Via Marina di Reggio, il nuovo libro di Giuseppe Smorto

Non è uno di quei libri di nuova generazione che offrono anche esperienze sensoriali, ma il risultato è addirittura superiore a qualsiasi diavoleria che fosse stata aggregata: si respira il profumo del mare e si spazia in cieli azzurri, quasi assorbendo i sapori e l’aria della marina…

Via Marina di Reggio Calabria è un agile libretto, scritto da Giuseppe Smorto, con l’amore che solo un autentico reggino non sa trattenere quando parla della propria terra, con le belle e originali fotografie di Marco Costantino.

Smorto non ha bisogno di presentazioni: dopo una vita da giornalista di grande prestigio, conclusa con la vicedirezione di Repubblica, lo scorso anno aveva dedicato ai calabresi A Sud del Sud, un pamphlet sui calabresi che restano e credono nel risveglio della propria terra. Un viaggio in lungo e largo per la Calabria che lavora, che produce, che macina utili e soddisfazioni. Un libro premiato giustamente dai lettori.

Con questo nuovo lavoro, Smorto tratteggia, con la complicità del fotografo scenari che i reggini hanno sotto gli occhi tutti i giorni, ma che appaiono qui con una luce diversa, la “luce del blu”, rimarca l’autore,.Per offrire racconti e visioni che tradiscono uno smisurato orgoglio calabrese (e reggino) col desiderio di condividere sensazioni e suggestioni più che uniche. Il risultato è straordinariamente avvincente: Smorto sembra prendere appunti sul taccuino di cronista e poi condisce tutto con un indovinato mix di emozioni coinvolgenti e appassionate: per questa ragione sfogliando le pagine del l’agile libretto in formato quadrotto, s’avvertono gli odori del luogo in un’esperienza, a questo punto, extrasensoriale, però letteraria. Si è come abbagliati da una luce intensa che scaturisce dal blu del mare, all’azzurro del cielo, e che spinge a osservare con occhio diverso, attento e motivato, le indicazioni di Smorto.

Non è una guida turistica, attenzione, e sbaglierebbe chi pensasse di trovarsi una sorta di baedeker per scoprire la città: è invece un viaggio emozionale fatto di sentimenti che vanno inguaribilmente condivisi, non soltanto da chi vive questa città, ma arriva a Reggio e non ne conosce la storia, i miti, le leggende, le mille curiosità. Il cronista lascia spazio all’autore: le visioni si accavallano, inseguendo ricordi e antiche sensazioni vissute in altro tempo, per avvolgere l’incauto lettore (chi apre il libro, lo divora in un baleno assaporando colori e odori dimenticati). Ineguagliabile. (s)

Sciabaca Festival: si parla di clima col ministro Musumeci a Soveria Mannelli

Con il ministro della Protezione CIvile Nello Musumeci a parlare di clima allo Sciabaca Festival di Soveria Mannelli, la manifestazione promossa da Florindo Rubbettino con la sua Casa editrice, diventato un evento imperdibile non solo per la Calabria, ma per tutto il Paese.

Musumeci ha affrontato in modo pragmatico l’argomento: «Indubbiamente qualcosa è cambiato ma la politica non deve iscriversi a questo o a quel partito delle interpretazioni scientifiche bensì avere un approccio pragmatico. Un tempo in un paese cadevano 200 mm di pioggia all’anno e si predisponeva una rete di tombini. Oggi nello stesso luogo 200 mm di pioggia possono cadere in una notte soltanto e quella rete di tombini si rivela assolutamente inadeguata. Allora si deve realizzare che la piovosità è cambiata e agire di conseguenza. Di fronte alle differenti visioni della scienza su fenomeni come il cambiamento climatico, la politica deve coltivare il dono del dubbio, ma dopo 24 ore deve essere in grado di decidere».

Il dibattito sul tema: “Il clima nel mediterraneo. Analisi, rischi e prevenzione, che è stato moderato da Giuseppe Smorto, già vice-direttore di Repubblica ha visto anche la presenza del geologo e docente universitario Alberto Prestininzi – recentemente nominato da Matteo Salvini a capo del Comitato per il Ponte sullo Stretto e autore per Rubbettino di un fortunatissimo saggio dal titolo “Dialoghi sul clima” – e del giornalista Giuseppe Caporale, autore, sempre per Rubbettino, di un libro dal titolo Ecoshock.

Il punto di vista dei due autori, Prestininzi e Caporale, sul cambiamento climatico si è rivelato sin dall’inizio in forte contrapposizione. Su un punto però i tre ospiti – il Ministro e i due autori – si sono trovati d’accordo: è necessario mettere in sicurezza il Paese.

«In Italia – ha detto Prestininzi, che in passato ha ricoperto il ruolo di Presidente della sezione Rischi idrogeologici della Commissione nazionale Grandi rischi – non c’è cultura della prevenzione ma solo dell’emergenza».

Il Ministro Musumeci ha osservato come le opere pubbliche a favore della messa in sicurezza del territorio non producono risultati elettorali immediati, perché meno visibili di altre e, forse per questo, non godono il favore degli amministratori locali e tuttavia un deciso cambio di passo è quanto mai necessario.

In conclusione al dibattito, il Ministro, ricordando le contrapposizioni tra scienziati al tempo del Covid, ha constatato come «sia triste che la scienza parli due lingue diverse», e ha ribadito con forza che il compito della politica non debba essere quello di schierarsi a favore di questa o quella tesi scientifica, bensì quello di individuare le soluzioni che rendono migliore e più sicura la vita dei cittadini. (rcz)

La Matita Rossa e Blu, un premio per il giornalismo di qualità

Il tradizionale appuntamento col  premio giornalistico “La matita rossa e blu” in memoria dell’indimentabile sindaco Italo Falcomatà ha visto quest’anno assegnare il riconoscimento a Gaia Tortora (del TG la7) ed Emiliano Fittipaldi, vicedirettore del quotidiano Domani.

Assente la Tortora per motivi di salute, Fittipaldi è stato protagonista indiscusso dell’incontro che ha preceduto la cerimonia. Affiancato dai giornalisti reggini Giuseppe Smorto (già vicedirettore di Repubblica) e Gianfrancesco Turano (inviato de L’Espresso), peraltro già vincitori negli anni passati di questo prestigioso Premio, Fittipaldi ha risposto con dovizia di particolari agli spunti dei due colleghi, soprattutto per quel che riguarda il giornalismo d’inchiesta, settore di cui il vicedirettore di Domani è maestro. La verità è che il giornalismo d’inchiesta si fa sempre di meno, mancano le risorse (costa molto tempo e denaro fare un’inchiesta seria) e gli editori hanno stretto i cordoni della borsa. Così ci sono sempre meno giornalisti che, pur capacissimi, non sono messi in grado di realizzare inchieste di peso. Ma è tutto il mondo del giornalismo che rivela la sua profonda crisi e debolezza: non si tratta di distinguere tra digitale e carta (anche se quest’ultima sarà sempre meno utilizzata), ma di identificare la qualità delle notizie. 

È cambiato il modo di fare informazione, ma in peggio: c’è troppa superficialità e poca attenzione, anche nei grandi giornali. La conseguenza è che i lettori sono sempre di meno e sempre meno esigenti: cercano in gran parte notizie rapide, anche se poi si scopre che gli approfondimenti sarebbero richiesti e molto apprezzati. 

Nessun editore ha trovato la formula vincente per fare informazione, e oggi, – come è emerso dall’interessantissimo incontro a tre – investire nei media significa perdere sicuramente denaro. Ciononostante, nascono nuove testate (anche cartacee) e questo significa che la domanda c’è: è l’offerta che non è sufficientemente adeguata. È un problema di modello di business vincente che nessun editore ha ancora individuato (con rare eccezioni, tipo il New York Times che ha milioni di abbonati all’edizione digitale/online), ma soprattutto nessun operatore dell’informazione vuol capire che è cambiata la fruizione delle notizie (siamo tempestati da news da parte dei social) e pertanto occorre cambiare modo di fare informazione: occorre tornare al vecchio giornalismo dove la verifica delle notizie era irrinunciabile e l’inchiesta faceva vendere i giornali. Non importa se poi il mezzo di condivisione è la carta stampata o il digitale o l’online: fare informazione significa offrire un servizio fondamentale per la salvaguardia democratica: chi è informato è un passo avanti per contrastare abusi e limitare il potere di chi gestisce i media. Ma, dal dibattito tra i tre giornalisti, non è emerso solo cupo pessimismo per il futuro, ma vengono anche segnali positivo. (s). 

LA CERIMONIA A PALAZZO ALVARO 

Uno straordinario successo di pubblico ha accolto nella Sala Boccioni di Palazzo Corrado Alvaro la cerimonia di consegna de “La matita rossa e blu”, il Premio giornalistico nazionale promosso dalla Fondazione Italo Falcomatà, con l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, giunto quest’anno alla sua dodicesima edizione. La comunità reggina ha accolto con entusiasmo la scelta della Fondazione di consegnare il Premio ad Emiliano Fittipaldi, saggista e giornalista investigativo, tra le firme più note del panorama italiano del giornalismo d’inchiesta, capace attraverso il suo lavoro di puntare i riflettori su scandali e opacità del potere politico ed ecclesiastico e di realizzare alcune tra le inchieste più interessanti e clamorose degli ultimi anni.

Proprio il lavoro del giornalismo d’inchiesta, il ruolo dei giornalisti e della carta stampata, l’equilibrio tra vecchi e nuovi media, tra l’agenda del cronista ed i social network, il rapporto con il potere e la ricerca della verità come autentica missione del giornalista sono stati gli argomenti al centro dell’intervista al nuovo insignito de “La matita rossa e blu”. Ad accompagnarlo nelle sue riflessioni pubbliche, stimolando la discussione su temi di interesse e curiosità sul suo lavoro, altri due giornalisti d’eccezione, entrambi reggini, già insigniti in passato del prestigioso riconoscimento ed ormai da anni accanto alla Fondazione, Giuseppe Smorto e Gianfrancesco Turano. Premiata anche Camilla D’Ambrosi, studentessa del Liceo Scientifico Severi di Salerno, vincitrice del Premio Giovani realizzato in collaborazione con Repubblica.it Sezione Scuola.

«Un grande orgoglio essere qui – ha affermato Fittipaldi al termine della cerimonia – sono contentissimo di esser stato insignito di questo prestigioso premio e di esser stato invitato qui a Reggio. Purtroppo non ho avuto l’onore di conoscere Italo Falcomatà, ma per noi giornalisti del Sud è sempre stato un esempio da studiare, sia per ciò che riguarda la buona amministrazione, sia per il rapporto che dovrebbe sempre esserci tra i cittadini ed i loro rappresentanti istituzionali. Un rapporto che purtroppo in parte oggi si è perso, forse anche a causa di un mondo giornalistico incapace di raccontare i fatti come avveniva un tempo. Sono contento che la Fondazione abbia puntato su un premio che non considero rivolto a me a titolo personale, ma in generale al giornalismo d’inchiesta». 

Emiliano Fittipaldi, premiato di quest’anno insieme alla giornalista Gaia Tortora, assente durante la cerimonia per motivi di salute, è l’ennesimo insignito di un riconoscimento che negli anni ha avuto il merito di invitare sul palcoscenico reggino alcune tra le firme più prestigiose del panorama giornalistico italiano ed internazionale: da Sergio Zavoli a Enrico Mentana, da Riccardo Iacona a Massimo Giannini, da Attilio Bolzoni ad Aldo Cazzullo, da Annalisa Cuzzocrea a Marcelle Padovani, da Lucia Annunziata a Federica De Sanctis, da Gianni Mura a Mario Calabresi. 

La matita rossa e blu, così come il lavoro culturale della Fondazione Falcomatà, sono diventati nel tempo un punto di riferimento dello scenario giornalistico italiano. 

«Siamo orgogliosi del lavoro fatto – ha dichiarato la Presidente della Fondazione Rosa Neto Falcomatà a margine della cerimonia –. Quest’anno il premio assume un sapore particolare giungendo al culmine delle celebrazioni per il ventennale dalla nascita della Fondazione. Siamo felici di poter celebrare questo anniversario premiando un professionista di grande calibro come Emiliano Fittipaldi, che attraverso il suo lavoro incarna perfettamente uno di quei valori che Italo Falcomatà volle trasferire durante l’intervento in una scuola reggina quando rivolgendosi a degli studenti che avevano realizzato delle interviste li invitò ad essere sempre testimoni di verità. E proprio su questa traccia è andato avanti in questi anni il premio “La matita rossa e blu”, tentando di promuovere sempre il lavoro di giornalisti capaci ed autorevoli che hanno saputo raccontare il nostro tempo con onestà e passione, anche quando questo fa discutere». (rrc)

 

LETTERE / Giuseppe Smorto (la Repubblica): «Ma cos’è diventata la politica?»

Da Giuseppe Smorto, giornalista di Repubblica, reggino che vive a Roma da moltissimi anni, una sentita, condivisibile, opinione a Calabria.Live sul dopo elezioni.

Caro Direttore,

ma cosa è diventata la politica? Una volta era impegno, attenzione verso il Paese, verso la propria città. Era militanza, voglia di mettersi in gioco, era porta a porta con la minuscola, solidarietà. La cronaca del voto alle Comunali mi ha appassionato, come spesso succede ai reggini che vivono fuori. Ma ci sono stati alcuni comportamenti sconcertanti, che vorrei sottolineare.

Partiamo dal centrodestra, silente dopo le elezioni. Detto che a Reggio ha vinto il congiuntivo, ritengo scandaloso il modo in cui Minicuci è stato trattato un attimo dopo il risultato. È stato lasciato letteralmente solo, lo hanno perfino filmato sul Corso che parlava al telefono, nessuno insieme a lui. Credo che coerenza significhi anche vivere e ragionare insieme sulla sconfitta. In quanto a Minicuci, ho visto che si è poi materializzato sul palco di Taurianova insieme a Salvini. Ma io, con le mie orecchie, lo avevo sentito dire mercoledì scorso “Non sono leghista!”. Ma cos’è diventata la politica?

Veniamo ad Angela Marcianò, docente che ho sempre apprezzato da lontano. Credo sia la prima volta: un candidato sindaco manda in giro un tutorial per il voto disgiunto, e si arrabbia anche perché i siti non lo mandano online. Come hai giustamente sottolineato tu, i candidati della lista Marcianò non avranno apprezzato. Poi, subito prima e subito dopo il voto, presunti endorsement a Minicuci, mezze smentite, sfoghi via Facebook che hanno il sapore del dispetto, commenti censurati.

Io spero ora che Minicuci e Marcianò facciano il loro dovere dai banchi della opposizione. Ce n’è bisogno, chiedo troppo?

La terza annotazione, sempre a proposito della politica, per i candidati delle liste che hanno appoggiato il sindaco Giuseppe Falcomatà. Spero e voglio sperare che l’impegno e l’attenzione non si esaurisca con la campagna elettorale. In quelle liste c’erano tante donne e tanti giovani. Sono persone di cui la città ha bisogno. Dimostrino che la loro discesa in campo non è durata lo spazio di un primo turno.

Grazie, Giuseppe Smorto

[Nella foto di Luigi Palamara, l’abbraccio dello sfidante Minicuci all’appena proclamato sindaco Falcomatà a piazza San Giorgio, a Reggio]

Il ballottaggio a Reggio: l’analisi di Giuseppe Smorto oggi su Repubblica

La repubblica dedica oggi una pagina al ballottaggio per il sindaco di Reggio: un’acuta analisi firmata da Giuseppe Smorto (già vicedirettore del quotidiano) che mette in luce i contraddittori aspetti di questa nervosissima sfida elettorale. Smorto chiarisce subito che fare il sindaco a Reggio è «in buona posizione nella classifica dei mestieri più difficili» per chiosare alla fine con un «Divisi fino alla fine: chi perderà avrà vita più facile, questo è sicuro».

Smorto, reggino di nascita, conosce molto bene la città e fa un reportage onesto ed equilibrato facendo rilevare (al non reggino) le tante contraddizioni di quest’appuntamento elettorale. «Primo mistero – scrive –, come il centro-destra abbia potuto candidare una persona targata Lega in una città così identitaria, dove ancora ci si divide sulla Rivolta di Reggio ’70. Dove la campagna elettorale si fa spesso in dialetto…». (rrm)

 

Sul Venerdì la rivolta, e intanto esce “Buio a Reggio” edizione del 50ntenario

L’edizione di domani, venerdì 19, del magazine di Repubblica, il Venerdì, dedica un ampio reportage di Giuseppe Smorto, già vicedirettore del quotidiano, reggino di nascita, che è tornato a Reggio per capire cosa è rimasto della rivolta di 50 anni fa. Scoprendo che quella ferita non si è mai rimarginata.

Ai primi di luglio, invece, esce l’edizione del cinquantenario di Buio a Reggio, lo storico libro-reportage realizzato nel 1972 da Luigi Malafarina, Franco Bruno e Santo Strati, che ha raccontato giorno per giorno la nascita dei fatti di Reggio e la loro conclusione, con il loro insopportabile carico di morti, di invalidi, di feriti, di arrestati e denunciati.

La nuova edizione, curata da Strati (Malafarina è scomparso nel 1988, Bruno nel 2011) è completamente rivista e riccamente illustrata. Un volume di 900 pagine che racconta la “verità” sulla rivolta del popolo reggino, raccontata dalla pura e nuda cronaca e vista attraverso gli occhi di tutti gli inviati e giornalisti accorsi da tutto il mondo in quel lontano luglio di 50 anni fa. Il libro è edito da Media&Books e costa 29,00 euro. Santo Strati è il direttore editoriale di calabria.live. (rrm)