LA FUSIONE PUÒ ESSERE L’OCCASIONE PER
CONTARE DI PIÙ E NON ESSERE “INVISIBILI”

di GREGORIO CORIGLIANOVolete voi che sia approvata la proposta di legge che prevede la istituzione di un nuovo comune derivante la fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero? Questo è il quesito referendario che verrà posto ai cittadini calabresi, a conclusione dell’iter previsto dalla legge per istituire nuovi comuni.

La prima commissione del Consiglio regionale ha approvato la risoluzione della proposta firmata da Pierluigi Caputo, Katya Gentile, Luciana de Francesco, Sabrina Mannarino, Pietro Molinaro, Pasqualina Straface, Giuseppe Graziano e Gianluca Gallo, tutti di centrodestra.

L’iter previsto per far nascere un nuovo comune dalla fusione dei tre centri che hanno per capofila la città di Cosenza fa passi avanti. Prevista anche la scelta del nome, alla quale devono concorrere i cittadini tra Cosenza, Nuova Cosenza e Cosenza-Rende-Castrolibero. Il referendum potrebbe avvenire entro l’anno, certo dopo le elezioni europee. Nonostante l’opposizione dei sindaci della città capoluogo e degli altri due destinati a sciogliersi, l’iter va avanti. È positivo o negativo lo scioglimento e la conseguente nascita di un nuovo Comune? I politici di centro sinistra lo giudicano negativo, quelli di centro destra, positivo. Almeno i rappresentanti istituzionali.

C’è chi parla di nuovo centralismo democratico della Regione, c’è chi sostiene che la fusione viene fatta per salvare Cosenza dai debiti e dalla insolvenza. Non c’è accordo, ma guerra. Si tenta, da un lato, di prendere tempo e di rinviare, dall’altro di accelerare. Non c’è molta esperienza, in Calabria, anche se di fusioni nel corso degli anni ce ne sono state, di rilevanti, almeno tre. La prima, quella storica, la fusione tra Sant’Eufemia, Sambiase e Nicastro patrocinata dal senatore lametino Arturo Perugini, che diede vita alla quarta città della Calabria, Lamezia Terme. Della quale, non subito, ma col passare del tempo, si è detto un gran bene.

Poi nacque, nel 2017, Casali del Manco, tra la fusione di Casole Bruzio, Pedace, Sera Pedace, Spezzano Piccolo e Trenta. Tutti insieme, quasi diecimila abitanti. L’anno successivo nacque Coro, dalla fusione tra Corigliano e Rossano. Non ci fu accordo nella scelta di un nuovo nome e la nuova città si chiamò Corigliano-Rossano. In totale 74 mila abitanti, il terzo della Regione. Sulla carta, le precedenti città, sono rimaste come frazione. Ovviamente, sia a Casali del Manco che a Rossano-Corigliano c’è, rispettivamente, un solo consiglio comunale ed un solo sindaco. Lamezia Terme, è nata nel 1968 e conta 8 mila abitanti. Anche qui, i tre precedenti comuni, sono rimasti come frazione di Lamezia.

Dalla quarta città della Calabria, se non ai primi tempi, non ci sono più lamentele degli amministratori e dei cittadini. La fusione è stata assorbita ed anche bene. Non c’è più contrarietà a Casali del Manco, se non iniziali individualismi. Non digerita proprio bene la fusione tra Rossano e Corigliano, divenuta, per numero di abitanti, la terza città della Calabria, dopo Reggio e Cosenza. E prima di Crotone, Catanzaro e Vibo Valentia. La fusione, al di là del metodo –per questo c’è contestazione per la nascita della “nuova” Cosenza – è sempre un fatto positivo perché nasce una entità amministrativa più forte. L’unione fa la forza, da sempre. Più si è più si conta, maggiori sono ( o dovrebbero essere) i finanziamenti. Anche in questo tempo di magra e pur in presenza dell’approvazione (in dirittura d’arrivo?) del progetto del leghista Calderoli che sta dividendo il Paese e che la maggioranza di oggi pare voglia portare avanti. Non tutti concordano sulle fusioni. Nessuno sostiene che c’è la diminuzione di Sindaci e di consiglieri comunali, quindi, di cadreghe o di (presunti) ruoli di comando.

La verità è che la nostra è, fondamentalmente, una regione individualista, dove, come diceva l’avvocato Agnelli, “la migliore società è quella costituita in numero dispari e tre son troppi”. In Calabria, però, c’è l’esperienza di un nuovo solo Comune, nato, per l’esultanza dei cittadini, con legge della Regione, dalla divisione tra Rosarno e la sua ex frazione, quella di San Ferdinando, divenuto comune autonomo nel 1977, dopo venti lunghi anni di battaglie, proposte di legge, scioperi, ammutinamenti, divisioni.

A distanza di cinquant’anni dall’autonomia, nella Piana di Gioia Tauro, si comincia ora a parlare di fusione, per contare di più e per non vivere la vita grama delle singole realtà comunali che, a stento, riescono a provvedere agli aumentati bisogni dei cittadini. E per fronteggiare le nuove incombenze del Porto, ecco che si parla di unire Rosarno, Gioia Tauro, San Ferdinando e, forse, Rizziconi, se non Laureana e Candidoni. Chi vivrà, vedrà. (gc)

Il Consigliere Lo Schiavo: Con Città unica si crea un precedente pericoloso

Il consigliere regionale Antonio Lo Schiavo ha evidenziato come con il metodo seguito per la fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero, «si introduce infatti un precedente a mio avviso pericoloso che, in futuro, porterà i Comuni più grandi e politicamente meglio attrezzati a pensare di poter “annettere” altri territori con un semplice tratto di penna».

Lo Schiavo, infatti, non è contrario alla fusione «non nel merito della questione, in quanto sono tendenzialmente favorevole alla riorganizzazione degli enti locali (soprattutto di quelli interessati allo spopolamento), quanto nel metodo», ha spiegato a margine della seduta in Commissione Consiliare, che ha deliberato l’approvazione della Proposta di legge recante “Istituzione del nuovo Comune derivante dalla fusione dei Comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero”.

«A mio avviso – ha proseguito Lo Schiavo –, il procedimento propedeutico all’istituzione di nuovi Comuni attraverso referendum, andava disciplinato in maniera più organica, tenendo in debito conto l’opinione dei cittadini e dei rispettivi Consigli comunali».

«E non nascondo una certa preoccupazione – ha aggiunto – proprio per la tenuta delle regole sulle fusioni che oggi fanno capo ad una legge del 1983 estremamente scarna e non in grado di contemperare i diversi interessi in campo. Per questo motivo, nel maggio del 2023, ho presentato una Proposta di legge che mira a disciplinare meglio l’istituto del referendum consultivo».

«Un testo che prevede che le fusioni tra Comuni – ha spiegato – possano essere deliberate solo avendo ottenuto la maggioranza dei voti favorevoli in ciascuno dei comuni interessati. Ma l’obiettivo era soprattutto quello di coinvolgere il Consiglio regionale in un dibattito sulle regole democratiche che devono accompagnare i processi di fusione. Inutile dire che quella Proposta di legge è rimasta nel cassetto, non è mai arrivata nelle commissioni competenti e dunque su tali questioni il Consiglio non si è mai potuto esprimere compiutamente».

«Confermo, quindi – ha detto ancora – le mie perplessità sulla disciplina prevista per la fusione in esame, soprattutto per le conseguenze che questa potrebbe innescare a cascata in altri comuni calabresi. Si rischia un vulnus di democrazia che non sappiamo a cosa potrebbe portare».

«Ho espresso, pertanto – ha detto ancora – il voto contrario al provvedimento ribadendo la necessità di un adeguato ragionamento sulle regole del gioco, con il coinvolgimento di tutti gli interessi in campo e invitando tutti gli attori a dare uno sguardo alle esperienze di fusione e di unione che sono state realizzate in Italia e nel resto d’Europa».

«Contrariamente di quanto sta avvenendo in Calabria – ha concluso – i processi di fusione sono nati dal basso in maniera consapevole e responsabile». (rrc)

 

De Bartolo (Idm): Su fusione De Francesco faccia rispettare realmente volontà popolare

Emilio De Bartolo, segretario regionale di Italia del Meridione, ha stigmatizzato «con forza la strumentalità della nota stampa della consigliera regionale Luciana De Francesco che, richiamando a suo uso e consumo una dichiarazione del Presidente nazionale dell’Anci, Antonio De Caro, sul tema» della Città Unica, «sostiene che il Presidente dell’Anci avrebbe così certificato, a suo dire, “la legittimità dell’operazione in chiave politica e istituzionale”, aggiungendo che “De Caro coglie lo spirito partecipativo della proposta di legge e il vincolo della scelta democratica referendaria».

«Pur volendoci sforzare – ha detto De Bartolo – non riusciamo proprio a comprendere quale dichiarazione di De Caro abbia letto la Presidente della Prima commissione. Il Presidente dell’Anci ha semplicemente ribadito il valore imprescindibile del referendum popolare e quindi della scelta dei cittadini, che noi peraltro invochiamo da tempo con grande forza, aggiungendo poi una generica condivisione, su cui non possiamo peraltro non essere d’accordo, rispetto ai processi di fusione fra Comuni e di gestione associata dei servizi, citando per esempio il settore dei rifiuti e dei servizi sociali».

«La verità, leggendo la legge Omnibus recentemente approvata dal Consiglio regionale – ha spiegato – è purtroppo un’altra e cioè che in Calabria non comandano affatto i cittadini, se e’ vero come è vero che nella suddetta legge, che De Francesco, evidentemente distratta, ha votato, non solo vengono estromessi dalle scelte i Sindaci e i consigli comunali, dal momento che è stato eliminato il riferimento alle delibere consiliari, ma non si è nemmeno reso il referendum vincolante in ogni Comune, sottolineandone anzi, nella legge in questione, la natura consultiva e quindi teoricamente inutile».

«E dunque, ci chiediamo – ha aggiunto – dove sarebbe il rispetto della volontà popolare che De Caro invece invoca?».

«Ci auguriamo, come Italia del Meridione – ha concluso – che si prenda veramente spunto dalle parole del Presidente nazionale dell’Anci e, laddove ci dovrà essere il referendum, si renda questo strumento effettivamente vincolante in ogni singolo Comune interessato, rispettando nei fatti e non a parole il principio della volontà popolare, perché il parere dei cittadini non può essere un orpello superfluo e accessorio, invocato a sproposito e a convenienza, ma deve invece costituire il cuore e il centro del processo decisionale democratico». (rcz)