PNRR, IL FALLIMENTO DELL’ATTUAZIONE È
DOVUTO ALL’EREDITÀ DI CONTE E DRAGHI

di ERCOLE INCALZANel mese di settembre del 2022, cioè in un periodo in cui era ancora in carica il Governo Draghi, in uno dei miei blog pubblicato su “Le stanze di Ercole”, denunciai, in modo dettagliato, lo stato di avanzamento, o meglio, lo stato di “non avanzamento” delle opere e delle scelte contenute nel Pnrr e, siccome non sono un veggente, tentai anche di analizzare attentamente ed in modo capillare lo stato di avanzamento delle varie proposte progettuali.

Questa analisi mi portò, in modo quasi automatico, ad elencare quanto sarebbe successo negli anni futuri, cioè nel 2023 e nel 2024. Riportai, cioè, le varie anticipazioni e denunciai anche, in modo formale, che lo stato davvero preoccupante ed irresponsabile era da ricercarsi nell’assenza di una governance unica e nel mancato avvio organico della intera operazione negli anni 2020 e 2021, cioè durante il Governo Conte 2 e nella prolungata sottovalutazione della stasi da parte del Governo di Mario Draghi.

Ebbene, i dati che avevo avuto modo di approfondire portavano alle seguenti conclusioni: alla fine del 2024, cioè a 18 mesi dalla scadenza dell’arco temporale imposto dalla Unione Europea avremmo potuto contare su un avvio concreto delle procedure e dei relativi affidamenti non superiore al 40% e quindi saremmo stati molto lontani dalla soglia di spesa del volano assicurato dalla Unione Europea.

Sempre in tale mia anticipazione elencai, per ogni singola area progettuale, le possibili quote di attivazione concreta e le difficoltà che non consentivano una adeguata attività della spesa. Queste mie considerazioni penso le ricordi anche Giorgio Santilli che fu uno dei pochi giornalisti a condividere questo mio allarme.

Ripeto questa mia denuncia non fu assolutamente presa in considerazione e, addirittura, se leggiamo i vari comunicati stampa pubblicati dalla Presidenza del Consiglio e da alcuni Ministri, come in modo particolare il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, scopriamo una ripetitiva elencazione di assicurazioni ottimistiche sullo stato di avanzamento dei progetti e delle scelte del Pnrr e del PNC (Piano Nazionale per gli investimenti Complementari al Pnrr.

Tra l’altro, cosa che mi preoccupa e al tempo stesso mi meraviglia, è che l’Anac sono sicuro conoscesse questa analisi tendenziale sin dal 2022 ed è strano che non l’avesse denunciata formalmente al Governo Draghi.

Quando il 22 ottobre del 2022 si insedia l’attuale Governo, infatti, il Ministro Raffaele Fitto, con la delega agli Affari europei, al Sud, alle politiche di coesione ed al Pnrr, si rende subito conto che praticamente era stato avviato concretamente appena il 7% – 8% dell’intero Piano.

Ed è il Ministro Fitto nel mese di dicembre del 2022, cioè dopo appena quaranta giorni dal suo insediamento, a dover cambiare l’intero impianto sia gestionale che programmatico; è sempre Fitto a costruire immediatamente una unica governance ed è sempre Fitto a cercare di trasferire nel Fondo di Sviluppo e Coesione (Fsc) alcune proposte ubicate nel Pnrr in modo da poter fare riferimento ad una scadenza temporale non del 2026 ma del 2027 con proroga fino al 2029 e, con questi atti, testimonia subito alla Unione Europea una chiara volontà, un chiaro tentativo di ripristinare delle condizioni difendibili sulla scadenza del giugno del 2026.

Pochi giorni fa abbiamo appreso delle anticipazioni relative allo stato di avanzamento del Pnrr da parte dell’Associazione Nazionale Anticorruzione (Anac); dati che, in modo sintetico, riporto di seguito:  «Le procedure di appalto relative a investimenti del Pnrr svolte negli anni 2023 – 2024 e non ancora assegnate sono oltre il 60% di tutte quelle avviate negli ultimi due anni, in particolare 98.033 su 162.480 mentre la quota degli importi economici degli appalti non ancora affidati è il 45% del totale avviato (35,5 miliardi di euro su 79,2 miliardi di euro.

Questo significa che una fetta molto ampia dei cantieri e dei contratti di fornitura previsti dal Pnrr non è ancora partita a diciotto mesi dalla scadenza prevista.

Sempre dai dati Anac risulta che per gli appalti avviati nel 2023 si è arrivati all’affidamento per il 74% del valore appaltato mentre per gli appalti avviati nel 2024 solo il 5%.

Infine «per le procedure avviate nel 2024 su 13.577 milioni di euro di lavori pubblici quelle non avviate, ammontano a 12.996 milioni di euro oltre il 96% del totale e se si aggiungono i 6,7 miliardi ereditati dal 2023 si evince che ci sono quasi 20 miliardi di euro di lavori pubblici del Pnrr ancora da affidare e cantierare».

Nasce spontaneo un interrogativo: perché, come detto prima, durante il Governo Conte 2 ed il Governo Draghi l’Anac, che sicuramente monitorava l’avanzamento delle opere del Pnrr e, quindi, era adeguatamente informata sulle naturali tendenze e sulle possibili previsioni di avanzamento dell’intero Piano nel 2024, non abbia detto nulla e, soprattutto, non abbia fatto presente ai vari Ministri competenti del Governo Draghi il vero fallimento dell’attuazione del Pnrr, il sicuro risultato negativo di una possibile soglia della spesa non superiore a 80 – 100 miliardi di euro su circa 230 miliardi di euro (Pnrr + Pnc)?

Come dicevo all’inizio questi dati in mio possesso non erano affatto riservati, andavano solo letti ed interpretati e, sono sicuro, l’Anac questo lavoro lo aveva effettuato.

Aggiungo solo che senza l’azione del Ministro Fitto sarebbe stato possibile raggiungere, nel giugno del 2026, solo la modesta soglia di spesa di appena 50 – 60 miliardi di euro e questo misurabile fallimento va addebitato, lo ripeto fino alla noia, alla mancata incisività gestionale e programmatica dei Governi Conte e Draghi. (ei)

GLI ANNUNCI IN GRANDE, I CANTIERI FORSE
IL GOVERNO BEFFA DI NUOVO LA CALABRIA

di SANTO STRATI – Cosa ci sia di “semplificazione” nel decreto varato a tarda notte dal Governo non è chiaro, né “semplice” da capire. S’intuisce solo che siamo di buovo davanti alla solita presa in giro riservata al Mezzogiorno e, in particolar modo, alla Calabria. Tanti annunci, roboanti, da riempirsi la bocca di miliardi e di opere, poi a leggere tra le righe si scopre che si tratta di semplici annunci, più che altro relativi a studi di fattibilità, ma di apertura di cantieri al Sud non se ne parla. Anzi, no. Un cantiere ci sarà, anzi c’è, visto che è aperto dal 2014 previsto dalla Legge Obiettivo, ma riguarda l’asse ferroviario Napoli-Bari. E finisce lì. Il resto sono le solite parole al vento con cui vantare una presunta “invidiabile” operatività di questo governo che se le studia di notte (ma quando, visto che di notte firmano le carte?), ma è sempre e unicamente fuffa. Il Mezzogiorno, checché ne dica il buon Presidente Giuseppe Conte affiancato nella sua origine meridionale dal ministro per il Sud Peppe Provenzano che lo immaginiamo alquanto imbarazzato di fronte alle improbabili cifre lanciate a caso da un governo che vive di “annuncite” acuta, ma non risolve, non produce, non fa. Ovvero, qualcosa fa, ma a solo vantaggio del ricco e e opulento Nord flagellato dal covid, nei confronti del quale hanno persino provato a rosicchiare la quota di riserva degli investimenti per il Mezzogiorno che una legge ha fissato al 34%.

Adesso, sarebbe il caso di capire se il governo ci è o ci fa. Giacché ogni volta che si lancia in importanti annunci per il Paese, fa di tutto per non nascondere la propria inadeguatezza e l’incapacità dei suoi componenti (in conflittualità permanente) di realizzare qualcosa di concreto. Di Ponte sullo Stretto, ovviamente, non se parla proprio e l’elenco delle infrastrutture da mettere in cantiere non fa altro che mettere chiaramente in luce il divario sempre più crescente tra Sud e resto del Paese. Le infrastrutture che alla Calabria servono come il pane quotidiano restano ben descritte in un ipotetico libro dei sogni: progetti illustrati a parole, idee, suggestioni. Cantieri, prossimamente, e, soprattutto, forse. Peccato che i calabresi hanno smesso da un bel po’ di sognare e sono davvero stufi. Anche per gli interventi più piccoli la burocrazia allunga i tempi a dismisura: basti pensare ai quattro km per l’intermodlaità del Porto di Gioia Tauro. Sono passati 20 anni senza che se ne facesse niente. A febbraio la presidente Jole ha proclamato finalmente lo sblocco (c’era uno stupidissimo problema di competenze tra Regione e Rfi), siamo a luglio e ancora non hanno girato una vite. Sono i tempi della meravigliosa burocrazia che il Governo dice di voler semplificare. Del retso abbiamo atteso 20 anni, qualche mese in più di attesa – visto che stavolta si fa sul serio – ci può anche stare.

Ha, dunque, un bel dire il presidente Conte che “abbiamo snellito le procedure” i bandi, le gare di appalto. Ma di cosa stiamo parlando? Miliardi a go-go ma dove sono i cantieri? Tutti al Nord, certo, e le poche opere cantierabili al Sud devono prima superare studi di fattibilità (vedi l’alta velocità). Basta un dato, sul quale non si può dare colpe all’attuale esecutivo: il fondo di coesione e sviluppo europeo  2014-2020 aveva messo a disposizione 53 miliardi per realizzare infrastrutture. Bene, sono stati impegnati appena 15 di quei 53 miliardi e se ne è effettivamente spesa poco più della metà (8 miliardi). In questo quinquennio, praticamente gli esecutivi in carica (Renzi da febbraio 2014 a dicembre 2016, Gentiloni da dicembre 2016 a giugno 2018, Conte da giugno 2018 a oggi) non stati stati in grado di utilizzare le risorse disponibili, e neanche a spendere quelle impegnate.

L’idea di prendere ad esempio il ponte di Genova, ricostruito in un batter d’occhio, grazia a un commissario è sicuramente una strada percorribile, in grado di risolvere gran parte die problemi legati alla complessità della macchina burocratica. Il fatto è che nell’elenco delle opere da commissariare c’è un generico riferimento alla statale 106 (con i megalotti ancora bloccati), un altrettanto generico accenno alle opere infrastrutturali della ferrovia Salerno-Reggio e altrettanto generiche indicazioni riferire all’edilizia statale (nell’area reggina). E l’elettrificazione della linea ferroviaria jonica da Melito Porto Salvo a Catanzaro Lido? E quando si indicano, in modo generico, interventi relativi agli accessi autostradali  si parla di svincoli o delle strade che conducono agli svincoli? Belle domande alle quali nessuna saprà rispondere. Meno che meno se si tenta di chiede “quando”? Beh, su questo possiamo anticipare la presumibile risposta del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti: presto. Che tradotto dal burocratese significa, ne riparliamo in autunno. Auguri, povera Calabria e poveri calabresi. (s)