di ANNA MARIA VENTURA – È un “Paese” fatto di tanti borghi, Casali del Manco. Alcuni più grandi, altri piccoli, come dei presepi arroccati alle pendici dell’altopiano silano. Tutti con la loro storia di bellezza antica, che affonda nel Medioevo le origini. La storia parla di antichi Casali, sorti al tempo dell’occupazione saracena della seconda metà del X secolo, quando gran parte della popolazione di Cosenza, dai Saraceni saccheggiata e messa a fuoco, cercò rifugio nelle campagne. Si pensa, tuttavia, ad un’origine più antica, precedente la nascita di Cristo, come testimonierebbe il rinvenimento di un sepolcreto di età prevolgare in contrada Morelli.
Del resto, anche chi ne colloca l’origine tra il 975 e il 986 parla, per alcuni borghi, di “ripopolamento”. In effetti, l’ubicazione di villaggi tra i 400 e gli 800 metri sul livello del mare è fenomeno conosciuto in tutta l’area del Mediterraneo, spiegabile con la necessità di sfuggire alla malaria, che interessava le zone sotto i 400 metri e di trovare il foraggio per le bestie. Comunque sia, scongiurato il pericolo delle invasioni turche e iniziata la ricostruzione di Cosenza, non vi fu il riflusso verso la città e i Casali rimasero, dando vita ad una storia autoctona e a tradizioni secolari, che non si sono perdute, anzi sono diventate stili e valori di vita.
E ciascun borgo, piccolo o grande che sia, conserva una sua identità culturale e un patrimonio di usanze, di cui gli abitanti sono orgogliosi e gelosi. E proprio le tradizioni antiche fregiano di bellezza e dignità i volti di donne e uomini, che sembrano provenire da remote lontananze, eppure vivono nel presente e con grande consapevolezza si proiettano nel futuro. In questo territorio calabro sono ancora molti i giovani, che rimangono a parlare di futuro, a costruirlo, attraverso la costituzione di cooperative, miranti a promuovere sul territorio un turismo sostenibile e un’economia “green”. Nel 2017 questi borghi si sono riuniti dando vita a Casali del Manco, una realtà municipale giovane, dinamica, che guarda al futuro.
Il Comune è stato istituito attraverso la fusione dei comuni contigui di Casole Bruzio, Pedace, Serra Pedace, Spezzano Piccolo e Trenta. Siamo nel cuore del Parco Nazionale della Sila e della riserva della biosfera Mab UNESCO. L’ho definito il “Paese dei borghi” perché oltre ai cinque principali, comprende innumerevoli frazioni. Nel nuovo emblema civico è raffigurato un albero fiorito costituito da un unico fiore centrale a cinque petali, al di sotto del quale si trovano dodici fiori più piccoli. Il tronco centrale simboleggia l’unità del nuovo comune ricordandone la creazione avvenuta col processo di fusione di cinque comuni rappresentati dai petali della rosa, mentre i dodici fiorellini sono simbolo delle altre frazioni.
Mi sono rimaste impresse, per avere avuto la possibilità e la fortuna di conoscerle durante l’infanzia, oltre i cinque principali comuni che si sono fusi, le frazioni di Feruci, Verticelli, Cribari, Scalzati, Magli, Macchia. Tutte suggestive, con casette attaccate le une alle altre, quasi a proteggersi ed a nascondersi nei vicoli stretti, antichi palazzi nobiliari, chiese dignitose ed austere. Ed il profumo dei fiori sui davanzali delle finestre che si mescolava a quello di pietanze condite con pomodoro fresco e basilico, che si cucinavano nelle case. E tanta gente affollava le viuzze e le piccole piazze, nelle ore del pomeriggio e della sera. Le donne sedute su sedie di paglia, che si portavano dalle case, a chiacchierare sui fatti della giornata, gli uomini seduti in piazza sull’immancabile lungo sedile in pietra o cemento, che accoglieva tutti, a parlare di raccolti e di vendemmia, ma anche di politica. E ragazzi adolescenti che passeggiavano e bambini che si rincorrevano. Era facile spostarsi anche a piedi da un piccolo borgo all’altro.
Specialmente nei giorni di festa, quando si portavano le Madonne in processione e la sera si esibivano le varie orchestrine. Era forte il senso di appartenenza ai propri valori identitari. Ogni piccolo borgo aveva la sua festa patronale, la sua Madonna o Santo protettore, anche la “cuccia”, piatto tipico, veniva preparata in occasione delle feste patronali, in periodi dell’anno diversi da borgo a borgo. I Borghi Casalini rappresentano autentici ‘forzieri’ di radicate tradizioni popolari che conservano intatto il loro antico fascino e rappresentano un elemento identitario di particolare valore. La sfida che gli amministratori locali devono lanciare e vincere è quella di portare avanti un progetto identitario di comunità, nel quale fare emergere un’identità comune di bellezza, storia, saperi e religiosità, pur nel rispetto e nella salvaguardia delle identità culturali caratteristiche di ogni borgo.
Proprio la religiosità è il valore forte nel quale si identifica tutta la comunità casalina, al di là di ogni campanilismo. La fede che si coagula e abbraccia tempo e spazio ridà valore ai luoghi della spiritualità. Un sentimento di fede che ha radici antiche in una spiritualità che si è diffusa a macchia d’olio nel tempo e nello spazio, nelle tante chiese, chiesette e monasteri, attraverso feste e processioni in cui, per un processo di osmosi, si sono mescolati uomini, donne, bambini vestiti a festa, dei tanti paesi e frazioni, fino a poco tempo fa appartenenti a Comuni diversi e oggi amministrativamente fusi in Casali del Manco. Corollario di questo pensiero è che far confluire il valore identitario della fede, radicato nel popolo casalino, verso il culto del Santo Patrono, San Giovanni Paolo Secondo, attraverso feste religiose, varie manifestazioni di culto e , perché no, anche un Parco a Lui dedicato, come quello della “Bellezza” presentato a Lappano e intitolato a Santa Gemma Galgani, contribuirebbe ad accrescere il senso di appartenenza al territorio e a promuoverne una fruizione condivisibile da un più vasto numero di persone..
L’idea su cui fondare un progetto identitario di comunità non fa esclusivamente capo alle permanenze fisiche, ma incorpora valori di memoria, tradizioni locali, forme anche simboliche di appropriazione del territorio e i modelli sociali collettivi che le sottendono. In definitiva le diverse modalità secondo le quali gli abitanti vivono i luoghi.
A questo proposito mi piace rievocare, come è rimasta nella mia memoria, la festa dll’8 Settembre, che si tiene tutt’ora a Macchia, dedicata alla Madonna Delle Grazie. Macchia è uno dei borghi di Casali Del Manco, fra i più piccoli, i più spopolati, eppure fra i più belli e antichi.
La si aspettava per tutta l’estate, la festa della Madonna, preceduta dalla Novena, che iniziava, appunto nove giorni prima, annunciata dal suono delle campane. Era un affrettarsi per i vicoli, con il rosario in mano, per ritrovarsi nella Chiesa di S. Andrea Apostolo, a recitare le rituali preghiere e i canti che la memoria aveva cristallizzato. E poi il giorno della festa. Si veniva svegliati dal suono dei tamburi, che attraversavano le strette viuzze mentre il cuore si riempiva di una sensazione particolare, come se quel giorno dovessero verificarsi gli eventi tanto attesi o realizzarsi i sogni di una vita.
Sul tavolo della cucina dell’antica casa si serviva la “cuccìa”, che era stata appena sfornata dal forno del paese, con gli straccetti colorati intorno ai recipienti di creta, per evitare la confusione con altri, quasi tutti identici. Poi la cerimonia della vestizione con mamma e sorelle. I vestiti erano stati confezionati per l’occasione e mai indossati fino a quel momento. Tutto doveva essere perfetto. Si usciva al suono della campana che annunciava la Messa. Ricordo che facevo fatica a farmi strada fra la folla, meno male che la strada per la Chiesa era breve. E poi dovevo essere fortunata a trovare un posto a sedere fra i banchi. Gli occhi sempre rivolti alla statua della Madonna, vestita di azzurro e oro, mi sembrava che i suoi occhi penetrassero i miei oppure mi seguissero se cambiavo posizione.
A Lei confidavo le mie paure di bambina, le mie ansie di adolescente, le preoccupazioni per i miei studi, per i miei esami universitarì, a Lei raccomandavo i miei figli, una volta diventata mamma. Da Lei ritorno ancora ogni anno, il giorno della festa, da qualunque parte del mondo mi trovi, per scambiare i nostri sguardi, per essere ancora una volta rassicurata sul cammino della vita, E poi la processione, la statua portata a spalla per le strade del paese, i canti intonati lungo il cammino. E le case allora con le porte tutte aperte, con coperte di seta alle finestre, e la Statua che sostava ad ogni uscio. Ora le case sono chiuse, La Madonna passa senza fermarsi. Eppure la gente c’è ancora per le strade del paese in questo giorno di festa, ma solo per questo giorno, poi va via, non apre più nemmeno le case, che già da tempo mostrano i segni dell’abbandono.
E allora si parta da questa religiosità così intensa, così profonda, da essere valore identitario in tutti i borghi di Casali Del Manco, ciascuno con la sua Madonna, il suo santo Patrono, i suoi tamburi e la sua “cuccìa”, per giungere alla consapevolezza che tale religiosità fa parte del patrimonio storico e ambientale su cui la comunità può fondare la sua identità sociale. La valorizzazione del patrimonio storico, culturale, religioso crea coscienza collettiva dell’intero territorio ambientale, accrescendone il ruolo identitario. Sono convinta che il ritrovarsi accomunati dalla fede gratifichi la comunità, che la riscopre come componente della propria specificità culturale e dunque come riferimento del proprio sentimento identitario. (amv)