L’OPINIONE / Domenico Pappaterra: Occorre un’azione corale nella lotta all’inquinamento del mare

di DOMENICO PAPPATERRA – In questi giorni si stanno susseguendo incontri, dibattiti e prese di posizione del mondo politico istituzionale e associativo sullo stato di salute del mare calabrese che segnalano indubbiamente una nuova consapevolezza nell’affrontare le criticità causate da decenni di incuria e abusi di ogni genere.

Penso alle iniziative dell’associazione Mare Pulito Bruno Giordano nel vibonese, al recente incontro dell’associazione Mare Pulito (con la quale Arpacal ha sottoscritto un protocollo di collaborazione) con il presidente della Regione Calabria e le altre istituzioni, all’uscita del rapporto Mare Monstrum di Legambiente, alle proposte di Alleanza Ecologica per l’Italia e alle diverse iniziative di controllo ambientale delle associazioni ambientaliste dell’alto tirreno cosentino e del medio tirreno lametino.

Questo fermento denota un cambio di passo che va nella giusta direzione, ovvero, quella di unire tutte le forze in una sfida quasi impossibile ma che si potrà vincere se tutti quanti remeremo dalla stessa parte.
La controffensiva lanciata in tempi non sospetti dal Presidente della Regione con l’istituzione di una Cabina di Regia fu accompagnata all’inizio da una sorta di scetticismo che col passare del tempo e l’intensificarsi delle attività è stato gradualmente superato e a oggi in molti riconoscono la bontà di quella scelta strategica.

Fondamentale a mio avviso è stata la creazione di una task force per il mare che ha riunito i Procuratori della Repubblica di Vibo Valentia, Lamezia Terme e Paola, il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, il Comandante Generale della Guardia di Finanza, il Comandante Generale della Capitaneria di Porto, il Direttore Generale Arpacal e il Professor Silvio Greco dell’Istituto di Ricerca Anton Dohrn.

Una task force operativa che in funzione dei tempi ristretti ha concentrato le proprie attività di monitoraggio e controllo principalmente sul tratto tirrenico compreso tra Tortora e Nicotera.
I risultati delle operazioni “Deep” hanno portato alla ribalta numerosi scarichi abusivi e alcuni illeciti ambientali di aziende agricole che sversavano direttamente gli scarti di lavorazione nei nostri fiumi o di lavanderie industriali senza alcun collettamento agli impianti di depurazione che spesso erano mal funzionanti.

Nello stesso tempo c’è stata un’azione molto forte delle istituzioni regionali con il Dipartimento Ambiente della Regione e i tecnici Arpacal che insieme a quelli dell’istituto Anton Dohrn hanno monitorato gli impianti di depurazione lungo questo tratto di costa rinvenendo quasi 25.000 tonnellate di fanghi della depurazione che erano stoccati presso gli impianti stessi. Alcuni depuratori presentavano un cattivo funzionamento di molte pompe di sollevamento e addirittura sono stati rinvenuti impianti sprovvisti dei quadri elettrici.

Molto significativa da parte della Regione è stata la volontà di venire incontro alle difficoltà dei comuni facendosi carico di finanziare sia lo smaltimento di questi fanghi sia il ripristino degli impianti.
Grazie al finanziamento che era stato già deliberato in precedenza, Arpacal ha potuto ripristinare in circa 70 impianti costieri i cosiddetti campionatori automatici che consentono da remoto di poter attivare le attività di prelievo e controllo delle acque in uscita dall’impianto.

Nonostante queste criticità che stiamo affrontando, ribadisco ancora una volta la balneabilità del nostro straordinario mare; i dati dell’ultima Campagna di Balneazione Arpacal mostrano quasi il 90% della nostra costa con acque in qualità eccellente, solo il 2,3% è da considerare in qualità scarsa.

In queste criticità però c’è la vera sfida, lavorando tutti verso un obiettivo comune già da quest’anno sarà possibile recuperare una buona parte di questa percentuale e insistendo su questa strada si potranno ottenere risultati concreti e duraturi per godere finalmente di un mare pulito e fruibile da tutti i turisti e i cittadini calabresi. (dp)

[Domenico Pappaterra è direttore generale dell’Arpacal]

MARE, QUALITÀ DELLE ACQUE IN CALABRIA
NON È STATA PUBBLICATA CLASSIFICAZIONE

Mancanze su mancanze. Così si potrebbe definire l’operato da parte della Regione Calabria che, tra le tante cose che deve ancora fare per la nostra terra, non ha fatto una tra le più importanti, sopratutto se si è alle porte della stagione estiva: non è stata pubblicata la classifica della qualità delle acque marine della Calabria. Una grave inadempienza, che è stata denunciata dal geologo Mario Pileggi, spiegando che, così, «si continua a manifestare incapacità e disinteresse per la tutela e valorizzazione del prezioso patrimonio di spiagge disponibili».

«La recente elezione della Perla del Tirreno Tropea a più bel Borgo d’Italia, non ha smosso le classi dirigenti locali e nazionali ad agire tempestivamente per migliorare le condizioni delle acque marine e potenziare le offerte turistiche nel Golfo di Sant’Eufemia e nell’intera regione» ha scritto Pileggi in una nota, aggiungendo che «tra e inadempienze e mancanza di trasparenza, c’è da evidenziare che siamo arrivati alla fine della prima decade di maggio 2021 e non è stata ancora pubblicata e pubblicizzata la classificazione della qualità delle acque marine della Calabria. A differenza di quanto previsto dalle norme vigenti e di quanto accade nelle altre regioni d’Italia, dove la classificazione viene fatta e resa nota a tutti con molti mesi di anticipo rispetto alla data di inizio della stagione balneare. In proposito, ad esempio, è da evidenziare che la “classificazione delle acque di balneazione del Veneto per l’inizio della stagione balneare 2021, ai sensi decreto legislativo n.116 del 30 maggio 2008”  è stata fatta sette mesi fa con decreto n.824 del 2020 della Giunta regionale».

«In pratica – ha continuato Pileggi – si continua a non rispettare la normativa vigente e la direttiva Eu sulle acque di balneazione. Tra le conseguenze del mancato rispetto delle norme sopra riportate, c’è anche il perpetuarsi degli errori ancora presenti sia nei dati sulle aree destinate alla balneazione pubblicati dalla Regione sia nelle mappe pubblicate dal ministero della Salute. Errori ripetutamente denunciati e non ancora corretti come ad esempio quelli relativi ai comuni di Lamezia Terme, Gizzeria e Falerna. Come si può notare dalle mappe e tabelle riportate nei Decreti della Regione e del  Ministero della Salute continuano a riportate nei comuni di Lamezia Terme e di Falerna due aree di balneazione ricadenti invece nel comune di Gizzeria. Si tratta dell’area denominata “Lido di Marinella” corrispondente ad un tratto di spiaggia lungo 1.167 metri interamente compreso all’interno dei confini comunali di Gizzeria ma riportato tra le ‘Aree adibite alla balneazione’ del comune di Lamezia Terme sia nel sito web del ministero della Salute sia nelle tabelle allegate ai decreti acque di balneazione della Regione Calabria. E, dell’altra area denominata “Bar Vittoria”, corrispondente ad un tratto di spiaggia lungo 2.104 metri interamente compreso all’interno dei confini comunali di Gizzeria ma riportato tra le “aree adibite alla balneazione” del comune di Falerna sia nel sito web del Ministero della Salute sia nelle tabelle allegate ai decreti acque di balneazione della Regione Calabria. In pratica i dati riportati nelle mappe del ministero della Salute non corrispondono a quelli indicati dallo stesso ministero della Salute come “aree adibite alla balneazione” dei tre comuni».

«La condizione dei tredici corsi d’acqua che attraversano da nord a sud il territorio di Lamezia e lo stato delle falde idriche dalle quali traggono origine sorgenti con disponibilità di miliardi di litri d’acqua oligominerale l’anno, non possono essere separate dal problema delle acque del mare. In molti enti ed istituzioni locali – aggiunge Pileggi – si continua a sottovalutare o ignorare che il territorio lametino è ricchissimo di risorse idriche per uso potabile, uso agricolo, uso industriale, uso terapeutico e turistico. Una ricchezza che rischia di essere irrimediabilmente compromessa per l’incapacità di non pochi amministratori di evitare i diffusi processi di degrado e inquinamento delle risorse naturali e l’incapacità di governare e valorizzare i propri territori comunali. Oltre ai fenomeni d’inquinamento delle acque superficiali, lungo la fascia ed i litorali della pianura di Sant’Eufemia, l’irrazionale emungimento operato attraverso migliaia di trivellazioni, non essendo compatibile con i tempi di ricarica, sta riducendo le falde idriche con conseguente ed irreversibile avanzamento delle acque salmastre ed il costipamento delle rocce serbatoio, con il ben noto abbassamento del suolo al quale sono connessi i fenomeni di deperimento della copertura vegetale e l’arretramento dei litorali con l’invasione del mare».

«In proposito – ha detto ancora Pileggi – è significativa la “carta della vulnerabilità” redatta da Arpacal e dal Dipartimento ambiente e territorio della Regione Calabria, nell’ambito  dello “Studio dei valori anomali di concentrazione degli inquinanti riscontrati nelle acque di falda della zona industriale di Lamezia Terme”, per la definizione dei potenziali scenari di vulnerabilità e di rischio inquinamento nella Piana. La stessa “carta di vulnerabilità” integrata dell’acquifero superficiale della piana ha comportato, tra l’altro, il censimento dei “centri di pericolo”, ossia quelle attività antropiche (agricole, zootecniche, industriali, artigianali, ecc.) che possono avere un impatto significativo sulle matrici ambientali determinando un rischio d’inquinamento per l’acquifero».

Per Pileggi, inoltre, «i processi di degrado nel lametino sono favoriti anche dal fatto che non si è ancora provveduto alla piena applicazione delle direttive dell’Unione europea sulle acque e alla adozione di interventi di adattamento ai mutamenti climatici. Si continua ad ignorare la necessità di fondare la politica e le attività che riguardano il settore delle risorse idriche sul principio di precauzione; basare l’azione di tutela prioritariamente sulla prevenzione dell’inquinamento e su interventi alla fonte; far pagare i costi del risanamento a chi provoca l’inquinamento; integrare la politica di tutela delle acque con le altre politiche settoriali riguardanti la pianificazione territoriale e le politiche produttive, in particolare le politiche agricole; conseguire un alto livello di protezione della salute umana; basare gli interventi su opportune valutazioni costi/benefici».

Il deputato del Movimento 5 StelleGiuseppe d’Ippolito, in merito alle problematiche sollevate dal geologo Pileggi, ha annunciato che «per la parte di competenza ministeriale, presenterò specifica interrogazione».

«Emerge, con chiarezza – ha detto – l’incapacità della Regione in materia di turismo, ambiente ed economia, come pure tutta la retorica del centrodestra sulla bellezza del mare calabrese. Nello specifico, le parole non sono accompagnate da politiche di tutela e valorizzazione ambientale. Pileggi  ha posto l’attenzione anche sulla ricchezza idrica del territorio lametino, spesso sciupata per causa dell’inadeguatezza di vari amministratori, che non riescono ad evitare risaputi fenomeni di inquinamento delle acque superficiali e di riduzione delle falde idriche, con pesantissimi effetti: l’avanzata del mare e la radicale modifica degli ambienti costieri». «Con riguardo al territorio lametino, concordo con Pileggi: ad oggi restano pressoché ignorati, intanto a livello politico, la “Carta della vulnerabilità” e il conseguente censimento delle attività antropiche con forte impatto sulle matrici ambientali e con elevato potenziale di inquinamento delle acque».

«È urgente – ha concluso D’ippolito – avviare una battaglia politica e culturale perché si provveda alla piena applicazione delle direttive dell’Unione europea sulle acque e a disporre interventi di adattamento ai mutamenti climatici». (rrm)