Il Garante regionale Lomonaco incontra la presidente del Tribunale di Sorveglianza di Cz, Antonini

Si è parlato dell’urgenza di avviare un percorso strutturato sulla giustizia riparativa nel corso dell’incontro tra il Garante regionale per la tutela delle vittime di reato,  Antonio Lomonaco, e la Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro, dott.ssa Laura Antonini.

Il solco nel quale ci si deve muovere è quello di una giustizia che, assicurata la certezza della esecuzione della pena dal punto di vista del diritto, miri in qualche modo a restituire alla società il danno arrecato, mitigando quel senso di frustrazione proprio dei soggetti vulnerabili a cui magari non é sufficiente una pronuncia giurisdizionale definitiva.

La giustizia riparativa, intesa come qualsiasi procedimento che permette alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale, è a giudizio del Garante e del Presidente, l’aspetto che riconduce l’Amministrazione della giustizia in un ambito sociale.

«Desidero ringraziare pubblicamente il Presidente Antonini – ha commentato Lomonaco – per la Sua disponibilità ad un dialogo proficuo a livello istituzionale, che tracci la strada per un ruolo da protagonista della Calabria, da cui possano partire iniziative importanti e replicabili sul territorio nazionale».

«Un esempio su tutti, quella dell’istituzione dell’ufficio del Garante nazionale – ha concluso – che non si sostituisca a nessuno degli organismi della Giustizia già esistenti ed operanti, ma favorisca la collaborazione al fine di creare una società più equa». (rcz)

Mancuso e Fedele siglano proposta di legge per il Garante per la tutela delle vittime di reato

La Calabria avrà il suo Garante regionale per la tutela delle vittime di reato, grazie alla proposta di legge siglata tra il presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso, e la consigliera regionale Valeria Fedele.

«Un reato è non solo un torto alla società, ma anche una violazione dei diritti individuali delle vittime. Come tali – è detto nella relazione alla legge che fa riferimento alla Direttiva 29/2012/UE Norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime – le vittime di reato dovrebbero essere riconosciute e trattate in maniera rispettosa, sensibile e professionale, senza discriminazioni di sorta fondate su motivi quali razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione o convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, appartenenza a una minoranza nazionale, patrimonio, nascita, disabilità, età, genere, espressione di genere, identità di genere, orientamento sessuale, status in materia di soggiorno o salute».

Aggiungono: «Si richiede una risposta sociale alla sofferenza della vittima indipendentemente dal reato che l’ha vista coinvolta e di riconoscere la rilevanza sociale del proprio dolore e fornire l’adeguato sostegno da parte della società lungo il percorso di elaborazione della propria esperienza di vittimizzazione, ossia di riparazione delle conseguenze negative, perdite, danni, lesioni di natura materiale, fisica o psicologica, che ne rappresentano l’esito. La vittima necessita di essere protetta».

«L’attenzione alla vittima non può rimanere ‘l’area di nessuno’ – hanno detto Mancuso e Fedele – dove l’unica risposta in essere sia data da azioni più o meno organizzate di “self help” predisposte da chi ha vissuto la stessa esperienza direttamente, o come familiare. Deve invece divenire un territorio presidiato dalla comunità e dalle istituzioni. La sensazione di non essere protetti, l’assenza di risposte alle conseguenze personali e sociali derivanti dal reato, generano un allentamento del legame sociale e della fiducia nelle istituzioni, producono isolamento e spesso degenerano in seri problemi di salute fisica e mentale, con ripercussioni per la qualità della vita della persona e della comunità, oltre i costi economici per l’intervento dei servizi socio-sanitari».  

Da tutto ciò si evince «la necessità di introdurre una figura istituzionale che si renda interprete delle istanze delle vittime di reato ponendosi in posizione imparziale, affinché alle stesse vengano riconosciute una compiuta tutela, un’assistenza di lungo periodo e una tempestiva valutazione individuale per definire le precipue esigenze di protezione e individuare le misure più idonee».

Si tratta, in beve, di «un organo ad hoc che promuova i loro diritti, che promuova una stretta collaborazione con le agenzie del territorio, con la magistratura, con gli altri organi di garanzia; che sostenga una formazione specifica per le forze dell’ordine e la polizia locale, affinché non si generino effetti di vittimizzazione secondaria, per sensibilizzare i servizi sociali e sanitari del territorio, affinché alle vittime venga riconosciuto il diritto all’ascolto e all’intervento di cura». 

La proposta, inoltre, stabilisce le funzioni del Garante, la definizione di vittima, i criteri di nomina, le cause di incompatibilità, la struttura organizzativa e il funzionamento. (rrc)