;
Suggestioni e riflessioni intorno al Presepe artistico di Macchia a Casali del Manco

Suggestioni e riflessioni intorno al Presepe artistico di Macchia a Casali del Manco

di ANNA MARIA VENTURA Visitare i presepi nel periodo di Natale non significa solo rispondere ad un richiamo spirituale, è anche un modo originale per vivere gli antichi borghi, scoprirne i vecchi mestieri, gustarne i sapori e respirare un’atmosfera d’altri tempi. 

Nel comune di Casali del Manco si trova la località Macchia, un piccolo borgo fondato nel decimo secolo d.C. Inserito tra i Luoghi del Cuore Fai 2018 ha il fascino fiabesco di una località fuori dal tempo. La sua suggestione paesaggistica è ancora più coinvolgente nel periodo natalizio, quando l’atmosfera del Natale, ricreata dal Presepe, enfatizza quello che è di per sé un “presepe vivente”. 

La tradizione presepiale a Macchia affonda le sue radici negli anni settanta con le timide rappresentazioni di presepi artistici, allestite nella chiesa madre da parte di Antonio Pace, un abitante del paese. Nel 1981 lo stesso, insieme a Tommaso Turco e Carlo Furgiuele,  macchitani doc, allestisce il primo presepe artistico in senso moderno, inserendo all’interno della rappresentazione effetti scenografici. Negli anni successivi, al gruppo si uniscono Salvatore Porco e Paolo Inglese, figli anche loro di Macchia. Viene messa in scena una rappresentazione fedele alle sembianze architettoniche del borgo.

Il presepe, collocato presso la chiesetta della Madonna delle Grazie, ebbe un grande successo, che aprì la strada alle successive rappresentazioni. Quello allestito nel 1988 fu premiato dalla regione Calabria con una medaglia d’argento e quello dell’anno successivo con una medaglia d’oro per meriti artistici e culturali. Dopo un periodo di quiescenza, i “Ragazzi di Macchia” ripresero nel 2008 la tradizione interrotta organizzando inizialmente delle mostre presepiali di artisti locali e nel 2011 e 2012 realizzarono due presepi artistici.  L’esigenza crescente di continuare la tradizione li mette in contatto con l’importante regista siciliano Rocco Chinnici, che, affascinato dal luogo, mette in scena nel 2013 il primo presepe vivente riuscendo ad ottenere un grande successo di pubblico e di critica, coronato con la bellissima vittoria nel concorso “Premio presepistico nazionale 20a ed. 2013/14” organizzato dall’Associazione – opera internazionale praesepium -amici del presepio- con sede in Sicilia a Geraci siculo. Nel 2014 nasce l’associazione culturale “Macchia antico borgo(Mab) sotto la presidenza di Carlo Furgiuele,  con la finalità di tenere vivo  e valorizzare  questo antico borgo. L’attuale Presidente dell’associazione MAB è Davide Serra. Rocco Chinnici realizzò altre due edizioni del presepe vivente. La quarta edizione nel 2016 fu affidata a Carlo Furgiuele, Antonio Pace e Salvatore Porco. Nel 2018 l’associazione MAB organizzò una mostra presepistica di artisti locali e nel 2019, con rinnovato entusiasmo, venne allestito un grande presepe artistico nella location dove è stato realizzato anche quest’anno ad opera dell’artista Carlo Furgiuele. 

In una piccola casetta, all’interno delle viuzze si trova l’opera realizzata interamente a mano. Dentro la stanza dove si trova il presepe lo spazio non è amplissimo, perché l’opera ne prende la gran parte ma c’è la possibilità di osservare questa proposta di interpretazione e trasposizione della natività. Quello che si comprende subito è la forte attinenza delle case, dei personaggi e dell’aspetto paesaggistico con la conformazione stessa di Macchia. 

L’AIParC Cosenza con grandissimo piacere e spirito di condivisione, il giorno 29 Dicembre, ha preso parte all’evento organizzato dall’associazione Mab e dall’amministrazione comunale di Casali del Manco: la visita al Presepe artistico di Macchia, sotto la guida esperta del maestro artefice Carlo Furgiuele. L’evento si è svolto nella suggestiva cornice del luogo che accoglie il Presepe, fatto di un esterno fra vicoli, una gradinata ed un portico, e di un interno, sede del Presepe, in una stanza a pian terreno di una vecchia casa. Hanno porto i saluti Davide Serra, Presidente del Mab, Tania Frisone, Presidente AIParC Cosenza, Francesca Pisani, Assessore Casali del Manco. Erano presenti il Vice Presidente Mab Giovanni Reda, Francesco Rovito, socio MAB, molti altri membri dell’associazione Mab e un pubblico numeroso di visitatori, richiamati dall’evento. Carlo Furgiuele, in maniera appassionata, ha spiegato il significato e il messaggio che con il suo presepe ha inteso trasmettere: «Ho voluto rappresentare le nostre cose, quelle che esprimono il nostro vivere quotidiano. In effetti la Sacra Famiglia non è in una grotta come si immagina di solito, ma sotto un arco di una casa. Viviamo un momento storico particolare, sospesi fra paura e incertezze, impotenti assistiamo ad una continua perdita di valori».

«Il presepe riavvicina le persone. Il presepe raggruppa, unisce. È un qualcosa che ci appartiene. Guardandolo penso alla pace. Il messaggio che voglio dare è mirato alla cessazione di ogni conflitto e forma di violenza, all’accoglienza ed alla solidarietà fra gli uomini, al rispetto dei diritti umani. Il significato di fondo è quello di riscoprire le cose belle che abbiamo perduto».

 Dopo i saluti è iniziata la visita al Presepe all’interno della casa. Uno spettacolo stupendo si è presentato agli occhi dei visitatori. Un paese in miniatura fatto di case, alberi, un fiume, personaggi della vita reale di quella società contadina ormai scomparsa. Un commento altamente poetico, espressione della sensibilità dell’artista Furgiuele, accompagnato da un sottofondo musicale, un gioco di luci e di ombre, a significare l’alternarsi del giorno e della notte, hanno reso magica la visione di un’autentica opera d’arte. 

L’evento, già di per sé suggestivo, è stato accompagnato dalle musiche e dai canti della tradizione natalizia eseguiti dal valente musicista Ferdinando Autiero.

È stata per tutti un’esperienza ricca e intensa. Il Presepe di Macchia ha sempre avuto il magico potere di riunire persone che il tempo e le vicende della vita hanno allontanato dal borgo. Il Santo Natale esercita un richiamo speciale che, come una brezza leggera, spinge chi vive in svariati posti, a ritrovarsi intorno al Presepe, come intorno ad un grande fuoco, ad intonare antiche canzoni, che sanno di Chiesa e di tradizione. Ma un altro miracolo compie il Presepe, oltre a quello sacro della Natività, che ogni anno si rinnova, riempie di persone le strade di Macchia, ormai quasi disabitata, nel centro storico. Dando ali al sogno di veder tornare la vita nel borgo, com’ era un tempo, che non è poi molto lontano, se ci sono persone che quella vita se la portano dentro per averla vissuta. 

Ogni passo, risalendo il paese, rivela angoli suggestivi, vecchie case chiuse da anni, antiche dimore con portali decorati, alcuni ormai in rovina. Dalle pareti delle case si può quasi immaginare la vita che si è svolta all’interno, ma, così come è oggi sembra quasi di camminare in un paese fantasma, c’è ancora qualche piccola attività commerciale, ma non è facile trovare case abitate e tanto meno persone in giro per i vicoli del borgo vecchio. Tuttavia ciò che rende unica Macchia è proprio questo suo fascino silenzioso, questo essere ancora angolo ricco di storia, di cultura, di arte e di tradizioni antiche. 

A questo punto mi piace allungare lo sguardo sui paesi abbandonati della Calabria, che rappresentano meglio di altre componenti il volto di una regione in lotta per inserirsi nel cammino della modernità, ma ancora aggrappata a valori e tradizioni di altri tempi. Dovremmo metterci tutti noi calabresi in marcia verso i luoghi abbandonati da decenni per scoprire la bellezza mai vista a due passi da casa, ma soprattutto per riuscire ad accendere una luce in un mare di buio, il buio dell’indifferenza e della superficialità. Certi luoghi vanno letti, capiti e poi raccontati e per questo ci vuole chi li sappia leggere e capire, trovando la forza di raccontarne le ferite e cosa le ha prodotte. A livello personale, Macchia mi coinvolge non poco, visto che qui è nato mio padre ed io stessa vi ho trascorso momenti felici e sereni della mia infanzia e adolescenza.

Il fascino dei colori delle estati assolate, gli odori degli orti, il vociare delle persone nei vicoli e nelle piazzette, il lento ma mai banale trascorrere del tempo, le persone che sono cresciute insieme a me, tutto mi porto dentro sempre, ovunque. E davvero sono una parte di me. Nel tempo, è stato proprio questo paese a darmi consapevolezza di “fare uscire fuori” quella parte di me che da sempre ha in mente di “fare e dire qualcosa” per questa terra fantastica che è la Calabria, poco conosciuta e valorizzata anche dal punto di vista turistico.

L’Italia presenta un elevato numero di paesi dell’interno abbandonati, villaggi fantasma ormai dimenticati, dove nessuno abita e nessuno torna, veri e propri borghi cancellati dalla geografia. In questo immenso spazio, la Calabria si configura come un’unica grande rovina, una rovina incompiuta, sinonimo di una terra in fuga, abbandonata e devastata.

Molti borghi, infatti, stanno scomparendo a causa dei terremoti, movimenti tellurici che hanno sempre interessato ed interesseranno anche in futuro la nostra terra. I terremoti radono al suolo interi borghi e questo per colpa dell’uomo che ha costruito precipitosamente i suoi “rifugi” senza ricordarsi che la crosta terrestre è costituita da placche in movimento su un mantello viscoso. E che dire di frane e smottamenti che si trascinano dietro come massi rotolanti case e persone. Quello che ieri ai locali e ai forestieri appariva troppo pieno, il paese dell’interno pieno di persone e animali, oggi è diventato praticamente vuoto. Spesso nei tanti villaggi dell’interno, quando muore una persona anziana o sola non si chiude solo una storia, si chiudono le storie, si chiude un’epoca, si chiude una casa, si estingue una famiglia, talvolta scompare un cognome.

Intere aree interne, negli ultimi anni, si sono spopolate non solo a causa di terremoti e altri disastri naturali, ma anche a causa dell’emigrazione, della nascita di paesi doppi lungo le coste, della mancanza di servizi, lavoro e vie di comunicazione adeguate e a causa dei difficili collegamenti con i centri maggiori. I luoghi calabresi che rischiano di essere completamente cancellati e dimenticati sono molti. In Italia, i paesi arroccati tra i monti sembrano quasi dei guardiani che sorvegliano dall’alto le valli e le marine. La Calabria è ricca di piccoli paesi presepe, di paesi svuotati, che tentano in ogni modo di aggrapparsi ai dirupi.

La storia dei paesi di Calabria abbandonati o in via di abbandono è una storia comune, una tragedia a volte annunciata, a volte improvvisa, collocata in un tempo puro che si riempie di macerie. Sarà poi il fluire del tempo a trasformare le macerie in rovine 

Nei luoghi abbandonati o in stato di semi-abbandono, la vita è andata via di colpo lasciando i suoi manufatti, i suoi oggetti quotidiani, dei segni sul territorio. Gli edifici hanno forme obsolete e sconquassate, sono scoperchiati. Le rovine produrranno inevitabilmente altre rovine. La vista delle rovine provoca allo stesso tempo pace e inquietudine, senso di precarietà, di distruzione, del trionfo della natura sull’uomo. 

Sono soprattutto i borghi rurali della nostra Calabria a vivere ormai di tre diverse istanze: un abbandono inarrestabile, lento e continuo, la nostalgia dei vecchi abitanti e un ritorno improbabile ma non impossibile. Forte è il senso d’identità dei vecchi abitanti, ma i ritmi, le esigenze e le mode della società attuale, votata alla tecnologia, al virtuale e alla velocità, non rendono possibile purtroppo il totale ripopolamento di un borgo rurale. Un progetto di riqualificazione delle strutture abitative potrebbe attrarre in un borgo disabitato quanti necessitano di un’abitazione (stranieri, contadini) ma si tratterebbe comunque di presenze effimere che non rendono luogo un paese.

I paesi possono dunque sprofondare nell’oblio e sparire, ma non i luoghi. Essi non muoiono anche quando ormai non è rimasta alcuna presenza umana, i luoghi continuano a vivere nel ricordo, nella memoria, sulla pagina scritta. Sono le persone che danno plasticità ad un luogo. I luoghi sono mobili, hanno una loro dimensione storica e temporale, sono sempre antropizzati e relazionali.

«Il luogo è ciò che di esso hanno fatto le persone che lo hanno abitato e che lo abitano, quelle partite e quelle che arrivano. Il luogo ha una storia. Il luogo ha un senso, ci sente, ci avverte […]. Il luogo dell’uomo ha a che fare con il tempo, con la memoria, con i ricordi, con l’oblio […]. Il luogo antropologico è abitato, umanizzato, riconosciuto, periodicamente rifondato dalle persone che di quel luogo fanno o si sentono parte» (Vito Teti, La restanza)

Un paese è ciò che tiene attaccato l’uomo ad un luogo, il segno fisico e tangibile, il composto materiale dove l’uomo lascia il segno del suo passaggio. Un luogo è invece elemento non fisico, che rientra nella sfera delle emozioni, delle relazioni e interazioni fra uomini appartenenti alla medesima comunità sociale e continua a vivere anche dopo la morte di un paese.

L’unico destino per tutti i piccoli paesi dell’interno, pare il medesimo: o lo spopolamento definitivo o lo stanziamento di immigrati o il ripopolamento da parte di turisti in alcuni periodi dell’anno. Ma non è questo che rende un luogo nuovamente un paese. Nei luoghi vivono le memorie, nei paesi le persone, quali però presenza costante e non effimera e vacanziera. I paesi richiedono presenza, i luoghi un paese vivo con una comunità umana attiva.

Il destino di un luogo è difficile da definire, non ci sono regole assolute che permettano di segnalarne un futuro. Tuttavia una politica amministrativa mirata a creare condizioni economiche ed opportunità lavorative per chi ritorna e vuole restare, arricchito di conoscenze ed esperienze maturate in altri luoghi, è la strada giusta per dare nuova vita ai paesi in via d’abbandono.

Anche in tal senso opera AIParC, attraverso il Parco filosofico “Alcmeone”, che ha, tra le sue finalità di studio e di ricerca, quella di offrire proposte concrete e fattive per la riqualificazione dei borghi.

Vogliamo augurarci che la visita di AIParC Cosenza al Presepe artistico di Macchia, estesa nella stessa serata agli altri presepi dei quattro rioni di Spezzano Piccolo di Casali del Manco, sia di auspicio all’affermarsi e al rafforzarsi, in questo meraviglioso territorio. di una concezione di vita vera, autentica, che guardi ad una modernità fondata sulla storia, le tradizioni e la cultura identitaria di cui sono ricchi i tanti borghi che compongono il “mosaico” di Casali del Manco. (amv)