COSENZA – Si proietta il film “Figli del Minotauro”

Domani, al Cinema San Nicola di Cosenza, sarà proiettato il film Figli del Minotauro – Storie di uomini e animali di Eugenio Attanasio.

La proiezione è stata organizzata a seguito della proiezione del film – prodotto dalla Cineteca della Calabria – in Francia a Saint Laurent en Royale, a la Fete de la transumance de la Clarette, per inaugurare le transumanze francesi nella regione del Royans-Vercore. Alla transumanza calabrese è stato delegato il portavoce della Cineteca, Luigi Stanizzi.

In Francia, rimane ancora una pratica molto vivace nei territori montani e mediterranei, dove segna e condiziona, con una grande diversità di forme, le relazioni tra uomo, animali ed ecosistemi. Per la promozione del film e del libro sulla transumanza patrimonio universale Unesco si è formato un gruppo di sostenitori, “figli del Minotauro” appunto, composto fra gli altri da Domenico Levato, Giuseppe Gallucci, Elisabetta Grande, Elia Panzarella, Luigi Stanizzi.

Nell’opera c’è il racconto di una Calabria diversa ma anche una storia universale, quella del rapporto tra gli uomini e gli animali che parte fin dalla preistoria. Gli allevatori di podoliche, nel film la famiglia Mancuso di Marcedusa, sono i depositari oggi di una cultura millenaria, praticando l’allevamento estensivo, una forma ecosostenibile di agricoltura. Figli del Minotauro è un progetto di successo, fra gli attori figurano Franco Primiero, Francesco Stanizzi, Mattia Isaac Renda, Gianluca Cortese, Salvatore Gullì, Alessandra Macchioni. È quindi possibile una nuova via del racconto in Calabria, letterario e cinematografico, cogliendo nel contemporaneo i segni di una civiltà contadina ancora assai vitale. È stato realizzato anche un cofanetto multisensoriale della nuova edizione de “Figli del minotauro/Storie di uomini e animali”, con libro, edizioni multilanguage ottimizzate per smartphone e tablet, dvd e registrazione del percorso sonoro della transumanza, per chi voglia chiudere gli occhi e perdersi nel concerto dei campanacci.

All’arrivo prestabilito della mandria dei Mancuso in Sila, seguita dai mandriani a piedi o a cavallo,  o su quad e fuoristrada,  le donne degli allevatori hanno acceso i fuochi, preparato e servito un pranzo rustico ristoratore, sotto i faggi: pancetta, capocollo, soppressata, formaggio, olive verdi e nere, penne al ragù, agnello a la pecurara, salsicce e costine alla brace, insalate, il tutto innaffiato da vino rosato “garantito” da Antonio Sisca su mandato di Antonio Mancuso. E dolci, liquori, grappa. Tutto fatto in casa, di qualità eccelsa. Fra i rari ospiti docenti universitari, frantoiani, allevatori, il titolare di un’agenzia di viaggi, amici intimi. Non sono mancati momenti di sincera convivialità, di gare o faide a chi beve di più con l’allevatore Pisano di Simeri Carichi,  di unione fra popoli e culture diverse, di improvvisata festa privata per il compleanno di un ragazzo, di goliardia pura, di commerci internazionali con lo scambio di una pezza di formaggio vaccino di otto chilogrammi con una vacca del Gambia; ma anche di scherzi e di mistero: non si comprende come ad ogni pranzo di transumanza sparisca il coltello dell’allevatore e imprenditore oleario Antonio Tallarico che ha già perso, non si sa come (o gli sono stati sottratti), diversi preziosi Opinel e Svizzeri.

Naturalmente per i Mancuso, operai e collaboratori la festa fra vino, brindisi, musica e canti è durata poco e il lavoro è ripreso subito. Felici e soddisfatti  i sempre generosi fratelli Angelo, Vincenzo e Salvatore Mancuso, Antonio, i figli, le mogli, i parenti, tutti quelli che hanno collaborato alla perfetta riuscita di quest’altra transumanza. Alla fine un brindisi augurale per il regista Eugenio Attanasio, impegnato nella transumanza in Francia, ma per lui quest’anno solo sullo schermo. (rrm)

A La Sapienza di Roma proiettato i “Figli del minotauro” di Eugenio Attanasio

È stata una interessante giornata, quella organizzata dal prof. Antonello Ricci, docente di etnoantropologia all’Università La Sapienza di Roma, che ha visto la proiezione del film i Figli del minotauro di Eugenio Attanasio.

Al Cinema Teatro Ateneo, infatti, all’incontro con studenti e docenti, era presente il regista, i professori Laura Faranda, docente di antropologia culturale Sapienza Università di Roma, specialista in antropologia del mondo antico, Gianfranco Spitilli, docente di antropologia culturale Università di Teramo, specialista della relazione uomo animale, Roberta Tucci, docente di catalogazione dei beni culturali demoetnoantropologici presso la scuola di specializzazione in Beni Dea di Sapienza Università di Roma.

L’opera dimostra la vitalità della Cineteca della Calabria, che ha sede a Catanzaro, e che da più di vent’anni produce film e documentari distribuiti in Italia e all’estero presso i più prestigiosi Istituti di Cultura, come Mosca, Berlino, New York, Cracovia. Il prof. Ricci ha presentato il film,  raccontando delle  sue ricerche condotte tra Marcedusa e Mesoraca nei primi Anni ’90 sulla transumanza della famiglia Mancuso, protagonista del film e sui percorsi sonori, corredati da una ricca documentazione fotografica, che sono state recepite nel lavoro, in cui i bambini di trent’anni prima sono diventati adulti e, ciclicamente, fanno partecipare i loro figli alle pratiche dell’allevamento e dello spostamento di uomini e animali.

Per la promozione del film e del libro pubblicato sullo stesso argomento si è formato un gruppo di sostenitori, “Figli del Minotauro” appunto, composto fra gli altri da Salvatore Tozzo, Domenico Levato, Giuseppe Gallucci, Elisabetta Grande, Elia Panzarella e Luigi Stanizzi.

Il film racconta una mitopoiesi del contemporaneo sulla figura degli allevatori  che praticano la transumanza, antica forma di trasferimento di animali e uomini dal mare alla montagna. Ma la transumanza è anche una metafora del cammino dell’uomo e del bovino, iniziato diecimila anni fa con la domesticazione. Gli uomini seguono  da millenni lo spostamento degli animali. Nel cast del film figurano Mattia Isaac Renda, Gianluca Cortese, Salvatore Gullì, Alessandra Macchioni, Franco Primiero, Francesco Stanizzi magistralmente diretti dal regista Attanasio, che ha saputo fare esprimere al massimo le peculiarità degli attori impegnati in un’opera complessa, film-documentario rigoroso ispirato al metodo De Seta.

La famiglia Mancuso, da generazioni, pratica il pascolo transumante, trasferendo la mandria di podoliche dalle campagne di Marcedusa ai grandi boschi silani. Ancora prima dell’allevamento l’uomo continuava a seguire le mandrie di bos primigenius per poterlo cacciare;  questo grande erbivoro, che popolava le steppe e le foreste europee, veniva raffigurato nelle grotte dai primi artisti della storia, con significati magici-rituali ancora non del tutto noti. Nei millenni, con la nascita dell’allevamento si è modellato un rapporto e una società pastorale della quale i mandriani sono gli ultimi esponenti, custodi emeriti di una cultura, anche sonora, unica nel suo genere. I campanacci disegnano un paesaggio sonoro del pascolo e della transumanza che contraddistingue la pratica di un’agricoltura ancora sostenibile.

Dopo la proiezione, il prof. Ricci  e il regista del film, Eugenio Attanasio, hanno risposto alle domande e agli interventi dei docenti e degli studenti, che hanno stimolato un interessante confronto sui temi che vengono affrontati nell’opera, prodotta dalla Cineteca della Calabria, che ha sempre lavorato per promuovere la conoscenza e la valorizzazione del cinema antropologico, e delle lezioni di Vittorio De Seta e Luigi Di Gianni. I ragazzi sono stati colpiti da questo mondo degli allevatori calabresi di podoliche che vivono a stretto contatto con gli animali, con i quali riescono ad instaurare un rapporto, universo in cui le donne pur non apparendo hanno però un ruolo decisivo, nella gestione e nel mantenimento dei rapporti familiari che vi sono alla base.

Dopo la tappa romana, la circuitazione del lavoro continuerà presso le Università calabresi di Catanzaro e Cosenza, nella Locride  e sul Pollino, proprio in contiguità con la zona di Papasidero, dove sono state girate alcune delle scene più rappresentative del film. (rrm)