ROCCELLA JONICA (RC) – Proseguono gli incontri del ciclo “Cittadini di sana e robusta Costituzione”

Volge al termine il ciclo di dialoghi dedicati al 75mo anniversario della firma della Carta Costituzionale “Cittadini di sana e robusta Costituzione”, promosso dall’amministrazione comunale di Roccella Jonica come opportunità di riflessione collettiva sui principi e i valori della legge fondamentale dello stato italiano.

“E’ ancora la più bella! La Costituzione della Repubblica a 75 anni dalla sua firma” è il tema scelto per ribadire la bellezza, l’universalità e l’attualità dei principi e dei valori contenuti nella Carta del 1948 per l’ultimo incontro della rassegna, in programma all’ex Convento dei Minimi venerdì 26 maggio, con inizio alle ore 18.

Dopo i saluti del aindaco di Roccella, dott. Vittorio Zito, e dell’avv. Carmela Neri, presidente dell’Ordine degli avvocati di Locri, introdurrà il tema del convegno il Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria, dott. Gerardo Dominijanni.

Seguirà la relazione del prof. Annibale Marini, presidente emerito della Corte Costituzionale.

A conclusione del convegno, si terrà il concerto sul tema “Sorelle d’Italia – Storie cantate di donne e Costituzione”, ideato dal prof. Francesco Rosa, che vedrà protagonista il quartetto composto da Manuela Cricelli (voce), Peppe Platani (chitarra), Vincenzo Oppedisano (basso) e Tonino Palamara (batteria). Per maggiori informazioni è attivo l’indirizzo email: infoeventi@roccella.it. (rrc)

SAN GIOVANNI IN FIORE – La sindaca Succurro dona la Costituzione ai diciottenni

«I giovani sono il futuro di ogni comunità e la Costituzione italiana rimane uno strumento formidabile per formare cittadini liberi e consapevoli dei loro diritti».

Lo afferma, in una nota, la sindaca di San Giovanni in Fiore, Rosaria Succurro, che nell’aula del Consiglio comunale cittadino ha incontrato gli studenti diciottenni delle scuole superiori locali, discutendo con loro dei princìpi e diritti sanciti dalla Costituzione. Insieme agli assessori comunali, la sindaca ha poi donato ai numerosi ragazzi ed insegnanti presenti il testo della Carta costituzionale preceduto da una sua prefazione, che, precisa la stessa Succurro, «è un mio messaggio di fiducia, di apertura e di incoraggiamento nei riguardi delle nuove generazioni, da sostenere a livello istituzionale e su cui puntare per costruire un domani più sano e più giusto, fatto di dialogo, collaborazione e partecipazione, indipendentemente dalle differenti convinzioni personali e politiche».

Dall’eguaglianza nei diritti all’importanza del lavoro; dal decentramento amministrativo alla valorizzazione della cultura e della scienza; dalla salvaguardia dell’ambiente alla difesa della libertà di ciascuno; dalla libertà opinione e di stampa al rispetto della dignità personale; dal reinserimento sociale dei condannati alla tutela della salute; dalla meritocrazia negli studi ai diritti inviolabili dei lavoratori; dalla partecipazione alla vita politica alla possibilità di inviare petizioni al Parlamento; dall’iniziativa legislativa popolare a quella referendaria, la sindaca Succurro ha tenuto agli studenti diciottenni una lezione sulle basi del dettato Costituzionale, soffermandosi sulla sua concreta attuazione da parte del governo cittadino, come pure sulla libertà e sulla solidarietà quali fondamenti ed obiettivi della Repubblica italiana. (rcs)

L’OPINIONE / Franco Cimino: Il 45esimo di Aldo Moro nel 75esimo della Costituzione

di FRANCO CIMINO – Il Quarantacinquesimo anniversario della scomparsa di Aldo Moro coincide con il settantacinquesimo della nascita della Costituzione ( ancora in corso), di cui egli è stato uno dei padri benché fosse molto giovane quando si mise a lavorare all’Assemblea Costituente.

Trentuno anni, pensate. Il mio primo pensiero, pertanto, va innanzitutto ai giovani. A quelli che si ribellarono in armi per contribuire a liberare l’Italia, quelli che poterono scendere dalle montagne per mettersi alla testa del corteo che sfilò lungo le strade principali delle città liberate dai fascisti oppressori e dai nazisti invasori. Penso ai giovani che sulle montagne della Resistenza vi rimasero col fucile in mano e il petto squarciato, e nelle tasche due lettere, le solite dei nostri partigiani.

La prima alla propria madre, la seconda ai compagni assicurandoli che gli aguzzini che li avrebbero fatti prigionieri sarebbero rimasti senza speranza di un loro cedimento o di un loro tradimento degli ideali per cui già decisero, quei ragazzi, di poter sacrificare la vita. Mi piacerebbe averle adesso per poterle leggere tutte d’un fiato ai miei studenti di tutti gli anni della mia cattedra. E a quelli che incontrerò stamattina in un Istituto di Scuola Superiore di Lamezia, il Polo tecnologico C. Rambaldi. Ogni lettera, una poesia d’Amore. Per la famiglia. Per il Paese. Per i figli. Per la Libertà. Una poesia, tutte insieme quelle epistole, all’Amore, che ciascuno di quei beni contiene, ciascuno di quei valori rappresenta. Esalta. Difende.

Il mio pensiero va anche a quei ragazzi che dopo la guerra e la caduta del regime nascosero la loro passiva, obbligata, fedeltà al fascismo, mescolandosi ai tanti altri non fascisti, ma non furono anti perché intimiditi dalla pigra paura di contrastarlo apertamente. A quei giovani, pure, che si rifiutarono di servire la dittatura evitando di esserne asserviti. Azione costante, questa, che svolsero con l’arma dello studio intenso, ovvero della fede, laica per la Libertà, e religiosa per il Dio della Pace e della Vita. Religiosità e studio, per farsi trovare pronti, dopo la guerra, a servire l’Italia con la Politica e per la sua immediata ricostruzione morale, civile, materiale. Le macerie della dittatura e della guerra erano lì, come innumerevoli montagne di calcinacci, pietre e mattoni, cattiverie e inganni. E non era per nulla facile rimuoverle. Non era per nulla facile sostituirle per metterci lo sviluppo e la ricchezza al loro posto.

Ci voleva una forza straordinaria a sostegno. Una forza che si facesse popolo ancora più unito. Una forza che fosse la più rapida iniezione di fiducia nell’avvenire. Ed energia, anche fisica e mentale, per portare instancabilmente carriola e libri, braccia e saggezza, martello, falce e pennello, aratro e cattedre, banchi di scuola e banco di falegname, terra e fabbrica, principi cristiani e ideali laici e socialisti, nel nuovo immenso cantiere dell’Italia democratica. Questa energia era la Costituzione appena varata. Ne bevevi un sorso e ti sentivi un leone. Ne bevevi ancora, e ti trasformavi in un lottatore imbattibile. Ne gustavi ancora e poi ancora, e ti sentivi di volare. Volare in alto fino a cielo. Come gli angeli. E volare più radente, come gli uccelli, per vedere la distruzione che via via si trasformava in ricostruzione. Volare sopra le miserie umane per sentire nelle ali l’aria fresca e pulita della Libertà. Il mio pensiero di questo quarantacinquesimo nove maggio “moroteo”, va anche ai ragazzi di oggi. A tutti i ragazzi di oggi, dai più piccoli fino ai giovani compresi tra gli anni del Moro costituente e quelli di quell’età più avanzata che vuole ancora lasciarli “giovani” lontani da un impegno politico consapevole e da una coscienza ribelle. A loro, soprattuto a loro, questo mio pensiero, affinché, abbandonino le verità ingannevoli del sistema globalizzato e totalizzante, e si impossessino degli spazi della democrazia in pericolo. E si battano per riaffermarla, viva e forte, sopra gli egoismi, gli egemonismi, anche nazionalistici, per instaurare una società in cui si realizzino pienamente i principi della nostra Carta Fondamentale. Soprattutto, uno, quello non codificato, ma che ha rappresentato il primo traguardo raggiunto.

Traguardo, poi dimenticato, abbandonato. Disturbato fino al suo progressivo indebolimento. Il traguardo che ha reso la nostra Democrazia la più originale tra le altre nel mondo. Pochi, o forse nessuno, nemmeno gli States, possono vantare di aver realizzato lo sviluppo economico senza aver diminuito di un grammo il peso della Libertà. L’Italia può vantarsi di aver messo in pratica questo principio. Qui, da noi, per tutta la lunga stagione della crescita economica, Libertà e Sviluppo hanno camminato di pari passo, mano nella mano, quale condizione necessaria al cammino progressivo della Civiltà. Democrazia e ricchezza sono rimaste intrecciate. Persona e godimento sociale della ricchezza, sono rimaste sempre l’una necessaria all’altra. Natura e cultura, le ancelle di un’economia fondata sul corretto rapporto tra chi può e deve fare e tra chi non può e deve avere, ciascuno secondo le proprie capacità, ciascuno secondo il proprio fondamentale bisogno. Creatività individuale e solidarietà sociale, cittadino e società, istituzioni e Politica, con al centro la Persona. La Persona da cui diramano tutti i più importanti valori da essa posseduti. La Libertà, che la Costituzione riconosce, non concede.

E il pluralismo, delle istituzioni, in particolare, quale mezzo per la “liberazione” dello spirito di autonomia dei territori e quale strumento privilegiato per la partecipazione dei cittadini alla vita del Paese e alla vitalità del luogo in cui vivono e operano con la propria famiglia, agenzia educativa che, con la scuola, concorre alla formazione del proprio giovane, il cittadino di lunga cittadinanza. Cittadinanza speciale, perché italiana ed europea nell’Europa dei senza confini e delle nuove frontiere. E di quella prateria sconfinata del bello arcobaleno che le colora il cielo. Ah, le istituzioni, le nostre, declinate sempre al plurale e senza aggettivazioni che determinino una sorta di classificazione di valori e importanza. Proprio come ieri, l’otto maggio del 1948, nasce il Parlamento democratico e nell’aula di Palazzo Madama, dove avrà sede, si riunisce per la prima seduta il Senato della Repubblica.

La Democrazia ha finalmente le gambe per camminare, la testa per pensare, la voce per parlare, il potere di decidere. È il Parlamento il luogo delle decisioni fondamentali per il funzionamento dello Stato e per l’azione del governo. È il Parlamento il custode più alto della Costituzione e dei suoi principi. È il Parlamento il luogo della sicurezza dell’impalcatura democratica, le sue fondamenta più profonde. Le riforme che la Politica e le forze che la rappresentano proprio in quel luogo, si dispongano alla prudenza e alla responsabilità e si nutrano, con i loro promotori, dello spirito costituzionale prima di confondere il bisogno di governabilità e di efficacia dell’azione dell’Esecutivo con la forza ineludibile parlamentare esercitata dalla più larga rappresentanza popolare “parlamentarizzata”. Il tentativo, che nuovamente ricorre, di ridurre gli spazi del Parlamento, quindi, per allargare quelli del Governo, a discapito della forza del primo, è pericoloso per la qualità della nostra Democrazia.

Ancora più pericoloso di quel sistema elettorale che da più di vent’anni consente ai capi partito senza partito, di nominare deputati e senatori e, di conseguenza, tutte le più altre cariche dello Stato. Ricordare Aldo Moro, oggi, rendergli omaggio al di là della sua morte tragica, di cui non parlo proprio per liberare il suo pensiero dall’orrore che ha investito la sua bella persona, significa onorare la Costituzione, difenderla da eventuali assalti indebitamente “riformatori”, vigilare sulla sua essenza, operare per renderla più libera di attuarsi in tutti i suoi principi. Specialmente, quelli a cui Moro teneva maggiormente, e di cui in sintesi ho detto in questa riflessione. Moro non è più il prigioniero delle Brigate Rosse che si dichiaravano rivoluzionari. Aldo Moro è il vero rivoluzionario. Colui che la storia ci consegnerà come il più grande statista europeo al pari di De Gasperi, è ciò che lui ha contribuito a fare per il suo popolo e per la Pace nel mondo. Aldo Moro è l’uomo della Costituzione.

Il filosofo della Libertà. L’architetto della Democrazia. Il partigiano nuovo caduto sul campo di battaglia. L’uomo che ama fino all’ultimo respiro, tenendo in mano il Rosario della sua fede cristiana e sulle labbra le parole d’amore per la sua amata, Norina. (fc)

LA RISPOSTA / Ettore Jorio: Caro Corigliano, io sono un “favorevole” tifoso della Costituzione

di ETTORE JORIO – Caro dott. Corigliano, ho letto su questo giornale la Sua nota sulla autonomia (legislativa) differenziata tutta incentrata sulla mia persona. Meglio, su ciò che penso sul regionalismo differenziato ovvero sul federalismo a geometria variabile. La ringrazio per avermi destinato una così importante attenzione.

Mi tocca, ed è normale che lo sia attesa la direzione unica del Suo pezzo, confutare le sue sottolineature critiche. Per farlo ho preferito ricorrere ad un linguaggio semplice e diretto, fornendo ad Ella, prima che al lettore, le risposte agli interrogativi che mi pone.

Nel concreto, mi  imputa di: essere favorevole al Ddl Calderoli; avere assunto una posizione contraria a quella del centrosinistra e favorevole al centrodestra; scrivere senza affondare “il bisturi sulle specificità del ddl”.

La chiarezza mi impone di “difendermi” dalle tre imputazioni in un unico ragionamento, al fine di non dare adito a confusione, meglio di mettere insieme “le mele con le pere (e anche le banane)”. Infatti, una cosa è il Ddl Calderoli che attua il regionalismo differenziato (art. 116 Cost); altre sono i Lep (art. 117 Cost) e il federalismo fiscale (art. 119); altro ancora è la metodologia di finanziamento dei Lep e non Lep (legge delega 42/2009 e i suoi nove decreti delegati). Guai, a confonderli, si genererebbe un bel frullato, ma pur sempre un frullato di idee e convincimenti

Caro Corigliano, io sono un “favorevole” tifoso della Costituzione. L’amo e la rispetto nella sua lettera.

In essa – scritta dal centrosinistra nel 2001 e confermata dagli italiani con un referendum (uno dei pochi ad avere raggiunto il quorum) – c’è l’art. 116 che, al comma 3, offre l’opportunità alle Regioni a statuto ordinario di incrementare la propria competenza legislativa a 20 materie concorrenti e a 5 statali. Legislativa, ripeto, per preciso volere della Costituzione alla quale in tanti fanno riferimento, spesso solo nominalmente.

Ebbene, un tale precetto ha vissuto tre disegni di legge attuativi: nel 2019 ad opera di Francesco Boccia, nel 2022  di Mariastella Gelmini e nello stesso anno da Roberto Calderoli.

Nei tre Ddl: uguale lo scopo, quasi uguale l’iter tracciato, identico il subordinarne l’efficacia all’applicazione del federalismo fiscale. Mi spiego meglio: alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e alla determinazione dei costi e fabbisogni standard funzionali alla loro sostenibilità uniforme.

Il Ddl Calderoli, a differenza degli altri due, nell’ultima sua versione anziché prevedere una realizzazione teorica e posticipata del federalismo fiscale si inventa la sua previsione applicativa inserita nella legge di bilancio 2023, più esattamente ai commi 791-781. Con questo ha affidato il compito ad una istituita cabina di regia di adempiere a tutto questo entro e non oltre il 31 dicembre del corrente anno.

A bene vedere, è questa l’opzione che mi ha trovato d’accordo, sperando che tutto questo avvenga bene e puntualmente.

Ad altri e non certo a me il compito di dimostrare il perché del consenso al Ddl Boccia e a quello Gelmini, cui io mi dichiarai favorevole, e no a quello Calderoli, che io tuttavia critico severamente per l’assenza della disciplina sulla perequazione. Una assenza, da me rimarcata ovunque (principalmente su Astrid e IlSole24Ore), da dovere necessariamente essere colmata nel corso del futuro esame parlamentare. Ma questo, lo ricordo prima a me stesso, è stato un problema presente in tutti e tre Ddl attuativi del regionalismo differenziati.

Quindi, nessun giudizio positivo che non sia motivato dalla necessità di: determinare i Lep lasciati lì dal 2001 (fatta eccezione per la sanità); abbandonare il criterio della spesa storica attraverso l’attuazione di quello fondato sui costi e fabbisogni standard; garantire una perequazione che renda i finanziamenti sufficienti all’uniformità erogativa, così come normato dal 2009. Lo scrissi nei miei tre libri sul federalismo fiscale scritti nel 2007 (Maggioli), 2009 (Maggioli) e 2012 (Giuffrè), ove sostenevo e sostengo l’utilità del federalismo fiscale assistito da una perequazione seria fondata sugli indici di deprivazione socio-economica e culturale.

A ben vedere, la mia posizione è in linea con un centrosinistra proponente: a) il regionalismo differenziato in Costituzione (2001); b) la sua combinazione attuativa con il federalismo fiscale (sempre Costituzione 2001); c) la sua attuazione (legge 42/2009 approvata con il solo voto contrario dell’Udc); la sua applicazione 2010/2011 (d.lgs 23 per gli enti locali; d.lgs. 68 per la sanità e sociale, condivisi alla unanimità).

Quanto al regionalismo differenziato, è bene precisare che esso dipende dalle scelte che faranno liberamente le singole Regioni, che potranno ben mantenere l’attuale status quo.

Sul tema,  certamente non mi trova d’accordo l’esperimento referendario del 2017 di Veneto, Lombardia e degli accordi attuativi sulla “autonomia differenziata” condivisi con il Governo nel 2018 dalle stesse Veneto e Lombardia e dalla Emilia-Romagna, di Bonaccini e poi della Schlein. L’unica variante che quest’ultima escludeva dalla pretesa la sola materia dell’istruzione.

Del resto, per fermarci al tema del regionalismo differenziato, a seguito del Ddl Boccia (che ripeto è sovrapponibile nella quasi interezza a quello della Gelmini e di Calderoli) furono ben nove le Regioni ad anticipare formale istanza di accesso ad una maggiore competenza legislativa. Tra queste: la Toscana, il Lazio, la Campania e la Puglia, tutte governate dal centrosinistra.

La mia è dunque semplice coerenza ma soprattutto convincimento. Con questo non escludo che, se dovessero andare a buon esito le iniziative referendarie di modifica della Costituzione (proposta Villone, per intenderci), approfondirò il tema sulla base della eventuale riscrittura della Carta. Il tutto sempre e comunque a sostegno dell’abbandono della spesa storica che ha rovinato il Mezzogiorno, della determinazione e revisione annuale dei LEP e della valorizzazione ricorrente dei fabbisogni standard secchi per gli enti locali e della combine costi/fabbisogni standard per il resto.

Ad ogni modo, qualora occorrente, chiunque potrà trovare sul sito della nostra “Fondazione TrasPArenza” (www.trasparenza.eu), un ampissimo forum sul regionalismo differenziato, ricco di video, saggi e articoli sull’argomento.

Con la solita stima. (ej)

ROCCELLA JONICA (RC) – Venerdì l’iniziativa “Costruiamo cittadini di sana e robusta Costituzione”

Si intitola Costruiamocittadini di sana e robusta Costituzione, la serie di incontri organizzati dal Comune di Roccella Jonica per il 75esimo anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione.

Si tratta di un programma di 5 incontri e dibattiti che coinvolgono, nelle sessioni mattutine, gli studenti delle scuole superiori e, nelle sessioni serali, promuovono invece il dibattito tra eminenti accademici, politici, giornalisti ed esperti che si confronteranno sui Principi Fondamentali della Carta.  Principi, questi, che contengono le decisioni essenziali sul tipo di Stato e sul tipo di società voluti dalla Costituzione, fissano il suo immutabile carattere repubblicano e democratico, disciplinano i rapporti essenziali tra lo Stato e i singoli, riconoscono i diritti inviolabili e l’uguaglianza tra gli uomini, guardano alla Terra con la responsabilità dei custodi delle future generazioni.

Gli incontri serali, ospitati al Convento dei Minimi, prenderanno il via venerdì 17 marzo alle 17.30 con il primo degli appuntamenti dedicato al tema Sovranità popolare, tutela dei diritti inviolabili e doveri di solidarietà negli artt. 1 e 2 della Costituzionesul quale si confronteranno i professori Tommaso Edoardo Frosini (Università Suor Orsola Benincasa di Napoli), Guerino D’Ignazio (Università della Calabria) e Antonino Spadaro (Università Mediterranea di Reggio Calabria).

I lavori saranno moderati dal dott. Marco Schirripa e introdotti dai saluti del dott. Achille Giannitti, Presidente del Consiglio Notarile di Reggio Calabria e Locri, e dell’avv. Rosario Maria Infantino, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Calabria.

I successivi incontri sono previsti nei giorni 2, 14 e 28 aprile e, quello conclusivo, il 12 maggio.

«Sono passati 75 anni dal 1° gennaio 1948 – si legge in una nota – giorno in cui la Costituzione italiana è entrata in vigore, diventando quella bussola che, come ha sottolineato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno, continua a guidare la nostra democrazia e a garantirne il funzionamento».

«Festeggiare questo anniversario – si legge – nel particolare momento storico che stiamo vivendo, può servire a fare memoria del clima in cui la Costituzione venne elaborata, dell’enorme lavoro e della grandissima capacità dell’Assemblea Costituente di ricercare continuamente le più opportune e necessarie convergenze fra le forze politiche che insieme avevano combattuto il fascismo in nome della libertà e della democrazia».

«Forze politiche che, pur essendosi naturalmente divise seguendo e tutelando le diverse ispirazioni culturali e scelte di politica internazionale, fino alla fine operarono affinché i lavori della Costituente – continua la nota – privilegiassero ciò che univa piuttosto che quello che divideva, sia nella definizione dei principi fondamentali sia nella costruzione della forma di governo».

«Per questo abbiamo voluto promuovere una riflessione collettiva– conclude la nota – coinvolgendo particolarmente gli studenti degli istituti superiori di Roccella, sulla conoscenza e sulla coscienza di questo fondamentale documento che struttura la nostra identità comune e ci chiama sia a condividere il progetto che vi è contenuto, sia a comprendere e a partecipare attivamente ai mutamenti che in determinati momenti storici, come quello attuale, si vogliono apportare alla Carta costituzionale. Per difendere la nostra Costituzione, affinché essa continui a riflettere il patrimonio di idee e di valori di tutta la nazione». (rrc)

IO BALLO DA SOLA: LA FUTURA PRESIDENTE
DOVRÀ FARE I CONTI CON LA COSTITUZIONE

di SANTO STRATI – La clamorosa affermazione del centrodestra, in realtà, è il successo personale di Giorgia Meloni. Con oltre il 44% dei consensi la leader di Fratelli d’Italia è destinata a vedersi assegnare l’incarico di formare il nuovo Governo da parte del Presidente Mattarella che non potrà non tenere conto delle indicazioni del popolo italiano. Sarà, dopo anni di governi “tecnici”, il ritorno di un presidente del Consiglio espressione del voto popolare. La Meloni sarà la prima donna presidente del Consiglio, ma si rassegni a subire l’attenzione minuziosa dell’opposizione che non le renderà la vita semplice. Ma, del resto, non sono semplici i problemi che da subito il futuro capo di governo dovrà affrontare: inflazione, caro bollette, crisi economia, il rischio sanitario, la guerra. E tenga conto Giorgia Meloni che da subito dovrà onorare col giuramento la Costituzione (rinnegando il fascismo, ai sensi della XII delle disposizioni transitorie e finali:  «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista»). Nonché chiarire la sua posizione sull’Europa. E, per quanto riguarda il Sud e la Calabria, spiegare senza indugi cosa pensa a proposito dell’autonomia differenziata che i partner leghisti voglio imporre a favore delle regioni ricche del Nord. 

In Calabria il suo partito non ha brillato com’è avvenuto nel resto d’Italia, superata dal partito di Conte (possiamo parlare già di Ex Movimento 5 Stelle?), ma i suoi rappresentanti che andranno in Parlamento dovranno, con coraggio, anche dissentendo da decisioni dell’alto, difendere e tutelare il futuro dei giovani calabresi. Auguri. (s)

L’OPINIONE / Emilio Errigo: La necessità di attuare gli articoli uno, tre e quattro della Costituzione

di EMILIO ERRIGO – Il grande e indimenticabile politico italiano, Amintore Fanfani, eletto in Commissione dei 75, all’Assemblea costituente, il 2 giugno 1946, scrisse di pugno l’emendamento al primo articolo della Costituzione “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, quale componente della terza sottocommissione, dedicata ai principi economici e sociali, contribuendo non poco col suo profondo sapere di studioso dell’economia nazionale, europea e internazionale, alla formulazione del terzo e il quarto degli articoli della Costituzione della Repubblica Italiana.

Amintore Fanfani, allora vice segretario della DC, aveva come prima consigliera morale di fede cattolica, sua madre, Anita Leo, donna forte e determinata, di padre calabrese e madre veneziana, nata a Paludi in Calabria nel 1884, come maestro il padre noto giurista e affermato avvocato e notaio, Giuseppe Fanfani.

Non sono in tanti coloro che sono a conoscenza che nel sangue arterioso e venoso del grande economista, uomo politico e statista italiano, Amintore Fanfani, scorressero energie positive e creative tipiche dei Calabro-Veneti.

Sono tutte belle le Mamme del mondo, nessuna esclusa e questa solenne affermazione, chi osa e si permetterà mai di contraddirla? Tanto è vero quanto detto e scritto sulla grandezza universale delle mamme, che in Calabria proprio per rafforzare questa verità, c’è un detto sacro che così recita: “cu ti dici chi ti voli beni chiu di to Mamma, non ci cririri o ti tradisci o t’inganna” (chi ti dice che ti vuole bene più di tua Mamma, non ci credere, o ti tradisce o ti inganna).

Io ci credo che sia una verità assoluta! Ho voluto introdurre il mio semplice ragionamento, ricordando Amintore Fanfani e sua madre Anita Leo, per poter cercare di diffondere un pensiero e convinzione comune che oramai è fisso nelle menti delle Donne di Calabria.

Stante alle loro credo condivisibili convinzioni, i politici deputati e senatori, che saranno eletti in Parlamento, il nuovo Presidente del Consiglio e i ministri del nuovo Governo, devono adoperarsi per concretizzare (almeno in minima parte) le mille e cinquecento e forse molto di più, promesse fatte nel corso della più promettente campagna elettorale di tutti i tempi, assicurando lavoro onesto e adeguatamente retribuito, fatto di braccia, sudore, mente e corpo sano (e non di reddito di cittadinanza), a tutti i giovani e adulti cittadini Calabresi e non, residenti nelle regioni del Sud Italia, i quali allo stato si trovano (loro e nostro malgrado), disoccupati e inoccupati pur essendo abili al lavoro.

Che dire, certo che va sottoscritta questa legittima volontà e desiderata, proveniente dalle Mamme di Calabria. Loro sì che conoscono più di tutti molto bene, le vere conseguenze famigliari e sociali, della mancanza di reddito in casa proveniente da lavoro onesto.

Ecco perché Anita Leo Fanfani, esortó con il nobile cuore di mamma Calabro-Veneta, il figlio Amintore, a scrivere di sua mano quel solenne e fondamentale principio di cui ne è fatta espressa scritturazione, al primo comma dell’articolo 1, della nostra Costituzione, in uno con gli altri articoli a carattere economico e sociale.

Lei si che era a conosceva di quanta sofferenze e ristrettezze economiche, a causa di mancanza di lavoro, erano presenti nelle case delle famiglie della Gente di Calabria e del Sud Italia. Grazie per sempre donna Anita Leo Fanfani!

I Calabresi come Lei e credo tutti gli Italiani, la ricorderanno e Le saranno riconoscenti per l’eternità. Il lavoro quando manca in una famiglia, qualunque esso sia, mancheranno inevitabilmente, in primis gli alimenti, poi la casa, il reddito e ogni bene necessario per vivere dignitosamente.

Amintore Fanfani, quando nel 1961, da Presidente del Consiglio, nei tre giorni di permanenza durante la storica visita Calabria, girò in lungo e in largo, dalla marina alle montagne, in macchina e a piedi, tra strade asfaltate, percorsi montani ancora privi di ogni minima sicurezza stradale e sentieri in terra battuta, volle rendersi conto di persona e ascoltare, visionare, parlare, con gli abitanti di quelle realtà umane residenti nei diversi territori, compromessi da reiterate alluvioni, dissesti idrogeologici, disastri ambientali, gravi disagi famigliari, mancanza di beni ed elementi essenziali per iniziare a vivere una vita per loro dignitosa e civile.

Prima ancora di fare rientro in sede governativa, nel mentre eseguiva i vari non facili sopralluoghi, si attivava con tutti i mezzi e risorse umane disponibili, per la predisposizione degli atti di Governo di Sua competenza, per attenuare le problematiche esistenti in Calabria, atti necessari e urgenti, che firmò con animo nobile e onesto al suo rientro in Presidenza del Consiglio.

Ecco che ora viene spiegato ai clementi e disorientati lettori, il perché, se non si interviene tempestivamente e prima che sia troppo tardi, nelle menti delle persone più forti e decisi a tutto, che scatta la naturale reazione alla sopravvivenza umana e in casi sempre più frequenti, il ricorso all’esercizio di attività illegali prima, attività criminali poi, con a seguire violenze e prepotenze umilianti di ogni genere, insopportabili per chiunque.

Ora se si riescono ad attuare concretamente il primo, terzo e quarto degli articoli della Carta Costituzionale della Repubblica Italiana, con il necessario e urgente, intervento del Presidente della Repubblica in carica, in Calabria e nel Sud Italia, ritornerà a splendere il sole della legalità e giustizia, in caso mancata concretizzazione dei principi e valori Costituzionali, la vedo molto dura la vita per la Gente di Calabria e non solo.

Le privazioni e le sofferenze umane, se protratte nel tempo generano azioni prevedibili, incontrollate e incontrollabili, tutto a sfavore dell’Unità nazionale, dell’ordine democratico e sicurezza pubblica, sia in Calabria, che in ogni angolo della terra. (er)

[Emilio Errigo è nato a Reggio Calabria, docente universitario e Generale in aus. della GdiF ]