviso la necessità dell’impegno politico come partecipazione alla responsabilità del cambiamento, – osserva Paolo Portoghesi nell’introduzione al libro – Argan rimane una testimonianza indimenticabile. Per lui la storia dell’Arte non era cronaca filologica di ciò che è stato, ma un modo per indagare criticamente il presente e le prospettive del futuro».
Il progetto dunque, per Argan, come «cuore del collegamento delle arti, delle arti con la città, delle arti con la società, – evidenzia Claudio Gamba nella presentazione – ma anche del dialogo con il futuro, della saldatura tra utopia e concretezza pratica del fare». Al centro della sua visione delle arti – scrive Franco Purini nella postfazione – «c’è l’idea del progetto come forma simbolica della modernità. Una forma che si sdoppia generando una straordinaria energia trasformatrice».
Lo stesso Enrico Crispolti, “dagli arganiani considerato un anti-arganiano”, e non del tutto a torto”, in questo libro riconosce, – nella sua disvelata ed inedita testimonianza a Miglietta, prima della sua scomparsa – «fra le componenti salienti della sua formazione professionale, un importante ruolo storico della variamente attesa lezione arganiana. Esattamente proprio – scrive Crispolti – per la sua preminente componente di implicita qualificazione ideologica dell’evento artistico, come tale, nella sua frizione societaria, nel sotteso giudizio sul mondo». (zc)