“Liberata” di Domenico Dara

di ELISA CHIRIANOPotrebbe chiamarsi Malinconica Macrì, oppure Disabituata, Impietrita, Illuminata, Destinata, Ingannata, Catena, Avvilita, Innata, Irrequieta Macrì. Potrebbe avere uno o cento nomi, racchiuderli e contenerli tutti. Invece si chiama Liberata, Liberata Macrì, perché sua madre non avrebbe potuto darle altro nome, se non questo, e non certo per una sorta di augurio per una buona vita, all’insegna dell’indipendenza o in onore di una santa abbastanza portentosa. La verità è ben diversa e ha a che fare con i princìpi dell’inadeguatezza e dell’indifferenza. Del resto, noi «diventiamo sempre ciò che siamo, a prescindere dalla terra in cui siamo stati abbandonati» e un nome può trasformarsi in destino e destinazione, perché una storia è tanto più vera quanto più autenticamente narrata o perfettamente immaginata. Liberata Macrì è la figura centrale del nuovo e attesissimo romanzo di Domenico Dara, disponibile in tutte le librerie da oggi, 27 agosto.

Un nome e una garanzia, si potrebbe dire, e questo vale sia per l’autore che per la protagonista. Domenico Dara sorprende ancora una volta. È sempre unico e sempre diverso, eppure il lettore attento e la lettrice avvezza al gusto dolce-amaro stil sempre nuovo dariano riusciranno a cogliere proprio in questo rinnovarsi-rigenerandosi la specificità dell’arte dello scrittore calabrese. Leggere i romanzi di Domenico Dara è un dono che facciamo a noi stessi, alla vita vera e immaginata, a ciò che è – anche se non si vede – ma che spesso diventa la misura del mondo, perché invisibile non vuol dire inesistente. Per ogni evento accaduto ce ne sono migliaia accaduti non accadendo, che non incidono sui fatti degli uomini. A volte «il miracolo è quello che non accade»: di questo è convinta Liberata, dattilografa a tempo perso, audace nella fantasia ma timorosa ed esitante nella realtà. Sogna a occhi aperti, attraverso le pagine dei fotoromanzi, che colleziona e custodisce con cura, soprattutto se il protagonista è Franco Gasparri, l’attore che ama con completa devozione. Cerca di trovare similitudini tra la sua vita e quelle delle storie fotografate sul set, frammenti di vita delineati e sovrapponibili agli scatti d’autore, incorniciati nelle riviste, che puntualmente acquista nell’edicola dell’amico Glauco. Sembrano tarocchi, allineati e pronti a immaginare il futuro. Liberata crede a tutto ciò che non si vede, «al destino già scritto, all’anima che vive dopo la morte, al malocchio che colpisce, all’invidia che affama, a certi pensieri che spostano oggetti, alle voci dei defunti, ai sogni che si avverano, al potere misterioso della luna, alle vite che non sono accadute ma che lo stesso ci perseguitano».

Crede nelle coincidenze – che si vedono, certo – ma che sono il risultato sensibile di un processo invisibile, di un intreccio nascosto di destini, trame, punti. Ha fiducia cieca nel domani ed è convinta che raccogliendo indizi, anche attraverso le istantanee della sua polaroid, un giorno tutto si incastrerà perfettamente, svelando la verità anticipata da segni premonitori, oppure già fotografata nelle pagine di un fotoromanzo. Tutto è prevedibile e tutto fila liscio nei fotoromanzi! Gli incastri funzionano, le storie iniziano e finiscono, e nulla resta in sospeso. Incline alla solitudine, a differenza dell’esuberante amica Giuditta, Liberata vede cambiare la propria esistenza quando conosce Luvio, il nuovo operaio dell’officina meccanica del padre. In un attimo si sente proiettata dentro uno dei suoi fotoromanzi, eroina di una storia d’amore da sogno. Ma gli amori reali possono aspirare alla perfezione delle storie raccontate? E la magia dell’invisibile non rischia di sgretolarsi nell’impatto con la realtà del mondo?  

Domenico Dara gioca con le parole. Le cuce addosso ai suoi personaggi e ai lettori consegna mondi interiori e universi paralleli e misteriosi. Traccia viaggi semantici, percorrendo un senso e anche quello opposto, tra significanti, significati e direzioni. Mentre la storia si dipana o si aggroviglia, ecco partire un’altra via, quella lastricata di basoli e intarsi di pietre, che la tradizione letteraria ha costruito nel tempo e che echeggia nelle pagine delle sue opere. Il resto lo fa l’arte e la cura del dettaglio, la voglia di narrare storie minute, che indagano esistenze, marginali e nascoste, di persone comuni, che abitano i luoghi semplici. Tra realtà narrazione, sogno, visione e tempo dell’immaginazione mette in campo le vite piccole, perché ci pensa la Storia a raccontare i vincitori. La scrittura deve illuminare le zone lasciate nell’ombra, i personaggi di periferia, che abitano il sud del mondo, eppure hanno la forza dell’epopea storica e il vigore del dramma antico, nell’incedere quotidiano di esistenze che si incontrano e si intrecciano. Sono vite dai contorni poliedrici che spesso procedono in direzione ostinata e contraria, in cui la verità non è mai quella che sembra e magari indossa la parvenza di sentieri tracciati dal destino, letto da una cartomante. Dara infila il dito nelle crepe, accarezza gli strappi osserva i particolari e, attraverso la scrittura, riempie i vuoti lasciati dalle mancanze che condizionano la nostra vita.  

In anni di profondo cambiamento, segnati dalla violenza nelle piazze e dalla strategia del terrore – ma anche dalle conquiste che rendono le donne più autonome e consapevoli del proprio posto nel mondo –, Liberata vive una metamorfosi, proprio come quegli insetti collezionati dal padre che dimostrano, sempre e comunque, come per divenire adulti si debba sacrificare e perdere una parte di sé. È un microcosmo in cui agiscono persone e fatti. C’è Agata, che sminuisce le persona disprezzandone le abitudini, gli oggetti e le parole, ed è sempre impegnata con il sagrestano a organizzare la processione per la festa di Sant’Antonio; c’è Oreste, meccanico di professione e entomologo per passione; c’è il sagrestano Beccaria che, anche se è astemio, vede Dio ogni tanto; c’è una cartomante che legge i tarocchi; c’è un forestiero che segue Liberata nell’ombra; c’è Glauco con la sua edicola al centro della piazza; c’è Radio Alternativa 71, la radio dalla parte dell’umanità, che trasmette notizie di passi lenti e incisivi verso la conquiste di libertà e di democrazia; c’è il giallo del mistero e il rosa dell’amore, che arriva inaspettatamente; c’è soprattutto il paese  dove ciascuno nasconde un segreto, più o meno oscuro. Poco importa se si tratti di Girifalco o di un altro borgo di Calabria. C’è tutto un mondo qui, specifico e universale al contempo. Il luogo diventa archetipo e topos, territorio ma anche argomento.

Domenico Dara ripercorre le pagine di una microstoria, attingendo a un baule di ricordi, anche domestici e familiari. Rende omaggio alla foto-narrazione, che fece epoca soprattutto negli anni Cinquanta e proseguì con successo nel periodo seguente, affascinando intere generazioni. Contenitori di storie ma anche strumento di alfabetizzazione per un Paese uscito con le ossa rotte da un aspro conflitto bellico. Domenico Dara accende nostalgie in chi (e in un tempo non molto lontano) aveva un appuntamento fisso -settimanale o quotidiano- con l’edicola, che era chiostro e chiosco, per acquistare una rivista, un giornale o un fotoromanzo e magari per ristorarsi un po’.

Liberata è pronta per spiccare il volo, per rivelarsi ai lettori e alle lettrici erranti, per raccontarci che in fondo, anche ciò che è invisibile, in un preciso momento assume il volto dell’eternità. Liberata è tutto questo e molto altro ancora. (ec)

 

Malinverno, romanzo di Domenico Dara

Che magnifico racconto offre Domenico Dara parlando di Astolfo Malinverno, bibliotecario dell’immaginaria cittadina di Timpamara, idealmente collocata nella Calabria più profonda. Il protagonista fa il lavoro che sogna chiunque ama i libri, ma accanto a questo incarico che gli permette di dialogare con i grandi della letteratura facendone partecipe il lettore, il sindaco gliene impone un altro che ha poco a che vedere con la cultura: quello di custode del camposanto. E allora il povero Astolfo, zoppicante dalla nascita, d’indole malinconica e sognatrice, accanto al suo impossessarsi della conoscenza che i libri trasmettono, si avvicina alle storie raccontate in poche righe sulle lapidi del cimitero.

Nel paese c’è una cartiera che ricicla la carta: vi finiscono tanti libri destinati al macero, ma alcune pagine il vento le porta in giro per Timpamara, quasi a voler costringere i suoi abitanti a leggere, a fare proprie le pagine svolazzanti che sono frammenti di storie, di nomi importanti, di emozioni che finiscono brutalmente con la pagina strappata. E se i libri trasmettono la vita, le lapidi raccontano la morte e alimentano i sogni. È da una delle lapidi che nasce l’infelice e sfortunato amore del bibliotecario-camposantaro. In un racconto delicato e straordinariamente avvincente che ce lo rende un amico di cui si vuol condividere una pena, ma anche uno scatto d’orgoglio o un sentimento d’amore. Sotterra anche i libri Astolfo per dare loro una metaforica vita universale, al di là della vita terrena. Intrigante e fascinoso, questo libro non potrà non piacere, per i suoi tanti spunti, letterari e non, dove diventa una piacevole avventura perdersi.

Abbiamo in Calabria un magnifico scrittore (Dara è nato a Girifalco) che rivela, in questa pregevole scrittura, il suo amore appassionato per la letteratura e i suoi maestri. È un’idea strepitosa quella che muove il racconto e il bibliotecario col nome che, evidentemente, è un tributo a Ludovico Ariosto, diventa un personaggio di grande letteratura che – siamo certi – avrà il giusto riconoscimento che, in verità, ci saremmo aspettati. È un romanzo Malinverno che dovrebbe conquistare non solo tantissimi lettori, ma meriterebbe molti premi letterari sicuramente ben attribuiti.

Con le sue stranezze, i suoi sogni, le aspirazioni fallite, le debolezze mascherate. Astolfo ci rende alquanto tristi, è vero, ma la sua storia avvince e convince. È un libro da leggere, da apprezzare e finirà per essere tra i più amati della produzione letteraria degli ultimi anni. Dara ha uno stile narrativo che sembra attingere e mediare tra la raffinatezza della lingua e la crudezza di un mondo dialettale lontano, immaginario e allo stesso tempo reale e coinvolgente. Il suo racconto ha sapore d’antico ma risulta senza tempo. Come i romanzi che conquistano e si tengono in evidenza in libreria, pronti per una rilettura improvvisa quanto gradita. È questa la magia di Domenico Dara: rapire il lettore, come sanno fare solo i grandi scrittori, e condurlo per mano in un romanzo di vera letteratura. (dl)

MALINVERNO
di Domenico Dara
Feltrinelli editore, ISBN 9788807033780  

A Catanzaro la XIII edizione del Premio Corrado Alvaro

26 ottobre 2018 – Si svolge oggi alla Auditorium Casalinuovo di Catanzaro la XIII edizione del Premio letterario nazionale “Corrado Alvaro”. La giornata si articolerà in due momenti: alle 9.30 i saluti istituzionali e i premi agli scrittori che dialogheranno con gli studenti e dalle 17.30 lo spettacolo letterario in omaggio ad Alvaro con Carmine Abate e Cataldo Perri e la consegna dei riconoscimenti speciali.
I vincitori di questa edizione sono Giuseppe Lupo con “Gli anni del nostro incanto” (sezione narrativa), Salvatore Maira con “Diecimila muli. Romanzo di uomini e bestie” (narrativa opera prima) e Alessandro Leogrande con “La frontiera” (riconoscimento alla memoria). «Tre libri – ha affermato il presidente della Giuria, lo scrittore Carmine Abate – di cui andiamo davvero fieri. Per la XIII edizione del Premio abbiamo voluto rendere omaggio a Corrado Alvaro  anche con un racconto sul rapporto tra lui e gli scrittori calabresi che sarà narrato durante il reading letterario-musicale previsto in chiusura del Premio quando si esibiranno insieme a me, Cataldo Perri (voce e chitarra battente), Checco Pallone (tamburello e chitarra), Enzo Naccarato (fisarmonica), Piero Gallina (violino e lira)».


«Avevamo dei libri davvero molto belli. Non è  stato facile ma abbiamo deciso all’unanimità sicuri delle scelte finali”. Lo ha dichiarato Marisa Fasanella mentre Cataldo Perri hanno messo in evidenza l’importanza dell’insegnamento della letteratura calabrese nelle scuole «tramite gli scrittori portatori di grandi valori che hanno tracciato la nostra storia e le nostre identità» ed ha proposto di intestare un Parco letterario a Corrado Alvaro.
Presente alla presentazione in Cittadella anche il segretario della Fondazione “Corrado Alvaro” Sebastiano Romeo il quale ha illustrato l’attività della Fondazione il cui fiore all’occhiello è costituito proprio dal Premio «per il quale – ha specificato – quest’anno si è deciso che la giuria fosse composta da scrittori calabresi. La scelta della Fondazione e della Regione di realizzare questa edizione a Catanzaro – ha aggiunto –  è legata al ricordo degli anni di formazione trascorsi dall’autore di San Luca al Liceo “Pasquale Galluppi” della Città Capoluogo della Calabria dove conseguì la maturità classica nel 1913 e dove tenne per la prima volta una conferenza pubblica».
La preside del Liceo “Galluppi”, Elena De Filippis, ha espresso commozione “per essere stati individuati per questa occasione. «Una  scelta – ha affermato – caratterizzata dalla fierezza di aver ospitato in questo liceo uno degli scrittori meridionalisti più rappresentativi come Corrado Alvaro».
La Fondazione “Corrado Alvaro” ha assegnato anche altri riconoscimenti ad Istituzioni e a calabresi illustri: al presidente della Regione Mario Oliverio, alla Città di Catanzaro, al Magnifico rettore dell’Università di Macerata Francesco Adornato, al direttore scientifico IEO di Milano Giuseppe Curigliano. Il premio di studio se lo è invece aggiudicato Rosalba Peronace per la tesi di laurea su “Gente in Aspromonte: la geografia dell’Aspromonte nell’opera di Corrado Alvaro”. (rcz)

ALLA SCRITTICE REGGINA ROSELLA POSTORINO IL PREMIO CAMPIELLO

16 settembre – È un grande motivo d’orgolio per tutta la Calabria. la scrittrice reggina Rosella Postorino col suo libro “Le assaggiatrici” ha vinto il Premio Campiello 2018. Anzi, ha stravinto, raccogliendo 278 dei 300 voti dei lettori per poi ricevere 167 voti nella votazione finale al Teatro La Fenice di Venezia. originaria di Reggio calabria, Rosella Postorino è cresciuta in Liguria e da17 anni vive a Roma.
Il suo libro “Le assaggiatrici” (Feltrinelli) racconta la singolare storia di un gruppo di donne chiamate ad un compito insolito e terribile: assaggiare il cibo destinato a Hitler. «Un privilegio e una condanna» dice la scrittrice. Che ha espresso con un largo sorriso la sua soddisfazione: «Sono felicissima. Voglio ringraziare tutti quelli che mi sono stati vicino mentre scrivevo questo libro. Grazie al Campiello che mi ha fatto fare un’esperienza bellissima».
Alla serata finale del Campiello hanno preso parte la Presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, e il ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli. Se per la Casellati il Campiello è «una scommessa abbondantemente vinta» per il prestigio del Premio e la sua autorevolezza nel mondo della cultura, il ministro Bonisoli ha sottolineato che bisogna «lavorare insieme per la diffusione della scrittura e della letteratura tra i giovani. Abbiamo – ha detto il ministro – un problema enorme in questo Paese. Siamo sull’orlo di un distacco tra generazioni. Ai giovani basta cercare di far venire la fame di cultura. Siamo in un momento di cambiamento della storia in cui nessuno sa con precisione dove stiamo andando. La cultura è una soluzione per trovare la nostra strada».
Rosella Postorino per il suo libro si è liberamente ispirata alla storia vera di Margot Wolk che a 96 anni ha raccontato l’esperienza di “assaggiatrice” del Führer alla caserma di Karusendorf. Un libro straordinario e avvincente, scritto con mano sicura, capace di rapire il lettore e costringerlo a riflettere anche sugli aspetti meno conosciuti del nazismo e le sue brutalità anche a livello psicologico nella scommessa sulla sopravvivenza cui costringeva le sue vittime.
La scrittrice è stata introdotta da Gad Lerner che nel sottolineare le sue origini ha esaltato le virtù del libro: «Che cosa c’entra una giovane donna calabrese con la Germania 1943? Ho iniziato questo libro con diffidenza e poi lo ho divorato». La Postorino sarà festeggiata a Montecarlo il 12 ottobre ospite dell’Ambasciata d’Italia, e come da tardizione per il vincitore del Campiello mercoledì 19 presenzierà a PordenoneLegge.
È importante sottolineare come sia un momento particolarmente felice per la narrativa calabrese: la Postorino, a buon diritto, diventa la portabandiera della forte capacità degli scrittori calabresi (Gioacchino Criaco, Mimmo Gangemi, Domenico Dara, solo per citarne alcuni) che stanno conquistando un posto di rilievo nel panorama non solo nazionale (di Criaco è stato appena pubblicata la traduzione di “Anime Nere” negli USA). Un motivo di orgoglio e l’ulteriore dimostrazione, ma non ce n’è bisogno, che questa terra ha tante ricchezze in casa, ma spesso non se ne accorge nemmeno. (rrm)

REGGIO: PROFUMO DI BERGAMOTTO AL MUSEO ARCHEOLOGICO

31 agosto – Da oggi al Museo Archeologico Nazionale di Reggio una tre giorni al profumo di bergamotto: lo spazio di piazza Paolo Orsi ospiterà, infatti, per tre giorni, dalle ore 18.00 alle 19.30, gli Incontri letterari del prestigioso Bergamotto Art Festival, promossi dalla Fondazione Marino.
Il primo appuntamento è stasera con “Narratori e Narrazioni calabresi”. Gli scrittori Giuseppe Aloe, Gioacchino Criaco, Domenico Dara ed Eliana Iorfida dialogheranno con Lionella Maria Morano in un confronto sugli stili e le forme del raccontare il Sud e la Calabria. Nello stesso contesto, i ragazzi del laboratorio teatrale del Liceo Classico “Tommaso Campanella” leggeranno una selezione di brani.
Il secondo appuntamento sarà domani con le “Incursioni nel mondo antico” di Valerio Massimo Manfredi. Prevista anche la partecipazione straordinaria di Michele Placido, che leggerà brani di classici letterari. Dal meraviglioso peregrinare di Ulisse al sovrumano sogno di potere di Alessandro Magno, fino alla grandezza di pensiero e di azione politica di Giulio Cesare, attraverso le invenzioni tecnologiche dell’antichità, gli eventi che portarono alla nascita e alla diffusione dell’Impero Romano, i perigliosi movimenti dei cartaginesi fino ai confini del mondo, per arrivare ai nostri giorni, al ritrovamento dei maestosi Bronzi di Riace, saranno “le tappe” del viaggio del tempo guidato dal noto e apprezzato intellettuale e storico divulgatore Valerio Massimo Manfredi, con il prezioso contributo di Michele Placido.
Ultimo appuntamento sarà domenica con “I luoghi dell’abbandono: appunti di geografia sentimentale”, dell’antropologo Vito Teti, professore ordinario all’Università della Calabria, a colloquio con Gilberto Floriani, direttore del Sistema Bibliotecario Vibonese, e con la partecipazione straordinaria di Beppe Barra, che leggerà favole di Giambattista Basile, dal fondamentale “Cunto de li cunti”. I ragazzi del laboratorio teatrale del Liceo Classico “Tommaso Campanella” leggeranno brani dagli scritti di Vito Teti.
Il direttore del MArRC, Carmelo Malacrino, che aprirà gli incontri nelle tre giornate insieme al presidente della Fondazione Marino e di Sveva Edizioni, Antonio Marino, ha così commentato questa iniziativa: «Siamo soddisfatti di ospitare le manifestazioni promosse dalla Fondazione Marino e Sveva Edizioni. Il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria sta diventando sempre più un luogo inclusivo e dinamico, rappresentazione dell’identità culturale di questo territorio e di tutta la regione
«Il Bergamotto Art Festival nasce intitolato all’“oro verde” della Calabria per promuovere la ricchezza del patrimonio di cultura e di tradizioni del territorio reggino», dichiara Marino. «Il nostro desiderio era già dall’anno scorso di avviare una collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale, simbolo per eccellenza e custode della ricchezza di storia, di arte e di produzione nella regione, e con il direttore Carmelo Malacrino, che ha reso questo luogo emozionante della cultura ancora più vivace e vitale».
Domani, inoltre, per l’apertura straordinaria delle Notti d’Estate al MArRC, con biglietto speciale a soli 3 euro con ingresso dalle 20.00 alle 23.00, un altro “gustoso” appuntamento attenderà gli ospiti del Museo, per il programma “…rEstate al MArRC!”, sulla splendida terrazza sullo Stretto. A partire dalle ore 20.30, in collaborazione con Costa Viola Gourmet, il MArRC proporrà il Simposio “Colori e sapori della Costa Viola sulle tracce di Ulisse”.
Interverranno: gli storici Daniele Castrizio, docente all’Università degli Studi di Messina e componente del Comitato Scientifico del Museo, e Pasquale Amato, docente all’Università per Stranieri “Dante Alighieri” di Reggio Calabria e responsabile della Sezione Storia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria, partner del MArRC per la valorizzazione; lo scrittore e ricercatore storico Natale Zappalà e lo scrittore e tecnologo alimentare Angelo Paolillo.
Il Simposio prevederà un momento conviviale a cura di grandi maestri Chef, con un menu di degustazione di piatti tipici “a tema”, ispirati ai poemi omerici e alla tradizione alimentare in Magna Grecia, per un viaggio dei sensi alla riscoperta di antichi sapori e saperi.
L’evento si colloca nel calendario per le celebrazioni dell’Anno del Cibo Italiano istituito dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali con il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e del Turismo e nella programmazione dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale dichiarato dal Parlamento Europeo con il Consiglio dell’Unione Europea.
In attesa della grande Festa patronale che avrà inizio la prossima settimana, domenica 2 settembre si potrà visitare gratuitamente il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, dalle 9.00 alle 20.00 (ultimo ingresso 19.30). (rrc)

BOVA MARINA: INCONTRO CON LO SCRITTORE DOMENICO DARA

18 agosto – Incontro questa sera alle 21.30 a Bova Marina con lo scrittore Domenico Dara che dialogherà sul suo libro “Appunti di meccanica celeste” (Edizioni Nutrimenti) con l’editor Maria Zema. Letture di Danilo Rubertà. Accompagnano l’incontro con lo scrittore di Girifalco il violino di Mariagrazia Nucera e il pianoforte di Angelo Orlando. L’appuntamento è all’Oratorio Salesiano. (rrc)