Nella giornata di lunedì 12 dicembre, alla Camera dei Deputati si è discusso della conversione in Legge del Decreto Calabria. Sono intervenute le deputate Simona Loizzo (Lega) e Vittoria Baldino (M5S).
«Per quanto riguarda il decreto Calabria – ha detto Loizzo – come calabrese e come medico, devo dire che, a prescindere dall’istruzione tecnica della conversione in legge, tale provvedimento nasce in relazione alla grave situazione del sistema sanitario regionale calabrese ed agli effetti di un commissariamento, durato oltre dieci anni, che non ha soltanto penalizzato i livelli essenziali di assistenza, ma ha anche peggiorato notevolmente lo stato del debito e del disavanzo, legato al sistema sanitario regionale, che occupa la gran parte del bilancio della nostra regione Calabria. In tale ottica, il conferimento da parte del Governo al presidente governatore onorevole Occhiuto del ruolo di presidente commissario della sanità va nella direzione giusta, soprattutto se supportato dalla proroga del decreto Calabria».
La deputata ha parlato, nello specifico, dell’articolo 2, che introduce una proroga di 6 mesi, quindi, fino al 13 maggio 2023. Un limite definito da Loizzo necessario «per consentire alla struttura commissariale di effettuare ulteriori interventi di potenziamento dei livelli essenziali di assistenza e di diminuzione del reddito».
«Sono escluse dalla revisione dell’articolo 2 – ha detto – perché già contenute in altre procedure, le norme che riguardano gli ulteriori compensi dei commissari e l’utilizzo della Guardia di finanza in un territorio come il nostro assai importante per il ripristino di alcune regole di legalità, anche all’interno delle gestioni del debito visionate attraverso la gestione contabile accentrata. Ovviamente, viene escluso anche il Fondo di solidarietà per un ulteriore finanziamento per il sistema sanitario regionale calabrese. I commissari che finora sono stati nominati, se non revocati, saranno in carica per altri 60 giorni dall’inizio del decreto attuativo».
Loizzo, poi, ha parlato delle modifiche poste dal senato all’articolo, come ad esempio la facoltà del commissario di nominare i direttori generali. Su questo punto, Loizzo ha sottolineato il bosogno di «uscire dalla fase del commissariamento per formare la del sistema sanitario regionale calabrese e abbiamo bisogno di un necessario passaggio dai commissari ai direttori generali più strutturati».
Altre modifiche apportate dal Senato sono l’utilizzo di apposite consulenze con l’Agenzia delle Entrata, la Guardia di Finanza; che il personale assunto da Agenas può essere utilizzato dalla nascente Azienda Zero, «un’esperienza politico-gestionale – ha ricordato la parlamentare – che consente di governare tutte le aziende sanitarie locali, provinciali ed ospedaliere».
Azienda Zero, dunque, «potrà – ha spiegato Loizzo –avvalendosi del personale di Agenas, riformulare e condurre fuori dalla stagnazione il processo di riqualificazione del sistema sanitario regionale calabrese, a cui tengono tutti gli operatori del servizio, ma che, soprattutto, dobbiamo alla popolazione calabrese in termini di omogeneità e uguaglianza di trattamento, soprattutto uguaglianza, come previsto dall’articolo 32 della nostra Costituzione».
«Sempre il Senato – ha proseguito – ha stabilito la possibilità di reclutamento e il conferimento di incarico, sempre a termine, finalizzato non solo a garantire il lavoro nei centri di gestione contabile accentrata, perché, mi ripeto ancora una volta, il debito, ugualmente alla qualità delle prestazioni, è il che il commissario ha messo al centro della politica sanitaria regionale, ma potranno anche essere utilizzati altrove, nel rispetto non soltanto della qualità e della garanzia dei livelli essenziali di assistenza, ma anche dell’attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario della regione Calabria».
«In ottemperanza alla sentenza della Corte costituzionale di novembre 2022, n. 228 – ha ricordato – si anticipa il termine di scadenza riguardante il termine ultimo per l’inesigibilità dei debiti, delle procedure attraverso cui le aziende produttrici, giustamente, rivendicavano il pagamento della fatturazione, e si proroga di solo un anno. Ovviamente, questa necessità non può varcare il termine ultimo di un anno, perché a noi è ben chiaro che la situazione contabile può essere difficile, ma altrettanto difficile è la contabilità delle imprese che, dopo aver effettuato servizi e prodotto le loro fatture, non possono vederle pagate in un limite troppo lungo, che spesso ne determina anche il fallimento, quindi con un degrado del tessuto economico-sociale delle piccole imprese che lavorano in sanità. Ovviamente, sono escluse le imprese che hanno compiuto illeciti, che, quindi, non verranno retribuite».
Il deputato Andrea Quartini (M5S), nel suo intervento ha evidenziato come «nell’attuale Decreto Calabria vediamo zero risorse per i cittadini calabresi e poltrone per qualcuno. Questa è la triste realtà. Temiamo, infatti, che dietro questa proroga o con l’occasione di essa vi possa essere in realtà l’ennesimo del potere sulla pelle dei cittadini della Calabria, un timore giustificato dal fatto che il Governo, proprio in questo provvedimento, ha ben pensato di introdurre, con straordinaria sollecitudine, la decadenza dei commissari straordinari delle Asl e degli enti sanitari calabresi ove non confermati».
Vittoria Baldino (m5S), nel suo intervento, ha ricordato come in Calabria ci sono 18 ospedali con il piano di rientro del 2009 «senza alcuna valutazione delle condizioni del territorio, del fabbisogno sanitario della popolazione, dei tempi di percorrenza verso i principali ospedali».
«Si tratta – ha spiegato – di diciotto ospedali chiusi in una regione che, per la sua condizione morfologica, rende assai difficoltoso agli abitanti delle aree collinari e montuose, che rappresentano circa il 90 per cento del territorio, di raggiungere i presidi ospedalieri più prossimi. Diciotto ospedali chiusi in una regione dove il 22,6 per cento della popolazione è composta da persone che hanno più di 65 anni».
La parlamentare, poi, ha portato l’Ospedale di Cariati come simbolo del paradosso della sanità calabrese: «Di Cariati ha parlato tutto il mondo, grazie ad un gruppo di cittadini uniti in associazioni e collettivi che, nel novembre 2020, in piena pandemia, ha occupato la struttura per chiederne la riapertura, anche per far fronte all’emergenza sanitaria. Grazie al coraggio di questi ragazzi e di queste ragazze, ma anche di adulti, cittadini comuni, si sono susseguiti appelli da tutto il mondo per la riapertura del presidio. Finanche Roger Waters ha lanciato un accorato appello per la causa che è diventata una pellicola in riproduzione nelle sale cinematografiche in tutta Italia proprio in questi giorni».
«Secondo la Corte dei conti, la spesa sanitaria corrente riconosciuta al Sud è arrivata a toccare i 2.046 euro – ha spiegato la deputata pentastellata –, mentre al Nord è arrivata a toccare i 2.152 euro . Ogni cittadino del Sud ha percepito quindi in meno, rispetto ad un cittadino del Nord, 106 euro, che significa per il Sud contare su 2,2 miliardi in meno. Poco importa se l’articolo 32 della Costituzione considera il diritto alla salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, a prescindere dal luogo in cui si nasce, e poco importa se la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale annovera tra i principi ispiratori l’universalità, l’uguaglianza e l’equità, da garantire su tutto il territorio nazionale».
«Sono principi rimasti lettera morta – ha continuato – perché di Cariati ne è disseminata la Calabria, una terra che sembra non avere più voce, che sembra rassegnarsi ad una condizione di disagio, che induce molti figli di questa terra alla triste parabola della migrazione sanitaria in favore della sanità privata oppure delle regioni del Nord, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte».
La pentastellata, poi, ha ripercorso la strada che ha portato a quella che è la sanità calabrese oggi: un disastro.
«Dopo 13 anni di piani di rientro e 12 di commissariamento – ha continuato Baldino – la Calabria è ancora in emergenza e questo provvedimento arriva in Aula per prorogare di altri 6 mesi – perché 12 anni sono pochi – il commissariamento della sanità calabrese, però senza aver avuto la possibilità, nonostante la richiesta del MoVimento 5 Stelle, di ascoltare l’attuale commissario alla sanità calabrese, il presidente della regione Roberto Occhiuto, addirittura senza il riconoscimento che, conclusi questi 6 mesi di proroga, il Parlamento possa apprezzarne gli sviluppi, gli obiettivi raggiunti, lo stato d’avanzamento dei servizi sanitari calabresi, perché i nostri emendamenti, in questo senso, in Commissione sono stati respinti e li ripresenteremo in Aula».
«Questa proroga, di fatto – ha detto ancora Baldino – si accompagna ad un silenzio che rischia di fare tanto rumore su un commissariamento che sembra destinato a proseguire, invece, dobbiamo e vogliamo capire con quali modalità e tempistiche la Calabria uscirà dal commissariamento per tornare ad una gestione ordinaria».
Nella replica, Loizzo ha ricordato che «il decreto Calabria nasce grazie anche al partito che rappresento, la Lega-Salvini Premier. È noto a tutti lo stato del servizio sanitario regionale calabrese e per me, da calabrese, ogni volta che se ne parla in questi termini, in un’Aula come quella di Montecitorio, la tristezza, soprattutto come direttore di dipartimento chirurgico, è grandissima, perché se ne parla come di un esempio negativo».
«C’era un’esperienza di questo genere nel centrodestra nel passato – ha aggiunto – e volevo replicare all’onorevole Baldino che si sono succeduti ben due Governi di centrosinistra alla guida della regione Calabria – prima della parentesi della nostra cara Jole e oggi finalmente con Roberto Occhiuto – con capacità di incidere sull’ del sistema sanitario regionale calabrese. Ebbene, non è che non abbiamo avuto tempo per cambiare questo decreto: noi non lo abbiamo voluto cambiare. Abbiamo inteso che il decreto Calabria andasse bene, quindi trovo questa provocazione dell’onorevole Nico Stumpo inefficace, perché il tempo per cambiare la legge ci sarebbe stato, ma non abbiamo voluto».
«E poi, per quanto riguarda la riconversione degli ospedali – ha proseguito – voglio sempre ricordare che molti ospedali sono stati considerati, ma non oggi, già ben un quindicennio fa, ospedali di morte. Noi non vogliamo ospedali in tutti i paesi e in tutte le comunità. Vogliamo che venga applicato il Dm 77 del 2022, vogliamo gli ospedali di comunità, ma non vogliamo certo ospedali in ogni comune della regione Calabria. Noi vogliamo centri nascita che funzionino secondo quelli che sono i dettami del Ministero della Salute, con un certo numero di parti, perché ovviamente la capacità di eseguire le procedure dipende anche dal numero e dalla quantità di procedure effettuate per quei centri»
«E, quindi, mi preme far sapere all’onorevole Baldino – ha concluso – che tutti gli ospedali chiusi verranno riconvertiti secondo processi guidati di altissime specialità, in relazione alla posizione geografica, perché la Calabria ha un territorio difficilmente gestibile anche in termini di viabilità e trasporti…».
«Chiudere un ospedale pubblico conduce alla morte», ha risposto Baldino a Loizzo.
«In Italia, negli ultimi 10 anni – ha ricordato – sono stati tagliati ben 37.000 posti letto. Centinaia sono stati gli ospedali pubblici chiusi. Di questi, neanche a dirlo, 18 erano in Calabria. Sono stati chiusi per effetto del piano di rientro voluto dal centrodestra. Ieri sono intervenuta in aula per ricordare tutto il dolore dei calabresi e degli italiani che pagano sulla propria pelle, con viaggi della speranza, i tagli alla sanità pubblica, i danni del commissariamento regionale e il fallimento del regionalismo sanitario».
«La politica regionale ha usato la sanità come bancomat – ha evidenziato –. Era mio dovere, come rappresentante dei cittadini, ricordarlo a chi quelle scelte le ha fatte. Era mio dovere ricordare i nomi e i volti dei tanti cittadini costretti a fuggire verso il nord per curarsi. Era mio dovere restituire dignità a quei territori indebitante scippati di servizi sanitari».
«La risposta della maggioranza è avvenuta per bocca dell’On. Loizzo – ha continuato – mia conterranea, che per tutta risposta mi ha ricordato che loro considerano molti di quei 18 ospedali pubblici chiusi, inutili: “ospedali della morte” li ha chiamati. Chissà cosa ne pensano i suoi elettori! Tanto erano inutili quegli ospedali, che solo grazie all’ostinazione di un gruppo di cittadini, oggi l’ospedale di Cariati ambisce alla riapertura. Tanto erano inutili che ben 3 sentenze hanno decreto la riapertura degli ospedali di Trebisacce e Praia a Mare».
«Solo per citare 3 degli ospedali chiusi, in attesa di riapertura – ha concluso –. Quello alla salute è un diritto individuale. Un interesse della collettività. Chiudere un ospedale pubblico, questo si conduce alla morte. Era mio dovere ricordarlo. È nostro dovere rivendicarlo». (rrm)