CITTÀ UNICA, L’INCOGNITA DEL CONSENSO
CONTROVERSIA SUL NUOVO CENTRALISMO

di ORLANDINO GRECO  – Il recente dibattito sulla fusione dei comuni in Calabria, in particolare il progetto che coinvolge Cosenza, Rende e Castrolibero, ha sollevato serie preoccupazioni sul rischio di un ritorno a forme di centralismo regionale. La regione, infatti, ha deciso di procedere con il progetto senza tenere in considerazione le opposizioni espresse dai consigli comunali e dai cittadini, “un’ingiuria istituzionale” che potrebbe costituire un pericoloso precedente nel panorama italiano.

Il ruolo delle Regioni nelle fusioni comunali

Le regioni italiane, ai sensi della normativa vigente, possono intervenire nella modifica dei confini comunali, sentendo le popolazioni interessate. Tale potere è stato finora esercitato nel rispetto delle autonomie locali e delle volontà espresse dai consigli comunali democraticamente eletti. Dal 1945 a oggi, non ci sono stati casi in Italia in cui una regione abbia estinto municipi senza che vi fosse il consenso formale da parte dei singoli consigli comunali coinvolti nella fusione.

Le recenti fusioni avvenute in Calabria, Corigliano Rossano e Casali del Manco, sebbene con una serie di forzature normative, sono nate nel rispetto formale della legge e della volontà dei Consigli comunali. L’imposizione di una maldestra fusione come quella che riguarda i comuni dell’area urbana cosentina, rappresenta un primo caso di intervento autoritario, con la Regione che decide senza l’impulso né la delibera delle amministrazioni locali.

La controversia calabrese: un nuovo centralismo?

Il caso della fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero ha attirato critiche da vari fronti. Secondo l’Associazione Nazionale per le Fusioni tra Comuni, l’approccio calabrese rappresenta un “pericoloso precedente” che potrebbe rendere le fusioni future ancora più complesse da realizzare. Questa fusione viene vista come un’operazione azzardata, portata avanti senza un confronto adeguato con i cittadini e le istituzioni locali.

Uno degli aspetti più controversi è stata la mancata approvazione di studi di fattibilità, che avrebbero dovuto analizzare le conseguenze economiche, finanziarie e urbanistiche della fusione. Inoltre, la Regione Calabria non ha fornito ai cittadini uno strumento partecipativo come il referendum, o perlomeno, non lo ha reso vincolante, come fatto da altre regioni. Questo ha portato alcuni a definire il referendum una “presa in giro”, con i cittadini privati del loro potere decisionale.

La necessità di un processo trasparente e partecipato

Le fusioni tra comuni, per quanto possano rappresentare una via per ottimizzare i servizi e migliorare le condizioni di vita dei cittadini, sono temi delicati che richiedono un approccio inclusivo e ponderato. Le regioni dovrebbero muoversi predisponendo un piano regionale delle fusioni e delle gestioni associate di funzioni e servizi in ragione delle peculiarità e delle esigenze dei territori per evitare che si renda discrezionale un atto così importante avviando sin da subito un dialogo costante e rispettoso con le istituzioni locali democraticamente elette.

È cruciale che, prima di avanzare una proposta di fusione, si studino attentamente le criticità del territorio e si elaborino piani strategici fondati su dati scientifici e obiettivi misurabili.

Nel caso della fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero, invece, si è assistito a un’azione unilaterale da parte della Regione Calabria, che ha proceduto senza coinvolgere le amministrazioni comunali e senza predisporre gli strumenti necessari per garantire una partecipazione consapevole dei cittadini. Questo atteggiamento autoritario non solo mette in discussione la legittimità del processo di fusione, ma solleva anche interrogativi sul rispetto dei principi democratici.

Un appello al buon senso

Di fronte a una situazione così critica, è necessario che la Regione Calabria interrompa l’iter di fusione e avvii un vero confronto con tutte le parti coinvolte eliminando la norma che ha svuotato di significato il referendum, restituendo così ai cittadini la possibilità di esprimersi realmente sul proprio futuro anche attraverso un dettagliato e approfondito studio di fattibilità che esamini attentamente tutti gli aspetti legati alla fusione.

Conclusioni

Il progetto di fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero si configura come un banco di prova per la Calabria e per il futuro delle autonomie locali in Italia. La decisione della Regione di procedere senza consultare adeguatamente le comunità locali rappresenta un grave precedente, che potrebbe influenzare negativamente la realizzazione di altre fusioni nel Paese.

In un contesto così delicato, è fondamentale che prevalga il buon senso e che le istituzioni si impegnino a garantire trasparenza, dialogo e rispetto per la volontà dei cittadini. Solo attraverso un processo partecipato e condiviso sarà possibile realizzare fusioni che migliorino realmente la qualità della vita delle comunità coinvolte. (og)

[Orlandino Greco è sindaco di Castrolibero]

CITTÀ UNICA / Franco Bartucci: Il mio no al referendum

di FRANCO BARTUCCI Apprezzo l’iniziativa di questo giornale di avere aperto uno spazio di opinioni sul disegno di legge regionale che guarda alla fusione dei comuni di Rende, Castrolibero e Cosenza per creare una  “città unica” nella media Valle del Crati.

Nel primo intervento del collega e fraterno amico Sergio Dragone rilevo un errore gravissimo da evitare e non ripetere. Non si può parlare della “Grande Cosenza”, come è stato scritto, ma della “città unica”, come il disegno di legge indica, in quanto non è altro che un agglomerato urbano quasi unico che si estende nella vallata del Crati e che lega le contrade di Quattromiglia, Commenda, Roges, Saporito, Surdo, Contrada Andreotta e Cosenza.

Se si parla della “Grande Cosenza” è tutt’altra cosa, in quanto fa parte della storia dell’Università della Calabria; un termine usato dal Rettore Beniamino Andreatta dal momento in cui il Comitato Tecnico Amministrativo, che lui presiedeva, tra i mesi di giugno e luglio 1971, dopo un periodo di studio ed analisi del territorio, scelsero di insediare le strutture della nascente università, tra le altre cose residenziale con un suo campus per studenti, docenti e non docenti, a Nord di Cosenza sui territori dei Comuni di Rende e Montalto Uffugo.

Fecero questa scelta in virtù del fatto che l’insediamento prevedeva un aggancio e un legame a Sud sul territorio di Rende dalla statale 107 Crotone, Cosenza, Paola, per incrociare a Nord l’asse ferroviario Cosenza/Paola/Sibari, in località Settimo di Montalto Uffugo, con sviluppo su un asse lungo 3.400 metri lineari, al cui termine il progetto prevedeva la realizzazione di una stazione ferroviaria.  Ne sono stati realizzati appena 1.280 metri lineari.

Non solo questi elementi quanto anche, per effetto dell’accostamento a valle (Est) dell’autostrada Salerno Reggio Calabria, con a “due passi” lo svincolo di Cosenza Nord che incrocia in località Quattromiglia di Rende la Statale 107 di cui sopra; mentre sempre più sotto ed in posizione parallela il letto del fiume Crati, possibile via di comunicazione in caso di navigabilità verso lo Jonio e quindi Sibari, Rossano Corigliano ecc. Un progetto che guardava in tutte le direzioni tramite adeguati collegamenti con i vari centri urbani sparsi nel territorio in stretto collegamento con la cittadella universitaria, mediante un sistema viario di trasporto su pullman, treno e metropolitana in stretto legame anche con la fascia tirrenica guardando all’aeroporto di Lamezia Terme.

Una Università con un Campus residenziale di grande respiro con almeno, in base agli studenti iscritti, di ottomila posti letto (ne sono disponibili appena 2.300) e vari servizi non ancora realizzati rispetto a quelli oggi esistenti, come il parco scientifico e tecnologico, le strutture fieristiche ed il centro commerciale, le scuole di specializzazione, la biblioteca pubblica al servizio del territorio, l’area industriale, il villaggio dello Sport con vari complessi sportivi, compreso uno stadio di 15.000 posti, con un quartiere residenziale per gli atleti, posteggi ed aree verdi ed infine la stazione ferroviaria in Settimo di Montalto Uffugo.

Se oggi, per un raffronto naturale, l’Università ha un organico, tra docenti ed amministrativi (non docenti) di 1.600 unità lavorative, gli studi ci dicono che avremmo avuto un organico complessivo di sei mila posti di lavoro. Questo era il disegno dell’Università dalle grandi dimensioni e innovativa in Italia, immessa in un contesto di area urbana che tenesse conto dei territori di Montalto Uffugo, Rende e Cosenza con relativo hinterland, tanto da costituire una “Grande Cosenza”, punto di riferimento nell’area Mediterranea. Addirittura questa “Grande Cosenza” veniva paragonata alla grande Londra, quale insieme di varie realtà territoriali uniti e considerati come unica area metropolitana.

Mentre la “Città unica” individuata dal disegno di legge regionale non è altro che l’insieme delle contrade urbanizzate sopra indicate, con una popolazione di 110 mila abitanti, tre centri storici, un ospedale, una università tronca anche se apprezzata a livello internazionale, uno stadio, una stazione ferroviaria e null’altro senza alcuna prospettiva racchiusa in se stessa, mettendo a nudo poi la non conoscenza, il disinteresse e l’inapplicabilità della legge istitutiva dell’Università della Calabria 12 marzo 1968, n° 442, che da una fotografia della “Grande Cosenza” auspicata ed invocata dal Rettore Beniamino Andreatta.

Circa il referendum indetto dal Presidente Occhiuto, di solo indirizzo consultivo, la posizione appare chiara: No alla “città unica” prevista dal disegno regionale; Si alla “Grande Cosenza” disegnata dai Padri fondatori dell’Università della Calabria guidata dal Rettore Beniamino Andreatta, che il disegno di legge in questione ne annulla il diritto all’esistenza, così come nelle forme elaborate nel concorso internazionale del 1973 dai progettisti Gregotti e Martensson.

P.S. – Un disegno di legge che il Presidente Roberto Occhiuto avrebbe potuto rinviare al consiglio regionale per una nuova elaborazione in concordia tra le parti con il coordinamento della dirigenza dell’UniCal per come chiesto in una lettera aperta indirizzatagli e pubblicata da questo giornale il 7 agosto 2024. (fb)

Nicola Leone: Sì alla Città Unica, ma inserendo Montalto Uffugo

di FRANCO BARTUCCIPer farla breve e facilitare la comprensione della linea del confine terminale a Nord della città unica si dà come punto di riferimento il ponte di ferro dell’asse ferroviario collocato sulla statale 19 e che porta all’incrocio dei tratti ferroviari Cosenza /Paola e Sibari/Paola, superando il torrente Settimo, che stabilisce la linea di confine tra i comuni di Rende e Montalto Uffugo. 

Dicono che il disegno di legge regionale della città unica ha alla base uno studio di fattibilità redatto da un bravo ed esperto professionista.  Non so se il presidente della Giunta Regionale Roberto Occhiuto conosca o meno la zona della quale parliamo, ma è oltremodo visibile che proprio su quel confine si sviluppa l’area abitativa di Settimo con una popolazione di oltre cinquemila abitanti.

La descrizione appena fatta è la dimostrazione che il piano di fattibilità predisposto dalla commissione apposita del Consiglio regionale, oltre che togliere il diritto all’UniCal di svilupparsi in un’unica area urbana (la grande area urbana invocata dal Rettore Andreatta), non ha le fondamenta solide su cui poggiare il grande edificio, né radici solide, né memorie culturali, sociali ed economiche, ma si poggia sulla creta.

Tra l’altro è calda la polemica creatasi con la dichiarazione del Rettore Leone riportata dalla Gazzetta del Sud, creando del forte malumore in quelle associazioni costituitisi all’indomani dell’approvazione del disegno di legge che sono per il no, come anche con dichiarazioni pesanti apparsi attraverso i social. Ma vediamo cosa riporta il quotidiano messinese del Rettore Leone nei suoi servizi quotidiani dedicati al disegno della città unica: «La città unica – è la dichiarazione che si riporta nel giornale – porterà molti vantaggi per gli studenti dell’ateneo in vari settori e Cosenza si avvicinerà ulteriormente all’UniCal. Tra l’altro ritengo ci sia già di fatto una città unica che adesso lo diventerà dal punto di vista amministrativo».

Una dichiarazione  valutata ad ampio raggio che alla luce delle mie conoscenze in materia mi hanno dato sentore della scarsa conoscenza da parte del Rettore della storia stessa dell’Università e sulle quali radici ha cominciato a  nascere e costruirsi, contravvenendo allo spirito auspicato dal Comitato Tecnico Amministrativo nel 1971 di creare attorno alla nascente università un’unica grande area urbana, che il primo Rettore Beniamino Andreatta definiva la “Grande Cosenza”. 

Ciò mi ha portato a fare le mie considerazioni critiche allo stesso Rettore Nicola Leone, tramite messaggi WhatsApp, e la sua risposta è stata: «La invito a verificare la notizia alla fonte, come ogni giornalista dovrebbe sempre fare».

Proseguendo nel suo dire, che la fonte giusta non era la Gazzetta del Sud, ma la trasmissione “Dedalus” di Ten del mercoledì, ha proseguito dicendomi:  «Forse comprenderebbe il mio punto di vista. Potrà verificare che ho auspicato una rapida realizzazione della fusione, ed un immediato allargamento a Montalto Uffugo, per andare oltre, verso la costituzione di una grande città metropolitana. Se il processo viene bloccato oggi, mandando in fumo anni di lavoro, quando il primo passo è ormai a portata di mano, non si farà mai più. Chi rema contro fa, nei fatti, il gioco di chi preferisce che tutto resti così com’è».

Più che giusta la dichiarazione ultima riportata del Rettore Leone (che ha tutto il suo diritto di esprimersi in merito a tutela o meno dell’UniCal) in quanto si avvicina di molto all’idea della “Grande Cosenza” di Beniamino Andreatta; ma ci sono delle forti perplessità anche per il fatto che la Gazzetta del Sud non ha riportato per intero la sua dichiarazione.

Quell’immediato allargamento auspicato ed il fatto che il disegno di legge per il quale il 1° dicembre si andrà ad un referendum consultivo (per l’UniCal la data del 1° dicembre corrisponde al 53° anniversario del primo Statuto dell’Università della Calabria approvato appunto con il Dpr 1° dicembre 1971 n° 1329 a firma del Ministro della Pubblica Istruzione, Riccardo Misasi)  non ne prevede affatto l’inserimento e costituisce dei forti dubbi circa il rispetto di questa affermazione indirizzata ad avere anche nel progetto il quarto comune di Montalto Uffugo e questo dà ragione a chi dice no alla fusione in quanto la considera una operazione politica e strumentale con reconditi fini. 

Non vedo in questo progetto, predisposto dalla commissione del Consiglio regionale, trasparenza e condivisione pubblica unitaria, portando il PD soprattutto quello cosentino a compiere un grosso errore nel sostenerlo vantandosi di essere riuscito a spostare la data di applicazione del disegno di legge con lo scioglimento dei comuni interessati al mese di febbraio 2027. 

Una vicenda che mi porta ad esprimere il mio dissenso sulla intera operazione nei confronti del presidente Roberto Occhiuto, che avvertito nello scorso mese di agosto attraverso una lettera aperta pubblica indirizzatagli dagli Stati Uniti, tramite i mezzi d’informazione, e pubblicata soltanto dal giornale online Calabria.Live del 7 agosto, non ha accolto la richiesta di non indire il referendum e rinviare il testo di disegno di legge al Consiglio regionale, in quanto fortemente carente dei riferimenti storici, sociali e culturali, oltre che per il mancato confronto d’informazione diretta con le comunità coinvolte, denunciando il fatto che il progetto creava la sua prima vittima nell’Università della Calabria, già penalizzata da altre precedenti vicende come la mancata realizzazione della metropolitana.

Di non assumersi la responsabilità di porre fine al progetto dell’UniCal come disegnato, su stimolo dei padri fondatori, dagli architetti Gregotti e Martensson e di riscrivere con urgenza un nuovo testo di legge in accordo e concordia con tutte le componenti politiche ed associative del territorio con il coinvolgimento della dirigenza della stessa Università. Ciò non è accaduto ed assistiamo ad una spaccatura netta tra i pro e i contrari che allontanano a mio parere l’idea luminosa della “Grande Cosenza” pensata ed invocata dal rettore Beniamino Andreatta.

Per tutto ciò, in virtù del fatto che per 36 anni ho servito l’Università della Calabria, da Andreatta a Latorre, per quanto mi riguarda dico “no” alla città unica proposta nel disegno di legge del Consiglio regionale ed un lungo e tonante “si” alla “Grande Cosenza” che appartiene allo sviluppo dell’Università della Calabria. (fb)

LETTERA APERTA / Franco Bartucci: Rinviare a Commissione Affari Istituzionali la legge sulla fusione

di FRANCO BARTUCCI – Caro Presidente, mi permetto di interloquire con te tramite questa lettera aperta che ti rivolgo  in tono  confidenziale,  data la nostra  conoscenza  a partire  dal periodo  di studio  che hai trascorso all’Unical per conseguire la tua laurea, al fine di farti una  richiesta  precisa  in merito  alla discussione  che si sta svolgendo  in questi giorni circa la fusione dei comuni di Cosenza, Rende  e Castrolibero in città unica.

Penso che dovresti rinviare al Consiglio regionale la proposta di legge di cui sopra predisposta dalla Commissione Affari Istituzionali, sfociata nell’approvazione del testo che ti affida l’incarico di predisporre quanto necessario per indire un referendum consultivo di condivisione o meno del progetto di legge, che mira alla fusione e costituzione della nuova città unica.

Promuovo tale richiesta in quanto per i motivi che ti spiegherò a seguire, la legge in questione è fortemente carente dei riferimenti storici, sociali e culturali, oltre per quanto riguarda l’aspetto informativo e di impatto sulla società coinvolta.

Penso e ne sono convinto  che tale legge crea subito una vittima illustre: l’Università  della Calabria, alla quale non le viene riconosciuta il diritto di svilupparsi nei confini naturali stabiliti dal Comitato Tecnico amministrativo, nel momento in cui scelse tra i mesi di giugno e luglio 1971 di insediare la nascente università  a Nord di Cosenza sui territori dei comuni di Rende e Montalto Uffugo, con riconoscimento di Cosenza, quale capoluogo provinciale e sede iniziale di partenza degli uffici amministrativi utilizzati per la sua gestione, nonché luogo di residenza e didattica per le prime seicento matricole dell’anno accademico 1972/1973.

In quell’ambito si decise di realizzare la cittadella universitaria sull’asse longitudinale tra la Statale 107, su territorio di Rende, incrociando il tratto ferroviario della linea Cosenza/Paola/Sibari in località Settimo di Montalto Uffugo.

Non so da dove è iniziato il lavoro predisposto dalla commissione regionale con presidente la consigliera Luciana De Francesco, che ha individuato i tre comuni sopra citati; ma una cosa è certa e gli atti parlano chiaro, a chiedere per prima la creazione di un’area urbana più allargata tra Cosenza, Rende e Montalto, con l’obiettivo di creare una grande Cosenza e favorire l’insediamento della cittadella universitaria, è stato nel 1971 il Comitato Tecnico Amministrativo, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta.

Sono trascorsi cinquant’anni e tutto è rimasto immobile con il Campagnano a rappresentare una barriera invalicabile creando per il servizio trasporti di collegamento tra la città di Cosenza e l’Unical, non poche difficoltà nel realizzare un servizio pubblico meno costoso di quello privato, sia per gli studenti che per la stessa Università.

Penso che ricorderai tutte le manifestazioni degli studenti per portare gli autobus dell’Amaco al polifunzionale con le proteste proprio sul Campagnano.

C’è stato il tentativo della metropolitana, con accordo tra i comuni di Rende e Cosenza con note di apprezzamento del sindaco Giacomo Mancini nel 1998, ma strumentalmente politicamente il progetto è stato cestinato.

Ora questa legge regionale che dovrebbe portare lo scioglimento dei tre comuni nel 2027 e far nascere la città unica sposterebbe tutti i problemi del Campagnano lungo il torrente Settimo.

È bene che tu sappia che nell’area di contrada Settimo di Montalto Uffugo sono stati vincolati 50 ettari di terreno, sul quale, secondo il progetto Gregotti sono previste opere importanti per l’Università, quali il villaggio dello sport con diversi impianti sportivi, tra cui uno stadio di calcio, un complesso residenziale ed altro ancora, il tutto per svolgervi vari campionati di sport a livello universitario, regionale, nazionale e internazionale, quali le universiadi, per finire con la stazione ferroviaria. Tutto questo in funzione della valorizzazione dell’Università per essere strumento di integrazione con il territorio.

Questo è il progetto dell’Università che tu conosci abbastanza bene e che la commissione in questione, come il consiglio regionale, approvando la legge di cui sopra hanno mostrato tutta la loro limitatezza nella conoscenza del territorio.

Certo, oggi le strutture dell’Unical per ragioni di debolezza politica sono ferme dal 2007 sulla collina denominata “vermicelli”, mentre avrebbe dovuto scendere a valle fino a raggiungere il noto tracciato ferroviario; ma non per questo dovremmo rinunciare nel portare a termine il progetto dell’Unical che i padri fondatori ci hanno lasciato come loro patrimonio per lo sviluppo dell’area e della Calabria.

Non addossarti quindi la responsabilità di porre fine al loro lavoro bloccando a metà quel disegno che costituiva per tanti giovani e non solo la speranza di una Calabria migliore e diversa rispetto al passato.

Quindi la città unica deve comprendere anche, come viene precisato nella delibera del CTA dell’Unical, Montalto e sono letteralmente sorpreso e preoccupato per il silenzio del nuovo Sindaco, insediatosi da poche settimane, come lo sono pure per il silenzio del rettore dell’Università. Per portare a compimento le strutture dell’Università, sia nella parte residenziale, che didattica e scientifica, ci potrebbe essere la strada di recupero dei fondi del Pnrr non utilizzati, per come e’ accaduto in passato con i fondi strutturali. Pertanto resto fiducioso in un tuo intervento risolutivo per sedersi a un tavolo e ricomporre quanto necessario per realizzare la nuova grande città nella media valle del Crati, collocando al centro il progetto dell’Unical, per come ci avevano sollecitato e consigliato i padri fondatori.

Infine, tengo a precisarti, che il nuovo progetto della città  unica, predisposto dal consiglio regionale, non può  collocare l’Unical nella sua dimensione completa e definitiva su due aree urbane diverse. Ciò  è semplicemente ridicolo. La nuova città unica deve essere pensata  in funzione dell’esistenza dell’Unical e questa non può sottrarsi a svolgere un ruolo di costante integrazione.

Ed ancora tengo a precisarti che non posso partecipare al referendum consultivo, in quanto mi si nega il diritto di credere e lavorare per la realizzazione del progetto originario dell’Università della Calabria. Nelle stesse condizioni si troveranno le persone, e sono tante, che credono ancora nella realizzazione del progetto dell’Unical per come ti ho testé illustrato. (fb)

Il M5S: Fusione dei Comuni una scelta calata dall’alto

La deputata Anna Laura Orrico, coordinatrice regionale del M5S, Davide Tavernise, capogruppo pentastellato a Palazzo Campanella, Giuseppe Giorno, coordinatore del Movimento per la provincia di Cosenza e Veronica Buffone, assessore al Welfare del Comune di Cosenza, hanno ribadito la loro contrarietà alla fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero, «perché riteniamo antidemocratico un provvedimento calato dall’alto, passato, letteralmente di notte, all’interno, fra l’altro, di una legge omnibus, e sostenuto da uno studio di fattibilità privo di risposte adeguate e concrete, di una visione».

«Nel merito, innanzitutto perché questa legge – hanno spiegato – prevede un referendum che coinvolge a metà i cittadini e le cittadine in quanto ha valore soltanto consultivo ed in secondo luogo perché non interpella minimamente i rispettivi consigli comunali privati dell’opportunità di esprimere un parere attraverso apposita delibera così come avvenuto, ad esempio, nella fusione dei comuni di Corigliano e Rossano».

«Il Movimento 5 stelle – prosegue la nota – è da sempre schierato per l’ottimizzazione della spesa pubblica come spesso avviene per l’unione dei piccoli comuni ma, a parte che non è questo il caso, non si può mica decidere sopra la testa dei cittadini di tre comunità senza considerare vincolanti né la loro volontà né quella delle istituzioni che li rappresentano proprio come le assise cittadine».

«Non vorremmo che questa corsa verso la ‘città unica’ a cui si è fino ad oggi assistito risponda a logiche che poco hanno a che fare con le reali esigenze dei territori ma piuttosto siano collegate ad interessi particolari orientati, invece, a mettere le mani sulla ‘città unica’», hanno concluso i pentastellati, assicurando che appronfondiranno la questione e «innescare un dibattito aperto e trasparente». (rrm)

Tavernise (M5S): Sono sbagliati tempi e modi della Fusione dei Comuni

Per il consigliere regionale del M5S, Davide Tavernise, «sono sbagliati i tempi e i modi di questa fusione che coinvolge le città di Cosenza, Rende e Castrolibero. Si tratta dell’ennesima forzatura istituzionale del centrodestra regionale che continua a portare avanti un modus operandi inaccettabile».

«Basti pensare che su questa legge – ha spiegato – approvata di notte e dai soli consiglieri di maggioranza nel calderone di una legge omnibus, insieme al collega Lo Schiavo abbiamo presentato una proposta di legge che non è stata neanche presa in considerazione. A dimostrazione del senso che questo esecutivo ha del concetto di democrazia. Ed è proprio sul concetto più profondo di democrazia partecipata, quale espressione del voto popolare, che si basava la nostra proposta di legge, partendo proprio dalla richiesta di modifica del referendum che tenesse in considerazione i voti dei cittadini dei singoli comuni e non consultivo sul totale degli abitanti coinvolti».
«Abbiamo anche chiesto il coinvolgimento dei Consigli dei tre Comuni – ha proseguito – nell’esprimere un parere sulla legge regionale attraverso una delibera ad hoc e la realizzazione di uno Studio di fattibilità degno di questo nome, considerando quello commissionato dalla sola maggioranza come un documento che non dà risposte. Detto questo è bene chiarire perché domani in Consiglio non voterò contro questa legge, ma esprimerò un voto di astensione. Primariamente e politicamente come Movimento 5 Stelle non siamo contrari alle fusioni dei comuni. Anzi, con alcuni presupposti che riguardano la prossimità, siamo assolutamente favorevoli a questo tipo di matrimonio».
«Nel caso specifico – ha aggiunto – gli abitanti delle città di Cosenza, Rende e Castrolibero formano già oggi una grande comunità, il cui territorio offre opportunità e servizi non solo alla provincia ma anche alla regione tutta. Ma per portare a termine le fusioni devono essere rispettati alcuni requisiti, devono essere programmati alcuni passaggi pratici e burocratici e, soprattutto, deve essere coinvolta la popolazione perché la trasformazione urbana non può essere vissuta come un’annessione di una realtà sull’altra, ma come una opportunità di crescita non solo economica ma anche storica, culturale, identitaria. Passaggi preliminari che in questo caso non sono stati attuati e che mi porteranno al voto di astensione per bocciare un metodo che reputo sbagliato e pericoloso per la democrazia».
«In ultimo, ma non per importanza – ha concluso – mi asterrò per mettere in evidenza anche l’incoerenza del centrodestra sul tema dei referendum: da una parte ha fretta di indire questo referendum sulla fusione, dall’altra si oppone e fa ostruzionismo sulla richiesta di referendum sull’autonomia differenziata». (rrc)

Il Pd presenta la proposta per rinviare la fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero

Domani mattina, a Cosenza, alle 11, nella Sala Consiliare del Comune, il Partito Democratico illustrerà la proposta di rinviare la fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero che sarà presentata in Consiglio regionale.

All’incontro con i cronisti saranno presenti il segretario provinciale del Pd di Cosenza Vittorio Pecoraro, la presidente dell’Assemblea Maria Locanto, il presidente del Consiglio comunale Giuseppe Mazzuca, oltre al vicepresidente del Consiglio regionale Franco Iacucci e al presidente del gruppo del Pd a palazzo Campanella, Mimmo Bevacqua

Bevacqua e Iacucci, durante i lavori dell’Assemblea regionale di venerdì 26 luglio e prima della discussione del punto all’ordine del giorno, formalizzeranno alle forze politiche di centrodestra un documento politico vincolante per fare in modo che il processo di fusione avvenga con i tempi giusti e in maniera collegiale. (rcs)

L’OPINIONE / Franz Caruso: Regione usa Città Unica per affermare potere di sciogliere i Comuni non graditi

di FRANZ CARUSO – Nella prossima seduta del consiglio regionale il centrodestra ha deciso di approvare la norma per l’indizione del referendum per la istituzione della città unica tra Cosenza, Rende e Castrolibero. Siamo in presenza di una evidente forzatura. Non intendono dire il ” come” si vuole fare per generare un processo virtuoso e vanno, invece, avanti con una impostazione burocratica che produce solo danni alle città interessat.

Ma la ragione vera per cui vogliono forzare i tempi è quella di legiferare e produrre atti amministrativi funzionali a legittimare l’attuazione della legge obbrobrio che ha modificato il referendum da vincolante a consultivo e, soprattutto, ha disposto che il quesito referendario non sia quello approvato dai consigli comunali ma quello che decide il Consiglio regionale.

Il tentativo è, di fatto, quello di creare il precedente nell’ attuazione di una legge che espropria i Comuni del principio di autodeterminazione. Una legge di imposizione perché consente alla Regione di poter sciogliere uno o più Consigli comunali a proprio piacimento, inficiando persino il principio della sovranità popolare che assegna al consiglio comunale il mandato di una intera consiliatura.

L’obiettivo, pertanto, è prima di tutto quello di voler mano libera per poter esercitare, come consiglio regionale, il potere di scioglimento dei consigli comunali. Un potere che la Carta costituzionale e le leggi ordinarie dello Stato riconoscono a ben altri organismi e non certo ad un Consiglio regionale. Un fatto di inaudita gravità che attribuisce oggettivamente alla Regione un potere di ricatto verso tutti quei sindaci e maggioranze consiliari non gradite al presidente della Giunta. (fc)

[Franz Caruso è sindaco di Cosenza]

L’OPINIONE / Orlandino Greco: Perché diciamo no alla proposta della Città Unica

di ORLANDINO GRECO – È arrivata in Consiglio la proposta di referendum consultivo sulla fusione dei Comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero. La proposta, difatti, arriva in Consiglio Regionale per dare il via libera al Presidente della Regione di indire il referendum consultivo.

Il nostro no sarà categorico e senza infingimenti ad una fusione (annessione) calata e imposta dall’alto. Pariamo dal primo punto: la proposta di referendum consultivo rischia di essere inutile, in quanto non considera il voto dei singoli comuni, ma solo il risultato complessivo. Questo potrebbe compromettere la rappresentanza democratica delle singole comunità.

La fusione è percepita come un tentativo di centralismo regionale che ignora le specificità locali e le identità storiche delle comunità coinvolte. In più vi è una distorta lettura della Costituzione e l’auto assegnazione da parte dei Consiglieri regionali di un potere che non hanno. Lo diciamo da tempo e con ancora più forza: la sovranità appartiene al popolo. (og)

[Orlandino Greco è sindaco di Castrolibero]

LA “GRANDE COSENZA”: UN’OCCASIONE DI
POSITIVA INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA

di CANDIDA TUCCINoi imprenditori abbiamo nel nostro codice genetico la capacità di cavalcare i cambiamenti, di coglierne le opportunità e di guardare al futuro con fiducia ed ottimismo. Se così non fosse non avremmo nessuna speranza di poter resistere alle regole di mercato, e di questo, la piccola e media impresa italiana è l’esempio più  tangibile rappresentando oggi l’80% del Pil del nostro Paese.

La fusione di Cosenza Rende e Castrolibero sarà un grande cambiamento e perciò una grande opportunità per tutti, amministratori, parti sociali e cittadini di poter realizzare un progetto urbano efficiente, moderno, vivibile e progredito. In particolare, per le imprese della Salute dell’area urbana interessata dal processo di fusione, sarà un’occasione irrinunciabile di fare un passo in avanti verso l’integrazione socio sanitaria dei servizi alla persona attraverso una programmazione socio sanitaria finalmente unitaria ed omogenea per un comprensorio di ben 54 comuni. 

Cosenza Rende e Castrolibero ad oggi, appartengono a distretti socio sanitari diversi: Cosenza va con il Distretto del Savuto che raggruppa 34 comuni, mentre Rende e Castrolibero con il Distretto Valle Crati che raggruppa 20 comuni. Per le politiche di welfare, invece, Cosenza fa parte dell’Ambito Territoriale n.1 che include circa 13 comuni, mentre Rende e Castrolibero dell’Ambito territoriale n. 2 con circa 9 comuni.

Una frammentazione di programmazioni e competenze che sta generando non poche difficoltà. La fusione dei tre citati comuni, invece, comporterà la ridefinizione dei confini geografici dei citati distretti ed ambiti territoriali per cui ne conseguirà una programmazione unica socio sanitaria e socio assistenziale per tutti e 54 comuni rientranti nell’area geografica del Distretto Savuto e Valle Crati ed Ambiti Territoriali n. 1 e n.2. 

Un risultato straordinario che non sfugge a chi, come noi, rappresenta il settore degli erogatori privati di prestazioni sanitarie e sociali e che accoglie nelle proprie strutture, cittadini dei comuni citati che, per via delle loro diverse residenze, seguono spesso iter amministrativi diversi. Un vero controsenso e, soprattutto, per noi imprese un affanno burocratico ulteriore.

Sicuramente un’incombenza per le istituzioni regionali che avranno da ridefinire l’assetto distrettuale ma un investimento di energia indubbiamente utile perché produrrà un grande vantaggio per la comunità e per gli erogatori di prestazioni. Una programmazione socio sanitaria e socio assistenziale unitaria per un comprensorio di 54 comuni consentirà una lettura del fabbisogno maggiormente coerente, eviterà la clonazione di servizi e la duplicazione di interventi con ottimizzazione di costi e miglioramento delle performance salutari. Un risultato positivo, questo, per i percorsi di salute dei cittadini ulteriormente amplificato dalla (anche questa) necessaria riorganizzazione della rete farmaceutica conseguente anch’essa dalla fusione dei tre comuni citati. 

Unico interlocutore politico, un’unica pianificazione, un’ unica lettura del fabbisogno ed una conseguente maggiore razionalizzazione della distribuzione dei servizi sul territorio. 

Occasione, quindi, di poter superare quella frammentazione delle programmazioni dei servizi alla Salute dei cittadini che è ed è stata, storicamente, l’ostacolo principale per il raggiungimento della desiderata integrazione socio sanitaria. 

Una sfida per amministratori e parti sociali che oggi la maggior parte degli stakeholder dell’area urbana coinvolta dal processo di fusione, è pronta ad accogliere con entusiasmo. (ct)

[Candida Tucci è presidente regionale filiera Salute Confapi Calabria]