CITTÀ UNICA, SÌ O NO: OGGI IL REFERENDUM
PER DECIDERE SULLA “GRANDE COSENZA”

di SANTO STRATI – Oggi i cittadini di Cosenza, Rende e Castrolibero sono chiamati ad esprimere con un voto il loro parere sulla fusione dei tre comuni. È un referendum consultivo, quindi non impone vincoli per chi governa, ma risulterà sicuramente utile per mettere a confronto favorevoli e contrari.

E soprattutto aiuterà, forse, a capire perché si è arrivati a un quasi scontro tra chi pensa alla “Grande” Cosenza con la modifica dei confini territoriali e chi invece vuol mantenere lo status quo, con la continuità dell’autonomia (non differenziata…) dei tre comuni. Questa della fusione – su cui abbiamo dedicato ampio spazio accogliendo le varie opinioni e mettendo a confronto le tesi a favore e contro – è una battaglia persa in partenza per tutt’e tre i comuni, qualunque sia l’esito referendario, perché sono state prese decisioni dall’alto senza sondare e ascoltare il territorio.

È tornato in auge il vecchio (formidabile) progetto della Grande Cosenza, che piaceva molto a Beniamino Andreatta, primo Rettore dell’Università della Calabria, ma non si è ritenuto di tenere nella dovuta considerazione le ragioni del No, dei sindaci di Rende e Castrolibero. Si è deciso quindi di chiedere ai cittadini un parere consultivo da esprimere attraverso un voto in piena regola. Un voto che non potrà essere un eventuale veto, ma di cui non si potrà ignorare il risultato.

Tra l’altro, nella scheda, i votanti posso anche esprimere un parere su tre proposte per la nuova denominazione del Comune se dovesse passare la fusione (al di là delle indicazioni referendarie che non hanno, appunto, efficacia di legge). Le proposte sono: a) Cosenza, b) Cosenza-Rende-Castrolibero, c) Nuova Cosenza (ma quest’ultima – permetteteci – sembra più una testata giornalistica che il nome di una Città…). Manca invece, a nostro avviso, la denominazione più consona e indicata, se avverrà – come si pensa – la fusione dei tre comuni: ovvero Grande Cosenza. Senza presunzione per l’utilizzo dell’aggettivo “Grande”, ma con la precisa convinzione che prenderebbe piede davvero una “grande” città, secondo un vecchio futuribile progetto poi naufragato.

Oppure – permettete un ulteriore suggerimento – ancora meglio Cosenza Unica, che rende appunto l’idea una “grande” città che ha allargato il territorio con ambiziosi obiettivi di unicità rispetto alle realtà metropolitane del Sud, guardando alla crescita e al futuro delle nuove generazioni. Quest’ultimo, finalmente, sembra sempre più dipingersi di rosa, visti i continui e brillanti successi di Arcavacata. Certo oltre a sfornare fior di laureati e a formare super specialisti, l’Università dovrebbe diventare anche un centro di “reclutamento” per i propri studenti, individuando, nell’intera regione, opportunità di impiego e di utilizzo delle competenze, con una generosa ricaduta su tutto il territorio. Ma questo è un altro discorso.

Torniamo alla “città unica”: Cosenza – è una facile profezia – è predestinata a diventare la Milano del Mezzogiorno, grazie anche a un’Università di eccellenza a cui guarda tutto il mondo. Andate a contare gli studenti stranieri e chiedete quante sono le domande di ammissione – da tutto il mondo – che purtroppo ogni anno devono venire respinte. E la crescita di Cosenza sarà il volano di sviluppo per l’intera Calabria, se finiscono le rivalità di campanile e si pensa, finalmente, a fare rete tra le province calabresi.

Peccato che i politici locali non abbiano voluto sentire ragione dell’opportunità di includere anche Montalto Uffugo nella “città unica”, visto che mezza Università poggia su quel territorio. Ma a tutto c’è rimedio, se prevale il buon senso e non viene a mancare la volontà politica.

Inutile dire che  bisogna osservare che – evidentemente – ci sarebbero due municipalità che vedranno apparentemente “cancellata” la loro storia, ma in realtà la “Grande Cosenza” – a nostro avviso – costituisce una apprezzabile visione di futuro, soprattutto per le nuove generazioni, nel rispetto delle storie e dei traguardi raggiunti dai rispettivi comuni. (s)

Chi vota

Al referendum consultivo (non è richiesto il raggiungimento di alcun quorum dei votanti) sono chiamati gli elettori dei Comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero. Le operazioni di voto inizieranno alle ore 8,00 e termineranno alle 21,00. Le operazioni di scrutinio inizieranno immediatamente dopo la conclusione delle operazioni di voto.

Gli aventi diritto al voto sono 55.717, di cui 25.963 uomini e 29.754 donne. I cittadini dell’Aire (Anagrafe Italiani residenti all’estero) che potrebbero tornare in città per esercitare il diritto di voto, sono 4347. 260 sono, invece, i maggiorenni del secondo semestre 2024.

Saranno 82 le sezioni elettorali sparse sul territorio cittadino. Si ricorda che, in occasione delle ultime consultazioni elettorali europee del giugno 2024, l’ufficio elettorale del Comune comunicò lo spostamento di alcuni seggi elettorali approvato dalla Commissione elettorale Circondariale. In particolare i seggi elettorali n.7, 8 e 9 sono stati trasferiti dall’edificio dell’ex scuola elementare di Donnici Inferiore, “Suor Elena Aiello” (strada Provinciale n. 84) all’edificio di località Bivio Donnici, Strada provinciale 241 (ex SS19) che fa parte dell’Istituto Comprensivo Cosenza 1 Zumbini, attualmente adibito a scuola elementare e media.

Un altro spostamento ha riguardato i seggi elettorali n. 29, 30 e 45 dalla sede della ex scuola di via Francesco Principe, già via Asmara, alla sede della scuola dell’infanzia di Via L. Picciotto, già via Somalia, che fa parte sempre dell’Istituto Comprensivo Cosenza 1 Zumbini. Oltre al seggio ordinario istituito presso l’Ospedale civile dell’Annunziata, saranno in funzione altri 5 seggi speciali (dove saranno raccolti i voti dell’Ospedale, espressi dai pazienti non deambulanti, e nelle case di cura e riposo con più di 100 posti letto). Altri 9 seggi volanti saranno allestiti nelle case di cura e riposo con meno di 100 posti letto. (rcs)

 

 

Il sogno della Grande Cosenza che va tutelato e realizzato per un reale sviluppo della Calabria

di FRANCO BARTUCCI  – Il sogno della Grande Cosenza che va tutelato e realizzato per un reale sviluppo della Calabria.

Così veniva definita nei giornali dell’epoca nel 1971, quando il Comitato Tecnico Amministrativo, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta, si assunse l’onere, dopo due mesi di ricerca, analisi e studi, di collocare la nascente università calabrese, a seguito della delibera del Cipe del 3 luglio 1970, del Consiglio dei Ministri del 16 febbraio 1971, con presidente l’on. Emilio Colombo, nonché del Dpr Giuseppe Saragat del 16 aprile 1971, di collocarla a Nord di Cosenza sui territori dei Comuni di Rende e Montalto Uffugo, il tutto a norma della legge istitutiva 12 marzo 1968 n° 442.

Una delibera che fu assunta dall’Organo amministrativo dell’Ateneo sopra citato, dopo varie riunioni nell’arco di due mesi, nella seduta del 31 luglio 1971, che si svolse nel salone di rappresentanza del Comune di Cosenza, alla presenza del Sindaco Fausto Lio, componente dello stesso Organo, in qualità di rappresentante della città, e del presidente della Provincia, Francesco De Munno.

Oggi questa idea progettuale legata alla nascita e allo sviluppo dell’Università della Calabria, che avrebbe dovuto svilupparsi  sui territori di Rende e Montalto Uffugo, viene cestinata per dare spazio dopo cinquant’anni all’ipotetica creazione di una città unica che dovrebbe nascere con la fusione dei comuni di Rende, Cosenza e Castrolibero, in base a un disegno di legge approvato dal Consiglio regionale nello scorso mese di luglio, per il quale i cittadini residenti nei tre comuni interessati sono chiamati in convocazione per un referendum consultivo che avrà luogo il prossimo 1° dicembre 2024.

All’epoca nel 1971 gli uffici amministrativi ed il rettorato erano collocati in piazza dei Bruzi (palazzo Ferrari), come la segreteria studenti (negli attigui portici del palazzo accanto); mentre il luogo di residenza e anche lavoro notturno per il rettore e i componenti del Comitato Tecnico Amministrativo, come dei Comitati Ordinatori delle quattro Facoltà, avevano trovato posto nell’Hotel Europa in Contrada Roges di Rende. Luoghi, quindi, dove attraverso vari confronti tra i componenti degli Organi anzi detti è maturata l’idea progettuale della collocazione della nascente cittadella universitaria, da inserire in un’area urbana ampia tale da pensare ad una “Grande Cosenza”; nonché la stesura del primo Statuto dell’Università della Calabria, impostato in modo innovativo, rispetto al sistema universitario italiano, con il DPR 1° dicembre 1971 n° 1329 a firma, d’ordine del Presidente della Repubblica, dal Ministro della Pubblica Istruzione, Riccardo Misasi.

Uno Statuto contenenti elementi innovativi, a norma della legge istitutiva sopra richiamata, che prevedevano la nascita: dei dipartimenti; la conferma della creazione e metodologia di gestione di un centro residenziale capace di accogliere almeno il 70% degli studenti iscritti e la totalità del corpo docente e non docente con l’esclusione di coloro che risultavano già residenti nell’area; una nuova metodologia e ordinamento didattico; il diritto d’informazione e trasparenza su tutti gli atti amministrativi dei vari organi gestionali dell’Ateneo; la costituzione di una commissione di collegamento con le varie istituzioni esterni all’Università.

Una Università, quindi, aperta al territorio ed in stretto legame con le varie istituzioni nella creazione di un disegno di una nuova grande città nell’area urbana della media valle del Crati, basata sull’asse principale Cosenza, Rende, Montalto Uffugo, già legate tra di loro da un naturale sviluppo urbano ben collegate da un sistema viario (vedi strade interne ed autostrada) e ferroviario, sia verso il versante tirrenico che jonico. Tutto questo portò il Comitato Tecnico Amministrativo, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta, a suggerire con il loro deliberato il miglioramento del collegamento viario con i vari paesi dislocati attorno alla nuova grande area urbana in modo da costituire con il loro sviluppo un’unica area metropolitana prevedendo anche la realizzazione di un sistema di metropolitana veloce con Castrovillari e Sibari.

A distanza di cinquant’anni questa idea progettuale della creazione della “Grande Cosenza” è svanita nella memoria delle nuove generazioni (mettendo sotto processo l’attuale classe politica) e tre anni addietro per decisione ed impegno della parlamentare, allora consigliera regionale, Simona Loizzo, è stata ripresa come “Città Unica”, prevedendo la fusione dei Comuni di Cosenza, Castrolibero e Rende con l’esclusione di Montalto Uffugo, penalizzando così lo sviluppo dell’Università nella sua reale estensione come già illustrato nel servizio precedente. Un progetto ridotto alle tre aree urbane già esistenti che vanno da Castiglione Cosentino a contrada Andreotti e alla stessa Cosenza, con tre centri storici, uno stadio, una università monca, un ospedale.

Questa l’idea progettuale della “città unica”, trasformata in disegno di legge regionale che avrà gli sviluppi nel mese di dicembre con il referendum consultivo. Un progetto completamente diverso e più riduttivo rispetto alla “Gande Cosenza” pensata dai padri fondatori dell’Università della Calabria che guardava in modo lungimirante ad uno sviluppo verso il Nord non trascurando e valorizzando la stessa città capoluogo; mentre la “Città unica” è racchiusa in se stessa nelle dimensioni sopra descritte.

Intanto giunge notizia di un lavoro di ricerca condotto dalla prof.ssa Rosanna Nisticò, docente di Economia Applicata, presso l’Università della Calabria, che dimostra effettivamente come l’idea progettuale della “Grande Cosenza” pensata dai padri fondatori ed auspicata nella sua realizzazione dal Rettore Beniamino Andreatta sia la carta vincente per il reale sviluppo economico e sociale di quell’area.

Una ricerca che dimostra come il piano di fattibilità fatto predisporre dalla commissione del Consiglio Regionale “Affari istituzionali” per la stesura del disegno di legge costitutivo della “città unica” sopra richiamato e sul quale il Tar Calabria il prossimo 6 novembre dovrà esprimersi, in base a numerosi ricorsi che ne avversano l’applicabilità, presentati dai Comuni di Cosenza, Castrolibero e Luzzi, come da varie associazioni, abbia elementi di profonda debolezza. Infatti la ricerca della economista Rosanna Nisticò dimostra che l’area più idonea a costituire la nuova grande città della Media Valle del Crati per gli aspetti demografici ed economici è basata proprio sull’asse Montalto Uffugo/Rende/Cosenza, in virtù proprio della presenza dell’Università della Calabria.

Il consiglio dato al Presidente della Giunta Regionale, Roberto Occhiuto, attraverso la lettera aperta pubblica, resa nota solo da Calabria live lo scorso 7 agosto 2024. di non indire il referendum e di rinviare al Consiglio regionale il disegno di legge in questione per riscriverne uno nuovo in concordia con le parti interessate, causa la mancanza di elementi e memorie storiche, economiche, sociali e culturali, trova il suo fondamento con il lavoro della prof.ssa Rosanna Nisticò, che ci riserviamo di pubblicare a breve. Intanto il Tar Calabria è auspicabile che non adotti il prossimo 6 novembre una sentenza alla “Ponzio Pilato”, ma che entri nel merito di base della questione, come da questo servizio ne abbiamo fornito gli elementi e memoria storica.

Sarebbe auspicabile, infine, che la ricerca condotta dalla prof.ssa Rosanna Nisticò venga, non appena disponibile, presentata all’interno della stessa Università per fare emergere e dare contezza che qualsiasi progetto che verrà composto dovrà essere realizzato in funzione dello sviluppo  strutturale complessivo dell’Università in funzione della sua legge istitutiva del 1968, che reca la firma del presidente Aldo Moro e che l’Ateneo ne dovrebbe celebrare e custodire la memoria per un principio di grande umanità a dimensione sociale e culturale. (fb)

CITTÀ UNICA / Franco Bartucci: Il mio no al referendum

di FRANCO BARTUCCI Apprezzo l’iniziativa di questo giornale di avere aperto uno spazio di opinioni sul disegno di legge regionale che guarda alla fusione dei comuni di Rende, Castrolibero e Cosenza per creare una  “città unica” nella media Valle del Crati.

Nel primo intervento del collega e fraterno amico Sergio Dragone rilevo un errore gravissimo da evitare e non ripetere. Non si può parlare della “Grande Cosenza”, come è stato scritto, ma della “città unica”, come il disegno di legge indica, in quanto non è altro che un agglomerato urbano quasi unico che si estende nella vallata del Crati e che lega le contrade di Quattromiglia, Commenda, Roges, Saporito, Surdo, Contrada Andreotta e Cosenza.

Se si parla della “Grande Cosenza” è tutt’altra cosa, in quanto fa parte della storia dell’Università della Calabria; un termine usato dal Rettore Beniamino Andreatta dal momento in cui il Comitato Tecnico Amministrativo, che lui presiedeva, tra i mesi di giugno e luglio 1971, dopo un periodo di studio ed analisi del territorio, scelsero di insediare le strutture della nascente università, tra le altre cose residenziale con un suo campus per studenti, docenti e non docenti, a Nord di Cosenza sui territori dei Comuni di Rende e Montalto Uffugo.

Fecero questa scelta in virtù del fatto che l’insediamento prevedeva un aggancio e un legame a Sud sul territorio di Rende dalla statale 107 Crotone, Cosenza, Paola, per incrociare a Nord l’asse ferroviario Cosenza/Paola/Sibari, in località Settimo di Montalto Uffugo, con sviluppo su un asse lungo 3.400 metri lineari, al cui termine il progetto prevedeva la realizzazione di una stazione ferroviaria.  Ne sono stati realizzati appena 1.280 metri lineari.

Non solo questi elementi quanto anche, per effetto dell’accostamento a valle (Est) dell’autostrada Salerno Reggio Calabria, con a “due passi” lo svincolo di Cosenza Nord che incrocia in località Quattromiglia di Rende la Statale 107 di cui sopra; mentre sempre più sotto ed in posizione parallela il letto del fiume Crati, possibile via di comunicazione in caso di navigabilità verso lo Jonio e quindi Sibari, Rossano Corigliano ecc. Un progetto che guardava in tutte le direzioni tramite adeguati collegamenti con i vari centri urbani sparsi nel territorio in stretto collegamento con la cittadella universitaria, mediante un sistema viario di trasporto su pullman, treno e metropolitana in stretto legame anche con la fascia tirrenica guardando all’aeroporto di Lamezia Terme.

Una Università con un Campus residenziale di grande respiro con almeno, in base agli studenti iscritti, di ottomila posti letto (ne sono disponibili appena 2.300) e vari servizi non ancora realizzati rispetto a quelli oggi esistenti, come il parco scientifico e tecnologico, le strutture fieristiche ed il centro commerciale, le scuole di specializzazione, la biblioteca pubblica al servizio del territorio, l’area industriale, il villaggio dello Sport con vari complessi sportivi, compreso uno stadio di 15.000 posti, con un quartiere residenziale per gli atleti, posteggi ed aree verdi ed infine la stazione ferroviaria in Settimo di Montalto Uffugo.

Se oggi, per un raffronto naturale, l’Università ha un organico, tra docenti ed amministrativi (non docenti) di 1.600 unità lavorative, gli studi ci dicono che avremmo avuto un organico complessivo di sei mila posti di lavoro. Questo era il disegno dell’Università dalle grandi dimensioni e innovativa in Italia, immessa in un contesto di area urbana che tenesse conto dei territori di Montalto Uffugo, Rende e Cosenza con relativo hinterland, tanto da costituire una “Grande Cosenza”, punto di riferimento nell’area Mediterranea. Addirittura questa “Grande Cosenza” veniva paragonata alla grande Londra, quale insieme di varie realtà territoriali uniti e considerati come unica area metropolitana.

Mentre la “Città unica” individuata dal disegno di legge regionale non è altro che l’insieme delle contrade urbanizzate sopra indicate, con una popolazione di 110 mila abitanti, tre centri storici, un ospedale, una università tronca anche se apprezzata a livello internazionale, uno stadio, una stazione ferroviaria e null’altro senza alcuna prospettiva racchiusa in se stessa, mettendo a nudo poi la non conoscenza, il disinteresse e l’inapplicabilità della legge istitutiva dell’Università della Calabria 12 marzo 1968, n° 442, che da una fotografia della “Grande Cosenza” auspicata ed invocata dal Rettore Beniamino Andreatta.

Circa il referendum indetto dal Presidente Occhiuto, di solo indirizzo consultivo, la posizione appare chiara: No alla “città unica” prevista dal disegno regionale; Si alla “Grande Cosenza” disegnata dai Padri fondatori dell’Università della Calabria guidata dal Rettore Beniamino Andreatta, che il disegno di legge in questione ne annulla il diritto all’esistenza, così come nelle forme elaborate nel concorso internazionale del 1973 dai progettisti Gregotti e Martensson.

P.S. – Un disegno di legge che il Presidente Roberto Occhiuto avrebbe potuto rinviare al consiglio regionale per una nuova elaborazione in concordia tra le parti con il coordinamento della dirigenza dell’UniCal per come chiesto in una lettera aperta indirizzatagli e pubblicata da questo giornale il 7 agosto 2024. (fb)

Il M5S: Fusione dei Comuni una scelta calata dall’alto

La deputata Anna Laura Orrico, coordinatrice regionale del M5S, Davide Tavernise, capogruppo pentastellato a Palazzo Campanella, Giuseppe Giorno, coordinatore del Movimento per la provincia di Cosenza e Veronica Buffone, assessore al Welfare del Comune di Cosenza, hanno ribadito la loro contrarietà alla fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero, «perché riteniamo antidemocratico un provvedimento calato dall’alto, passato, letteralmente di notte, all’interno, fra l’altro, di una legge omnibus, e sostenuto da uno studio di fattibilità privo di risposte adeguate e concrete, di una visione».

«Nel merito, innanzitutto perché questa legge – hanno spiegato – prevede un referendum che coinvolge a metà i cittadini e le cittadine in quanto ha valore soltanto consultivo ed in secondo luogo perché non interpella minimamente i rispettivi consigli comunali privati dell’opportunità di esprimere un parere attraverso apposita delibera così come avvenuto, ad esempio, nella fusione dei comuni di Corigliano e Rossano».

«Il Movimento 5 stelle – prosegue la nota – è da sempre schierato per l’ottimizzazione della spesa pubblica come spesso avviene per l’unione dei piccoli comuni ma, a parte che non è questo il caso, non si può mica decidere sopra la testa dei cittadini di tre comunità senza considerare vincolanti né la loro volontà né quella delle istituzioni che li rappresentano proprio come le assise cittadine».

«Non vorremmo che questa corsa verso la ‘città unica’ a cui si è fino ad oggi assistito risponda a logiche che poco hanno a che fare con le reali esigenze dei territori ma piuttosto siano collegate ad interessi particolari orientati, invece, a mettere le mani sulla ‘città unica’», hanno concluso i pentastellati, assicurando che appronfondiranno la questione e «innescare un dibattito aperto e trasparente». (rrm)

Lo Schiavo spiega perché ha votato contro la Fusione dei Comuni

Il consigliere regionale Antonio Lo Schiavo ha illustrato i motivi per cui ha votato contro la fusione dei Comuni di Cosenza, Rende e Castrovillari «pur essendo favorevole, in linea generale, all’istituto della Fusione dei comuni».

«Nel caso in esame è stato stravolto il senso delle norme – ha spiegato – perché è stato bypassato l’ascolto preventivo delle popolazioni interessate. Questa iniziativa legislativa infatti appare rovesciata, dal momento che parte dal Consiglio regionale e prescinde da ogni delibera dei Consigli comunali, degli enti coinvolti e dall’iniziativa popolare. Non è questo lo spirito della legge regionale del 1983 che regolamenta i referendum. C’è dell’altro, ed è ancora più rilevante sotto l’aspetto politico».

«Il referendum consultivo, così come disciplinato dalla nostra legge regionale – ha proseguito – non garantisce la democraticità e la reale partecipazione delle popolazioni con riguardo alla Fusione dei comuni. Nella legge regionale 13/1983 si prevede che il referendum passi non in base alla maggioranza dei voti espressi in ciascun comune ma in base alla maggioranza dei voti complessivamente indicati».

«Non a caso, il sottoscritto, insieme al collega Davide Tavernise – ha aggiunto – ha depositato una proposta di legge modificativa della 13/1983, la quale prevede che nei referendum sulla fusione, incorporazione di comuni, ecc., conti non il voto complessivo ma “la maggioranza dei voti favorevoli validamente espressi in ciascun comune”. Pertanto, senza reali correttivi alla legge nel senso indicato, si rischia di aprire il precedente di forme di annessione dei comuni più grandi nei confronti di quelli più piccoli demograficamente».

«In definitiva, con questo tipo di referendum – ha detto ancora – e con questa proposta legislativa, si introduce un precedente pericoloso nella regione Calabria: quello secondo cui ciascun consigliere regionale, di propria iniziativa e senza sentire le comunità locali, può promuovere fusioni tra comuni, per giunta demograficamente diversi tra loro».

«Il che rischia di sostanziarsi in forme di annessione – ha concluso – più che di reale partecipazione, tenendo in considerazione che non prevale la volontà del singolo comune, come dovrebbe essere, ma con ampia probabilità quella del comune più popoloso».

Il Pd presenta la proposta per rinviare la fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero

Domani mattina, a Cosenza, alle 11, nella Sala Consiliare del Comune, il Partito Democratico illustrerà la proposta di rinviare la fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero che sarà presentata in Consiglio regionale.

All’incontro con i cronisti saranno presenti il segretario provinciale del Pd di Cosenza Vittorio Pecoraro, la presidente dell’Assemblea Maria Locanto, il presidente del Consiglio comunale Giuseppe Mazzuca, oltre al vicepresidente del Consiglio regionale Franco Iacucci e al presidente del gruppo del Pd a palazzo Campanella, Mimmo Bevacqua

Bevacqua e Iacucci, durante i lavori dell’Assemblea regionale di venerdì 26 luglio e prima della discussione del punto all’ordine del giorno, formalizzeranno alle forze politiche di centrodestra un documento politico vincolante per fare in modo che il processo di fusione avvenga con i tempi giusti e in maniera collegiale. (rcs)

LA “GRANDE COSENZA” SI PUÒ E DEVE FARE
MA SERVE RIVEDERE LA LEGGE REGIONALE

di FRANCESCO CANGEMI – La Grande Cosenza. Un vecchio sogno che potrebbe realizzarsi con la fusione dei comuni limitrofi dell’area metropolitana (Castrolibero e Rende) per costituire un unicum che formalmente esiste già, ma strutturalmente non produce frutti, soprattutto a vantaggio dei cittadini. Calabria.Live è andata a chiedere cosa ne pensa il sindaco di Cosenza.

Non si nasconde certo dietro un dito il sindaco di Cosenza Franz Caruso quando si tratta di parlare della fusione dell’area metropolitana di Cosenza che riguarderebbe i Comuni di Rende, Castrolibero e lo stesso capoluogo di provincia. Non esita a dire che si tratta, la proposta di legge regionale, di un qualcosa di confusionale e di una «operazione policistica per mettere le mani sulla città».

Il presidente della giunta regionale della Calabria Roberto Occhiuto, nel corso dell’intervista, viene anche definito dal sindaco Caruso come l’autore di «una vera azione di sabotaggio della realizzazione del nuovo ospedale della Annunziata nel sito di Vagliolise».

Sindaco Caruso, perché la fusione che vuole il consiglio regionale non va bene?

Non va bene perché il testo di legge presentato, più che una proposta istitutiva della nuova città unica, sembra essere finalizzata esclusivamente alla sola estinzione dei Comuni oggi esistenti. La Città unica nella realtà urbana esiste già. L’area metropolitana cosentina è già vissuta dai cittadini come una città unica e dalla continuità territoriale. Una legge istitutiva regionale dovrebbe essere utile e funzionale, dunque, ad una organizzazione e riordino di tipo amministrativo, da ottenere attraverso la nascita del nuovo ed unitario ente comunale. Il disegno di legge regionale, invece, crea solo una grande confusione. Quella depositata dal centrodestra è una proposta improvvisata e lacunosa. Ho la sensazione che invece di pensare agli interessi dei cittadini, si tenta di fare una operazione politicista per mettere le mani sulla città. E ciò, ritengo, è soprattutto dovuto al fatto che Occhiuto non ha mai accettato la sconfitta elettorale che nell’ottobre del 2021 ha portato alla mia elezione a sindaco della città.

E quindi?

Si presenta una proposta di legge che contiene solo la data di entrata in vigore della nuova forma amministrativa ed istituzionale della città unica.  Per il resto solo omissioni.  Non è stato previsto alcun efficace percorso, sia dal punto di vista amministrativo che sotto l’aspetto giuridico-legislativo, per una effettiva e sapiente opera di costruzione del nuovo ente. Anzi, cosa gravissima, è che è tanta la fregola di puntare evidentemente ad un vero e proprio colpo di mano, che è stato depotenziato persino il referendum popolare a  cui deve essere sottoposta la scelta.  Dalla decisione vengono esclusi completamente i Comuni, ma soprattutto non decidono più le popolazioni interessate, perché hanno deciso che il referendum debba essere solo consultivo. Insomma la Regione ha avocato a sé pieni poteri.  Un mostro giuridico, anticostituzionale che il Governo nazionale ha avallato. Sulla modifica della forma di referendum e la esclusione dei comuni dal percorso decisorio, si è consumato un vero e proprio scambio tra Occhiuto e il ministro Calderoli. Occhiuto vota a favore della sciagurata ipotesi dell’autonomia differenziata e Calderoli non impugna la legge con la quale la Regione  può decidere la fusione tra Comuni anche a prescindere da un eventuale pronunciamento contrario delle popolazioni.

In che modo?

Attraverso la modifica del comma 3 dell’art. 5 della legge regionale 55/2006, deliberata dal Consiglio Regionale a colpi di maggioranza, che elimina le delibere dei Consigli Comunali e ribadisce che il referendum è consultivo e non vincolante.  Di fatto si mortifica l’autonomia dei Comuni, calpestando il diritto di autodeterminarsi dei territori. Un atto, insomma, antidemocratico ed illiberale. Una modifica che contrasta con ciò che prevede una altra legge in vigore: “La Regione valorizza ed incentiva, sulla base dell’iniziativa dei Comuni, la costituzione di gestioni associative tra le stesse Istituzioni”.

Con altre “regole”, la Grande Cosenza si può fare?

La Grande Cosenza si deve fare. È stato l’orizzonte che ho indicato nel mio programma elettorale. Ma va fatta con responsabilità e serietà.  Per la fusione tra la città di Pescara e i comuni di Montesilvano e Spoltore è stato previsto un percorso della durata di ben nove anni.  Un percorso costituente e partecipato, con i comuni e le popolazioni come protagonisti primari. Serve innanzitutto uno studio di fattibilità e poi bisogna finanziare il  processo di fusione. Un adeguato finanziamento di premialità capace di supportare la nascita di un nuovo ente che dovrà amministrare oltre centomila abitanti e curare e manutenere un esteso territorio. Di tutto questo non c’è traccia nella proposta della Regione.  I firmatari della legge non si pongono minimamente il problema di come la fusione possa avvenire, in questo caso, alla presenza di fattori non certamente ordinari.

Infatti, oltre che la sopraggiunta presenza della gestione commissariale di Rende, soprattutto la condizione di dissesto finanziario del comune di Cosenza, con il registrarsi di una vera e propria voragine debitoria, ereditata dalla gestione dei dieci anni precedenti al mio insediamento alla guida della città costituiscono elementi non banali e che il legislatore regionale possa ignorare.  Serietà e responsabilità vorrebbero che Roberto Occhiuto, intanto, finanziasse ed azzerasse il debito pregresso di Cosenza ed evitare, così, che siano i cosentini e tutti i cittadini della area urbana con le loro tasche a farne le spese.

Ma non mi pare che ci sia questa volontà. Anzi, finora abbiamo registrato da parte di Occhiuto una vera azione di sabotaggio della realizzazione del nuovo ospedale della Annunziata nel sito di Vagliolise, cioè nel cuore della potenziale città unica ed il blocco della metropolitana leggera. Una opera questa che declina la materializzazione fisica della nuova città e che, oltre ad essere proposta in maniera lungimirante da Beniamino Andreatta al momento del suo insediamento a Rettore per la integrazione della università con l’area urbana, oggi sarebbe un innovativo fattore di modernizzazione di una città green, più vivibile e meno inquinata.

Tra riprese e silenzi la proposta della città unica non è nuova. Ritiene che sia ancora rivoluzionaria o bisogna guardare altrove?

È sicuramente rivoluzionaria l’ipotesi di area vasta Metropolitana, per includere anche altri territori legati al capoluogo come la Valle del Crati, il Savuto, le Serre cosentine. Una “Città Territorio” che potrebbe essere  una area strategica, nodo centrale di un asse di sviluppo che si estende da Gioia Tauro a Sibari.

Lei confida in un fecondo confronto istituzionale tra Regione e Comuni intorno alla procedura per la istituenda città unica?

 Finora non abbiamo registrato segnali incoraggianti. Da parte della maggioranza di governo regionale abbiamo registrato chiusure e, in qualche caso, qualche polemica di bassa lega.  Non mi pare di cogliere ad oggi un approccio metodologico consapevole di trattare un tema di forte valore storico. Ritengo che la nascita della città unica della area metropolitana cosentina non possa essere derubricata ad una questione di tipo semplicemente ordinaria e burocratica. L’ambizione dovrebbe essere quella di sollecitare un protagonismo sociale, istituzionale e culturale degno di un grande evento. E poi su questo terreno si dovrebbe facilitare la espressione di una forte volontà unitaria e non insistere in un atteggiamento assolutamente divisivo. I comuni finora hanno dimostrato volontà propositiva e di predisposizione alla cooperazione istituzionale.

Certo, se il quadro non muta, non possiamo subire passivamente.  Attiveremo tutte le azioni che la legge consente per fermare ciò che oggi si configura come un obbrobrio legislativo ed amministrativo. (fc)

RECOVERY, PER L’IDEALE “CITTÀ DEL SOLE”
CI SONO I PROGETTI LASCIATI DA OLIVERIO

di FRANCO BARTUCCI – Con il Recovery Plan ci sarebbe una straordinaria occasione per costruire “La città del sole”. Mentre si attende la soluzione della crisi di governo si sta perciò discutendo molto della bozza del documento predisposta dal Governo Conte in cui la Calabria avrebbe poca visibilità progettuale.

Pochissimi i progetti per la Calabria: il potenziamento  tecnologico e interventi infrastrutturali sulla linea Salerno/Reggio Calabria per l’alta velocità, nonché piccoli lavori di ampliamento della SS 106 jonica. Ben poca cosa rispetto alle attese e programmazioni strutturali e ambientali già ampiamente programmate e in parte finanziate dal precedente Governo regionale del presidente Mario Oliverio. Il riferimento non è casuale in quanto dallo scorso mese di ottobre la Calabria è orfana di un suo presidente e governo nel pieno delle sue funzioni per la scomparsa dell’on. Jole Santelli e questo la penalizza molto in questa circostanza. Ciò che si è capito è che con urgenza bisogna predisporre e consegnare all’Unione Europea una programmazione del Recovery Plan ben confezionata nella individuazione di progetti infrastrutturali strettamente legati allo sviluppo del Paese, come delle Regioni, per non parlare dei progetti di riforma degli apparati della Pubblica Amministrazione, della Giustizia e della finanza.Report di fine mandato di Mario Oliverio

Dal mondo della politica e sindacale calabrese sono giunte segnalazioni che riguardano: l’alta velocità Salerno/Reggio Calabria, il porto di Gioia Tauro, il raddoppio del tracciato ferroviario jonico Reggio Calabria/Taranto, la diga sul Mento, il nuovo asse ferroviario Cosenza/Catanzaro ed altro ancora. Tate enunciazioni non sono supportate nella sostanza dall’attivazione di un tavolo di lavoro dove i vari soggetti istituzionali, sociali e imprenditoriali si ritrovano con urgenza per fare le giuste scelte e predisporre quanto necessario in virtù delle richieste dell’Unione Europea, a supporto anche del Governo nazionale. Sul tavolo, su cui lavorare, ci sarebbe da recuperare il  Report predisposto dal Presidente Mario Oliverio e affidato alla Regione e ai calabresi al termine del suo mandato. Un Report che contiene le basi per il domani della Calabria, dove ci sono le tracce per come intervenire sul sistema infrastrutturale, portuale ed aeroportuale, sul dissesto idrogeologico, sulla ricerca universitaria, sul programma “Scuole sicure” ed il sistema metropolitane, per non parlare della digitalizzazione dei vari servizi nei vari settori del pubblico e del privato. Il tempo è tiranno e  ancor di più se si pensa al fatto che ormai è in corso una campagna elettorale per scegliere i candidati per il nuovo consiglio regionale ed il nuovo presidente. Di fatto la Calabria non ha un governo regionale operativo se non per l’ordinaria amministrazione.  Vedi ad esempio l’assenza totale dalla vicenda riguardante il futuro delle Terme Luigiane.

Prendendo spunto dalla sollecitazione fatta dal sottosegretario ai Beni Culturali, Anna Laura Orrico, di guardare con attenzione alla predisposizione di progetti immediatamente cantierabili,  è facile pensare al cantiere ancora aperto dell’Università della Calabria, rimasta incompleta rispetto ai progetti del concorso internazionale conclusosi nel 1974 con la scelta degli elaborati progettuali degli architetti Gregotti e Martensson. Si tratta di  completarla nella parte che va da Piazza Vermicelli, dove attualmente la struttura è bloccata, fino a raggiungere il territorio di Settimo di Montalto Uffugo, realizzando il polo tecnologico, le strutture fieristiche utili alla diffusione e promozione  dei brevetti scientifici, il villaggio dello sport per le universiadi, la  tanto attesa stazione ferroviaria di Settimo venuta in auge nell’ultimo anno per effetto della Frecciargento  Sibari/Bolzano e per la metro UniCal Settimo/Centro storico di Cosenza, come predisposto dalla stessa Università durante il mandato del Rettore Gino Mirocle Crisci.

L’Università della Calabria, cuore pulsante della nuova unica grande città dell’area metropolitana Montalto/Rende/ Cosenza/Castrolibero e relativo hinterland. Una Università che raccoglie oggi circa 25 mila studenti iscritti, dei quali oltre 900 provenienti da circa 80 paesi del mondo ed un nucleo di circa 1.800 tra docenti e personale tecnico amministrativo. Una Università che si è conquistata, per le sue attività di ricerca meriti e prestigio, come dimostrano le varie classifiche che valutano tutto questo in ambito universitario nazionale e mondiale.

Fin dal suo sorgere è stato sempre affermato che l’Università della Calabria rappresentava il “volano di sviluppo” della regione Calabria e dell’intero Mezzogiorno. Purtroppo il suo sviluppo, come noto, è stato rallentato e bloccato nel 2007; ma i livelli di prestigio che ha conquistato in questi anni a livello internazionale, come ben evidenziano le varie ricerche e classifiche  mondiali in materia di qualità della produzione scientifica, ne fanno, proprio per il Recovery Plan, un punto di grande richiamo ed investimento pensando al ruolo e funzioni  stabiliti dai suoi padri fondatori. Essi, con Beniamino Andreatta Rettore, guardavano alle potenzialità delle piccole medie imprese della valle del Crati in stretto legame con l’Università per interagire in materia di consulenza, formazione,  ricerca innovativa e produzione; come anche alla valorizzazione della piana di Sibari, in quanto area agricola con particolare funzione strategica verso gli scavi archeologici dell’antica Sibari, punto di  intenso richiamo turistico. Era il tempo del pensiero “l’Università della Calabria cuore pulsante dell’unica grande città dell’area della media valle del Crati”, con le sue infrastrutture e vie di collegamento con i vari centri urbani piccoli e grandi del territorio circostante.

L’epidemia Covid-19 ha portato dall’Unione Europea l’investimento Recovery fund a sostegno dello sviluppo e le Università sono al centro dell’attenzione per le sue attività di ricerca e formazione. Quale migliore  occasione per impegnarsi a realizzare il sogno della “Grande Cosenza”  di cui sopra, che per effetto dei suoi valori culturali, scientifici, umani, in accordo con la storia e gli impegni dell’Accademia Cosentina, può essere lo strumento possibile storico nel realizzare quella  “Città del Sole” pensata da Tommaso Campanella. Immaginiamo insieme con quali grandi potenzialità di crescita e sviluppo ci si potrebbe  presentare  al Paese e all’Europa nel costruire il nostro futuro forti di trovarci collocati  con “la città del sole” al centro dell’area del Mediterraneo. Sarebbe una rivoluzione nell’espressione più completa del termine: sviluppo, crescita sociale ed economica, grande spirito umanitario. (fb)

Per approfondire: Report dell’Amministrazione regionale 2014-2020